sabato 29 maggio 2021

L'alta moda di Valentino sfilerà il 15 luglio a Venezia. Piccioli, è cornice perfetta per la mia nuova collezione

La collezione Valentino Haute Couture Autunno/Inverno 2021-22, sarà presentata il 15 luglio a Venezia. Lo annuncia una nota della maison dove viene precisato che la decisione è stata presa con il direttore creativo Pierpaolo Piccioli, "afferrando l' opportunità del ritardo nella produzione dovuto ai tempi senza precedenti, per creare qualcosa di ambizioso e unico".

"Uno degli aspetti più impegnativi del mio lavoro in questi tempi senza precedenti - spiega Piccioli - è stato dover riprogrammare il posto per i miei spettacoli della Couture. L'attuale modalità "viaggia con la fantasia" in cui ci troviamo mi ha spinto sognare più in grande. 

La mia prossima collezione Couture s'intitolerà Valentino Des Ateliers e l'approccio generale a questo progetto ha molto a che fare con il nome stesso. Mi sono messo alla prova nell'orchestrare una sinfonia di anime, menti e input creativi diversi. Tutte queste energie hanno portato la mia visione a Venezia, una città genera genuinamente e spontaneamente vibrazioni su arte, teatro, musica, architettura, cinema e tutto ciò che ha a che fare con la creatività. 

Ecco perché è stata una decisione naturale optare per questa idea. Sono un designer, un creatore di moda e bisogno di visualizzare le mie creazioni in cornici specifiche. Venezia è la cornice perfetta della collezione Valentino Des Ateliers". 

L'evento sarà trasmesso in live streaming sulla piattaforma della Federation de la Haute Couture et de la Mode, poiché la sfilata è compresa nell'ambito della settimana della moda francese, oltre ai canali digitali. Un selezionato numero di ospiti sarà invitato a Venezia, nel rispetto delle norme di sicurezza. (ANSA). 

fonte: Redazione ANSA  www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

Addio Carla Fracci: il saluto dell'Arena di Verona

Nel triste giorno della scomparsa di Carla Fracci, l'Arena di Verona esprime il proprio cordoglio e ricorda gli spettacoli più memorabili che hanno visto la "prima ballerina assoluta" esibirsi per il pubblico dell'anfiteatro.

Fondazione Arena di Verona esprime il proprio cordoglio nel giorno della scomparsa di Carla Fracci, étoile, insegnante e coreografa, “prima ballerina assoluta” (New York Times), protagonista di ben trentatré produzioni diverse nei luoghi della musica della città scaligera: oltre al millenario Anfiteatro, il Teatro romano e il Teatro Filarmonico.

«Oggi è un giorno triste, perdiamo una Divina, una vera artista, una stella come poche nella nostra Storia. – dichiara il Sovrintendente e Direttore Artistico Cecilia GasdiaVogliamo omaggiare Carla Fracci ricordando una delle più fedeli e belle collaborazioni con questo grande Teatro, sempre all’insegna della perfezione. Con tutti i lavoratori dell’Arena di Verona voglio esprimere la nostra vicinanza al marito Beppe Menegatti e al figlio Francesco».

Carla Fracci ha intessuto con l’Arena di Verona un rapporto costante e privilegiato lungo cinquant’anni, in una carriera d’eccellenza in spettacoli memorabili, condividendo il palcoscenico con artisti di massimo livello quali Luciana Novaro, Mario Pistoni, Micha van Hoecke, James Urbain, Rudolf Nureyev, Oriella Dorella, Ekaterina Maksimova, Lawrence Rhodes, Vladimir Vassiliev, Luciana Savignano, Gheorghe Iancu, Giuseppe Picone, Roberto Bolle.

"Ho danzato nei tendoni, nelle chiese, nelle piazze.
Sono stata una pioniera del decentramento.
Volevo che questo mio lavoro non fosse d'élite, relegato alle scatole d'oro dei teatri d'opera. A me piaceva così, e il pubblico mi ha sempre ripagato"  Carla Fracci

Dal 1954 al 2002 ha portato, spesso per la prima volta in assoluto, tutti i più grandi titoli della danza classica nel grande anfiteatro veronese, con le compagnie di balletto più importanti al mondo, e quindi con il Corpo di Ballo areniano, di cui è stata Direttrice dal 1996 al 1997. Spesso diretta da Beppe Menegatti, regista e compagno di vita, si è esibita sulle coreografie di Béjart, Fokine, Ivanov, Balanchine, Massine, MacMillan, Cranko, Martinez, Gai, Dell’Ara, Bouy, e molti altri.

