sabato 6 febbraio 2021

Firenze, il sindaco Nardella chiede l’approvazione del DDL Zan al Senato

Al futuro Governo Draghi il compito di calendarizzare il DDL Zan a Palazzo Madama. Il prima possibile.


Il Sindaco della Città Metropolitana di Firenze Dario Nardella e Angela Bagni, consigliera della Metrocittà delegata alle Pari opportunità, hanno espresso pubblico sostegno all’approvazione della legge contro l’omotransfobia, la misognia e l’abilismo, associandosi a quanti hanno invitato il Senato a fare quanto possibile per una celere approvazione del testo di legge, che è già stato esaminato dalla Camera.

Si tratta di una proposta di legge i cui contenuti innovativi consistono soprattutto nell’approccio integrato al fenomeno delle discriminazioni e violenze, che tiene conto dell’identità sessuale della persona nelle sue varie componenti (sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere)“, si legge nel comunicato congiunto di Nardella e Bagni. 

La norma inoltre non si limita ad un intervento di carattere penale ma affianca ad esso strategie di prevenzione, contrasto e sostegno alle persone che subiscono discriminazione e violenza. Grazie a questa proposta di legge saranno punibili anche i comportamenti che istigano all’odio, la violenza di matrice omolesbobitransfobica o quella basata su sesso e genere alla stregua delle condotte fondate sull’odio etnico, razziale e religioso. Bisogna prendere atto che si susseguono da anni fatti di cronaca legati all’aumento del numero e della gravità di atti di violenza nei confronti di persone omosessuali e transessuali. Inoltre sono sono stati messi in luce dagli organi di stampa numerosi eventi violenti in tutto il Paese legati a discriminazioni per motivi di orientamento sessuale e identità di genere, spesso commessi da gruppi nei confronti di singole persone identificate come omosessuali o di coppie omosessuali, anche nel pieno centro di molte città italiane“.

fonte: di Federico Boni   www.gay.it

Fashion > Cori Amenta: come un gattopardo tra accettazione e cambiamento

“La vera autenticità non sta nell’essere come si è, ma nel riuscire a somigliare il più possibile al sogno che si ha di se stessi” con la naturalezza e l’eleganza cristallina che le appartiene Cori cita Agrado, la transessuale protagonista del film cult di Almodovar “Tutto su mia madre”.

Indossatrice, stylist, artista, creativa a tutto tondo, è famosa per le scarpe iperfemminili che portano la sua firma ma disegna anche sedie, arreda case e sta ultimando una collezione esclusiva di ceramiche di Caltagirone; Cori Amenta è molte cose, tutte insieme, una donna intensa che si è plasmata un po’ alla volta distaccandosi da una corporeità non corrispondente alla sua identità di genere.

“La transizione è un percorso di consapevolezza che ho maturato come un’arma, ho capito presto di non essere sufficientemente gay per considerarmi tale e la mia strada in realtà era diversa, per certi
aspetti più complicata – spiega Cori nelle sue interminabili note audio su mia richiesta – ho attuato una metamorfosi graduale: senza rendermene conto il primo passo è stato quello di rimuovere la barba con la scusa che mi dava fastidio, poi ho rifatto il naso e poi ho continuato a scolpire avvicinandomi sempre più al femminile” Cori non è un diminutivo ma piuttosto è un vezzeggiativo, è il modo con cui la sua mamma l’ha sempre chiamata, Cori che in siciliano significa cuore.

“Qualsiasi cosa si voglia fare bisogna avere chiaro in testa che si può, certo quando sei trans ogni cosa è difficile: nella vita reale e nel lavoro si è soggetti sempre a sguardi superflui e a parole pronunciate sottovoce – mi racconta al telefono Cori con un tono privo di rassegnazione, piuttosto con la grinta di chi sta per scattare come un felino, un gattopardo siciliano agilissimo – ma se gli obiettivi sono netti e precisi non è difficile raggiungerli, diventa solo questione di tempo”.

