sabato 26 febbraio 2022

Cinema > Belfast, l'intervista a Kenneth Branagh: “Con questo film racconto la mia infanzia”

Candidato agli Oscar 2022 con sette nomination, tra cui miglior film, miglior regia e migliore sceneggiatura originale, arriva nelle sale a partire dal 24 febbraio il film più personale di Kenneth Branagh. Di Barbara Tarricone

Al cinema esce Belfast, candidato a 7 Oscar, il film più personale di Kenneth Branagh che ripercorre un momento critico della vita dell’attore: l’infanzia a Belfast, appunto, durante il conflitto nordirlandese e la combattuta scelta della famiglia del regista di abbandonare il  paese per la più sicura Inghilterra.  

Una raffinata pellicola in bianco e nero dove quasi tutto il cast è veramente nordirlandese: dal bambino che interpreta il piccolo Branagh (il debuttante Jude Hill) ai genitori (Caitriona Balfe e Jamie Dornan) al nonno (Ciaran Hinds) con l’eccezione di Judi Dench che interpreta la nonna; Belfast è una lettera d’amore a quella terra, a quella cultura e al cinema. 

Per un attore che ha fatto la sua fortuna anche interpretando e dirigendo classici british e che sfoggia un accento inglese degno della regina, l’immersione nei ricordi, nella cultura e nello strettissimo accento nordirlandese deve essere stato un viaggio catartico. Ne abbiamo parlato insieme.

Il suo film è un viaggio nel tempo e nei suoi ricordi, che cosa l’ha spinta ad intraprenderlo?

È stato il lockdown, quel regime di incertezza che così tanti di noi abbiamo provato durante quel periodo mi ha riportato alla memoria quello che ho vissuto a 9 anni: quando la mia strada a Belfast, che per me era un terreno di gioco, si è trasformato in un campo di battaglia ed in una fortezza. Era l’epoca dei Troubles: una guerra civile che ha insanguinato le strade dell’Irlanda del Nord. Come il lockdown quel periodo ha portato la mia famiglia ed altre famiglie come la mia a navigare a vista.

Il bambino che interpreta lei da piccolo, Jude Hill, è al suo primo film ed è una forza della natura. Come lo ha scoperto?

Quando l’abbiamo incontrato ho visto che c’era un vero talento naturale per la recitazione. Jude è empatico, appassionato di quello che fa e ha una caratteristica fondamentale in un attore che è quella di essere capace di ascoltare. Recita con questi grandissimi mostri sacri ed intanto impara.

Ci si sarà rivisto, anche se non tifate per la stessa squadra

Per l’amor di Dio assolutamente non la stessa squadra! Io tifo per il Tottenham e lui per il Liverpool e lo ama talmente tanto, che anche solo per fargli dire che tifava per il Tottenham, dovevamo assicurarlo che era solo ed esclusivamente per il film e fargli vedere che le camere stavamo girando! Una faticaccia arrivare a questo compromesso.

Devo dire che Jamie Dornan e Caitriona Balfe che interpretano i suoi genitori sono bellissimi, raramente si sono visti genitori più belli al cinema! Ho sentito che anche sua moglie ha fatto un commento al riguardo!

Stavamo guardando il film e l’ho sentita letteralmente sospirare - e non è stata la sola- quando c’è quella scena di Jamie Dornan che comincia a cantare con un microfono d’epoca, con quella luce soffusa alle spalle ed è bellissimo, poi la camera si gira e vediamo Caitriona, altrettanto stupenda… Mia moglie mia ha guardata e mi ha detto: d’ora in poi mi fotografi solo così per cortesia: in bianco e nero e con questa luce!

Lei rappresenta la relazione tra i suoi genitori come carica di grande amore, così come quella dei suoi nonni, interpretati da Judi Dench e Ciaran Hinds. Erano questi i suoi modelli di relazione da piccolo quindi?

Sicuramente guardando loro ho osservato un tipo di amore che si esprime attraverso il senso dell’umorismo, prendersi in giro reciprocamente, leggere, ascoltare musica, ballare. Queste sono le immagini che mi sono rimaste impresse. Immagini di un amore che va oltre le parole, pieno di una grande gioca di vivere.

Con questo film dove racconta la sua infanzia, avrà pensato a se stesso da bambino e al fatto che quel bambino da Belfast è arrivato un’altra volta agli Oscar?

Sicuramente è straordinario esserci arrivato con un film che racconta la mia formazione, come mi sono innamorato del cinema, quando ero bambino e leggevo fumetti e mai mi sarei immaginato, per dire, che quaranta anni dopo avrei diretto Thor, o nessuna delle altre cose che ho fatto. Quando penso che sono arrivato al centro di Hollywood.

fonte: di Barbara Tarricone https://tg24.sky.it/spettacolo

Cinema:"Senza fine"di Elisa Fuksas, un ritratto audace di Ornella Vanoni

Un ritratto audace di Ornella Vanoni e della sua carriera multiforme e colossale, tra metafora acquatica e cornice elegante. Recensione di Raffaella Giancristofaro

Un film di Elisa Fuksas con Ornella Vanoni, Samuele Bersani, Vinicio Capossela, Paolo Fresu, Elisa Fuksas.
Un ritratto, un omaggio ma soprattutto la ricerca del modo giusto di raccontare Ornella Vanoni

La scrittrice e regista Elisa Fuksas aspetta in un autogrill Ornella Vanoni, per girare un film di cui lei sarà protagonista. Il set è l'elegante l'Health Clinic & Grand Hotel di Castrocaro (Forlì-Cesena), struttura termale inaugurata alla fine degli anni '30, oggi spa e albergo a cinque stelle. Qui la cantante è accolta anche da un medico, a cui riferisce delle sue abitudini di vita, da dietro un vetro opaco.

Tra un centrifugato di frutta, un bagno in piscina, una lezione di postura e un'indicazione di scena, un po' si confida, molto spesso accenna canzoni, riceve la visita degli amici Paolo Fresu, Vinicio Capossela e Samuele Bersani. Intanto, regista e troupe, per lo più, rispettano e aspettano i suoi tempi, con ovvie conseguenze sul piano di produzione.

Scritto da Elisa Fuksas e Monica Rametta, così come il precedente e più personale iSola (2020), Senza fine è prima di tutto una manifestazione d'audacia: tentare di incorniciare in un film una carriera multiforme e colossale e una personalità esuberante come Ornella Vanoni richiede una certa spavalderia. Anche qualcosa di più, se si viene da fuori Milano.

