“Noto con profondo dispiacere che il mio timore che la questione dei diritti delle persone gay, lesbiche e transessuali venisse utilizzata in maniera incivile per fare campagna elettorale in queste primarie del centrosinistra, si sta dimostrando fondato”.
Lo dichiara in una nota Anna Paola Concia, deputata del Partito Democratico.
“Trovo davvero insopportabile quando i diritti delle famiglie omosessuali, adozione compresa, diventano uno dei temi su cui fare una battaglia strumentale.
Per questo vorrei dire a tutti: fermatevi subito! Non si può fare carne da macello con la vita concreta delle persone omosessuali e dei loro bambini, che ricordo, già oggi esistono nel nostro paese”.
“A Fioroni, infine, voglio dire che non so davvero a quale Pd si riferisce nelle sue affermazioni di oggi al programma "La zanzara"; il Partito Democratico che conosco io, girando in lungo e largo l’Italia, è fatto di persone e militanti che vogliono siano riconosciuti eguali diritti a tutti i cittadini italiani e che votano Pd anche per questo”.
fonte http://www.agenparl.itScritto da com/dam
Questo blog è un aggregatore di notizie, nasce per info e news dall'Italia e dal mondo, per la Danza, Teatro, Cinema, Fashion, Tecnologia, Musica, Fotografia, Libri, Eventi d'Arte, Sport, Diritti civili e molto altro. Ogni articolo riporterà SEMPRE la fonte delle news nel rispetto degli autori e del copyright. Le rubriche "Ritratto d'artista" e "Recensioni" sono scritte e curate da ©Lisa Del Greco Sorrentino, autrice di questo blog
venerdì 21 settembre 2012
Lgbt: L'ONU pubblica una nuova guida sui diritti dei gay nel mondo
L’ufficio diritti umani dell’ONU ha pubblicato una nuova guida sui diritti umani della comunità lgbt nel mondo: Born Free and Equal. Sexual Orientation and Gender Identity in International Human Rights Law.
La guida analizza come, ai giorni nostri, siano difesi l’orientamento sessuale e l’identità di genere nel diritto internazionale ed è pensata soprattutto per quei governi che non rispettano i diritti della comunità lgbt.
Obiettivo della pubblicazione è quello di ricordare ai diversi Stati i loro obblighi in merito al rispetto dei diritti della diversità sessuale nei loro territori, rammentando che devono proteggere i diritti di tutti i cittadini, siano essi eterosessuali, omosessuali, bisessuali o transessuali.
Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, scrive nel prologo:
Estendere alle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali gli stessi diritti delle altre persone non è un gesto radicale né complicato. Si fonda su due principi basilari che costituiscono le fondamenta internazionali dei diritti umani: l’uguaglianza e la non discriminazione. Le parole di apertura della Dichiarazione universale dei diritti umani sono inequivocabili: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
La guida prende i cinque obblighi fondamentali dal punto di vista giuridico per i singoli Stati per quel che riguarda la protezione dei diritti umani delle persone lgbt. Vi riportiamo i titoli delle sezioni, rimandandovi alla guida per un approfondimento:
http://www.ohchr.org/Documents/Publications/BornFreeAndEqualLowRes.pdf
1 Proteggere le persone dalla violenza omofobica e transfobica.
2 Prevenire tortura e trattamenti crudeli, inumani e degradanti delle persone LGBT.
3 Depenalizzare l’omosessualità.
4 Proibire la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.
5 Rispettare la libertà di espressione, di associazione e di pacifica riunione.
fonte http://www.queerblog.it/ da Roberto Russo
La guida analizza come, ai giorni nostri, siano difesi l’orientamento sessuale e l’identità di genere nel diritto internazionale ed è pensata soprattutto per quei governi che non rispettano i diritti della comunità lgbt.
Obiettivo della pubblicazione è quello di ricordare ai diversi Stati i loro obblighi in merito al rispetto dei diritti della diversità sessuale nei loro territori, rammentando che devono proteggere i diritti di tutti i cittadini, siano essi eterosessuali, omosessuali, bisessuali o transessuali.
Navi Pillay, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, scrive nel prologo:
Estendere alle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali gli stessi diritti delle altre persone non è un gesto radicale né complicato. Si fonda su due principi basilari che costituiscono le fondamenta internazionali dei diritti umani: l’uguaglianza e la non discriminazione. Le parole di apertura della Dichiarazione universale dei diritti umani sono inequivocabili: “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”.
La guida prende i cinque obblighi fondamentali dal punto di vista giuridico per i singoli Stati per quel che riguarda la protezione dei diritti umani delle persone lgbt. Vi riportiamo i titoli delle sezioni, rimandandovi alla guida per un approfondimento:
http://www.ohchr.org/Documents/Publications/BornFreeAndEqualLowRes.pdf
1 Proteggere le persone dalla violenza omofobica e transfobica.
2 Prevenire tortura e trattamenti crudeli, inumani e degradanti delle persone LGBT.
3 Depenalizzare l’omosessualità.
4 Proibire la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.
5 Rispettare la libertà di espressione, di associazione e di pacifica riunione.
fonte http://www.queerblog.it/ da Roberto Russo
Lgbt Veneto: "STOP ALL'OMOFOBIA" La campagna e l'app di Alessandra Lorenzi
VITTORIO VENETO, Combattere i pregiudizi. La paura. L'emarginazione. L'odio e la violenza. E' questo che vuole fare Alessandra Lorenzi: abbattere l'omofobia. La campagna per la difesa degli omosessuali, per la demolizione delle barriere istituite da ignoranza e paura, parte dal web.
Parte da una app.
Parte dall'impegno di Alessadra Lorenzi, 23enne vittoriese, che ha creato l'applicazione Stop Omofobia, disponibile per Android e, a breve, per iPhone. Alessandra si è data da fare.
Oltre alle conoscenze tecnologiche acquisite (mica è facile fare una app!), fondamentale è stata la sua determinazione. "Ho creato quest'app per aiutare le vittime dell'omofobia, o chiunque abbia bisogno di un supporto, di una aiuto - spiega Alessandra - "L'applicazione fornisce i numeri di tutti gli Arcigay e di tutte le associazioni di ascolto d'Italia. Chiunque abbia bisogno di trovare una voce, o un'orecchio, può servirsene.
Nell'applicazione, vengono inoltre segnalati i centri più vicini, il luogo dove sono ubicati, e la distanza per raggiungerli. Tra le centinaia di migliaia di applicazioni esistenti, non ce n'era nessuna di questo tipo". Così Alessandra, ha pensato di crearla.
Per realizzare questo progetto, ha telefonato a tutti i centri di aggregazione e alle associazioni italiane che forniscono supporto agli omosessuali. Notando che, in provincia di Treviso, non ce n'è nemmeno uno. "Incredibile che nella nostra zona non ci sia nessun centro di questo tipo.
Pure a Palermo ce l'hanno!", puntualizza Alessandra. Incredibile, si fa per dire. Alla cosa, Alesandra, dà una spiegazione. "Le istituzioni, la chiesa…è come se non fossero pronte per aprire le porte, e la mente, a tutti".
Una chiusura che suscita paura. Un timore infondato che spesso si trasforma in violenza. "Ci sono ancora tantissimi episodi di bullismo nei confronti dei gay - spiega Alesandra - sembra impossibile, di questi tempi, ma è così. E non solo la gente spesso evita, o si accanisce, contro gli omosessuali.
Sono anche questi che si nascondono, che non dichiarano la propria natura, facendo finta di essere quello che non sono, semplicemente per apparire come la società li vorrebbe". Come una parte di società li vorrebbe. La parte di società che deve essere cambiata, fatta evolvere, istruita. Quella parte di società a cui è rivolto l'urlo di Alessandra, e di tutti gli artisti che stanno partecipando, e investendo per la crescita del progetto. Per dire Stop all'omofobia.
fonte http://www.oggitreviso.it Alessandra Lorenzi fotografata da Franco Bonato
Parte da una app.
Parte dall'impegno di Alessadra Lorenzi, 23enne vittoriese, che ha creato l'applicazione Stop Omofobia, disponibile per Android e, a breve, per iPhone. Alessandra si è data da fare.
Oltre alle conoscenze tecnologiche acquisite (mica è facile fare una app!), fondamentale è stata la sua determinazione. "Ho creato quest'app per aiutare le vittime dell'omofobia, o chiunque abbia bisogno di un supporto, di una aiuto - spiega Alessandra - "L'applicazione fornisce i numeri di tutti gli Arcigay e di tutte le associazioni di ascolto d'Italia. Chiunque abbia bisogno di trovare una voce, o un'orecchio, può servirsene.
Nell'applicazione, vengono inoltre segnalati i centri più vicini, il luogo dove sono ubicati, e la distanza per raggiungerli. Tra le centinaia di migliaia di applicazioni esistenti, non ce n'era nessuna di questo tipo". Così Alessandra, ha pensato di crearla.
Per realizzare questo progetto, ha telefonato a tutti i centri di aggregazione e alle associazioni italiane che forniscono supporto agli omosessuali. Notando che, in provincia di Treviso, non ce n'è nemmeno uno. "Incredibile che nella nostra zona non ci sia nessun centro di questo tipo.
Pure a Palermo ce l'hanno!", puntualizza Alessandra. Incredibile, si fa per dire. Alla cosa, Alesandra, dà una spiegazione. "Le istituzioni, la chiesa…è come se non fossero pronte per aprire le porte, e la mente, a tutti".
Una chiusura che suscita paura. Un timore infondato che spesso si trasforma in violenza. "Ci sono ancora tantissimi episodi di bullismo nei confronti dei gay - spiega Alesandra - sembra impossibile, di questi tempi, ma è così. E non solo la gente spesso evita, o si accanisce, contro gli omosessuali.