Milano è la città che l’ha accolta dove ha trovato un “ambiente più favorevole” come la definisce lei, ma la bellissima Noto il gioiello barocco di Sicilia, è il luogo delle radici e dei primi passi nella formazione artistica del suo talento.

Per le donne come Cori non è bastato il travaglio del venire al mondo, sono state necessarie altre gestazioni e ancora altri parti per rinascere nuovamente: “Morire e risorgere moltissime volte è tipico delle grandi donne, non solo delle trans, mia nipote Chiara per esempio è una donna che ha combattuto molto per se stessa e per gli altri, per me è ispirazione e orgoglio, oggi riesce a conciliare famiglia, amore, lavoro, cultura, ingegno, in un modo straordinario. Mi rifaccio molto alle donne della mia famiglia che è quasi esclusivamente un universo femminile”.

“La cosa più bella del mondo è cambiare – continua Cori – gli altri mi hanno fatto notare che io cambio totalmente look ogni due anni, per me è un rinnovamento, come un serpente cambio pelle per rimanere sempre me stessa. – no, Cori qui intervengo e con lo sguardo dell’esterno ti dico che sei un gattopardo anche in questo, cambi affinché nulla cambi, nella massima fedeltà a te stessa.

Quando sei giovane sei come la natura ti ha fatto, poi sei frutto di come ti vedi e di come meriti di essere: sei il risultato del tuo gusto, delle esperienze che hai fatto, delle tue scelte che giorno per giorno ti arricchiscono e ti fanno evolvere”.

Il rapporto con l’età, con il corpo che inesorabilmente declina non la spaventa, Cori rifugge invece la decadenza mentale e precisa:“ dovremmo morire troppo giovani per affermare che la bellezza è solo giovinezza, ci hanno inculcato degli stereotipi ma siamo sulla buona strada per superarli: Rossy De Palma, Amanda Lear, Susan Sarandon sono icone di un’avvenenza che non conosce tempo, affiancate da ironia, buon gusto, eleganza, tutte armi che rendono una donna unica”.

Nell’immaginario collettivo la parola ‘transessuale’ è ancora sinonimo di mangiatrice di uomini, di donne concentrate su plastiche e relazioni difficili, spesso legate agli ambienti della prostituzione:
“A volte vestiamo i panni scomodi delle femmes fatales perché non abbiamo acquisito altri linguaggi e perché non sempre la società ci offre le occasioni per esprimerci nella nostra totalità ma poi sta sempre a noi creare la nostra riscossa, la rivoluzione per affermarci nella vita personale così come nel lavoro”.

I suoi discorsi oscillano tra l’accettazione e il cataclisma personale, il succo è che sì ognuno è come è ma bisogna auscultarsi bene per tirare fuori il meglio, e se il meglio è una radicale trasformazione
che parte da dentro per investire l’esteriore, ecco siamo pronte, siamo donne.

fonte: di Valeria Lopis http://youhairboutique.com  Foto: Karel Losenicky – Make-Up Giuseppe Giarratana

Cinema > Fame: l’amica geniale Ludovica Nasti nel corto di Giuseppe Alessio Nuzzo

Nel cortometraggio prodotto da Rai Cinema, la giovane interprete della serie HBO insieme ad altri grandi attori italiani.

Prodotto da Paradise Pictures e Rai Cinema, Fame è il nuovo cortometraggio di Giuseppe Alessio Nuzzo. Con una scrittura altamente lirica, composta da immagini e azioni, il regista napoletano mette in scena il dramma della povertà e della scelta tra onestà e criminalità, in una sorta di Sliding Doors partenopeo. Un corto che si sviluppa in otto minuti di musica orchestrale (il brano è stato registrato dalla Budapest Scoring Symphonic Orchestra e mixata nei mitici Abbey Road Studios di Londra) e praticamente senza dialoghi, per raccontare un paradigma umano che non necessita di ulteriori verbalizzazioni.