Ma Fuksas non teme di mettersi in campo dall'inizio, da sola e a fianco al suo oggetto di ricerca: nella sua stanza, provvista di vasca sinuosa a un passo dal letto, ai vari tavoli dell'albergo, tra terrazze e ricercati angoli déco, in passeggiata nel parco, immersa in una piscina d'acqua verde.

Mentre raccoglie confidenze, come un'amica giovane, acquisita di recente, parimenti anticonvenzionale, inanella dettagli, l'occhio per l'inquadratura non manca. La chiave per avvicinare la creatura quasi mitologica che è "la Vanoni" - che in "Toy Boy" modula "È tardi, tardi, tardi / per me sirena tra la gente" e che ha come sorella d'elezione un'inseparabile barboncina di nome Ondina - è assecondarne la natura spontaneamente acquatica.

Inquadrare un corpo (da sempre) alieno, sessualmente anfibio, e immaginarlo gradualmente mutarsi in pesce. Idea che infatti, per quanto non praticata con sufficiente convinzione, regala il momento migliore del film - il finale - a cui da grande performer Vanoni si presta. Almeno, fino a un certo punto. Perché, nonostante la chimica evidente tra regista e primattrice, lo scambio tra personalità forti fa scintille, o più semplicemente perché il tempo a disposizione è troppo poco: non tanto per riformulare per l'ennesima volta ciò che è già stato detto in decine di tour, interviste, libri ("Una bellissima ragazza"), film (Ricetta di donna), ma perché il gioco abbia una sua rotonda compiutezza, uno scarto effettivo rispetto alla classica intervista di carriera che la regista dice di voler evitare.

E così, sotto la fotografia nitida, di Simone D'Arcangelo e Emanuele Zarlenga, che padroneggia contrasti cromatici e cattura simmetrie, si percepisce un certo caos: mentre la celebrazione del passato sembra respinta al mittente, irrompono tra una scena e l'altra, come tuffi al cuore, alcuni grandi successi, in ricercate esibizioni di classici dell'era televisiva in bianco e nero ("Eternità", "Senza fine", "Un'ora sola ti vorrei", "Domani è un altro giorno").

Quando, in più occasioni, il filo si perde, il montaggio di Michelangelo Garrone trova delle accelerazioni improvvise, aggregando momenti di un set evocativo e sofisticato quanto il vibrato della protagonista. Ambientazioni che, con buona pace dell'approccio "alla Guadagnino", molto fanno ma non risolvono il film.

Cronaca di uno splendido fallimento, di dialoghi autoreferenziali e rari momenti irresistibili (il medico: "Com'era, quand'era giovane?". Lei: "Giovane quando?"), Senza fine lascia un sapore di frustrazione, come quando registra le presenze piuttosto decorative dei tre musicisti compagni di viaggio, schiacciati da una Vanoni larger than life, sempre ironica, leggera, eppure ancora in parte sovrastata da quell'immagine di sé che campeggia nel grande schermo del prefinale. Il making of di un film forse impossibile, concluso in acqua, recitando un'Ave Maria di protezione.

fonte: Raffaella Giancristofaro  www.mymovies.it

Libri:"Monica Vitti" di Cristina Borsatti

Monica Vitti è stata gigantesca. Non c'è cosa che non le sia riuscita meravigliosamente bene. Enorme a teatro, straordinaria nell'incarnare le nevrosi dell'uomo contemporaneo nel cinema di Antonioni, asso femminile della risata al cinema e in televisione. 

Ha contribuito a intaccare tabù secolari, complice la commedia all'italiana di cui è stata unica donna mattatrice. ha dettato lo stile di un'epoca facendoci ridere, piangere e pensare.

«Vedevo che Monica, nonostante facesse dei film con Antonioni, con personaggi da film muto, misteriosi, d'altri tempi, nella vita era vivace, divertente, piena d'umorismo. Era allegra e la osservavo. E mi son detto: come mai? Questa è un'attrice di talento, una bella ragazza, perché non può fare un personaggio umoristico, comico?Mario Monicelli

«Non è che non ci fossero donne, ma lei era diversa. Su di lei si costruivano i personaggi. In altre parole, come avveniva con altri grandi attori, si scrivevano le sceneggiature pensando alla sua specifica personalità. E Monica ne aveva da vendere»Ettore Scola

Monica Vitti è stata una dea dalla grande umanità, capace di comprendere le donne e dare forma alle loro mille sfaccettature e inquietudini, al loro coraggio. Inventando uno stile innovativo e del tutto spontaneo, ha stravolto i canoni non solo della settima arte, ma anche quelli stereotipati di bellezza dell'epoca. 

Questa narrazione coinvolgente, ricca di deliziose citazioni personali, pungenti e divertenti, che ricostruiscono la figura incredibile dell'attrice e i suoi tanti volti, ne ripercorre cronologicamente la carriera: la commediante all'italiana ideale, la musa del cinema impegnato di Antonioni e sua compagna, l'impareggiabile spalla – capace di rubare l'ammirazione del pubblico ai più grandi interpreti – e la meravigliosa protagonista di importanti incursioni nel cinema straniero. Dagli esordi ai grandissimi successi, raccontando in parallelo anche la vita di Maria Luisa Ceciarelli – la bimba 

fonte: www.ibs.it

venerdì 25 febbraio 2022

GUCCI: «Retail graduate program»

I.Where will your passion take you?

At Gucci, we welcome curious, creative and unique recent graduates, who dream of a shining career in Fashion Retail Management. We invite you to apply for Gucci GRADE, our international Retail Graduate Program and join a constellation of stars in the Gucci Universe.

II.Who are we looking for?

Graduates with a passion for retail and luxury who want to become great at leading and developing others, willing to take ownership and driven by the need to continuously learn. People who are ready to welcome any challenge and take the risk to express themselves while contributing to the community they work in.

III.How does it work?

You’ll join the Gucci Retail Community and learn what it takes to lead the teams in our renowned stores on an international scale. You’ll immerse yourself in our store environment, from visual merchandising and operations to client engagement and retail performance. You’ll have access to tailored development programs offered by the Gucci Global Retail Academy and the chance to build valuable relationships and networks within Gucci.

IV.YOUR GUCCI GRADE JOURNEY

V.How to apply?

Applications for the 2022 edition are now open! Click > here to enroll:

The best candidates will start their journey on June 6th, 2022.

Please note that the program will be running in EMEA (Barcelona, Dubai, Doha, Hamburg, London, Madrid, Milan, Munich, Paris) and we will accept candidates holding a work permit in the Country they will submit their application for.

This is a life-changing opportunity to build your managerial career in retail, explore new places, embrace rewarding challenges, enhance your knowledge and experience new and exciting projects.

