lunedì 17 settembre 2018

A 25 anni dalla scomparsa il cinema omaggia Nureyev. Sarà nelle sale solo il 29 e 30 ottobre

Sarà nelle sale solo il 29 e 30 ottobre il commovente film evento dedicato a Nureyev, l’uomo che ha saputo rivoluzionare il concetto di danza, trasformandosi in un’icona della cultura pop del tempo

 A 25 anni dalla morte, arriva nelle sale solo il 29 e il 30 ottobre (elenco a breve su www.nexodigital.it) un film evento sorprendente e commovente dedicato al più grande ballerino di tutti i tempi: Rudolf Nureyev (Irkutsk, 1938 – Parigi, 1993).

In Nureyev i registi candidati al BAFTA, Jacqui e David Morris, ripercorrono la vita straordinaria dell’uomo che ha trasformato il mondo della danza diventando un’icona della cultura pop del tempo.
Il film evento racconta la vita dell’artista: dalle umili origini alla relazione con l’amata compagna di ballo, Margot Fonteyn, la più famosa Prima Ballerina del Royal Ballet, dal suo rapporto con i Kennedy alle celebri feste con Liza Minnelli allo Studio 54 di New York. 

Sino ad arrivare, naturalmente, alla rocambolesca fuga in Occidente, evento che ha scioccato il mondo intero trovando spazio ed eco sui media di tutto il mondo. 
In un’epoca in cui la guerra fredda tra Russia e Occidente imperversava, Nureyev si è così trasformato in un fenomeno culturale globale.

Unendo filmati mai visti prima, la colonna sonora originale del pluripremiato compositore Alex Baranowski e una serie affascinante di esclusivi tableaux di danza moderna diretti da Russell Maliphant del Royal Ballett, Nureyev propone un’esperienza cinematografica diversa da qualunque altro film biografico mai realizzato prima sull’artista, chiamato dagli amici più cari ma anche da moltissimi dei suoi fan con il soprannome di “Rudy”.

Sostenuto dalla Rudolf Nureyev Foundation e dal GAY PRIDE Worldwide, Nureyev è distribuito al cinema in esclusiva da Nexo Digital con i media partner Radio DEEJAY, Sky ClassicaHD, MYmovies.it, Danza&Danza, Sipario.
Fonte: 

Lgbt: Film "Sulla mia pelle" La recitazione di Alessandro Borghi

Un corpo e un letto. Nient’altro. Un corpo rannicchiato, devastato, tumefatto, profanato. I muri spogli di una cella. Sbarre pesanti, colori lividi. E un corpo: corpo che soffre, corpo che rantola, corpo che muore. Sulla mia pelle – il film di Alessio Cremonini ispirato alla tragica vicenda di Stefano Cucchi, il giovane romano arrestato per detenzione e spaccio di stupefacenti e deceduto in carcere, in circostanze ancora non del tutto chiare, nell’ottobre del 2009 – è prima di tutto questo: un’asciutta e dolente ricognizione sul mistero e lo strazio di un corpo che muore.

Come già Michael Fassbender in Hunger (2008) di Steve McQueen, Alessandro Borghi fa del suo corpo scarnificato e ulcerato lo strumento espressivo attraverso cui il cinema si fa mondo, storia, tragedia, emozione. Un dimagrimento forzato che lo porta a perdere una ventina di chili in poche settimane. Un lavoro mimetico quasi da Actor’s Studio che lo immerge a poco a poco nella postura, nei tic, nella lingua e nelle ossessioni della persona “vera” a cui deve ridare vita. Ma poi, soprattutto, un corpo a corpo con sè stesso per entrare davvero nella testa e nella psiche di un trentenne arrestato dai carabinieri una sera d’autunno e ferocemente stritolato dai gangli kafkiani di un sistema giudiziario attraversato da una vena incomprensibile di violenza sorda e cieca.

Alessandro Borghi cuce Cucchi sulla sua pelle. Se lo tatua addosso. Si taglia i capelli come li portava lui. Fa un lavoro incredibile sulla lingua che a poco a poco si spappola e si spegne: da metà film in poi, sdraiato sulla branda della sua cella, su un tavolaccio o su una barella, rannicchiato in posizione fetale, atterrito da chiunque gli si avvicini, Borghi/Cucchi non parla più: sibila, mugola, biascica, rantola, mormora. 