Con i complessi artistici areniani ha interpretato diverse prime assolute di nuove creazioni contemporanee; nel 1990 ha reso omaggio alla nascita dell’Opera nelle sale dove nacque Orfeo, nella memorabile trasferta al Palazzo Ducale di Mantova. Nel 2002, per il suo spettacolo inaugurale, Franco Zeffirelli creò appositamente per lei il personaggio di Akmen, narratrice silenziosa ed elegante delle vicende di Aida.

 Carla Fracci e l'Arena di Verona

 Spettacoli all’Arena di Verona, al Teatro Filarmonico, al Teatro romano

1954 – Il Lago dei cigni / Il Fiume innamorato

1954, 1982 – Il Lago dei cigni

1970, 1974, 1985, 1990 – Giselle

1971, 1991 – Romeo e Giulietta

1972 – Coppelia

1973 – Cenerentola

1976, 1979 – Lo Schiaccianoci

1977 – Bolero / Concerto lirico-sinfonico / Serata a tre

1978 – La Bella addormentata

1980 – Parata di stelle internazionali del balletto

1983, 1984 – Excelsior

1986 – Questa è l’Arena, qui è nata Maria Callas / Parata di stelle internazionali della danza

1989 – La Strada

1990 – Orfeo

1995 – Carmen / Sogno di una notte di mezza estate

1996 – Antonio e Cleopatra / Stravinskyana / Gala romantico

1997 – Macebth / La Signorina maestra e il teppista

1999 – Concerto di Gala per Katia Ricciarelli

2002 – Aida

fonte:  www.arena.it

lunedì 24 maggio 2021

Alta Moda > Mariella Milani: “Versace? Un genio che rese la spilla da balia glamour”

Mariella Milani – Credits: Simona Filippini

 Mariella Milani, la signora della moda, racconta a DiLei di "Fashion Confidential", dei suoi incontri con i grandi stilisti e di come stanno cambiando le cose nel lusso

Mariella Milani è una delle prime donne a condurre il Tg2 e che è stata una delle poche a raccontare il fashion system dal punto di vista economico, sociologico e di costume.

 Oggi è protagonista di una serie di podcast dal titolo, Fashion Confidential, ideata e prodotta dalla media company ACTION MEDIA Ltd e tratta dal libro omonimo edito da Sperling&Kupfer. Mariella Milani conduce gli ascoltatori in un viaggio alla scoperta della “moda oltre la moda”, in cui rivivono non solo gli amarcord della Golden Age del fashion system fatto di stilisti osannati come divi, eventi di grande impatto scenografico e indimenticabili top model, ma viene svelato anche  tutto ciò che si nasconde dietro il sipario e che nessuno ha mai raccontato.

Dalla sfilata di Fendi sulla Grande Muraglia cinese a quella di Dior nel Foyer de l’Opéra di Parigi, dalla colazione con Valentino Garavani nel castello di Wideville all’incontro-scontro con Alexander McQueen a Londra, dall’emozione dell’addio alle passerelle di Yves Saint Laurent all’opulenza delle feste di Roberto Cavalli in Costa Smeralda.

Ci racconti della tua serie di podcast, Fashion Confidential?
Partiamo da una premessa. Avendo una lunga storia professionale, la cosa che più mi interessa è la novità, è quello che io non conosco, perché credo che la nostra vita debba essere una scoperta quotidiana. Io faccio quello che faccio, sempre con grande passione. Ho sempre affrontato il mio lavoro da giornalista con entusiasmo, anche quando era duro e pesante.
Dunque, per quanto riguarda i podcast, l’idea mi è venuta leggendo un articolo su un quotidiano di cui, sottolineo, non posso mai fare a meno, anche se mi sono data alla tecnologia, tanto che tutte le mattine il mio giornalaio me ne fa trovare tre dietro la porta. In questo articolo si diceva che dal 2019 al 2020 i podcast erano aumentati del 15% e che 14 milioni di persone li ascoltavano. Questi dati mi hanno fatto pensare che i podcast possono essere uno strumento del futuro e che forse è finita l’era della superficialità cui per esempio ci hanno abituato i social.
Ti faccio un esempio, una volta su Instagram ho voluto raccontare che cosa ha rappresentato Calvin Klein nella moda, il suo logo, l’utilizzo che ne ha fatto. Per farlo, volevo servirmi dei Reel che però non durano più di 30 secondi, ma in così poco tempo è faticoso esprimere il senso di quello che ha realizzato un gigante della moda come lui, nonostante io abbia acquisito il dono della sintesi dopo aver lavorato 33 anni al Tg2.
Invece, i podcast sono un racconto che si fa a voce e la voce è proprio la mia cifra distintiva, da sempre mi è stato detto che cattura l’attenzione. Non solo, con la voce si possono esprimere i sentimenti, l’ironia, si riesce a dare colore alla notizia.