Start your stellar adventure in the Gucci Fashion Retail Management! VISIT GUCCI.COM

source: https://grade.gucci.com

Arte: Le tre Pietà di Michelangelo esposte al Museo del Duomo di Firenze

FIRENZE – Saranno esposte per la prima volta, l’una accanto all’altra, nella sala della Tribuna di Michelangelo del Museo dell’Opera del Duomo di Firenze,  le tre Pietà di Michelangelo. L’originale della Pietà Bandini, di cui è da poco terminato il restauro, sarà affiancata dai calchi della Pietà Vaticana e della Pietà Rondanini provenienti dai Musei Vaticani. In foto: Michelangelo, Pietà Vaticana

L’esposizione aprirà al pubblico dal 24 febbraio, in occasione dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace 2022“, che vedrà riunirsi i vescovi e i sindaci del Mediterraneo a Firenze e a cui interverrà anche Papa Francesco. 

Si tratta di un progetto a cura di Barbara Jatta, direttore dei Musei Vaticani, Sergio Risaliti direttore del Museo Novecento Firenze, Claudio Salsi, direttore dell’Area Soprintendenza Castello, Musei Archeologici e Musei Storici e Timothy Verdon, direttore del Museo dell’Opera del Duomo a Firenze. 

Un’opportunità per studiare l’evoluzione dell’arte di Michelangelo

Le tre Pietà, collocate una vicina all’altra, offriranno l’opportunità di studiare l’evoluzione dell’arte di Michelangelo, nonché la sua maturazione spirituale, dalla prima giovinezza fino alla sua ultima stagione, quando, ormai vecchio, mise mano alla Pietà oggi a Firenze e poi alla Pietà Rondanini conservata a Milano. 

Un percorso lungo di più di cinquant’anni, dall’ambizione del giovane che scolpì il proprio nome sul petto della Madonna della versione vaticana, all’immedesimazione personale dell’anziano artista, che in quella del Museo dell’Opera raffigura se stesso nelle sembianze di Nicodemo, fino la Pietà Rondanini che è il risultato sublime di una profonda meditazione spirituale. 

Le tre Pietà 

La prima Pietà di Michelangelo, quella Vaticana, fu realizzata a ridosso del giubileo del 1500, quando il cardinale Jean Bilhères de Lagraulas commissionò al giovane Buonarroti “una Vergine Maria vestita con Cristo morto, nudo in braccio”.

Con la realizzazione della Pietà Vaticana (1498-1499), Michelangelo impressionò il suo tempo per la bellezza di quel Cristo nudo sorretto amorevolmente dalla Vergine, una giovanissima ragazza umile e casta, avvolta nei panneggi per cui Maria risulta al tempo stesso Madre e sposa. Tuttavia, quella giovinezza venne criticata dai più, parendo poco consona alla Madonna. 

Il capolavoro venne collocato nella cappella di Santa Petronilla poco prima del 1500, anno del giubileo. Successivamente fu spostata in San Pietro, e nel XVIII secolo fu esposta a destra della navata dove ancora oggi la si può ammirare. In questa Pietà Michelangelo è riuscito a rappresentare la divinità di Gesù calandola nel corpo di un uomo di 33 anni. Nel corpo intatto, senza segni di violenza subita, si legge già il risorto, colui che vince la morte.

La seconda Pietà (Bandini) venne scolpita da Michelangelo molti anni dopo rispetto a quella Vaticana. Durante questo periodo Roma era stata saccheggiata, La Repubblica di Firenze era crollata e i Medici erano rientrati in città. Michelangelo aveva lasciato Firenze nel 1534 e si era stabilito a Roma. Ormai anziano, l’artista è sempre più concentrato sul destino umano, sulla morte e resurrezione di Cristo e lavora spesso in preda a frequenti crisi depressive. Comincia a temere la propria morte, il giudizio divino. Fa voto di povertà. 

L’esecuzione della Pietà Bandini è lunga e difficile, la datazione controversa. L’inizio del lavoro si aggira attorno al 1547, ma Michelangelo non portò a termine l’opera. Prima di essere venduta nel 1561 a Francesco Bandini, la scultura fu conclusa in alcune parti da Tiberio Calcagni, principale assistente del Buonarroti. 

Nel 1553 Vasari, in visita allo studio dell’artista, ebbe l’impressione che Michelangelo esitasse a mostrargliela non terminata. Intorno al 1555, Michelangelo prese a martellate la statua rompendola in più punti. Ancora oggi si osservano, infatti, i segni di rottura sul gomito, sul petto, sulla spalla di Gesù e sulla mano di Maria. Alla morte dell’artista nel 1564 si pensò di utilizzare il gruppo per la sepoltura di Michelangelo a Firenze in Santa Croce. L’opera invece rimase nella villa dei Bandini a Montecavallo e solo nel 1674 venne acquistata da Cosimo III de’ Medici che la destinò ai sotterranei di San Lorenzo. Nel 1722 la Pietà fiorentina fu trasferita in Santa Maria del Fiore. Dal 1981 si trova nel Museo dell’Opera del Duomo

Michelangelo, Pietà Rondanini
La terza Pietà (Rondanini) venne progettata tra il 1552 e il 1553 e Michelangelo vi lavorò fino all’ultimo. L’opera venne rinvenuta nello studio di Michelangelo dopo la sua morte. Acquisita dai marchesi Rondanini nel 1744, la Pietà è arrivata a Milano nel Castello Sforzesco nel 1952. 

La Pietà Rondanini rappresenta l’esito finale di un lungo percorso di arte e di fede ed è da considerarsi una preghiera prima ancora che un’opera d’arte. O meglio la dimostrazione artistica del fatto che l’uomo di fede ha visto oltre le apparenze reali, che la mano non riesce a restituire quanto l’occhio interiore ha potuto contemplare. 

Gesù e Maria sembrano esseri fantasmatici, la pietra tende a farsi materia di luce. Cristo esausto sembra scivolare verso la tomba e con il figlio anche la Madre, la cui umanità è come interamente assorbita dal sentimento di amore. Un unico destino travolge miracolosamente madre e figlio in questa metamorfosi mistica, la stessa già provata al momento dell’annunciazione. I corpi sembrano distaccarsi dal suolo, e aggiungere assieme il Padre. 

Nel prossimo autunno i tre calchi in gesso delle Pietà originali saranno esposti a Milano nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, in un nuovo allestimento appositamente progettato. 

La mostra, aperta la pubblico fino al 1 agosto 2022, è accompagnata da un catalogo realizzato da Silvana Editoriale con saggi e schede dei curatori e di altri autorevoli studiosi.

fonte: Autore: Redazione https://artemagazine.it

Roma: 28 Marzo 2022 Manifestazione "DANZA ERROR SYSTEM" in difesa dei corpi di ballo italiani

PERCHÉ MANIFESTARE?