Deriva del linguaggio, naufragio del senso. Solo con un altro detenuto recluso nella cella di fronte Stefano riesce a dialogare. Ma noi questo interlocutore non lo vediamo mai. Forse non esiste. Forse è solo il parto dell’immaginazione di un uomo solo, umiliato, pestato, che non riesce più a muoversi, a pisciare, a parlare, e che sente incredulo e attonito l’appressarsi della morte. Ed è proprio questo che colpisce e graffia e commuove nel film di Cremonini: non la denuncia (che non c’è…), non il calvario (nella storia di Cucchi non c’è alcuna redenzione, nulla di cristologico), non la lotta (Cucchi non è il Bobby Sands di Michael Fassbender che sceglie deliberatamente di morire).

A colpire, e a colpire duro, è piuttosto l’ammutolita messinscena della morte che arriva. La rappresentazione di un corpo che sente, che oscuramente avverte l’avvicinarsi della morte. Immobile, livido, tumefatto, Borghi trasforma la sua faccia in una maschera/smorfia che ricorda certi volti espressionisticamente devastati dell’arte contemporanea: ma più Giacometti che Munch, perché Stefano/Borghi non urla, non protesta. Rifiuta le cure. Sente i suoi occhi incrostati ridursi a fessure. Sente di perdere i contatti col mondo. Sente la vita che va via. E lui non reagisce. Lascia che le cose accadano. Lascia che la morte arrivi, fatale.  

È questo che sconvolge. Questo che fa di Sulla mia pelle un film che va ben oltre il caso di cronaca che lo ha ispirato: il fatto che racconta e mette in scena un silente e devastante appressamento della morte.
Tutto il resto passa in secondo piano: le polemiche, le discussioni sulla veridicità e attendibilità della ricostruzione, le battaglie sulle modalità di distribuzione del film. Questioni serie, certo. Ma a condizione che non offuschino la cosa più importante: la sobrietà, il rigore, la misura della messinscena di Alessio Cremonini (avete notato la forza del pianosequenza di tre minuti e mezzo nella scena dell’arresto?) e l’intensità commovente dell’interpretazione di Alessandro Borghi. Che ci fa vedere sul suo corpo, come poche altre volte abbiamo visto al cinema, il mistero irresolubile del vivere e del morire.
fonte:  Articolo di Gianni Canova per https://welovecinema.it

Lgbt: Segnate questa data: 6 ottobre 2018. Perché? ce lo spiega Lia Courrier

Quando meno te lo aspetti l’umanità ti sorprende.

Proprio quando pensi che tutto stia scivolando giù nell’abisso, come in un girone dantesco, ecco che accade qualcosa che riaccende la fiamma della speranza in fondo al cuore e alleggerisce l’anima.

Anche se siamo tutti ben consapevoli di quanto realizzare un cambiamento sia difficile, e spesso non avviene del tutto o nel modo sperato, l’energia di una motivazione e di una azione condivisa è sempre una forza potente a cui è difficile resistere.

Per il 6 di Ottobre dell’anno corrente è stata indetta una Manifestazione unitaria del settore Cultura, che raccoglie molte maestranze e categorie di settore: dai professionisti dei Beni Cuturali agli operatori, dai professionisti del cinema a quelli dello spettacolo dal vivo.

Come recita il Manifesto dell’evento, pubblicato su un sito creato per l’occasione (www.manifestazionecultura.it/manifesto), la cultura è l’unica attività a non aver minimamente sentito la crisi che ha messo a tappeto l’economia dell’intero paese, anzi, ha manifestato una controtendenza, con entrate che sono addirittura aumentate in termini di profitto e di utenza. Purtroppo lo Stato sembra non essere interessato a questo dato, evidentemente non vede nella cultura un mercato da cui ripartire, investendo e sostenendo anche chi in questi anni ha portato avanti i propri progetti in mezzo a mille difficoltà.