Fashion confidential è anche il titolo del tuo libro…
Sì, io non volevo fare un audiolibro che è la semplice lettura del testo. Mi piaceva proprio l’idea di fare dei podcast perché sono dei racconti, volevo raccontare quello che ho scritto, usando appunto l’inflessione della mia voce esprimendo i miei sentimenti, i miei stati d’animo, catturando l’empatia di chi li ascolta. Da qui, ho conosciuto Manuela Rocchi di Action Media e lei mi ha proposto il progetto dei podcast Fashion confidantial. Così dopo aver scritto il libro, ho ricominciato con i racconti, perché penso che questo sia il futuro, visto anche l’aumentato interesse per i podcast. Come diceva Steve Jobs: ‘La cosa importante è pensare in modo nuovo’ e io cerco di adeguarmi al nuovo pensiero.
D’altro canto, il podcast può essere inteso come il cugino della radio, perché si può ascoltare dove e quando si vuole e contemporaneamente si possono fare altre cose. L’ascolto sta sostituendo la visione.

Donatella Versace e Mariella Milani
 Tra i tuoi podcast, uno è dedicato a Gianni Versace, ce ne parli?

Il mio primo incontro con la moda nel 1994 è stato proprio in via del Gesù con Gianni Versace. Io allora ero una neofita di quel mondo. L’allora direttore del Tg2, Clemente Mimun, voleva dare molto più spazio a tutti i settori del made in Italy, e mi propose di occuparmi di moda. Il mio primo debutto fu proprio con Gianni Versace e non sapevo che allora si diceva che lui vestiva le amanti e Armani le mogli. 

Quindi mi presentai all’appuntamento con un tailleur blu di Armani, perché avendo fatto la conduttrice del tg, per me rappresentava un power dress che garantiva autorevolezza e serietà. 

Versace mi squadrò dalla testa ai piedi, non disse nulla ma io mi accorsi che non approvava il mio modo di vestire, anche perché non conoscevo la battuta che circolava su di loro. Nel podcast racconto tutta la grandezza di Gianni Versace che è stato un creativo visionario, capace di rendere glamour e meravigliosa una spilla da balia. 

Donne straordinarie l’hanno portata, come Lady Diana sul suo abito nero o Liz Hurley che si fece conoscere con il vestito di Versace. Per non parlare della maglia di metallo e dei suoi abiti così sexy, frutto del suo genio. Poi è lui che ha di fatto creato il fenomeno top model, Naomi Campbell, Linda Evangelista, Claudia Schiffer, Carla Bruni. Con Gianni ho avuto un ottimo rapporto perché era un uomo di squisita gentilezza.

Chi sono gli altri stilisti di cui parli nei tuoi podcast?
Jean Paul Gautier e i giapponesi. E per giapponesi intendo Comme des Garçons, ossia Rei Kawakubo, Issey Miyake, Yohji Yamamoto.