1. Perché per quanto i social ci hanno uniti e ci hanno dato una visibilità e una credibilità rilevante, oltre a coltivare le interlocuzioni con la parte politica, è necessario rivendicare i nostri diritti col mezzo che ancora oggi è il più efficace e diretto, ovvero la piazza.
 
2. Perché è un’occasione per dimostrarci uniti, forti e decisi verso un obbiettivo collettivo.
 
3. Perché, essendo lo smantellamento dei corpi di ballo iniziato decenni fa, sono poche oggi le Istituzioni che hanno davvero a cuore questa situazione e spetta a noi tenere alta l’attenzione e non permettere che la questione cada nel dimenticatoio.
 
4. Perché, in ogni ambito, nessuno muove le cose se i primi a smuoverle non sono i diretti interessati, in questo caso tutti coloro che appartengono al settore danza.
 
5. Perché una manifestazione nazionale specifica sulla salvaguardia e la ricostituzione dei corpi di ballo non è mai stata realizzata.

PERCHÉ È NECESSARIA QUESTA INIZIATIVA?
1. Questa legislatura termina tra circa un anno e attualmente non vi sono azioni normative significative atte a salvaguardare e ricostituire i corpi di ballo.
 
2. Il Tavolo permanente della danza rischia di essere l’ennesima iniziativa interlocutoria, che, sia per tempistiche sia per modalità, potrebbe non essere idonea a concretizzare delle soluzioni.
 
3. Il Disegno di Legge sulla Riforma dello Spettacolo procede a rilento. Su tre emendamenti proposti da alcuni Senatori e alcune Senatrici della Commissione Cultura in merito ai corpi di ballo, uno è stato già bocciato dalla Commissione Bilancio e gli altri due rischiano di essere bocciati anch’essi, il tutto perché non vi è l’intenzione di stanziare fondi.
 
4. Il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Economia e delle Finanze stanno iniziando ad approvare le nuove dotazioni organiche delle Fondazioni lirico-sinfoniche, avvallando, e quindi permettendo, la totale assenza dei corpi di ballo laddove sono stati chiusi. Dunque anche questa occasione di ridiscussione delle dotazioni organiche non risulta essere stata utilizzata per ricostituire i corpi di ballo.

QUALI SONO GLI OBBIETTIVI PER I QUALI MANIFESTIAMO?
1. La stabilizzazione delle danzatrici e dei danzatori che lavorano da anni come precari nei corpi di ballo esistenti e, quindi, la previsione di dotazioni organiche volte a garantire un livello occupazionale adeguato.
 
2. La ricostituzione del corpo di ballo stabile di Verona, dove le danzatrici e i danzatori sono, ad oggi, assunti solo con contratti a tempo determinato.
 
3. Un percorso graduale di ricostituzione di quei corpi di ballo chiusi, ponendo fine alle esternalizzazioni, ovvero ripristinando e rispettando quanto già previsto dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro in merito ad audizioni pubbliche e assunzioni di danzatrici e danzatori.
4. L’equiparazione del punteggio Fus del balletto a quello dell’opera lirica per incentivare, di conseguenza, l’aumento, all’interno delle programmazioni artistiche, del numero di spettacoli di balletto.
 
5. La modifica della denominazione da “Fondazioni lirico-sinfoniche” in “Fondazioni liriche, sinfoniche e coreutiche”.
 
6. L’istituzione di un fondo statale di sostegno per tutte quelle Fondazioni che decidano di mantenere o ripristinare un corpo di ballo.

PERCHÉ C’È BISOGNO DELLA MASSIMA ADESIONE?
1. Perché la situazione dei corpi di ballo colpisce, non solo le danzatrici e i danzatori, ma anche gli allievi, le loro famiglie, i coreografi, gli insegnanti, i maîtres de ballet, tutti i professionisti espatriati, tutti gli appassionati di arte e balletto. Se ci fossero più corpi di ballo nel nostro paese, ci sarebbe più occupazione per i professionisti del settore, ci sarebbero più spettacoli di balletto da seguire e sarebbe restituito un futuro alle nuove generazioni.
 
2. Perché i corpi di ballo delle Fondazioni lirico-sinfoniche, ad oggi, rappresentano gli unici istituti dove è possibile svolgere questo mestiere in condizioni basiche di minima sopravvivenza, sia per quanto riguarda una continuità artistica, sia contrattualmente parlando.
 
3. Perché non è vero che nelle Fondazioni lirico-sinfoniche c’è spazio solo per il balletto classico e che, quindi, questa battaglia non è universale. Questo è un luogo comune sfatato dalla realtà. Basti vedere i cartelloni dei quattro corpi di ballo per capire che le programmazioni presentano titoli classici, neoclassici e moderni. E anzi, prendendo d’esempio i paesi europei più evoluti, non è detto che una Fondazione non possa avere un corpo di ballo che produce spettacoli più contemporanei. Questo diversificherebbe i vari territori e arricchirebbe l’offerta culturale nazionale.
 
4. Perché pensare che le cose cambino senza contribuire al cambiamento non porta a niente. Soltanto iniziando a fare il primo passo si intraprende un nuovo percorso!
5. Perché, in origine, vari corpi di ballo sono nati proprio grazie alla tenacia e alla lotta delle danzatrici e dei danzatori stessi, lotta che ci deve ispirare e che va ripresa assolutamente. Se fino ad oggi la situazione è stata critica non dobbiamo rassegnarci, al contrario dobbiamo trovare la forza per non cedere al “è così che funziona”.

Chiunque desideri partecipare alla manifestazione deve comunicare la propria adesione, entro e non oltre il 28 febbraio, scrivendoci alla nostra email > danzaerrorsystem@gmail.com oppure nei messaggi privati sia su Facebook sia su Instagram
Per motivi organizzativi e di sicurezza è previsto un limite massimo di partecipanti.

ABBIAMO BISOGNO DI OGNUNO DI VOI!
fonte: pagina fb Danza Error System

lunedì 21 febbraio 2022

Film: "La Padrina - Parigi ha una nuova regina" un mix tra action e commedia con un’ispiratissima Isabelle Huppert

Una nuova boss gira per le strade della capitale Francese. È Isabelle Huppert in un’altra sfida dove potrebbe interpretare tre personaggi contemporaneamente. Tratto dal romanzo ‘La bugiarda' di Hannelore Cayre.