Abbiamo invece assistito, negli ultimi decenni, ad un progressivo taglio delle risorse, ad un ostentato disinteresse, tanto che molti talenti si sono visti costretti a costruirsi una carriera all’estero, perché qui non si fa altro che studiare per poi non riuscire a trovare occupazione con regole contrattuali e fiscali o un adeguato trattamento economico.
Proprio per questo è stata indetta la manifestazione che intende attirare l’attenzione delle istituzioni e allo stesso tempo fare delle richieste, chiare e definite, che sono riportate su questo Manifesto, che ha tutta l’aria di una dichiarazione d’intenti a lunga gittata nel tempo.

Tra i promotori dell’evento ci sono sindacati, associazioni, fondazioni, una lunga lista di organismi e associazioni di portata nazionale, che potete vedere sul sito alla pagina dedicata (www.manifestazionecultura.it/chi-siamo): non si tratta di un evento locale, ma di qualcosa di grande e di sorprendente. Non credo sarà facile cambiare la tendenza, così diffusa nella politica nostrana, di considerare la cultura solo come qualcosa da tirare in ballo solo quando si tratta di lustrarsi la reputazione cole eccellenze internazionali, oppure come qualcosa che riguarda artisti deceduti da almeno duecento anni, ma trovo interessante che un movimento simile abbia finalmente deciso di emergere.
Che finalmente ci si voglia unire per chiedere ad alta voce di non essere più trasparenti, di essere considerati parte di questa economia, di questa società, della cultura di un Paese che ha una storia unica e un patrimonio artistico di inestimabile valore, talmente vasto da non riempire solo i musei italiani ma le sale di mezzo mondo.

Il settore della danza, da sempre considerata un po’ la cenerentola delle arti, con una percentuale ridicola del FUS ad essa dedicata, è forse quello che in questi ultimi anni ha visto il periodo più buio, con la chiusura di molti corpi di ballo e l’assenza di una programmazione seria e continuativa nei cartelloni, se si escludono le rassegne gli eventi speciali a cura delle poche reti che riescono a far circuitale gli spettacoli (ad esempio Aldes o Anticorpi). Per il resto è il deserto dei tartari, un vuoto non solo nelle stagioni teatrali, ma anche nella cultura dei programmatori e dei direttori artistici, che spesso operano le scelte pensando solo al botteghino.

Una delle richieste contenute nel manifesto è proprio riportare le Fondazioni Lirico- Sinfoniche ad Enti Statali, perché questo esperimento, durato anche relativamente poco, si è dimostrato fallimentare in molti casi. Certo non sempre a causa delle inadeguate erogazioni, bisogna proprio dirlo, ma anche per mala gestione, poca trasparenza, scarsa lungimiranza nella stesura dei progetti e nel rilancio di una cultura musicale e teatrale che a volte appare un po’ polverosa e anacronistica, rispetto a ciò che sta accadendo nel resto del mondo.

Da tutta Italia si stanno muovendo le organizzazioni per permettere ai manifestanti di raggiungere Roma il 6 ottobre. Tutti sono i benvenuti, ovviamente, non solo i diretti interessati, perché della cultura beneficiano soprattutto i cittadini, oltre chi si occupa di promuoverla e produrla.
Citerò in conclusione la frase che chiude il Manifesto, con la speranza che finalmente la cultura possa occupare una posizione centrale nel rilancio economico di questo Paese in ginocchio.

Un patrimonio, il nostro, che affascina i cittadini di tutto il mondo che ogni anno viaggiano per assaporare la fragranza e la bellezza dei nostri musei, delle nostre città, del nostro teatro.
Sarebbe proprio qualcosa di cui andare fieri.
  
“Il 6 Ottobre la Cultura italiana si muove, unita: smettetela di mentirci, smettetela di sfruttarci, e lo vedrete, vi #RilanciamoIlPaese.
Il 6 Ottobre 2018, una Manifestazione unitaria nazionale per la Cultura e il Lavoro. E da lì non si torna indietro
Vi aspettiamo in piazza. Non serve a noi, serve al Paese.”
fonte: Lia Courrier per www.dancehallnews.it/

Lgbt: Florence Queer Festival 16° edizione per il festival di cultura queer della Toscana. Dal 2 al 7 ottobre al Cinema La Compagnia di Firenze