Sono anche questi che si nascondono, che non dichiarano la propria natura, facendo finta di essere quello che non sono, semplicemente per apparire come la società li vorrebbe". Come una parte di società li vorrebbe. La parte di società che deve essere cambiata, fatta evolvere, istruita. Quella parte di società a cui è rivolto l'urlo di Alessandra, e di tutti gli artisti che stanno partecipando, e investendo per la crescita del progetto. Per dire Stop all'omofobia.
fonte http://www.oggitreviso.it Alessandra Lorenzi fotografata da Franco Bonato
giovedì 20 settembre 2012
Lgbt Roma: WEIRD festival – Gender Euphoria dal 4 al 6 ottobre
GIOV 4 - VEN 5 - SAB 6 - h 17.30 - 20.30 WORKSHOP/TAVOLE ROTONDE h 21.00 - 01.00 TEATRO/PERFORMANCE/PRESENTAZIONI/LIVE MUSIC
SABATO 6 - h 23.00 - 05.00 DJ SET electro/techno/tecknoid/fat ghetto & more...
“E venne il giorno in cui il rischio di rimanere chiuso in un bocciolo divenne più doloroso del rischio di sbocciare.”
Anaïs Nin
Il 4-5-6 ottobre 2012 presso il Forte Prenestino, storico centro sociale di Roma, avrà luogo WEIRD festival – Gender Euphoria, evento che segue le edizioni del convegno “Io sono io scorro: identità trans, intersex, lesbica e gay”, tenuto nei due anni passati presso la Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università “Sapienza” di Roma.
L’esperienza all’interno della cornice accademica ha segnato, per noi, una prima importante tappa di un percorso che ha come obiettivo quello di mettere a confronto le differenti culture del panorama LGBTIQ .
Da qui nasce la nostra esigenza di aprire uno spazio per discutere insieme di corpi, desideri e identità. Promuovere un dibattito che si nutra di diversi approcci e apporti, che si muova tra psicologia e spettacolo, antropologia e politica, letteratura e cinema, cercando di allargare la nostra riflessione dagli ambienti universitari a un contesto sociale.
L’obiettivo del Festival è far circolare pensieri ed esperienze che, superando le banalizzazioni e i luoghi comuni, possano parlare insieme delle mille potenzialità dei corpi.
A nostro avviso, è importante condividere le esperienze trans* e intersex: proprio perché lontane da ciò che “la norma impone”. Le persone trans* e intersex sono spesso soggette a caricature e soprusi perpetrati con l’intento di sminuire l’importanza del loro enorme portato sovversivo nel “banale” mondo Maschio o Femmina, solitamente definito come “binarismo di genere”.
Quest’azione normalizzante passa attraverso mille sfaccettature differenti, etichette, manuali diagnostici, riduzione degli spazi di libera scelta, azioni di controllo di tutti i corpi LGBTIQ allo scopo di patologgizzarli.
Al tentativo di normalizzare mediante categorie binarie (ad es. uomo o donna, sano o malato) vogliamo contrapporre/proporre uno spazio di soggettivazione, che abbia al centro del festival il corpo: in transizione, segreto, usato, giocato, performato, queer, campo di diritti negati ma polo primario di identità, appartenenza e libertà.
Tutte le forme di esperienze sulle quali la società crea la norma, vogliamo che prendano vita in questo festival e sprigionino la loro forza dirompente. Questo è Weird.
Tre giorni di festival al Forte Prenestino, luogo storico di attraversamento libero di corpi e lotte sociali, in cui si alterneranno workshop teorici a spettacoli teatrali, tavole rotonde a proiezioni di film, mostre e performances, concerti e djsets che rompano i “confini nazionali” e parlino a 360°.
Tre giorni per discutere di corpo, identità e società, di incontro tra cultura accademica, letteraria, scientifica e underground, in uno scambio che immaginiamo inesauribile, poliedrico, labirintico come gli ambienti del Forte Prenestino.
Guarda la nostra sezione con il Programma:
http://weirdfestival.noblogs.org/programma/
e se vuoi informazioni scrivi a weirdfestival@gmail.com
Vi aspettiamo tutte e tutti, il 4-5-6 ottobre 2012!
fonte http://www.digayproject.org
SABATO 6 - h 23.00 - 05.00 DJ SET electro/techno/tecknoid/fat ghetto & more...
“E venne il giorno in cui il rischio di rimanere chiuso in un bocciolo divenne più doloroso del rischio di sbocciare.”
Anaïs Nin
Il 4-5-6 ottobre 2012 presso il Forte Prenestino, storico centro sociale di Roma, avrà luogo WEIRD festival – Gender Euphoria, evento che segue le edizioni del convegno “Io sono io scorro: identità trans, intersex, lesbica e gay”, tenuto nei due anni passati presso la Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università “Sapienza” di Roma.
L’esperienza all’interno della cornice accademica ha segnato, per noi, una prima importante tappa di un percorso che ha come obiettivo quello di mettere a confronto le differenti culture del panorama LGBTIQ .
Da qui nasce la nostra esigenza di aprire uno spazio per discutere insieme di corpi, desideri e identità. Promuovere un dibattito che si nutra di diversi approcci e apporti, che si muova tra psicologia e spettacolo, antropologia e politica, letteratura e cinema, cercando di allargare la nostra riflessione dagli ambienti universitari a un contesto sociale.
L’obiettivo del Festival è far circolare pensieri ed esperienze che, superando le banalizzazioni e i luoghi comuni, possano parlare insieme delle mille potenzialità dei corpi.
A nostro avviso, è importante condividere le esperienze trans* e intersex: proprio perché lontane da ciò che “la norma impone”. Le persone trans* e intersex sono spesso soggette a caricature e soprusi perpetrati con l’intento di sminuire l’importanza del loro enorme portato sovversivo nel “banale” mondo Maschio o Femmina, solitamente definito come “binarismo di genere”.
Quest’azione normalizzante passa attraverso mille sfaccettature differenti, etichette, manuali diagnostici, riduzione degli spazi di libera scelta, azioni di controllo di tutti i corpi LGBTIQ allo scopo di patologgizzarli.
Al tentativo di normalizzare mediante categorie binarie (ad es. uomo o donna, sano o malato) vogliamo contrapporre/proporre uno spazio di soggettivazione, che abbia al centro del festival il corpo: in transizione, segreto, usato, giocato, performato, queer, campo di diritti negati ma polo primario di identità, appartenenza e libertà.
Tutte le forme di esperienze sulle quali la società crea la norma, vogliamo che prendano vita in questo festival e sprigionino la loro forza dirompente. Questo è Weird.
Tre giorni di festival al Forte Prenestino, luogo storico di attraversamento libero di corpi e lotte sociali, in cui si alterneranno workshop teorici a spettacoli teatrali, tavole rotonde a proiezioni di film, mostre e performances, concerti e djsets che rompano i “confini nazionali” e parlino a 360°.
Tre giorni per discutere di corpo, identità e società, di incontro tra cultura accademica, letteraria, scientifica e underground, in uno scambio che immaginiamo inesauribile, poliedrico, labirintico come gli ambienti del Forte Prenestino.
Guarda la nostra sezione con il Programma:
http://weirdfestival.noblogs.org/programma/
e se vuoi informazioni scrivi a weirdfestival@gmail.com
Vi aspettiamo tutte e tutti, il 4-5-6 ottobre 2012!
fonte http://www.digayproject.org
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Lgbt: Lettera di Anna Paola Concia "Il Pd faccia questa battaglia di uguaglianza"
Caro direttore, ho letto il suo editoriale di ieri dal titolo “Sono solo brillantini” in cui pone una serie di domande al movimento Lgbt che in questi ultimi mesi ha manifestato contro la presidente dell’assemblea nazionale del Partito democratico Rosy Bindi.
Non le rispondo ovviamente a nome del movimento, non ne faccio parte e saranno loro, se vorranno, a risponderle. Le rispondo come donna omosessuale, momentaneamente deputata e che nel Pd e nel parlamento ha deciso di condurre la battaglia sui diritti civili.
Le sue perplessità nascono dalle modalità, a suo parere, con cui il movimento Lgbt avrebbe deciso di attaccare la presidente Bindi. Le posso dire per esperienza diretta che il tasso di esasperazione degli omosessuali Italiani é molto alto.
Essere sempre sfacciatamente considerati dalla politica, dopo tanti anni, quando va bene non destinatari di piena cittadinanza e quando va male malati, pervertiti, anormali ecc, crea esasperazione e forme di legittima protesta.
Va detto per onestà che in questi ultimi mesi la presidente Bindi nel corso delle contestazioni ha usato toni duri: «andatevene se non siete d’accordo» «se non state attenti non avrete neanche le unioni civili» «voi gay siete creativi inventatevi un altro istituto» e l’utilizzo a mio parere improprio della Costituzione contro il matrimonio gay.
Non si tratta, come dice lei, di considerare Rosy Bindi alla stregua degli omofobi, ma esiste la giusta preoccupazione del movimento Lgbt verso il più grande partito italiano, perché se non assume su di sé questa battaglia di uguaglianza, questa battaglia non si vince.
É questa la grande pressione che i gay italiani fanno nei confronti del Pd e di una dirigente autorevole e influente quale Bindi é, e vuole essere. Vanno lette in questa ottica le contestazioni di questi mesi.
Detto questo, come é noto sono una donna pragmatica e questo pragmatismo si é accentuato da quando frequento per amore la Germania, paese dove vive mia moglie e dove mi sono sposata.
Mi dispiace per tutti ma in Germania si definisce così chi accede alla Partnership. Un istituto giuridico equivalente al matrimonio eterosessuale che attribuisce ormai gli stessi diritti e stessi doveri delle coppie etero.
I tedeschi nel loro immenso pragmatismo sono riusciti ad aggirare l’ostacolo e a raggiungere gli stessi obiettivi.
Perció, fermo restando l’obiettivo della piena uguaglianza tra etero e omo con l’estensione del matrimonio ai gay che condivido, essendo stata la prima quattro anni e mezzo fa a presentare questa proposta di legge, e continuo a difenderla, bisogna lavorare per questo scopo eleggendo, per esempio, il maggior numero di parlamentari favorevoli.