Comincia come un poliziesco con un’operazione delle forze dell’ordine nelle scale di un palazzo. Con loro c’è Patiente Portefeux, un’interprete giudiziaria arabo-francese abilissima nelle intercettazioni telefoniche. In centrale, mentre sta traducendo, subisce anche l’aggressione di uno degli spacciatori fermati che le sputa in faccia.

Ci si potrebbe trovare dalle parti di un polar sporco e disilluso dalle parti di Maurice Pialat dove i colori blu scuro richiamano la fotografia di Luciano Tovoli in Police.  All’interno del genere però si costruisce la figura della protagonista che si crea progressivamente una doppia vita per far fronte alle numerose spese che deve affrontare.

Un giorno, mentre sta ascoltando una conversazione telefonica per un’indagine, si accorge che il pusher sorvegliato è il figlio dell’infermiera che si occupa della madre nella costosissima casa di riposo (3200 euro al mese) dove alloggia e, di nascosto, cerca di aiutarlo. Dopo aver recuperato la partita di droga, avviene la trasformazione e si crea un’altra identità. In centrale sorvola sulle intercettazioni che possono riguardarla segnalandola come “conversazione senza interesse per l’attuale indagine” e depista anche il comandante Philippe, interpretato da Hippolyte Girardot, con cui ha una relazione. Dall’altra invece costruisce una rete criminale dove può smaltire il carico di droga sottratto e riesce a far perdere le sue tracce anche grazie alle sue conoscenze in ambito giudiziario. 

Una nuova boss gira per le strade di Parigi. È Isabelle Huppert in un’altra sfida dove potrebbe interpretare tre personaggi contemporaneamente. Nei primi due convivono il suo presente monotono (l’interprete) ed elettrizzante (la metamorfosi nella spacciatrice nella scena del cambio del look) che esplode nella scena dove canta, come se fosse riposseduta, #Fêter di Panama Bende mentre sta guidando e viene avvicinata da un ragazzo in motorino che la guarda divertito, poi le bussa sul vetro, e le fa un gesto come se avesse capito che si è fumata qualcosa che l’ha fatta sballare. Poi c’è il terzo personaggio che non si vede ma si può immaginare e riguarda il passato della protagonista, rimasta vedova giovane dopo che il marito è morto a 34 anni. C’è una fotografia di Patiente ragazza sul lago di Ginevra. Lì dentro c’è nascosta l’esistenza avventurosa trascorsa insieme ai suoi genitori, la possibilità di una vita che poteva essere differente e ora le apre nuove strade. Isabelle Huppert possiede più volti e più corpi. Può trasformarsi da un’inquadratura all’altra, essere al centro di una scena d’azione, comica o intima.

Il film, tratto dal romanzo "La bugiarda" di Hannelore Cayre che è ispirato alla storia personale dei suoi genitori, è certamente dipendente dalla performance dell’attrice che lo porta su più direzioni contemporaneamente.

Jean-Paul Salomé, dopo aver attraversato il fantasy horror (Belfagor. Il fantasma del Louvre), il giallo (Arsenio Lupin) e il filone bellico (Fatal Agents), trova il mix giusto tra poliziesco e commedia dirigendo per la prima volta Isabelle Huppert. Nel personaggio Patiente compare lo spettro di Michèle in Elle di Verhoeven dove il suo gioco perverso con l’assalitore somiglia a quello della protagonista di La padrina con il sottobosco degli spacciatori.

Si contamina, al tempo stesso, con alcune delle escursioni nella commedia della protagonista come nella figura dell’attrice di Il condominio dei cuori infranti e della donna metodica e precisa di Il mio migliore incubo!. Huppert, che non parla arabo, ha dovuto imparare le battute foneticamente. Al tempo stesso Salomé ha incontrato due interpreti giudiziari per poter approfondire alcuni passaggi narrativi decisivi. C’è quindi in La padrina una ricerca di realismo combinata con il ritmo sostenuto della vicenda, evidente soprattutto in alcune sequenze come quello della chiave nel supermercato, nei filmati video registrati dalle telecamere, nella contagiosa follia che potrebbe arrivare da un film di Francis Veber degli anni ’80 nel continuo rimpallo tra equivoci e malintesi.

In più mostra come il cinema francese guarda, anche se in questo caso non in maniera diretta, la spy-story, tra alcuni film di Belmondo (L’uomo di Rio, L’uomo di Hong Kong) e recenti riaggiornamenti come l’agente speciale 117 al centro della trilogia con protagonista Jean Dujardin. In effetti, La padrina avrebbe tutte le carte in regola per un sequel. 

LA PADRINA: VAI ALLA RECENSIONE 

fonte: Simone Emiliani www.mymovies.it

Milano: Danza, da Bolle alla Zakharova, gala Fracci alla Scala il 9 aprile


Una giovanissima Carla Fracci dal balcone di Romeo e Giulietta
 La Scala rende omaggio al mito di Carla Fracci. Il 9 aprile, infatti, è in programma la I edizione di un gala che vedrà in scena le maggiori stelle del panorama tersicoreo, da Alessandra Ferri a Svetlana Zakharova, da Marianela Nunez a Roberto Bolle, da Olga Smirnova e Carsten Jung. 

 La divina Fracci è stata e rimane una figura cardine della storia della danza, personaggio di riferimento per il Teatro alla Scala e per tutta la cultura italiana. Una storia di talento, ostinazione e lavoro che ha ispirato e tuttora ispira generazioni di giovani, non solo nel mondo del balletto. 

 Il direttore del ballo Manuel Legris ha voluto fortemente istituire questa spettacolare serata come tributo alla grandezza della divina Fracci, un omaggio a colei che ha lasciato un segno fortissimo nell'identità di tutti noi dando un contributo fondamentale al prestigio della cultura e della danza italiana nel mondo. Sarà un appuntamento fisso per convogliare e celebrare nel suo nome la danza e il balletto con un ampio respiro internazionale.

"Spirito che resta con noi, riempie le sale ballo, il palcoscenico e i nostri cuori, come la sua energia mai sopita, che ci ha catturato e affascinato quando è tornata a riabbracciare il Teatro e i suoi artisti. Un grande vuoto che, allo stesso tempo, ci fa sentire ricolmi e ricchi di tutta la sua storia, che è la storia del balletto, privilegiati per aver condiviso la sua arte che è vita, leggendario modello e fonte di ispirazione di tutte le generazioni di ballerine". Con queste parole aveva commentato Manuel Legris alla notizia della scomparsa di Carla Fracci. E con questo spirito, la I edizione del Gala non poteva che essere avvolto dalla sua storia, e da suggestioni legate a titoli di repertorio che hanno visto in Carla Fracci una protagonista speciale, che ha saputo, con la sua cifra interpretativa, rendere unici e memorabili questi ruoli (Giselle, La Péri, Lo schiaccianoci, Symphony in C, Onegin, La vedova allegra, Cachucha, La morte del cigno, La Bella addormentata nel bosco), e titoli creati per lei che restano indissolubilmente legati alla sua iconica immagine (Excelsior, Chéri, La strada, L’heure exquise, Romeo e Giulietta). 