Firenze:  Programma chiuso per l’edizione 2018, la numero sedici, del Florence Queer Festival, che aprirà al pubblico il 2 ottobre: una settimana di eventi, incontri, proiezioni, presentazioni.
Diretto da Bruno Casini e Roberta Vannucci, organizzato dall’associazione Ireos - Centro Servizi Autogestiti per la Comunità Queer di Firenze, in collaborazione con Arcilesbica Firenze e Music Pool, con il contributo della Regione Toscana, quest’anno presenterà al pubblico un ricco programma di film, la nutrita selezione dei Video Queer in concorso, ospiti speciali come il regista Gustavo Sanchez o la cantante Adele Bertei.
Tra le numerose collaborazioni anche quella con il Festival dei Diritti promosso dal Comune di Firenze, con una doppia proiezione in anteprima. Subito in apertura, a ingresso gratuito ed alla presenza dell’assessore Sara Funaro, Rafiki (martedì 2 ottobre, ore 17, Cinema La Compagnia) di Wanuri Kahiu primo film keniota a raggiungere Cannes (in selezione per Un Certain Regard), storia di una amicizia che diventa amore, in un paese dove si è costretti a scegliere tra felicità e sicurezza. Altra anteprima assoluta quella de Il calciatore invisibile di Matteo Tortora (venerdì 5 ottobre, ore 21,30, Cinema La Compagnia), documentario italiano che parla di omosessualità nel mondo del calcio, argomento da sempre tabù, presentato al pubblico dal regista, dai giocatori della squadra “Revolution Team” assieme agli assessori Assessori Sara Funaro e Andrea Vannucci Comune di Firenze.
Per quanto riguarda gli ospiti, la serata di apertura, alle 21, vedrà l’omaggio a Chavela Vargas, celebrità messicana degli anni Sessanta, della cantautrice fiorentina Letizia Fuochi, prima di lasciare le luci della proiezione alla prima italiana di 1985 del regista statunitense Yen Tan (martedì 2 ottobre, ore 21,30, Cinema La Compagnia). Saranno numerosi gli appuntamenti musicali per il Florence Queer Festival che presenterà in anteprima il video clip L’attraverso con Alia, seguito da un assaggio musicale live con Martina Agnoletti e Erika Giansanti del nuovo album Giraffe (sabato 6 ottobre, ore 21, Cinema La Compagnia). Poi, ancora, il videoclip, Cambiare idea, dei Mondo Candido (mercoledì 3 ottobre, ore 17,45, Cinema La Compagnia), le voci del Choreos, coro Lgbtq* di Ireos (mercoledì 3 ottobre, ore 21, Cinema La Compagnia) e la performance live di Adele Bertei (giovedì 4 ottobre, ore 21, Cinema La Compagnia).
Grandi protagonisti anche i libri: sette presentazioni QueerBook, quattro durante il Festival (3/5/6/7 ottobre, ingresso gratuito, Cinema la Compagnia, ore 19,30) ed altre tre, sempre nel mese di ottobre, tra la sede Ireos e la libreria Il Libraccio. Tra gli autori presenti al Festival Luca Baldoni, Vanessa West, Francesco Gnerre, Matteo B. Bianchi.
Tornano poi i QueerFocus, appuntamenti di approfondimento culturale organizzati al mattino, a ingresso libero (5/6/7 ottobre, ore 11, Cinema La Compagnia): Giacomo Aloigi, assieme a Stefano Mascalchi, cercherà di farci entrare nelle dinamiche culturali di quella Firenze anni Ottanta di cui fu protagonista Pier Vittorio Tondelli, Riccardo Ventrella omaggerà Mina, mentre la squadra di Luca Locati Luciani, Andrea Meroni, Willy Vaira e Giovanni Ciacci ci condurrà alla scoperta delle mille vite della scrittrice, artista, giornalista, pittrice, attrice Giò Stajano scomparsa nel 2011.
Tra gli appuntamenti ad ingresso gratuito da non perdere anche due mostre, entrambe al Cinema La Compagnia. La prima è una “fotografica” di Pia Ranzato, che ha ricucito assieme, dal suo archivio personale, immagini di chi ha amato e vissuto la vita affermando la propria libertà al di fuori degli schemi sociali (Viva la Libbbertà, 2-7 ottobre, Cinema La Compagnia; dal 9 ottobre al 10 novembre a Ireos, via dei Serragli 1). La seconda è Una rivoluzione da sfogliare. Pagine di editoria periodica LGBTQ+ a cura di Luca Locati Luciani, dedicata a Robi Rapp, e realizzata in collaborazione con "Handkerchief Magazine" e Alessio Ponzo.