Ma, dobbiamo sapere che se così non fosse dobbiamo ottenere la piena uguaglianza tra cittadini etero e omo in un altro modo, che non é un modo minore, é semplicemente un altro modo.
Abbiamo dalla nostra i cittadini italiani, ce lo dice l’Istat e ce lo dicono anche le grandi campagne di giornali nazional popolari come Vanity Fair e Oggi.
I tempi sono maturi finalmente, ci vuole solo il coraggio della politica di registrare e governare la realtà.
Chiudo con un dubbio: ma non é strano direttore che coloro che disprezzano un po’ esageratamente il modello tedesco, la pensino come Rosy Bindi che mostra dei dubbi anche su quello? Se così fosse avrebbe ragione lei, rimarremmo solo con i brillantini. Perché tragicamente gli estremismi rischiano di avere gli stessi obiettivi: il nulla.
Articolo di Anna Paola Concia pubblicato su Europa, il 20/09/12
fonte pubblicato su Europa, via http://www.radicali.it
Non le rispondo ovviamente a nome del movimento, non ne faccio parte e saranno loro, se vorranno, a risponderle. Le rispondo come donna omosessuale, momentaneamente deputata e che nel Pd e nel parlamento ha deciso di condurre la battaglia sui diritti civili.
Le sue perplessità nascono dalle modalità, a suo parere, con cui il movimento Lgbt avrebbe deciso di attaccare la presidente Bindi. Le posso dire per esperienza diretta che il tasso di esasperazione degli omosessuali Italiani é molto alto.
Essere sempre sfacciatamente considerati dalla politica, dopo tanti anni, quando va bene non destinatari di piena cittadinanza e quando va male malati, pervertiti, anormali ecc, crea esasperazione e forme di legittima protesta.
Va detto per onestà che in questi ultimi mesi la presidente Bindi nel corso delle contestazioni ha usato toni duri: «andatevene se non siete d’accordo» «se non state attenti non avrete neanche le unioni civili» «voi gay siete creativi inventatevi un altro istituto» e l’utilizzo a mio parere improprio della Costituzione contro il matrimonio gay.
Non si tratta, come dice lei, di considerare Rosy Bindi alla stregua degli omofobi, ma esiste la giusta preoccupazione del movimento Lgbt verso il più grande partito italiano, perché se non assume su di sé questa battaglia di uguaglianza, questa battaglia non si vince.
É questa la grande pressione che i gay italiani fanno nei confronti del Pd e di una dirigente autorevole e influente quale Bindi é, e vuole essere. Vanno lette in questa ottica le contestazioni di questi mesi.
Detto questo, come é noto sono una donna pragmatica e questo pragmatismo si é accentuato da quando frequento per amore la Germania, paese dove vive mia moglie e dove mi sono sposata.
Mi dispiace per tutti ma in Germania si definisce così chi accede alla Partnership. Un istituto giuridico equivalente al matrimonio eterosessuale che attribuisce ormai gli stessi diritti e stessi doveri delle coppie etero.
I tedeschi nel loro immenso pragmatismo sono riusciti ad aggirare l’ostacolo e a raggiungere gli stessi obiettivi.
Perció, fermo restando l’obiettivo della piena uguaglianza tra etero e omo con l’estensione del matrimonio ai gay che condivido, essendo stata la prima quattro anni e mezzo fa a presentare questa proposta di legge, e continuo a difenderla, bisogna lavorare per questo scopo eleggendo, per esempio, il maggior numero di parlamentari favorevoli.
Ma, dobbiamo sapere che se così non fosse dobbiamo ottenere la piena uguaglianza tra cittadini etero e omo in un altro modo, che non é un modo minore, é semplicemente un altro modo.
Abbiamo dalla nostra i cittadini italiani, ce lo dice l’Istat e ce lo dicono anche le grandi campagne di giornali nazional popolari come Vanity Fair e Oggi.
I tempi sono maturi finalmente, ci vuole solo il coraggio della politica di registrare e governare la realtà.
Chiudo con un dubbio: ma non é strano direttore che coloro che disprezzano un po’ esageratamente il modello tedesco, la pensino come Rosy Bindi che mostra dei dubbi anche su quello? Se così fosse avrebbe ragione lei, rimarremmo solo con i brillantini. Perché tragicamente gli estremismi rischiano di avere gli stessi obiettivi: il nulla.
Articolo di Anna Paola Concia pubblicato su Europa, il 20/09/12
fonte pubblicato su Europa, via http://www.radicali.it
Lgbt: Il Gay Pride nazionale nel 2013 sarà a Palermo
Il prossimo Gay Pride nazionale, quello che si terrà nel 2013, sarà celebrato nella città di Palermo.
A stabilirlo è stata l’Assemblea nazionale delle Associazioni lgbt (composta da Agedo, Arcigay, Arcilesbica, Certi Diritti, Famiglie Arcobaleno, MIT) che si è riunita a Roma lo scorso 15 settembre, e che ha accettato la candidatura della città siciliana.
Ecco la ragione di questa graditissima decisione. “Nell’apprezzare la proposta nei suoi contenuti politici ed organizzativi riteniamo che la centralità e l’attualità sociale, politica e culturale dei temi suscitati dal progetto di Palermo Pride 2013, conferisca alla manifestazione per l’orgoglio omo/transessuale e per i diritti civili un assoluto e irrinunciabile rilievo nel quadro del dibattito politico nazionale”, fanno sapere i membri dell’assemblea.
“Per la prima volta nella storia, – si legge nella nota pubblicata dalle Associazioni lgbt – il Pride nazionale si spinge così a sud, a testimoniare il suo poderoso messaggio di libertà, eguaglianza e democrazia e a raccogliere l’entusiasmo e la spinta al cambiamento e all’innovazione di tutto il Paese, da parte di una città straordinaria come Palermo”.
A candidare Palermo come città del Gay Pride nazionale 2013 era stato, alcuni mesi fa, lo stesso sindaco Leoluca Orlando, che all’Italia e al mondo aveva lanciato un messaggio, affermando di voler rendere Palermo “una città in cui il riconoscimento e la tutela dei diritti vanno di pari passo con la valorizzazione delle differenze”.
Ad esprimere la sua piena soddisfazione per la scelta di questa città come sede principale della manifestazione per i diritti gay è stato anche Luigi Carollo, coordinatore del Comitato Palermo Pride, secondo cui tale scelta premierebbe non solo il movimento lgbt, ma anche l’impianto politico della città stessa.
“Il nostro lavoro – fa sapere Carollo – è sempre stato quello di creare relazioni tra le battaglie lgbt e le vertenze sul lavoro, sul diritto allo studio, sulla lotta alle discriminazioni razziali, sulla violenza contro le donne; perchè pensiamo che solo una società realmente inclusiva, che si faccia carico di tutte le situazioni di disagio sociale, possa garantire il rispetto dei Diritti delle persone gay, lesbiche e trans“.
“Il nostro impegno – continua quindi Carollo – adesso sarà quello di trasformare questo percorso verso il Pride Nazionale in uno strumento per realizzare, insieme alla città ed alle sue Istituzioni, tutte quelle buone pratiche che possano favorire la piena visibilità e la piena affermazione delle persone Lgbt.
Affinché il Pride possa essere la vetrina non solo di una rivendicazione ma soprattutto di una pratica politica capace di rendere Palermo un esempio per molte altre città”.
fonte http://www.gaywave.it foto AP/LaPresse
A stabilirlo è stata l’Assemblea nazionale delle Associazioni lgbt (composta da Agedo, Arcigay, Arcilesbica, Certi Diritti, Famiglie Arcobaleno, MIT) che si è riunita a Roma lo scorso 15 settembre, e che ha accettato la candidatura della città siciliana.
Ecco la ragione di questa graditissima decisione. “Nell’apprezzare la proposta nei suoi contenuti politici ed organizzativi riteniamo che la centralità e l’attualità sociale, politica e culturale dei temi suscitati dal progetto di Palermo Pride 2013, conferisca alla manifestazione per l’orgoglio omo/transessuale e per i diritti civili un assoluto e irrinunciabile rilievo nel quadro del dibattito politico nazionale”, fanno sapere i membri dell’assemblea.
“Per la prima volta nella storia, – si legge nella nota pubblicata dalle Associazioni lgbt – il Pride nazionale si spinge così a sud, a testimoniare il suo poderoso messaggio di libertà, eguaglianza e democrazia e a raccogliere l’entusiasmo e la spinta al cambiamento e all’innovazione di tutto il Paese, da parte di una città straordinaria come Palermo”.
A candidare Palermo come città del Gay Pride nazionale 2013 era stato, alcuni mesi fa, lo stesso sindaco Leoluca Orlando, che all’Italia e al mondo aveva lanciato un messaggio, affermando di voler rendere Palermo “una città in cui il riconoscimento e la tutela dei diritti vanno di pari passo con la valorizzazione delle differenze”.
Ad esprimere la sua piena soddisfazione per la scelta di questa città come sede principale della manifestazione per i diritti gay è stato anche Luigi Carollo, coordinatore del Comitato Palermo Pride, secondo cui tale scelta premierebbe non solo il movimento lgbt, ma anche l’impianto politico della città stessa.
“Il nostro lavoro – fa sapere Carollo – è sempre stato quello di creare relazioni tra le battaglie lgbt e le vertenze sul lavoro, sul diritto allo studio, sulla lotta alle discriminazioni razziali, sulla violenza contro le donne; perchè pensiamo che solo una società realmente inclusiva, che si faccia carico di tutte le situazioni di disagio sociale, possa garantire il rispetto dei Diritti delle persone gay, lesbiche e trans“.
“Il nostro impegno – continua quindi Carollo – adesso sarà quello di trasformare questo percorso verso il Pride Nazionale in uno strumento per realizzare, insieme alla città ed alle sue Istituzioni, tutte quelle buone pratiche che possano favorire la piena visibilità e la piena affermazione delle persone Lgbt.