Protagonisti dell'appuntamento scaligero, che vedrà sul podio Valery Ovsyanikov a dirigere l’Orchestra della Scala, tutto il corpo di ballo con i suoi primi ballerini e solisti, e artisti internazionali del calibro di Alessandra Ferri, Marianela Nuñez, Olga Smirnova, Svetlana Zakharova, Roberto Bolle e Carsten Jung. Alessandra Ferri, accanto a Carsten Jung, ballerino di punta per molti anni dell’Hamburg Ballett porta alla Scala per la prima volta un estratto da 'L’heure exquise', con cui ha celebrato lo scorso giugno i suoi 40 anni di carriera e che è diventato, con la scomparsa di Carla, un omaggio ancora più commosso a colei che creò con Maurice Béjart il personaggio di Winnie. 

L’eterea fragilità e la struggente eleganza della 'Morte del cigno' sarà impersonata da Svetlana Zakharova, mentre nell’Adagio della rosa dalla 'Bella addormentata' vedremo una inedita Aurora per la Scala, Marianela Nuñez, principal del Royal Ballet che assieme a Roberto Bolle danzerà anche il passo a due da 'La vedova allegra'. Roberto Bolle avrà anche una altra partner d’eccezione, che per la prima volta si esibisce alla Scala nel passo a due dal primo atto di 'Onegin', Olga Smirnova, prima ballerina del Teatro Bol’ŝoj.

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La vita di Raffaella Carrà diventerà una serie Tv

La vita di Raffaella Carrà diventerà una serie tv. Ad annunciare l’evento,  l’Italian International Film - Gruppo Lucisano e la Kubla Khan 1990 di Umberto Massa che hanno acquisito l'opzione sui diritti biografici per raccontare vita e carriera della leggenda dello star system scomparsa nel luglio scorso (VAI ALLO SPECIALE)

"Sono davvero felice di annunciare questo progetto e poter collaborare con gli eredi di Raffaella – ha dichiarato la produttrice della serie tv Paola Lucisano - così come della partnership produttiva con Umberto Massa. Siamo tutti entusiasti di questa nuova avventura, poiché ci consente di rappresentare una figura unica nel mondo dello spettacolo. Un mito che ha influenzato intere generazioni, un'artista che ha saputo incantare il pubblico di ogni età, genere e livello culturale. La sua straordinaria popolarità ha varcato i confini italiani e l'ha resa icona della musica e del costume in ogni parte del mondo. Ed è nel mondo che noi la porteremo". 

Raccontare cosa è stata Raffaella Carrà e cosa ha rappresentato per il nostro Paese è cosa ardua. È stata una show girl a tutto tondo, ballerina insuperabile, conduttrice televisiva e radiofonica amatissima. Anche attrice e autrice. Ma di certo non basterebbero queste categorie per definirla appieno. Diciamo allora che è stata una donna di spettacolo che ha trasceso la sua dimensione pop per trasformarsi in un simbolo culturale di un’Italia che progressivamente cambiava, nei modo di vestirsi, di ballare e di divertirsi. Corpo e anima di una donna diventata ora icona ma che ha anticipato i tempi dell’Italia che conosciamo oggi.

Tanti i suoi successi che l’hanno resa immortale, da Fiesta a Rumore, passando per Ballo Ballo, Tanti Auguri, E Salutala Per Me, Pedro, Male, Il Guerriero, Forte Forte Forte fino ad arrivare a Io Non Vivo Senza Te. Paolo Sorrentino scelse il remix di Bob Sinclair del suo A far l’amore comincia tu, del 1977, per la scena clou della festa ne La Grande Bellezza. Nel 2020 il Guardian definì Raffaella Carrà “l’icona culturale che ha insegnato all’Europa le gioie del sesso”

fonte:  https://tg24.sky.it ©Kika Press

Covid, la Regina Elisabetta è positiva al coronavirus

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 A farlo sapere è Buckingham Palace in una nota: "Sua Maestà sta avvertendo sintomi lievi, simili a un raffreddore, ma prevede di continuare con mansioni leggere a Windsor nelle prossime settimane". Aveva da poco incontrato il figlio, il principe Carlo, poi risultato positivo per la seconda volta. La Regina, 95 anni, ha da poco celebrato il Giubileo di platino per i 70 anni di regno

 La Regina Elisabetta è risultata positiva al coronavirus, leggermente sintomatica. A farlo sapere è Buckingham Palace, che sottolinea come Sua Maestà, 95 anni, continuerà a portare avanti "leggeri" impegni di lavoro. Pochi giorni fa era risultato positivo al Covid-19 anche il Principe Carlo, che aveva già contratto il virus a inizio pandemia, nel marzo 2020. 

La Regina ha da poco celebrato il Giubileo di platino, tagliando il traguardo dei 70 anni di regno: in carica dal 6 febbraio 1952, fu incoronata il 2 giugno 1953 (LE FOTO PIÙ BELLE DELLA REGINA - I QUADRI CHE LA RITRAGGONO).

La nota di Buckingham Palace
"Buckingham Palace conferma che la regina è risultata oggi positiva al Covid - si legge in una nota del Palazzo - Sua Maestà sta avvertendo sintomi lievi, simili a un raffreddore, ma prevede di continuare con mansioni leggere a Windsor nelle prossime settimane. Continuerà a ricevere attenzione medica e seguirà tutte le opportune linee guida".

L'incontro con Carlo
Lo scorso 10 febbraio il principe Carlo, primogenito della regina ed erede al trono, era risultato positivo due giorni dopo aver incontrato la madre. Allora non fu reso noto se Elisabetta II, che è vaccinata, fosse stata sottoposta a un test. La settimana scorsa la monarca aveva ripreso le udienze di persona ma si era lamentata con un collaboratore di una rigidità muscolare.

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domenica 20 febbraio 2022

Libri: "La legge per tutti" di Angelo Greco

Il libro di diritto che parla la tua lingua

Un nuovo libro firmato da Angelo Greco, avvocato e personalità mediatico-televisiva che vanta innumerevoli follower sui principali social network.

Un vero e proprio testo di riferimento per tutto ciò che interessa la legge e il cittadino, basato sulla formula vincente della chiarezza e della facilità di consultazione.