Ma torniamo ai film: lo spettacolo di apertura arriva dagli Stati Uniti (1985, Yen Tan, 2/10 ore 21,30, replica 2/10 ore 15,30) e ripone l’accento sui periodi bui dell’ondata di Aids, come l’altra anteprima vincitrice del Panorama Audience Award al 66°-Festival Internazionale di Berlino, Who’s gonna love me now (mercoledì 3 ottobre, ore 22), la chiusura è affidata allo spagnolo Gustavo Sanchez ed alla sua coraggiosa opera prima, I hate New York (domenica 7 ottobre, ore 21,30, Cinema La Compagnia) che fa emergere quattro storie di passione e attivismo dalla scena underground della New York più affascinante. Sanchez sarà in sala per la proiezione che sarà preceduta dal talk show condotto da Anna Meacci, attrice fiorentina che ha portato alla ribalta “La Romanina”, spettacolo dedicato a Romina Cecconi.
Proseguendo il nostro viaggio in questa settimana full immersion emergono titoli come Queerama (sabato 6 ottobre, ore 15,30), un vero e proprio “succo di archivio” sull’attivismo gay realizzato grazie all’immenso materiale video del BFI.  Si vola nella Milano da bere con Killer Plastic - Tu ti faresti entrare? (mercoledì 3 ottobre, ore 15,30) di Stefano Pistolini. Cuore della narrazione la discoteca più famosa di Milano che dopo 30 anni di gloria ha chiuso i battenti. Riflessione sui punti di vista nella narrazione sociale con Dykes, camera, azione! (sabato 6 ottobre, ore 18,30) di Caroline Berler, tra gli ospiti di questa sedicesima edizione, che ci racconta del lavoro fatto, nel corso dei decenni, da registe come Barbara Hammer, Su Friedrich, Rose Troche, Cheryl Dunye, Yoruba Richen, Desiree Akhavan, Vicky Du. 
Il Festival ha scelto di portare a Firenze anche il primo film queer ambientato in Finlandia. Realizzato da Mikko Makela, A moment in the Reed (sabato 6 ottobre ore 23), ci restituisce una fotografia inedita del Paese scandinavo, toccando il tema dell’omofobia e della migrazione forzata dalla Siria. Ancora una riflessione su quanto l’Aids abbia privato il mondo di incredibili artisti è il medio metraggio uscito quest’anno Unstoppable Feat: The Dances of Ed Mock (domenica 7 ottobre, ore 18,30). Ed Mock, coreografo e ballerino geniale, morto di aids nel 1986: il film di Brontez Purnell narra di lui e dell’avanguardia sperimentale che ha rappresentato. Mock è passato anche da Firenze nell’ormai lontano 1980 ospite dell’Humor Side, oggi Teatro di Rifredi con un tour per il quale, nel nord Italia, fu arrestato per atti osceni durante una sua performance.
Ultimo titolo che vi segnaliamo è l’anteprima assoluta di Alfredo D’Aloisio, in arte (e in politica) Cohen di Enrico Salvatori e Andrea Meroni che saranno in sala domenica 7 ottobre alle 17,30 per presentare il loro documentario dedicato alle molteplici vite di Alfredo “Cohen” D’Aloisio: professore di lettere con l’ambizione del teatro educativo, pioniere del movimento LGBT, cabarettista e cantautore dichiaratamente gay, attore abruzzese che tenta di trasformare il proprio dialetto in lingua. Un mosaico restituito da testimonianze e materiali audiovisivi rari.

Il Florence Queer Festival è organizzato dall'associazione Ireos - Centro Servizi Autogestiti per la Comunità Queer di Firenze, in collaborazione con Arcilesbica Firenze e Music Pool, con il contributo della Regione Toscana.
Infoline:  Ireos: 055 216907 MusicPool: 055 240397     info@florencequeerfestival.it
Tutte le proiezioni sono vietate ai minori di 18 anni.
fonte: Ufficio Stampa Florence Queer Festival