Affinché il Pride possa essere la vetrina non solo di una rivendicazione ma soprattutto di una pratica politica capace di rendere Palermo un esempio per molte altre città”.
fonte http://www.gaywave.it foto AP/LaPresse
Lgbt Arezzo: Al via la stagione invernale delle serate lgbt-friendly "Why Not¿"
Sabato 22 settembre al Karemaski per la festa di Arcigay Arezzo arriverà anche la drag queen Nikita Magno
Arcigay Arezzo riparte con l'organizzazione delle serate gay-friendly "Why Not¿" nella nuova stagione autunno-inverno 2012/2013 con un ricco programma pieno di sorprese, grazie alla stretta collaborazione con l'associazione Karemaski, che mette a disposizione l'omonimo locale, e all'aiuto dei tanti volontari e volontarie di Chimera Arcobaleno.
A dare il via alle danze sabato 22 settembre alle 23.30 al Karemaski di Via Edison in Arezzo saranno: la padrona di casa, nonchè resident Drag Queen, Ivana Vamp e tutto lo staff del Gruppo Giovani - Arcigay Arezzo, con la partecipazione straordinaria di un ospite d'onore, direttamente dal Be Queer di Perugia, la nota drag queen Nikita Magno.
Tema della serata per ripartire con una nuova serie di appuntamenti dedicati alla comunità GLBTQI e non solo della provincia Arezzo, sarà un omaggio ai meravigliosi Queen e al loro leader Freddie Mercury... con lo slogan che risuonerà durante la serata e che il resident Divina DJ sicuramente suonerà per tutti gli ospiti, perché "The show must go on". L'ingresso alla festa è riservato ai soci Arcigay o Arci ed è possibile tesserarsi in loco.
Tante le sorprese pronte per il pubblico del Karemaski e un'ulteriore novità di quest'anno sarà un appuntamento pre-disco nelle strade del centro di Arezzo, fino alle 23,30 infatti troverete lo staff del "Why Not¿" presso il Liquid bar di via Tolletta.
Inoltre, ogni giovedì dalle 20.30 presso il Nerò Caffè (via Caponnetto, 36 - zona Tribunale) Arcigay Arezzo organizza i consueti Apericena Arcobaleno che allietano le serate di metà settimana con: musica accompagnata da giochi e fantasie di animazioni, oppure intermezzi teatrali e letterari, buffet e cocktail, e chi desidera potrà ricevere informazioni sulle attività non solo ricreative dell'associazione, tesseramento e quant'altro. Per contatti arcigay.arezzo@gmail.com oppure siamo presenti anche su Facebook.
fonte http://www.arezzoweb.it
Arcigay Arezzo riparte con l'organizzazione delle serate gay-friendly "Why Not¿" nella nuova stagione autunno-inverno 2012/2013 con un ricco programma pieno di sorprese, grazie alla stretta collaborazione con l'associazione Karemaski, che mette a disposizione l'omonimo locale, e all'aiuto dei tanti volontari e volontarie di Chimera Arcobaleno.
A dare il via alle danze sabato 22 settembre alle 23.30 al Karemaski di Via Edison in Arezzo saranno: la padrona di casa, nonchè resident Drag Queen, Ivana Vamp e tutto lo staff del Gruppo Giovani - Arcigay Arezzo, con la partecipazione straordinaria di un ospite d'onore, direttamente dal Be Queer di Perugia, la nota drag queen Nikita Magno.
Tema della serata per ripartire con una nuova serie di appuntamenti dedicati alla comunità GLBTQI e non solo della provincia Arezzo, sarà un omaggio ai meravigliosi Queen e al loro leader Freddie Mercury... con lo slogan che risuonerà durante la serata e che il resident Divina DJ sicuramente suonerà per tutti gli ospiti, perché "The show must go on". L'ingresso alla festa è riservato ai soci Arcigay o Arci ed è possibile tesserarsi in loco.
Tante le sorprese pronte per il pubblico del Karemaski e un'ulteriore novità di quest'anno sarà un appuntamento pre-disco nelle strade del centro di Arezzo, fino alle 23,30 infatti troverete lo staff del "Why Not¿" presso il Liquid bar di via Tolletta.
Inoltre, ogni giovedì dalle 20.30 presso il Nerò Caffè (via Caponnetto, 36 - zona Tribunale) Arcigay Arezzo organizza i consueti Apericena Arcobaleno che allietano le serate di metà settimana con: musica accompagnata da giochi e fantasie di animazioni, oppure intermezzi teatrali e letterari, buffet e cocktail, e chi desidera potrà ricevere informazioni sulle attività non solo ricreative dell'associazione, tesseramento e quant'altro. Per contatti arcigay.arezzo@gmail.com oppure siamo presenti anche su Facebook.
fonte http://www.arezzoweb.it
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martedì 18 settembre 2012
Lgbt: A San Vito Lo Capo il talk show del Cous Cous Fest, conduce Vladimir Luxuria dal 26 al 27 settembre, concerti di Fiorella Mannoia e Goran Bregovic
Anche quest’anno Vladi condurrà il live talk show del Cous Cous Fest di San Vito Lo Capo.
Mercoledì 26 e giovedì 27 settembre, alle 21,30 prima dei concerti di Fiorella Mannoia e Goran Bregovic.
Il Cous Cous Fest arriva alla sua tredicesima edizione con lo stesso obiettivo che lo ha fatto nascere: miscelare tradizioni diverse per dare luogo a sapori e contrasti sorprendenti.
Proprio come avviene per il “cous cous”, un piatto condiviso da tutte le cucine mediterranee, ma sempre diverso, sempre nuovo, sempre disponibile a ogni miscela sperimentale.
Il Cous Cous Fest si svolge dal 25 al 30 settembre a San Vito Lo Capo, uno splendido paesino balneare nella provincia di Trapani, in Sicilia.
Il programma è molto ricco e copre l’intero arco delle giornate, ma ogni serata si conclude con un grande evento sul grande palco di Piazza Santuario.
Vladi salirà sul palco mercoledì 26 e giovedì 27 settembre, alle 21:30, per condurre “Cafè Le Cous cous“, il talk show live del festival che precederà i concerti di Fiorella Mannoia e Goran Bregovic.
Per maggiori informazioni, compreso il programma dettagliato, visitate il sito ufficiale: www.couscousfest.it
fonte http://www.vladimirluxuria.it
Mercoledì 26 e giovedì 27 settembre, alle 21,30 prima dei concerti di Fiorella Mannoia e Goran Bregovic.
Il Cous Cous Fest arriva alla sua tredicesima edizione con lo stesso obiettivo che lo ha fatto nascere: miscelare tradizioni diverse per dare luogo a sapori e contrasti sorprendenti.
Proprio come avviene per il “cous cous”, un piatto condiviso da tutte le cucine mediterranee, ma sempre diverso, sempre nuovo, sempre disponibile a ogni miscela sperimentale.
Il Cous Cous Fest si svolge dal 25 al 30 settembre a San Vito Lo Capo, uno splendido paesino balneare nella provincia di Trapani, in Sicilia.
Il programma è molto ricco e copre l’intero arco delle giornate, ma ogni serata si conclude con un grande evento sul grande palco di Piazza Santuario.
Vladi salirà sul palco mercoledì 26 e giovedì 27 settembre, alle 21:30, per condurre “Cafè Le Cous cous“, il talk show live del festival che precederà i concerti di Fiorella Mannoia e Goran Bregovic.
Per maggiori informazioni, compreso il programma dettagliato, visitate il sito ufficiale: www.couscousfest.it
fonte http://www.vladimirluxuria.it
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Prevenire il suicidio dei giovani LGBT
I giovani LGBT (lesbiche, gay, bisessuali e transgender) sono particolarmente a rischio di atti di bullismo nei loro confronti, cui spesso segue il suicidio.
The Trevor Project, un’associazione che ha come scopo l’intervento nei momenti di crisi e la prevenzione del suicidio, per i giovani LGBT, indica nel proprio sito quali sono i segnali che dovrebbero mettere in allarme, per un possibile suicidio di un soggetto LGBT.
La persona:
- Fornisce descrizioni particolareggiate su un piano di suicidio: “Ho pensato come potrei fare”.
- Si sente senza speranza e senza aiuto: “Le cose non potranno migliorare per me.”
- Parla in modo positivo di una morte per suicidio: “Penso che questa persona sia stata coraggiosa ad uccidersi”.
- Dà una sorta di addio alle persone care: “Sei stato il mio migliore amico. Mi mancherai”.
- Mostra una mancanza di interesse per il futuro: “Sicuramente ciò che mi aspetto non accadrà presto”.
- Mostra un atteggiamento negativo verso sé stesso/a: “Non merito di vivere”.
- Esprime idee suicide: “Ultimamente ho spesso pensato al suicidio”.
Potete fare qualcosa se avete notato che una persona LGBT:
- Fa uso di alcol e droghe più del solito
- Si comporta in modo diverso dal solito
- Regala le cose più care che ha
- Perde interesse nelle attività e negli hobby che la appassionano
- Scrive un testamento o una lettera di addio
Dovete fare qualcosa per voi stessi se vi sentite:
- Senza alcun aiuto
- Insignificanti
- In trappola
- Sopraffatti dalle emozioni negative
- Senza motivazioni
- Completamente soli
In Italia, non esistono analoghe organizzazioni LGBT nate per prestare specifica assistenza.
Una delle risorse online per cercare aiuto psicologico è attraverso il nostro sito: gli psicoterapeuti de Il Sesso e L’Amore offrono consulenza gratuita, via telefono e Skype, nella giornata di giovedì contatti al seguente link:
http://ilsessoelamore.it/contatti-e-consulenza/
fonte http://ilsessoelamore.it
The Trevor Project, un’associazione che ha come scopo l’intervento nei momenti di crisi e la prevenzione del suicidio, per i giovani LGBT, indica nel proprio sito quali sono i segnali che dovrebbero mettere in allarme, per un possibile suicidio di un soggetto LGBT.