La fame, l’impossibilità di nutrire se stessi e i propri figli. Questo è all’origine del dramma di Nuzzo, per il quale si avvale di alcuni interpreti estremamente efficaci nella loro espressività pura. Per il ruolo del padre, interviene Massimiliano Rossi (Il Vizio della Speranza di Edoardo de Angelis), per quello della madre Bianca Nappi (Sirene di Davide Marengo). La piccola protagonista, invece, è Ludovica Nasti, vista (e molto apprezzata) nel grande successo TV L’amica geniale.

Il cortometraggio Fame è in concorso alla 18esima edizione dell’Ischia Film Festival.

Dopo il primo lungometraggio Le verità, con Francesco Montanari, Nuzzo torna a cimentarsi con il cortometraggio e – per farlo – sceglie Napoli come unica location. Una città che si apre su grandi spazi del lungomare e di Castel Dell’Ovo, tanto quanto si chiude nei vicoli e nei “bassi”, dove si consumano storie intime e segrete. Un contrasto che si evince anche dalla panoramica sui volti della “nuova” Napoli, una città multietnica e accogliente dove è facile sentirsi a casa.

Chi è Ludovica Nasti? Carriera e biografia della giovane attrice

Fame fa quello che deve fare un buon cortometraggio: trasmettere un concetto semplice, sperimentando nella tecnica e nella narrazione. In particolare, Nuzzo si serve della summa estetica della città, giocando con la sofferenza e la precarietà degli interni che si infrangono nell’infinita bellezza dei paesaggi. In entrambi i casi si parla di estremi, perché la rappresentazione della fame e dell’umiliazione che ne deriva è resa con vivida sincerità e risulta, quindi, particolarmente struggente. Specialmente perché se ne osserva l’effetto tragico sui bambini e – di conseguenza – sui genitori. Lungi dal giustificare o giudicare, Nuzzo rappresenta l’umanità per quella che è, dipingendo due possibili scenari: quello di un padre e una figlia benestanti, che comprano le caldarroste sul lungomare partenopeo, e quello di un padre che è pronto ad aggredire, pur di procurarsi il necessario per sé e per la famiglia. Non c’è una scala di valori, ma una pura necessità e proprio il cambio di personaggio dello stesso interprete (Massimiliano Rossi) indica come – tante volte – siamo la risultante delle situazioni in cui ci troviamo.

fonte: Di Francesca Romana Torre   www.cinematographe.it

lunedì 1 febbraio 2021

Istat e discriminazioni Lgbt, non è solo una questione di numeri

Sebastian Gorczowski via Getty Images
 “Non risponderò al vostro questionario.  E vi invito a rimuovere il mio nominativo dagli elenchi”.

 Così C.A., consulente romano 50enne, risponde all’Istat che gli ha inviato il formulario di un’indagine sulle discriminazioni subite da soggetti Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali, transgender).

 C.A. è una delle 21mila persone selezionate dall’istituto di statistica, perché presenti sul registro nazionale delle unioni civili.


"Chi ha autorizzato l’Istat a estrarne gli iscritti?”, chiede C.A. “Perché si dà per scontato che gli lgbt siano soggetti che subiscono discriminazioni? Questo sondaggio è di per sé discriminatorio verso chi, come me, vive la sua vita serenamente e non pensa alla differenza che l’essere omosessuale possa incidere sul piano lavorativo. Ciò che conta o dovrebbe contare sono la competenza e il merito”.

Insomma, C.A. ha stipulato un’unione civile, ma non vuole che questa sua scelta lo iscriva automaticamente nelle liste di una minoranza a rischio persecuzione di cui non si è mai sentito parte.