Chi non si è trovato a porsi domande su argomenti come gestire un divorzio o una separazione, redigere un testamento, gestire l’affitto o la vendita di un immobile, quali sono i diritti e i doveri di chi abita in un condominio, oppure quelli legati alla convivenza o all’unione civile? 

Uno strumento da tenere a portata di mano per orientarsi nell’intricato mondo delle questioni legali e scoprire tutto ciò che c’è da sapere su famiglia, successioni, casa, fisco, lavoro, privacy, acquisti sul web, problematiche con le banche e molto altro ancora. 

 

«Le ragioni per cui il diritto è incomprensibile risalgono all'epoca dei Romani, quando il ceto ricco aveva delegato a una classe di professionisti l'amministrazione dei propri beni. E una volta ricevuto un incarico – si sa – difficilmente si molla la presa. Di qui un linguaggio sempre più tecnico, volto a custodire gelosamente lo scrigno di quel sapere. Internet ha però determinato una rivoluzione culturale, da un lato consentendo a tutti l'accesso alle informazioni, anche quelle più tecniche (con tutti i noti svantaggi che ciò comporta in merito a notizie non sempre attendibili); dall'altro, trasformando il linguaggio ostico in una forma accessibile alla massa. Sono così nate le Frequently Asked Questions, meglio conosciute con la sigla FAQ, letteralmente le "domande poste frequentemente", tecnica quest'ultima utilizzata ormai anche dalle stesse istituzioni per spiegare il complicato mondo burocratico. È proprio a tale forma espositiva che mi sono ispirato nella compilazione di questo volume.»

Conosci l'autore

Angelo Greco già collaboratore universitario, è avvocato e direttore della testata online Laleggepertutti.  

Da anni gestisce il canale YouTube che porta il suo nome e che vanta un nutrito seguito di curiosi e appassionati. Inoltre è periodicamente ospite di trasmissioni TV e radio per questioni legate alla tutela dei diritti dei cittadini, autore di saggistica e di narrativa. Nel 2020 è stato definito da “Il Sole 24 Ore” il professionista più influente sul web in Italia. 

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Il Teatro alla Scala ricorda Filippo Crivelli

Ph. Erio Piccagliani
Direzione, artisti, lavoratori del Teatro alla Scala piangono la scomparsa di Filippo Crivelli. Pippo, come lo chiamavamo tutti, ha incarnato con intelligenza, ironia, tenerezza e perfidia i mille volti del Teatro milanese del secondo Novecento esplorando mondi e intrecciando linguaggi, dall’opera al balletto alla canzone e alla prosa sui palcoscenici di teatri grandi e piccolissimi ma anche alla televisione e alla radio. Con lui Milano e tutto il teatro italiano perdono un protagonista e un testimone di inesauribile curiosità e malinconica allegria.

Crivelli alla Scala e alla Piccola Scala

Nella sala del Piermarini, che Crivelli impara a conoscere come assistente di Tatiana Pavlova e Franco Zeffirelli lavorando con artiste leggendarie come Maria Callas e Renata Tebaldi, firma da regista due titoli d’opera: Luisa Miller di Verdi nel 1976 con Caballé, Pavarotti e Cappuccilli diretti da Gavazzeni e nel 1995 l’incantevole Fille du régiment ispirata alle Images d’Épinal con Mariella Devia diretta da Donato Renzetti.

Dal 1974 approda alla Scala il Ballo Excelsior, l’”azione coreografica” di Achille Manzotti con musica di Romualdo Marenco nata al Piermarini nel 1881 e a lungo dimenticata. Crivelli, complice il Sovrintendente del Maggio Remigio Paone, ne aveva curato una riedizione fiorentina nel 1967 (anno in cui Crivelli aveva lavorato anche al balletto Work in Progress con Alexander Calder e musiche di Castiglioni, Clementi e Maderna all’Opera di Roma) insieme al coreografo Ugo dell’Ara e allo scenografo Giulio Coltellacci, protagonista Carla Fracci. Il successo fiorentino si rinnova alla Scala, dove viene ripreso nel 1975, 1978, 2000 (con la Fracci danzano Massimo Murru e José Manuel Carreno), 2002 (con Roberto Bolle nella parte dello schiavo) e 2015. Excelsior diviene uno spettacolo simbolo per il Ballo scaligero, che lo porta a Torino e Genova ma anche a Parigi e a Mosca.

Crivelli è stato una delle anime della Piccola Scala, tra Settecento, avanguardia e voci della canzone: a La finta giardiniera di Mozart diretta da Peter Maag nel 1970 seguono Amore e Psiche di Sciarrino e Le cinesi di Gluck nel 1973 con Giampiero Taverna, La favola di Orfeo di Casella e Orfeo Vedovo di Savinio nel 1974 con Ettore Gracis. Nel 1975 crea La notte diffonde gl’incanti, una serata dedicata alla scapigliatura lombarda con Renzo Palmer e Rosalina Neri. Nel 1977 porta alla Piccola The Beggar’s Opera di Britten, mentre nel 1978 accosta il Diario dell’assassinata di Gino Negri con Milva al Pierrot Lunaire di Schönberg con Catherine Gayer. Nel 1989, in trasferta al Teatro di Porta Romana, Crivelli mette in scena anche Pollicino di Henze.

Le voci di Milano: Laura Betti, Milly, Milva, Ornella Vanoni

A partire dagli anni ’60 Crivelli è tra i protagonisti di un fondamentale processo di valorizzazione del patrimonio della canzone, tra tradizione milanese, canti di lotta operaia e partigiana, echi francesi e riletture d’autore. Al Teatro Gerolamo cura i recital di Maria Monti (1958), Laura Betti (dal 1960), Milly (dal 1963), Ornella Vanoni (1968), Rosalina Neri (1975) e al Piccolo firma L’arca di Noè con Sergio Endrigo (1970) e 4 marzo 1943 con Lucio Dalla. Nei primi anni ‘80 cura gli spettacoli di Milva con Astor Piazzolla, dal Lirico alle Bouffes du Nord di Parigi. 

Ma il nome di Crivelli resta legato soprattutto a Milanin Milanon (Teatro Gerolamo, 1962), un “Ritratto di una città” ispirato a Emilio de Marchi e firmato insieme a Roberto Leydi cui partecipano Milly, Tino Carraro, Anna Nogara, Sandra Mantovani e Enzo Jannacci.