La persona:
- Fornisce descrizioni particolareggiate su un piano di suicidio: “Ho pensato come potrei fare”.
- Si sente senza speranza e senza aiuto: “Le cose non potranno migliorare per me.”
- Parla in modo positivo di una morte per suicidio: “Penso che questa persona sia stata coraggiosa ad uccidersi”.
- Dà una sorta di addio alle persone care: “Sei stato il mio migliore amico. Mi mancherai”.
- Mostra una mancanza di interesse per il futuro: “Sicuramente ciò che mi aspetto non accadrà presto”.
- Mostra un atteggiamento negativo verso sé stesso/a: “Non merito di vivere”.
- Esprime idee suicide: “Ultimamente ho spesso pensato al suicidio”.
Potete fare qualcosa se avete notato che una persona LGBT:
- Fa uso di alcol e droghe più del solito
- Si comporta in modo diverso dal solito
- Regala le cose più care che ha
- Perde interesse nelle attività e negli hobby che la appassionano
- Scrive un testamento o una lettera di addio
Dovete fare qualcosa per voi stessi se vi sentite:
- Senza alcun aiuto
- Insignificanti
- In trappola
- Sopraffatti dalle emozioni negative
- Senza motivazioni
- Completamente soli
In Italia, non esistono analoghe organizzazioni LGBT nate per prestare specifica assistenza.
Una delle risorse online per cercare aiuto psicologico è attraverso il nostro sito: gli psicoterapeuti de Il Sesso e L’Amore offrono consulenza gratuita, via telefono e Skype, nella giornata di giovedì contatti al seguente link:
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Lgbt Germania: Si discute sulla questione calciatori omosessuali in Bundesliga, la Merkel invita all'outing: "Fatelo, non abbiate paura. Non c'è nulla da temere"
La cancelliera tedesca ha commentato l'outing (ma comunque anonimo) di un giocatore della Bundesliga: "Possiamo dare un segnale forte". D'accordo anche il Bayern.
Dichiarazioni che hanno riportato il tema dell'omossesualità nel calcio al centro dell'attenzione.
Arrivano le prime risposte politiche al quasi-outing di un giocatore della Bundesliga che ha dichiarato alla stampa teutonica di essere gay. Rimanendo anonimo.
"Tutticoloro che si assumono il rischio e che hanno il coraggio fi fare outing devono sapere che vivono in un paese dove non c'è nulla da temere. E' il mio messaggio politico" puntualizza la cancelliera tedesca Angela Merkel interrogata a riguardo.
La donna più potente del mondo sicura, gli omosessuali escano allo scoperto: "Possiamo dare un segnale forte: non abbiate paura". Dibattito aperto in Germania come in Europa, in Italia tornano alla mente le dichiarazioni di Cassano e Marchisio durante Euro 2012.
Sulla questione si è pronunciato anche Uli Hoeness, presidente del Bayern Monaco: "Sono convinto che per vedere un giocatore fare 'outing' è solo questione di tempo. Prima o poi succederà. Tutti i club farebbero bene a prepararsi per dare una risposta positiva".
fonte http://www.goal.com, foto AFP Uli Hoeneß & Angela Merkel
Dichiarazioni che hanno riportato il tema dell'omossesualità nel calcio al centro dell'attenzione.
Arrivano le prime risposte politiche al quasi-outing di un giocatore della Bundesliga che ha dichiarato alla stampa teutonica di essere gay. Rimanendo anonimo.
"Tutticoloro che si assumono il rischio e che hanno il coraggio fi fare outing devono sapere che vivono in un paese dove non c'è nulla da temere. E' il mio messaggio politico" puntualizza la cancelliera tedesca Angela Merkel interrogata a riguardo.
La donna più potente del mondo sicura, gli omosessuali escano allo scoperto: "Possiamo dare un segnale forte: non abbiate paura". Dibattito aperto in Germania come in Europa, in Italia tornano alla mente le dichiarazioni di Cassano e Marchisio durante Euro 2012.
Sulla questione si è pronunciato anche Uli Hoeness, presidente del Bayern Monaco: "Sono convinto che per vedere un giocatore fare 'outing' è solo questione di tempo. Prima o poi succederà. Tutti i club farebbero bene a prepararsi per dare una risposta positiva".
fonte http://www.goal.com, foto AFP Uli Hoeneß & Angela Merkel
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Lgbt Firenze Gruppo Ireos: Mamma, papà: sono gay. 7 consigli per il coming out
Dirlo o non dirlo, questo il dilemma.
Ma soprattutto: quando e come dichiararsi omosessuale.
Le dritte di chi si è già svelato davanti ai genitori.
Non aspettatevi la formula magica valida per tutti e in ogni situazione. Non esiste. C’è invece qualche suggerimento che arriva da ragazze lesbiche e ragazzi gay che sono riusciti nell’impresa.
Ecco una breve guida al coming out in sette passi, realizzata con l’aiuto dei volontari e degli operatori dell’associazione lgbt fiorentina Ireos.
1. No alla fretta
Quando è il momento giusto? Dipende.È una scelta personale: ognuno ha i suoi tempi ed è bene compiere il “grande passo” solo quando si è sicuri, senza farsi influenzare da pressioni esterne.
Meglio ragionarci su e non essere impulsivi, valutando i pro e i contro.
2. Aspettare, ma non troppo
Prendere tempo va bene, ma attendere troppo può essere controproducente. All’orecchio dei familiari, a lungo andare, potrebbero arrivare voci da altri.
3. Cautela
Nel caso di relazioni molto negative, il suggerimento è quello di andare con i piedi di piombo, come ad esempio dichiararsi gay o lesbica solo quando si hanno risorse economiche a disposizione.
E’ una buona cosa creare intorno a sé una rete di persone e parenti che possano dare una mano se mamma e papà reagiscono male.
4. Ti fidi di me?
Iniziare con piccoli step. Il primo: confidarsi con una persona di cui si ha la massima stima e che, ovviamente, non abbia la lingua lunga. Può essere un amico oppure un parente.
5. Non sei solo
Il secondo gradino è parlare. Tanti giovani gay e tante ragazze lesbiche vivono l’identico dilemma: lo dico o no lo dico? In molte città esistono realtà lgbt dove fare due chiacchiere e confrontarsi.
A Firenze l’associazione Ireos ospita gli incontri di alcuni gruppi di giovani e offre consulenze.
6. Niente panico
Eccoci al punto: come dichiarare la propria omosessualità. Prima di tutto va fatto con calma, in un posto tranquillo e durante un attimo senza fretta.
Evitare assolutamente i momenti in cui si è di cattivo umore o si sta litigando. Prima è preferibile sondare il terreno, affrontando argomenti generali oppure notizie di attualità che riguardano l’omosessualità.
7. Spiegare
Una volta detta la fatidica frase, inizieranno con tutta probabilità le domande. “Sei sicuro/a?”, “Dove abbiamo sbagliato?”. E’ bene parlare delle proprie paure e far esprimere ai genitori i loro timori o dubbi.
Dichiararsi omosessuale non vuol dire scaricare sugli altri un “peso”, ma condividere un aspetto importante della propria vita.
Ireos Firenze– Comunità queer autogestita
Via de’ Serragli 3, Firenze
www.ireos.org
fonte http://www.teladoiofirenze.it da Gianni Carpini
Ma soprattutto: quando e come dichiararsi omosessuale.
Le dritte di chi si è già svelato davanti ai genitori.
Non aspettatevi la formula magica valida per tutti e in ogni situazione. Non esiste. C’è invece qualche suggerimento che arriva da ragazze lesbiche e ragazzi gay che sono riusciti nell’impresa.
Ecco una breve guida al coming out in sette passi, realizzata con l’aiuto dei volontari e degli operatori dell’associazione lgbt fiorentina Ireos.
1. No alla fretta
Quando è il momento giusto? Dipende.È una scelta personale: ognuno ha i suoi tempi ed è bene compiere il “grande passo” solo quando si è sicuri, senza farsi influenzare da pressioni esterne.
Meglio ragionarci su e non essere impulsivi, valutando i pro e i contro.
2. Aspettare, ma non troppo
Prendere tempo va bene, ma attendere troppo può essere controproducente. All’orecchio dei familiari, a lungo andare, potrebbero arrivare voci da altri.
3. Cautela
Nel caso di relazioni molto negative, il suggerimento è quello di andare con i piedi di piombo, come ad esempio dichiararsi gay o lesbica solo quando si hanno risorse economiche a disposizione.
E’ una buona cosa creare intorno a sé una rete di persone e parenti che possano dare una mano se mamma e papà reagiscono male.
4. Ti fidi di me?
Iniziare con piccoli step. Il primo: confidarsi con una persona di cui si ha la massima stima e che, ovviamente, non abbia la lingua lunga. Può essere un amico oppure un parente.
5. Non sei solo
Il secondo gradino è parlare. Tanti giovani gay e tante ragazze lesbiche vivono l’identico dilemma: lo dico o no lo dico? In molte città esistono realtà lgbt dove fare due chiacchiere e confrontarsi.
A Firenze l’associazione Ireos ospita gli incontri di alcuni gruppi di giovani e offre consulenze.
6. Niente panico
Eccoci al punto: come dichiarare la propria omosessualità. Prima di tutto va fatto con calma, in un posto tranquillo e durante un attimo senza fretta.
Evitare assolutamente i momenti in cui si è di cattivo umore o si sta litigando. Prima è preferibile sondare il terreno, affrontando argomenti generali oppure notizie di attualità che riguardano l’omosessualità.
7. Spiegare
Una volta detta la fatidica frase, inizieranno con tutta probabilità le domande. “Sei sicuro/a?”, “Dove abbiamo sbagliato?”. E’ bene parlare delle proprie paure e far esprimere ai genitori i loro timori o dubbi.