“So bene che l’indagine è prevista dalla normativa, inserita in un piano nazionale, e che i dati conferiti sono tutelati dal segreto statistico. Ma la mia privacy viene violata già nel momento in cui il mio nome è inserito tra le lettere inviate con tanto di data e protocollo. E se io non avessi intenzione, benché il registro delle unioni civili sia pubblico, di far sapere che sono unito civilmente ai funzionari Istat che hanno predisposto l’invio? Non dico che sia un’operazione illegale. Ma è politicamente discutibile, perché fornisce dati non verificabili quanto a veridicità delle informazioni fornite, e malleabili a seconda dell’uso che se ne vorrà fare. Altra cosa interessante: cosa pensa di ottenere l’Istat se dovesse chiedere a un campione nazionale di religione ebraica un’opinione sull’Olocausto? Quale risposta diversa dalla condanna di quella follia potrebbe avere? Quindi qual è l’utilità di chiedere a una platea lgbt se abbia subìto discriminazioni sul lavoro, se non si verifica la rispondenza tra il dichiarato e le eventuali denunce nelle sedi appropriate? La statistica è una scienza esatta sotto il profilo dei numeri, ma l’interpretazione dei dati non numerici è soggettiva, e potrebbe rispondere a logiche tese a rappresentazioni strumentali. Come pensano di vincere le discriminazioni se compilano lista di proscrizione?”.

fonte: Il blog di Mauro Suttora  www.huffingtonpost.it

Parigi: Un nuovo museo per Pinault

Sotto una spettacolare cupola ottocentesca di ferro e vetro, il progetto di restauro firmato da Tadao Ando di un'architettura storica di Parigi. Ospiterà la collezione e il nuovo museo d’arte contemporanea voluto dal magnate del lusso

Era prevista per il 23 gennaio 2021 l’apertura della Bourse de Commerce-Pinault Collection di Parigi. L’inaugurazione è slittata a causa della pandemia ma è tutto pronto per l’apertura del nuovo museo d’arte contemporanea voluto dal magnate del lusso François Pinault. Dopo Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia, la Fondazione inaugura la sua prima sede parigina negli spazi che ospitarono due secoli fa il mercato del grano, poi riadattati a fine 800 in Borsa del Commercio.

 

Lo spazio è stato riconfigurato con l’inserimento di un cilindro, di 30 metri di diametro e 9 di altezza, che darà forma allo spazio espositivo. Un intervento realizzato in  in calcestruzzo omogeneo scelto dall’architetto perché «racchiude un enorme potenziale per costruire spazi nuovi, astratti e moderni, rispetto ai materiali tradizionali come la pietra o il marmo». Come soffitto, la spettacolare cupola ottocentesca di ferro e vetro.

Restaurato da Tadao Ando insieme a Pierre-Antoine Gatier e NeM Architectes, il museo esporrà oltre 5 mila opere tra dipinti, sculture, video, fotografie e installazioni all’interno di sette gallerie disposte attorno a un monumentale foyer cilindrico di cemento. «La mia speranza – spiega Ando – è che la stratificazione della rotonda e il cilindro possano dare luogo a una sequenza ancora più potente e creare un luogo vivace e appropriato per sostenere la città e la cultura per la prossima generazione».

dove: Bourse de Commerce-Pinault Collection, 2 rue de Viarmes, Parigi, tel. +33/0155046060
Bourse de Commerce 

fonte:

Libri: "Ballo di famiglia" di David Leavitt

Mrs Campbell, madre dalla mente illuminata e aperta, presidentessa della Coalizione dei Genitori di Lesbiche e Gay, scopre quanto sia difficile accettare davvero l’omosessualità di un figlio quando il suo Neil le porta a casa il suo compagno. I membri di una famiglia “allargata”, divisa e ricostruita da molteplici divorzi e matrimoni che, durante una riunione, si accorgono di essere indissolubilmente uniti da quegli stessi sentimenti che li hanno separati. 

Una madre di famiglia costretta a fare i conti con una malattia incurabile nella routine della quotidianità… Teneri, spiazzanti, divertenti, i nove racconti di Ballo di famiglia mettono in scena genitori, figli, figliastri, amici e amanti della middle-class americana degli anni Ottanta, rappresentanti di una generazione delusa, testimoni di conflitti profondi, in lotta per sopravvivere cercando nuove e scintillanti forme di fuga dal senso di vuoto e di precarietà.