Filippo Crivelli e la Rai

La collaborazione di Crivelli con la Rai, propiziata da Laura Betti negli anni ‘60, si concretizza in una serie di programmi radiofonici dedicati alla canzone milanese (con le voci di Valentina Fortunato e Sergio Fantoni) o ai ritratti di dive scaligere (Katia Ricciarelli), e - a partire da “Spettacolo a Milano” del 1963 con Strehler, Gaber, Carraro, Valentina Cortese, Tino Scotti e Fiorenzo Carpi - in un copioso elenco di programmi televisivi tra teatro, canzone e danza in cui spiccano i nomi di Paola Borboni, Milly, Franca Valeri, Luciana Savignano. Un rapporto particolarmente stretto è quello con Carla Fracci, con cui nel 1967 realizza “C’era una volta uno Schiaccianoci” e a cui dedica “Scarpette rosa” con Walter Chiari, Lina Volonghi, Franca Valeri, Reanto Rascel e Mina.

Filippo Crivelli e la prosa

Nella sterminata produzione di Crivelli, che include tra l’atro numerose regie d’operetta, vanno ancora ricordati almeno L’Orestea di Gibellina di Emilio Isgrò da Eschilo prodotta dal Teatro Massimo di Palermo tra il 1983 e il 1985 con le macchine sceniche di Arnaldo Pomodoro, le 12 Cenerentole in cerca d’autore create con Rita Cirio e Emanuele Luzzati per il Teatro della Tosse di Genova nel 1987 e in generale l’attività nel teatro di prosa.

Giovane assistente di Luchino Visconti e Michelangelo Antonioni, Crivelli nella sua lunga carriera ha collaborato con Dario Fo e Franca Rame e diretto tra gli altri Anna Proclemer e Giorgio Albertazzi, Arnoldo Foà, Umberto Orsini, Gianrico Tedeschi, Lina Sastri, Elena Ghiaurov.

fonte: www.teatroallascala.org

Regione Toscana > Stati Generali spettacolo dal vivo: iscrizioni a percorso partecipativo Fts, Regione, Anci

Un modello di ascolto plurale ed esteso che possa raggiungere il mondo dello spettacolo dal vivo in tutte le sue accezioni instaurando una dialettica e un confronto volti da una parte a descrivere la situazione attuale e dall’altra, grazie alla costruzione condivisa di un percorso basato su diverse funzioni/tematiche, restituire alla Presidenza della Regione un documento condiviso e costruttivo, utile anche ai fini di eventuali recepimenti strategici verso il settore.

È l’innovativa esperienza di partecipazione e di comunicazione generativa pensata da Fondazione Toscana Spettacolo onlus e promossa con Regione Toscana ed Anci Toscana presentata oggi durante una conferenza stampa presso la Sala delle Esposizioni della Regione Toscana.

PER PARTECIPARE CLICCA >>  QUI

“Gli Stati Generali – ha detto il presidente Eugenio Giani – è un’iniziativa che abbiamo concordato con Cristina Scaletti per impostare insieme strategie post Covid in un mondo, quello della cultura e soprattutto dello spettacolo dal vivo, che ha vissuto una pesante sofferenza. Questo, come lo sport, che si fondano sulla dimensione associativa hanno visto violentate le aspettative e gli obiettivi di veder rappresentate le loro espressioni. Ancora oggi ce ne accorgiamo. Sembra che il Covid, declinando, abbia riportato alla vita normale ma lo spettacolo dal vivo sta pagando ancora ed è ancora penalizzato. Ecco perché gli Stai generali vogliono essere un punto di riferimento, perché attraverso l’ascolto degli operatori possiamo insieme disegnare le nuove strategie e gli indirizzi, concordare il supporto, da quello finanziario a quello di coordinamento, elementi fondaentali a far ripartire al meglio la Toscana dello spettacolo e della cultura”.

Durante la conferenza stampa è stato illustrato il percorso di partecipazione e comunicazione generativa volto a coinvolgere diffusamente il mondo dello spettacolo dal vivo in Toscana dopo due anni di gestione pandemica ed incertezze. Attraverso una fase innovativa di conversazione costruttiva on line su una piattaforma espressamente dedicata, verrà elaborata un’analisi strutturata restituita in un documento di sintesi delle proposte emerse che verrà illustrato e restituito al Presidente della Regione Toscana durante un evento successivo in presenza al Cinema Teatro la Compagnia di Firenze. Continua a leggere >> QUI 

fonte: www.toscanaspettacolo.it

Docufilm: "Roma Caput Disco, la notte, gli anni '80" Dal Piper al Gilda, la capitale "by night" su Rai5

"Roma Caput Disco" Un docufilm nostalgico e appassionato che racconta dalla viva voce dei protagonisti la nascita del mondo delle discoteche romane. 

Un mondo che ha infiammato un'intera generazione, facendo nascere la professione del dj. Un lungo lavoro messo insieme da Corrado Rizza, che da anni lavora nei locali più importanti di Miami, e che quel periodo non solo lo ha vissuto, ma ha fatto parte della sua nascita.

Dalla metà degli anni '60, in piena "Dolce Vita" felliniana, dopo l'apertura del mitico Piper Club in Via Tagliamento, Roma diventa la capitale indiscussa del divertimento italiano.

Negli anni '70, poi, aprono discoteche leggendarie come il Jackie’O, il Mais ed il Much More e club gay, come l’Alibi e l’Easy Going, mentre gli anni '80 sono quelli dell’Histeria e del Gilda, ma anche di molti altri club, come l’Open Gate e le Stelle. Luoghi e storie ripercorsi dal documentario “Roma Caput Disco”.

Il doc è il punto di arrivo di un lavoro iniziato nel 2010 e si ispira al libro “I Love The Nightlife” dei due dj romani Corrado Rizza e Marco Trani. Dopo la scomparsa del dj Marco Trani nel 2013, Corrado Rizza ha lasciato il lavoro nel cassetto per molto tempo, per completarlo oggi.

Il docufilm – con la voce narrante di Pino Insegno - racconta la nascita delle discoteche a Roma e l'evoluzione della professione del disc jockey, che oggi ha raggiunto la sua massima visibilità mediatica consacrando alcuni dj a livello di vere e proprie pop star.

Obiettivo, inoltre, su alcuni artisti italiani, oggi famosi in vari settori, che hanno iniziato la loro carriera, facendo proprio il disc jockey, come Renzo Arbore, Roberto D’Agostino, Jovanotti e Fiorello. Attraverso interviste esclusive, filmati vintage, spezzoni di film e foto rarissime, emerge una Roma glamour capace di reggere il confronto con città come New York, Parigi e Londra. Anni in cui Roma è stata invasa dalle star dello spettacolo, ma anche dai personaggi della politica e del jet set internazionale, vivendo così una sua seconda “Dolce Vita”, svanita dopo l’avvento dell’inchiesta giudiziaria Mani Pulite. 

Roma Caput Disco - Trailer >> QUI 

fonte: ufficio stampa RAI www.rai.it