Dichiararsi omosessuale non vuol dire scaricare sugli altri un “peso”, ma condividere un aspetto importante della propria vita.
Ireos Firenze– Comunità queer autogestita
Via de’ Serragli 3, Firenze
www.ireos.org
fonte http://www.teladoiofirenze.it da Gianni Carpini
lunedì 17 settembre 2012
Napoli: Lgbt loves San Gennaro…il 19 settembre
L’associazione iKen Onlus organizza una originale campagna di visibilità delle ineguaglianze sociali italiane: LGBT loves San Gennaro.
L’assunto di partenza è semplice, in Italia lo Stato permette a tutti il diritto al culto ma nega ai gay il diritto al Matrimonio Civile… da qui la provocazione:
“Dato che la Politica non fa una legge contro l’omofobia speriamo almeno nel Miracolo di San Gennaro”
si legge sulla pagina facebook dell’associazione
Quindi mercoledì 19 settembre, in occasione del miracolo di San Gennaro, l’associazione sarà presente al Duomo di Napoli, non per contestare o criticare ma per vivere insieme alla comunità questo giorno importante per molti cattolici e tanti napoletani cattolica, l’unico ancora che riesce a unire le varie anime della città.
fonte http://www.napoligaypress.it
L’assunto di partenza è semplice, in Italia lo Stato permette a tutti il diritto al culto ma nega ai gay il diritto al Matrimonio Civile… da qui la provocazione:
“Dato che la Politica non fa una legge contro l’omofobia speriamo almeno nel Miracolo di San Gennaro”
si legge sulla pagina facebook dell’associazione
Quindi mercoledì 19 settembre, in occasione del miracolo di San Gennaro, l’associazione sarà presente al Duomo di Napoli, non per contestare o criticare ma per vivere insieme alla comunità questo giorno importante per molti cattolici e tanti napoletani cattolica, l’unico ancora che riesce a unire le varie anime della città.
fonte http://www.napoligaypress.it
Lgbt: Aurelio Mancuso: “I gay voteranno chi sarà chiaro sui diritti civili. Un milione di voti da conquistare”
“Non si può girarci molto intorno: l’umore più diffuso tra la comunità gay, lesbica e trans italiana è di forte diffidenza rispetto a tutti i partiti, soprattutto quelli di centrosinistra che nel 2006 promisero leggi su omofobia e diritti delle coppie e poi tradirono gli elettori e le elettrici gay”: lo afferma il presidente di Equality Italia Aurelio Mancuso, a proposito delle elezioni politiche del 2013.
“In vista di Primarie del centrosinistra, di consultazioni web del Movimento 5 stelle, di chissà quale programma delle destre – dice Mancuso – si deve sapere che oltre un milione di potenziali elettori (per parlare solo della parte ormai visibile e consapevole della comunità omosessuale italiana, composta da oltre 4 milioni di persone) attendono parole chiare su due questioni essenziali: riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali che preveda pari dignità e uguaglianza, e adozioni”.
“Su questo ultimo tema, assai dibattuto e ancora fonte d’imbarazzo nel centrosinistra – prosegue – si può ragionare per fasi graduali, tenendo sempre presente che ciò che è preminente è il diritto del bambino a poter contare su figure genitoriali certe, che come attestano tutti gli studi internazionali, è indifferente che siano etero o omosessuali.
In questo senso il primo e urgente provvedimento da approvare è quello che permette al partner non biologico di poter adottare, all’interno della coppia omosessuale, il minore, così da risolvere innumerevoli discriminazioni cui sono soggetti attualmente i figli nati nelle famiglie arcobaleno” conclude Mancuso.
fonte http://www.laltrapagina.it
“In vista di Primarie del centrosinistra, di consultazioni web del Movimento 5 stelle, di chissà quale programma delle destre – dice Mancuso – si deve sapere che oltre un milione di potenziali elettori (per parlare solo della parte ormai visibile e consapevole della comunità omosessuale italiana, composta da oltre 4 milioni di persone) attendono parole chiare su due questioni essenziali: riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali che preveda pari dignità e uguaglianza, e adozioni”.
“Su questo ultimo tema, assai dibattuto e ancora fonte d’imbarazzo nel centrosinistra – prosegue – si può ragionare per fasi graduali, tenendo sempre presente che ciò che è preminente è il diritto del bambino a poter contare su figure genitoriali certe, che come attestano tutti gli studi internazionali, è indifferente che siano etero o omosessuali.
In questo senso il primo e urgente provvedimento da approvare è quello che permette al partner non biologico di poter adottare, all’interno della coppia omosessuale, il minore, così da risolvere innumerevoli discriminazioni cui sono soggetti attualmente i figli nati nelle famiglie arcobaleno” conclude Mancuso.
fonte http://www.laltrapagina.it
Il Dress Code per LGBT entra nelle università e nei luoghi di lavoro
Il Dress Code per GLBT entra nelle università e nei luoghi di lavoroL’abito: rappresentazione dell’io sociale; espressione del proprio essere interiore; specchio della propria anima. Tutte queste possono essere delle definizioni adatte per gli indumenti che, da quando Adamo ed Eva hanno mangiato la mela della conoscenza e
hanno scoperto il pudore, non si sono mai limitati ad essere un mero strumento per “ripararsi dal freddo”.
L’abito è sempre stato un mezzo per comunicare e veicolare il proprio pensiero con gli altri e, proprio per la sua immediatezza, capace di trasmettere un messaggio alle grandi masse.
Che dire di Michelle Obama che nei momenti clou della campagna elettorale del marito indossava abiti non troppo costosi per avvicinarsi alle masse e far comprendere che tra lei e l’elettorato non c’era alcuna differenza?
E che dire di Kate Middletoni, duchessa di Cambrige “accusata” più volte di “riciclare” abiti della madre o indossare più volte un capo?
L’abito ha insito in sé un significato semantico che non lo rende mai neutro ma sempre un trasmettitore di un pensiero, un’idea o un modo di essere. Anche l’assenza dell’abito (il nudo) è di per sé un veicolo.
Idee politiche (camicia rossa o nera), umore (abiti colorati o scuri) o atteggiamento (formale o casual) nulla è lasciato al caso e nulla è “incomunicabile”… compresa l’identità sessuale.
Gonna, cravatta, pantaloni, collant… tutti indumenti che nel passato si ritenevano di facile interpretazione ma l’evoluzione culturale ha “rimescolato le carte” del dress code e “trasferito” indumenti da un sesso all’altro cambiandone il significato.
E’ il caso dei pantaloni passati alle donne quando gli uomini erano in guerra; della camicia adottata dal gentil sesso dopo aver spostato asole e bottoni (perché una donna di classe ha sempre una cameriera che l’aiuta a vestirsi) e il cravattino sintomo di potere e mascolinità ma modificato nei colori, fattura e tessuti.
L’evoluzione sessuale e il desiderio di fare “outing” e vivere la propria individualità è sempre più forte e anche la tradizionale Oxford ha dovuto fare i conti con questo fenomeno. Il rigido codice vestimentario adottato università è stato modificato per adattarsi alle esigenze della comunità GLBT consentendo collant ai trans e cravattini alle lesbiche.
“È certamente un'importante novità - spiega Alessandro Bertirotti, antropologo della mente - la notizia che l'università di Oxford cambi un articolo del proprio dress code, ossia del codice relativo agli indumenti che gli studenti e i professori devono indossare all'interno della struttura. Si apprende che saranno permessi capi di abbigliamento consoni all'organizzazione mentale di coloro che li indossano.
Eh, sì… questa volta non si tratta di una semplice questione di costume dei tempi, oppure dell’espressione di un termometro sociale che si adegua alle esigenze di tutte le differenze, ma è un vero e proprio sintomo di qualche cosa di molto importante, specialmente dal punto di vista antropologico.
Io personalmente approvo la riforma – prosegue il Professore Bertirotti -. Per un motivo semplice, etimologico e semantico: si chiama "Università", da "Universitas" e se sappiamo cosa vuole dire, sappiamo anche che l'universo è nei libri ma anche, e soprattutto direi io, in coloro che li leggono e li studiano.
Dunque, ci sono oggi, come sono sempre esistite le differenze tra generi, culture ed atteggiamenti di preferenza sessuale. Quando tutto resta nel decoro, ossia in Occidente non ci presentiamo nudi, ogni indumento che copre un corpo deve, secondo me, essere accettato in una società. Se, in una data società, esiste una regola che impone di vedere il volto, come nella nostra Occidentale, allora niente burqa. Ma esiste in questo caso una regola di riconoscimento della persona in quanto persona, ossia maschera, come indica il termine in latino.
Nel caso dell'Università, in nome del rispetto della coerenza che tanto la scienza predica tra ipotesi e testi, abbiamo una ipotesi di identità femminile in corpo maschile, e, fino a prova contraria, deve esistere una tesi che segue tale coerenza. E', per me, proprio una questione scientifica, in questo caso e non sociale.
E per quanto riguarda il mondo del lavoro?
Se all’università – pur restando nel decoro – si accettano delle “rivoluzioni” vale lo stesso principio quando ci si trova in un rapporto B2B e in pochi minuti un candidato deve non solo conquistare la persona che ha di fronte ma soprattutto convincerlo di essere la persona “che sta cercando”? Il mondo del lavoro è molto più spietato e spesso l’abbigliamento è utilizzato come strumento per raggiungere i propri obiettivi e non sempre in modo leale.
Che dire di una donna che si presenta a un colloquio in abiti succinti? In certi ambienti si penserebbe che è una donna di “facili costumi” ma in altri contesti, ad esempio a una selezione per soubrette (o Veline come vediamo in questi giorni in televisione), mettere in mostra le proprie forme è addirittura richiesto.