David Leavitt (Pittsburgh 1961) si è affermato a soli ventitré anni con la raccolta di racconti Ballo di famiglia. Tra i suoi romanzi ricordiamo La lingua perduta delle gru, Mentre l'Inghilterra dorme, Il voltapagine, Martin Bauman, Il corpo di Jonah Boyd, Il matematico indiano (premio Grinzane Cavour) e I due Hotel Francfort.

fonte:  www.librimondadori.it

Musica > Napoli: Orchestra Scarlatti Junior – Audizioni 2021

La Nuova Orchestra Scarlatti di Napoli indice audizioni per il laboratorio orchestrale 2021 della Scarlatti Junior.

Le audizioni sono gratuite e aperte a ragazze e ragazzi di età compresa tra gli 11 e i 18 anni, che studiano già lo strumento per il quale partecipano.
Le audizioni sono aperte alle seguenti categorie di strumenti:
ARCHI: violino, viola, violoncello, contrabbasso
FIATI: flauto, oboe, clarinetto, fagotto, corno, tromba, trombone, tuba
TIMPANI E PERCUSSIONI
Per il Sassofono verranno valutate caso per caso eventuali domande di partecipazione.

Le prove di ammissione prevedono:
– scale
– un esercizio e/o un brano a scelta del candidato (senza accompagnamento)
– lettura a prima vista
Ci si può iscrivere alle audizioni entro il 13 febbraio 2021 inviando alla e-mail scarlattijunior@gmail.com la domanda scaricabile qui (modulo in word oppure modulo in pdf) compilata in tutte le sue parti e firmata, per atto di assenso, dai genitori del candidato (o altro esercente la patria potestà). Può essere allegato breve curriculum. (I maggiorenni possono utilizzare lo stessa domanda senza firma e dati dei genitori).
In sede di audizione tutti i candidati dovranno fornire copia di un documento d’identità.
Le audizioni si terranno presso la CHIESA DEI SS. MARCELLINO E FESTO (largo San Marcellino n. 10 – centro storico Napoli) come segue:

SABATO 20 FEBBRAIO 2021
ore 9.30: convocazione VIOLINI
ore 12.30: convocazione VIOLE, VIOLONCELLI, CONTRABBASSI

DOMENICA 21 FEBBRAIO 2021
ore 9.30: convocazione FLAUTI, OBOI, CLARINETTI, FAGOTTI
ore 12.00: convocazione CORNI, TROMBE, TROMBONI, TUBE
ore 13.30: convocazione SAX e PERCUSSIONI

Gli orari di convocazione indicati per i vari strumenti saranno meglio definiti in base alle domande pervenute e nel rispetto delle norme AntiCovid19. Pertanto dopo il 13 febbraio p.v. (data di scadenza iscrizione), sarà inviata comunicazione dettagliata tramite mail a tutti gli iscritti alle audizioni.

L’elenco degli ammessi al corso sarà comunicato entro 7 giorni dalla chiusura delle audizioni, insieme a indicazioni su modalità e tempi di iscrizione, primo calendario e regolamento delle attività di formazione dell’Orchestra Scarlatti Junior.
I giovani strumentisti prescelti in base alle audizioni potranno partecipare al laboratorio orchestrale 2021 della Scarlatti Junior, previo pagamento di una quota associativa di € 30,00 e di una quota di partecipazione di € 100,00 (costo ridotto in occasione del particolare anno pandemico).

Il laboratorio sarà organizzato con prove a sezioni e d’insieme programmate nel rispetto delle vigenti norme AntiCovid-19.

La quote dovranno essere versate in un’unica soluzione in occasione del primo incontro previsto domenica 7 marzo 2021.
L’eventuale rinuncia alla frequenza di parte delle attività in calendario non darà diritto al rimborso né totale né parziale delle quote già versate.

L’attività laboratoriale e concertistica potrà essere articolata in più livelli differenziati e calibrati in base all’età e ai bisogni formativi dei partecipanti. Accanto all’attività orchestrale sarà favorita anche l’attività cameristica, sia per il suo valore formativo, sia per qualificare al meglio l’aggregazione tra gli elementi.
Gli incontri si svolgeranno sotto la guida di elementi della Nuova Orchestra Scarlatti già esperti in campo di didattica musicale, pratica orchestrale e musica di insieme, con il coordinamento del M°. Gaetano Russo.
Il primo incontro è previsto il 7 marzo 2021 presso il Teatro Politeama di Napoli. Gli incontri successivi fino a giugno 2021 saranno a cadenza indicativamente quindicinale (di sabato o di domenica) e verranno comunicati in fase di iscrizione. Il corso prevede la realizzazione di due concerti da tenersi nel mese di giugno e di settembre 2021.
A conclusione del ciclo di formazione sarà rilasciato attestato.

INFO: 081 2535984 – scarlattijunior@gmail.com – info@nuovaorchestrascarlatti.it

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fonte:  www.nuovaorchestrascarlatti.it

Arriva “Milano”: il successo della moda italiana raccontato dagli americani sbarcherà su Netflix

È un documentario dal budget milionario, girato in Italia e negli Stati Uniti, scritto dal giornalista Alan Friedman e diretto dal pluripremiato John Maggio, regista anche di 'The Italian Americans' nel 2015. Dovrebbe essere completato nel 2021 e venduto alla celebre piattaforma. Racconterà la straordinaria ascesa del fashion made in Italy

Tutti in piedi quando si parla di moda italiana. A cominciare dagli Stati Uniti. Una favola che da anni continua e non si è fermata nemmeno in tempi di pandemia. Come? Con un documentario dal budget milionario diretto da John Maggio, produttore, regista, sceneggiatore che nella sua carriera ha ricevuto riconoscimento importanti dagli Emmy Awards ai Writers Guild Award le cui radici sono state messe in rilievo, in particolare, nel 2015 con un altro documentario 'The Italian Americans'. 

Trasmesso negli USA sulla rete PBS 'The Italian Americans' racconta, dal profondo, l'esperienza di un gruppo di emigranti le cui qualità (che rappresentavano quelle più in generale degli italiani negli States) nel tempo hanno plasmato e anche sfidato l'America. Adesso John Maggio (che recentemente ha​ diretto 'The Perfetct​ Weapon' basato sul bestseller di David E. Sanger sull'ascesa del conflitto cibernetico) riprende il contatto con la sua terra d'origine, attraverso uno degli elementi di maggior spicco del made in Italy: la moda. 

E lo fa sfidando anche il COVID-19: infatti nonostante le purtroppo note restrizioni, il progetto è in produzione dallo scorso ottobre con il documentario girato a Milano principalmente, ma anche a New York e Los Angeles. Dovrebbe essere pronto per l'autunno dell'anno prossimo e ha già una destinazione praticamente sicura: sarà venduto a Netflix. 

Il documentario di John Maggio che per il titolo ha scelto il nome della città simbolo e capitale italiana della moda e della nostra industria più in generale, vuole raccontare l'ascesa​ per certi versi fulminea dell'Italia e del suo made in Italy più celebrato, sulla ribalta della moda di gran lusso e, al tempo stesso, vuole svelare anche i retroscena più intriganti che si celano dietro alle grandi dinastie del fashion nostrano. Il documentario è stato scritto e sviluppato da Alan Friedman, giornalista americano ormai stabilitosi da anni in Italia, conosciuto dal grande pubblico per le sue apparizioni continue nei talk-show italiani. 

E se di solito parla di politica, in Italia è stato coinvolto dal mondo del fashion​ attraverso iniziative portate avanti dalla Camera della Moda, compresa la prima settimana settimana digitale del Fashion Week, programmata lo scorso luglio: da lì i contatti con i nomi eccellenti da Armani a Ferré a Versace. Con le generazioni anche degli stilisti che si sono date il cambio, il documentario nel raccontare 'Milano' sotto l'angolo della moda, prendendo il via dai grandi primi protagonisti arriva fino a giorni nostri e dovrebbe, come ha sottolineato lo stesso Friedman avere "la collaborazione di molti degli stilisti più iconici" anche se non ne ha svelato i nomi. 