La stessa cosa si ripete per gli uomini che, magari, devono evitare il pantalone corto o la scarpa aperta in alcuni colloqui ma in altri (magari capo animazione in un villaggio per restare nel clima estivo) nessuno farebbe caso a questa mise.
E’ solo di poche settimane fa la notizia di una giornalista di Al Jazeera che è andata in onda con il capo coperto dal velo: un semplice accessorio che nell’islam ha un fortissimo significato semantico di tipo religioso e ideologico, eppure l’emittente televisiva si professava di aperte vedute.
“Penso che ogni persona sappia utilizzare la propria intelligenza, che è tale e differenziata in base al sesso di appartenenza, alla cultura e dunque agli atteggiamenti che si sono sviluppati nel corso della propria vita – continua Alessandro Bertirotti -. Se voglio raggiungere uno scopo, essere assunto, in una società i cui membri maschi, spesso e parecchi, anche se non tutti, hanno rapporti clandestini con trans, mi presento ipocritamente vestito da maschio quando serve.
Oppure, sempre ipocritamente, da trans quando so che questo atteggiamento stimola le fantasie del mio possibile datore di lavoro. In questo ultimo caso – conclude - , riesco, in base al comportamento de datore di lavoro, a capire come potrò stare nel caso mi assumesse, e posso decidere di restare a lavorare lì, oppure salutare tutti.
fonte http://www.corriereinformazione.it Marcella Sardo
hanno scoperto il pudore, non si sono mai limitati ad essere un mero strumento per “ripararsi dal freddo”.
L’abito è sempre stato un mezzo per comunicare e veicolare il proprio pensiero con gli altri e, proprio per la sua immediatezza, capace di trasmettere un messaggio alle grandi masse.
Che dire di Michelle Obama che nei momenti clou della campagna elettorale del marito indossava abiti non troppo costosi per avvicinarsi alle masse e far comprendere che tra lei e l’elettorato non c’era alcuna differenza?
E che dire di Kate Middletoni, duchessa di Cambrige “accusata” più volte di “riciclare” abiti della madre o indossare più volte un capo?
L’abito ha insito in sé un significato semantico che non lo rende mai neutro ma sempre un trasmettitore di un pensiero, un’idea o un modo di essere. Anche l’assenza dell’abito (il nudo) è di per sé un veicolo.
Idee politiche (camicia rossa o nera), umore (abiti colorati o scuri) o atteggiamento (formale o casual) nulla è lasciato al caso e nulla è “incomunicabile”… compresa l’identità sessuale.
Gonna, cravatta, pantaloni, collant… tutti indumenti che nel passato si ritenevano di facile interpretazione ma l’evoluzione culturale ha “rimescolato le carte” del dress code e “trasferito” indumenti da un sesso all’altro cambiandone il significato.
E’ il caso dei pantaloni passati alle donne quando gli uomini erano in guerra; della camicia adottata dal gentil sesso dopo aver spostato asole e bottoni (perché una donna di classe ha sempre una cameriera che l’aiuta a vestirsi) e il cravattino sintomo di potere e mascolinità ma modificato nei colori, fattura e tessuti.
L’evoluzione sessuale e il desiderio di fare “outing” e vivere la propria individualità è sempre più forte e anche la tradizionale Oxford ha dovuto fare i conti con questo fenomeno. Il rigido codice vestimentario adottato università è stato modificato per adattarsi alle esigenze della comunità GLBT consentendo collant ai trans e cravattini alle lesbiche.
“È certamente un'importante novità - spiega Alessandro Bertirotti, antropologo della mente - la notizia che l'università di Oxford cambi un articolo del proprio dress code, ossia del codice relativo agli indumenti che gli studenti e i professori devono indossare all'interno della struttura. Si apprende che saranno permessi capi di abbigliamento consoni all'organizzazione mentale di coloro che li indossano.
Eh, sì… questa volta non si tratta di una semplice questione di costume dei tempi, oppure dell’espressione di un termometro sociale che si adegua alle esigenze di tutte le differenze, ma è un vero e proprio sintomo di qualche cosa di molto importante, specialmente dal punto di vista antropologico.
Io personalmente approvo la riforma – prosegue il Professore Bertirotti -. Per un motivo semplice, etimologico e semantico: si chiama "Università", da "Universitas" e se sappiamo cosa vuole dire, sappiamo anche che l'universo è nei libri ma anche, e soprattutto direi io, in coloro che li leggono e li studiano.
Dunque, ci sono oggi, come sono sempre esistite le differenze tra generi, culture ed atteggiamenti di preferenza sessuale. Quando tutto resta nel decoro, ossia in Occidente non ci presentiamo nudi, ogni indumento che copre un corpo deve, secondo me, essere accettato in una società. Se, in una data società, esiste una regola che impone di vedere il volto, come nella nostra Occidentale, allora niente burqa. Ma esiste in questo caso una regola di riconoscimento della persona in quanto persona, ossia maschera, come indica il termine in latino.
Nel caso dell'Università, in nome del rispetto della coerenza che tanto la scienza predica tra ipotesi e testi, abbiamo una ipotesi di identità femminile in corpo maschile, e, fino a prova contraria, deve esistere una tesi che segue tale coerenza. E', per me, proprio una questione scientifica, in questo caso e non sociale.
E per quanto riguarda il mondo del lavoro?
Se all’università – pur restando nel decoro – si accettano delle “rivoluzioni” vale lo stesso principio quando ci si trova in un rapporto B2B e in pochi minuti un candidato deve non solo conquistare la persona che ha di fronte ma soprattutto convincerlo di essere la persona “che sta cercando”? Il mondo del lavoro è molto più spietato e spesso l’abbigliamento è utilizzato come strumento per raggiungere i propri obiettivi e non sempre in modo leale.
Che dire di una donna che si presenta a un colloquio in abiti succinti? In certi ambienti si penserebbe che è una donna di “facili costumi” ma in altri contesti, ad esempio a una selezione per soubrette (o Veline come vediamo in questi giorni in televisione), mettere in mostra le proprie forme è addirittura richiesto.
La stessa cosa si ripete per gli uomini che, magari, devono evitare il pantalone corto o la scarpa aperta in alcuni colloqui ma in altri (magari capo animazione in un villaggio per restare nel clima estivo) nessuno farebbe caso a questa mise.
E’ solo di poche settimane fa la notizia di una giornalista di Al Jazeera che è andata in onda con il capo coperto dal velo: un semplice accessorio che nell’islam ha un fortissimo significato semantico di tipo religioso e ideologico, eppure l’emittente televisiva si professava di aperte vedute.
“Penso che ogni persona sappia utilizzare la propria intelligenza, che è tale e differenziata in base al sesso di appartenenza, alla cultura e dunque agli atteggiamenti che si sono sviluppati nel corso della propria vita – continua Alessandro Bertirotti -. Se voglio raggiungere uno scopo, essere assunto, in una società i cui membri maschi, spesso e parecchi, anche se non tutti, hanno rapporti clandestini con trans, mi presento ipocritamente vestito da maschio quando serve.
Oppure, sempre ipocritamente, da trans quando so che questo atteggiamento stimola le fantasie del mio possibile datore di lavoro. In questo ultimo caso – conclude - , riesco, in base al comportamento de datore di lavoro, a capire come potrò stare nel caso mi assumesse, e posso decidere di restare a lavorare lì, oppure salutare tutti.
fonte http://www.corriereinformazione.it Marcella Sardo
Lgbt USA: La campagna trans della Columbia "Faccio parte dello Stato"
Dopo alcuni episodi di transfobia, lo Stato americano del District of Columbia ha lanciato la sua campagna per l'integrazione: "Trattami come ogni altra donna, con gentilezza e rispetto".
Dopo alcuni episodi di transfobia, lo Stato americano del District of Columbia ha lanciato la sua campagna per l'integrazione delle persone transgender.
La prima testimonial dei manifesti affissi per tutto il territorio dice:
"Amo perdermi per il museo Smithsonian, mangiare con gli amici sulla H Street e andare agli spettacoli dell'Howard Theatre. Faccio parte di questo stato. Trattami come qualsiasi altra donna, con gentilezza e rispetto"
fonte http://www.gay.it
Dopo alcuni episodi di transfobia, lo Stato americano del District of Columbia ha lanciato la sua campagna per l'integrazione delle persone transgender.
La prima testimonial dei manifesti affissi per tutto il territorio dice:
"Amo perdermi per il museo Smithsonian, mangiare con gli amici sulla H Street e andare agli spettacoli dell'Howard Theatre. Faccio parte di questo stato. Trattami come qualsiasi altra donna, con gentilezza e rispetto"
fonte http://www.gay.it
Lgbt: Malaysia, è caccia ai “bambini gay” il governo addestrerà gli insegnanti e i genitori a riconoscere i piccoli omosessuali
Il governo di Kuala Lumpur pare deciso a cavalcare la lotta all’omosessualità.
OMOSESSUALITA’ FUORILEGGE
In Malaysia il sesso omosessuale, ma anche quello orale, è reato e i colpevoli rischiano pene fino ai 20 anni. Non è reato essere omosessuali, ma fare cose da omosessuali- Il governo federale parla apertamente di contrasto attivo all’omosessualità, anche se “in particolare tra i musulmani”, che sono il 60% degli abitanti del paese e soprattutto sono rappresentati da politici che vivono per difendere quella che ritengono la moralità islamica.
IL CASO FAMOSO
Anche se poi nella realtà non sono poi molti i processi contro gli omosessuali, ci sono stati casi clamorosi come quello dell’ex primo ministro Anwar Ibrahim, che dopo due processi per sodomia è stato assolto per insufficienza di prove. Peccato solo per i sei anni trascorsi in prigione nell’attesa che i giudici terminassero d’esaminare i suoi casi, che lui ha sempre denunciato come persecuzioni politiche dichiarandosi innocente.
I CAMPI PER RIEDUCARLI
Le cose vano anche peggio a livello locale, come ad esempio nello stato orientale di Terengganu, dove il governo ha messo in piedi un campo per ragazzi “effeminati” nel quale si dovrebbe insegnare loro come diventare veri uomini.