"Sono entusiasta - ha invece spiegato John Maggio - di poter affrontare la storia, dalle origini, della nascita di Milano come capitale della moda e la storia degli stilisti​ e visionari creativi italiani che hanno permesso che ciò accadesse". Armani, Versace, Ferré, Dolce Gabbana, Valentino, Gucci, Prada, Ferragamo, Trussardi, Missoni: l'elenco della moda italiana, Milano e dintorni, è lungo e prestigioso,​ può continuare con Max Mara, Fendi, Bottega Veneta, Diesel e non ci si ferma qui perchè il fashion del made in Italy è prestigioso e rappresenta ancora oggi per tanti aspetti uno status symbol in tutto il mondo. 

Vestire italiano, calzare scarpe italiane come indossarne le cravatte o avere al braccio le borse, rappresenta, nonostante gli anni che passano e la concorrenza e le mode che cambiano, una maniera unica di essere, sinonimo di gran lusso ed esclusività. "Ci sono stati tanti film che hanno toccato le singole case di moda - ha spiegato Friedman - mai uno che osservasse la straordinaria​ ascesa della moda italiana tra gli anni '70 e '80 e su come abbia influenzato lo stile di vita non solo americano, ma mondiale". Friedman, che ha già prodotto il documentario 'The Rise and Fall of Silvio Berlusconi', trasmesso su Netflix, ha voluto John Maggio alla regia per i suoi successi naturalmente "ci stuzzicava​ l'idea di avere un americano pluripremiato" ha detto, ma anche perchè​ non si trattava di un uomo dentro alla moda: "In questo modo - ha concluso - si può osservare meglio questo mondo in maniera oggettiva".​ ​

fonte: di SANDRA ECHENIQUE   www.genteditalia.org

Lifestyle: Bernie Sanders vende per beneficenza le felpe con il suo già epico meme

Sul sito della campagna del senatore del Vermont sono andate sold out le felpe Chairman Sanders Crewneck con la stampa del meme diventato virale dopo l’Inauguration Day. 
La felpa benefica con il meme di Bernie Sanders (foto: store.berniesanders.com)

Tra le tante immagini indimenticabili dell’Inauguration Day e del giuramento di Joe Biden, ce n’è una che le batte tutte. È quella, ça va sans dire, di Bernie Sanders seduto da solo, imbacuccato in piumino e muffole. 

Diventata un epico meme virale con risultati geniali, adesso finisce sui vestiti per una buona causa. Sul sito della campagna di Sanders le felpe Chairman Sanders Crewneck sono in vendita per 45 dollari e i ricavi vanno interamente a Meals on Wheels Vermont, un’associazione benefica che si occupa di fornire pasti salutari agli over 60 in difficoltà.

Dopo aver dettato legge, a suo modo, per quanto riguarda lo stile (i guanti di spessa lana e plastica riciclata sono diventati in poche ore un cult), il senatore del Vermont dimostra una buona dose di autoironia con le felpe benefiche. Fatte in cotone biologico negli USA, sono andate sold out in poco tempo e, infatti, il sito avverte che servono alcune settimane per le consegne.

Semplici e funzionali, proprio nello stile di Bernie Sanders, le maglie sono decorate con una grande stampa dell’ormai mitica immagine dell’ex sfidante alle primarie del Partito Democratico beccato che osserva la cerimonia in una posa che ricorda gli umarell, i vecchietti che ammirano i cantieri. “Ero solo seduto lì cercando di stare al caldo e di prestare attenzione a quello che stava succedendo”, ha spiegato Sanders durante un’apparizione a Late Night. Niente fronzoli, insomma, e molta pragmatica.

fonte: di Federica Maccotta    www.wired.it