I SEMINARI
Adesso invece è il momento dei seminari rivolti a genitori e insegnanti, nei quali s’insegna come indovinare l’eventuale e precoce omosessualità dei figli. Niente di troppo scientifico, se è vero che si indicano i vestiti colorati e le borse come indizi per stanare i maschietti e la preferenza allo stare con le amiche per le bambine.
Roba da rendere sospetti omosessuali la metà dei bambini e delle bambine del paese.
fonte http://www.giornalettismo.com
OMOSESSUALITA’ FUORILEGGE
In Malaysia il sesso omosessuale, ma anche quello orale, è reato e i colpevoli rischiano pene fino ai 20 anni. Non è reato essere omosessuali, ma fare cose da omosessuali- Il governo federale parla apertamente di contrasto attivo all’omosessualità, anche se “in particolare tra i musulmani”, che sono il 60% degli abitanti del paese e soprattutto sono rappresentati da politici che vivono per difendere quella che ritengono la moralità islamica.
IL CASO FAMOSO
Anche se poi nella realtà non sono poi molti i processi contro gli omosessuali, ci sono stati casi clamorosi come quello dell’ex primo ministro Anwar Ibrahim, che dopo due processi per sodomia è stato assolto per insufficienza di prove. Peccato solo per i sei anni trascorsi in prigione nell’attesa che i giudici terminassero d’esaminare i suoi casi, che lui ha sempre denunciato come persecuzioni politiche dichiarandosi innocente.
I CAMPI PER RIEDUCARLI
Le cose vano anche peggio a livello locale, come ad esempio nello stato orientale di Terengganu, dove il governo ha messo in piedi un campo per ragazzi “effeminati” nel quale si dovrebbe insegnare loro come diventare veri uomini.
I SEMINARI
Adesso invece è il momento dei seminari rivolti a genitori e insegnanti, nei quali s’insegna come indovinare l’eventuale e precoce omosessualità dei figli. Niente di troppo scientifico, se è vero che si indicano i vestiti colorati e le borse come indizi per stanare i maschietti e la preferenza allo stare con le amiche per le bambine.
Roba da rendere sospetti omosessuali la metà dei bambini e delle bambine del paese.
fonte http://www.giornalettismo.com
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discriminazioni lgbt,
omofobia
Lgbt Buenos Aires: linee guida per l'assistenza ospedaliera alle persone omosessuali
Da qualche giorno gli ospedali di Buenos Aires hanno una guida per formare il proprio personale sulla salute sessuale e la prevenzione della violenza nei confronti di lesbiche, gay e persone transessuali che si recano presso i nosocomi al fine di evitare pregiudizi o discriminazioni di qualsiasi genere.
Buenos Aires diventa così la prima provincia argentina ad avere tali sussidi.
La guida è stata elaborata dal dipartimento delle politiche di genere dell’assessorato provinciale alla salute ed è composta da sette sezioni nelle quali si affrontano questioni relative a come facilitare l’accesso alla salute e l’attenzione verso le persone lgbt.
Secondo l’assessore provinciale alla salute, Alejandro Collia:
Il sistema sanitario dev’essere accogliente verso tutti i pazienti e non è possibile che ancora oggi ci siano diverse persone che non si recano in ospedale per timore di essere discriminate.
fonte http://www.queerblog.it da Roberto Russo
Buenos Aires diventa così la prima provincia argentina ad avere tali sussidi.
La guida è stata elaborata dal dipartimento delle politiche di genere dell’assessorato provinciale alla salute ed è composta da sette sezioni nelle quali si affrontano questioni relative a come facilitare l’accesso alla salute e l’attenzione verso le persone lgbt.
Secondo l’assessore provinciale alla salute, Alejandro Collia:
Il sistema sanitario dev’essere accogliente verso tutti i pazienti e non è possibile che ancora oggi ci siano diverse persone che non si recano in ospedale per timore di essere discriminate.
fonte http://www.queerblog.it da Roberto Russo
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iniziative salute
Lgbt Arte Eventi: Renoir, a Pavia “La vie en peinture” dal 15 settembre al 16 dicembre 2012
Dal 15 settembre al 16 dicembre 2012 le Scuderie del Castello Visconteo di Pavia ospiteranno un’importante retrospettiva dedicata ad uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo: Pierre-Auguste Renoir.
L’esposizione, a cura di Philippe Cros, – attraverso una selezione di dipinti, pastelli e disegni – ripercorrerà la carriera del grande Maestro francese mettendo in evidenza il ruolo dell’artista nella storia dell’arte moderna.
Il pubblico avrà la possibilità di ammirare importanti lavori, alcuni dei quali esposti per la prima volta in Italia, provenienti da prestigiose realtà museali internazionali tra cui la National Gallery of Art di Washington, il Columbus Museum of Art (Ohio), il Centre Pompidou di Parigi eil Palais des Beaux Arts di Lille.
Durante il suo percorso artistico, durato circa sessant’anni, Renoir realizzò un numero sorprendente di quadri: oltre cinquemila, ovvero l’equivalente delle opere di Manet, Cézanne e Degas messe insieme.
Conosciuto dal grande pubblico come uno dei fondatori dell’Impressionismo, in realtà Renoir non può essere considerato un artista totalmente devoto ad un’unica corrente e ad un unico stile ma piuttosto alla rappresentazione e celebrazione della bellezza, elemento costante in tutta la sua produzione artistica.
fonte http://www.italiaglobale.it
L’esposizione, a cura di Philippe Cros, – attraverso una selezione di dipinti, pastelli e disegni – ripercorrerà la carriera del grande Maestro francese mettendo in evidenza il ruolo dell’artista nella storia dell’arte moderna.
Il pubblico avrà la possibilità di ammirare importanti lavori, alcuni dei quali esposti per la prima volta in Italia, provenienti da prestigiose realtà museali internazionali tra cui la National Gallery of Art di Washington, il Columbus Museum of Art (Ohio), il Centre Pompidou di Parigi eil Palais des Beaux Arts di Lille.
Durante il suo percorso artistico, durato circa sessant’anni, Renoir realizzò un numero sorprendente di quadri: oltre cinquemila, ovvero l’equivalente delle opere di Manet, Cézanne e Degas messe insieme.
Conosciuto dal grande pubblico come uno dei fondatori dell’Impressionismo, in realtà Renoir non può essere considerato un artista totalmente devoto ad un’unica corrente e ad un unico stile ma piuttosto alla rappresentazione e celebrazione della bellezza, elemento costante in tutta la sua produzione artistica.
fonte http://www.italiaglobale.it
Lgbt: Rupert Everett «No ai genitori gay»
L'attore, omosessuale dichiarato da oltre 20 anni, in un'intervista ha affermato:
«Non riesco a pensare a qualcosa di peggiore di un bambino cresciuto da due padri». Polemica nel mondo gay
Meglio non essere genitori, piuttosto che essere genitori gay. La pensa così Rupert Everett, 53, omosessuale dichiarato da ormai 20 anni, che in un'intervista rilasciata al Sunday Times Magazine ha affermato: «Non riesco a pensare a qualcosa di peggiore di un bambino cresciuto da due padri».
L'attore condivide in pieno l'opinione della madre Sara, 77, che, anche dopo aver conosciuto l'attuale fidanzato del figlio, continua a sostenere l'idea tradizionale di famiglia: «Un bambino ha bisogno di un padre e di una madre», ha detto, ammettendo di desiderare tuttora che il figlio torni sui suoi passi, trovi una moglie e la renda finalmente nonna.
Immediata la reazione di Ben Summerskill, l'amministratore delegato dell'associazione no-profit per i diritti dei gay e delle lesbiche Stonewall. Summerskill consiglia all'attore di Shakespeare in Love di cominciare a pensare con la propria testa indipendentemente dalle idee della madre, perché «non esistono prove che testimonino che crescere con due genitori dello stesso sesso provochi disagi ai bambini».
Everett, dall'altra parte, sostiene di aver parlato per se stesso. Non pretende di farsi portavoce delle opinioni di una comunità gay di cui non si sente parte. «L'unica comunità a cui appartengo è quella umana e abbiamo fin troppi bambini. Non è il caso di farne altri», ha aggiunto.
fonte http://www.vanityfair.it di C. Franceschini foto AP/LaPresse
«Non riesco a pensare a qualcosa di peggiore di un bambino cresciuto da due padri». Polemica nel mondo gay
Meglio non essere genitori, piuttosto che essere genitori gay. La pensa così Rupert Everett, 53, omosessuale dichiarato da ormai 20 anni, che in un'intervista rilasciata al Sunday Times Magazine ha affermato: «Non riesco a pensare a qualcosa di peggiore di un bambino cresciuto da due padri».
L'attore condivide in pieno l'opinione della madre Sara, 77, che, anche dopo aver conosciuto l'attuale fidanzato del figlio, continua a sostenere l'idea tradizionale di famiglia: «Un bambino ha bisogno di un padre e di una madre», ha detto, ammettendo di desiderare tuttora che il figlio torni sui suoi passi, trovi una moglie e la renda finalmente nonna.
Immediata la reazione di Ben Summerskill, l'amministratore delegato dell'associazione no-profit per i diritti dei gay e delle lesbiche Stonewall. Summerskill consiglia all'attore di Shakespeare in Love di cominciare a pensare con la propria testa indipendentemente dalle idee della madre, perché «non esistono prove che testimonino che crescere con due genitori dello stesso sesso provochi disagi ai bambini».
Everett, dall'altra parte, sostiene di aver parlato per se stesso. Non pretende di farsi portavoce delle opinioni di una comunità gay di cui non si sente parte. «L'unica comunità a cui appartengo è quella umana e abbiamo fin troppi bambini. Non è il caso di farne altri», ha aggiunto.
fonte http://www.vanityfair.it di C. Franceschini foto AP/LaPresse
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