È cambiata la moda con la pandemia?
In modo assolutamente radicale. Intanto, negli anni Novanta, come ho scritto nel mio libro, la moda era un mondo scoppiettante. Io ho assistito a eventi pazzeschi come la sfilata sulla Grande Muraglia cinese con 80 metri di passerella o le sfilate dell’Alta Moda nel foyer dell’Opera di Parigi. Si trattava di eventi irripetibili, che costavano miliardi di lire. L’opulenza di allora non ci sarà mai più. Adesso la moda è molto cambiata e con la pandemia è diventata digitale. Si sta cercando un modo diverso di rappresentarla. C’è chi come Dior si è rivolto a registi come Garrone, per fare dei veri e propri film.
La parola che dominerà la moda del futuro è “sostenibilità”. Oggi se ne parla già molto, anche se non è ancora un fatto compiuto. La moda sostenibile va costruita e anche gli acquirenti vanno educati a questo concetto. Se una t-shirt costa 7 euro, è evidente che ci si è serviti di una mano d’opera sottopagata. Una moda sostenibile deve essere anche etica e ciò significa pagare il giusto prezzo a chi confeziona i prodotti. Altra parola chiave è “genderless”, ossia la caduta della distinzione di genere tra uomo e donna, senza dimentica però il potere delle donne. Questo ovviamente porta a un diverso concetto di bellezza per cui sulle passerelle sfilano modelle senza distinzioni di età e sesso. I consumatori sono più esigenti, anche per quello che riguarda la tracciabilità dei capi e d’altro canto è diminuito il potere d’acquisto. Non a caso, concludo il mio libro con la frase di Steve Jobs: “think different” (pensa in modo diverso). Se la moda saprà cambiare, forse ce la farà. Altrimenti la crisi economica la metterà in ginocchio, non solo le piccole aziende ma anche le grandi griffe, alcune delle quali sono state già costrette a chiudere i negozi.

Ci sono già oggi delle maison che stanno attuando la rivoluzione?
Attualmente ci stanno provando i piccoli brand che però faticano a ottenere finanziamenti. Ma stanno provando a realizzare prodotti sostenibili. E poi le multinazionali del lusso che possono sperimentare perché hanno tantissimi negozi e linee. Bisogna puntare su un lavoro artigianale di grande qualità ma anche con un contenuto maggiore di creatività, perché quello che secondo me ha portato alla disaffezione dei consumatori è stata l’eccessiva omologazione e poi prezzi così elevati che scoraggiano l’acquisto. La preoccupazione di fare profitti più che di fare prodotti creativi ha portato alla crisi della moda. Poi il made in Italy ha un altro problema, ossia l’incapacità di fare sistema, infatti le due multinazionali del lusso sono francesi, il gruppo Kering e l’LVMH. Basti pensare che Versace, Gucci, Valentino, Bottega Veneta, Loro Piana non sono più italiani. Con il mio libro e i miei podcast cerco di dare il mio punto di vista su come dovrebbe cambiare il mondo del made in Italy per riprendersi.

fonte:    https://dilei.it

Lgbt: Stephen King smaschera J.K. Rowling: “Mi ha bloccato perché supporto le persone trans”

La "madre" di Harry Potter ha fatto una nuova figuraccia.

Sappiamo tutti quello che J.K Rowling pensa delle donne trans e quanto le sue affermazioni abbiano ferito migliaia di persone. L’anno scorso la scrittrice in merito a questa polemica ha anche fatto una figuraccia con Stephen King, che prima ha elogiato e poi ha defollowato.

 

Adesso il maestro del brivido ci ha fatto sapere di essere stato bloccato dalla mamma di Harry Potter.

Mi ha cancellato. In qualche modo mi ha bloccato. Ecco il punto: è la benvenuta per la sua opinione. È così che funziona il mondo. Se pensa che le donne trans siano pericolose, o che le donne trans in qualche modo non siano donne, o qualunque problema lei abbia con esso – l’idea che qualcuno ‘mascherato’ da donna stia per aggredire una ‘vera’ donna nel bagno – se crede a tutte queste cose, ha diritto alla sua opinione. Il fatto è che lei si è arrabbiata per la mia opinione. È come il vecchio detto: ‘Non sono d’accordo con quello che dici, ma difenderò il tuo diritto di dirlo fino alla morte’. Abbiamo opinioni diverse, ma questa è la vita.

Qualcuno mi ha twittato: ‘Pensi che le donne trans siano donne?’ E io ho risposto: ‘Sì, lo credo’. Così lei mi ha bloccato. Detto questo non la detesto e non penso che la sua opinione faccia schifo o che sia da odiare. Semplicemente la mia opinione è che JK Rowling abbia torto sulle donne trans“. >  TWITTER

fonte: Fabiano Minacci  www.biccy.it

Film: “Le ali non sono in vendita -viaggio nel labirinto della fast fashion" Regia di Paolo Campana

Un viaggio inedito nel mondo della fast fashion in cui il percorso di riflessione personale di un gruppo di studenti di moda incrocia quello politico che affronta gli impatti dell’industria della fast fashion sui diritti umani e sull’ambiente attraverso testimonianze dirette e interviste esclusive ad esperte/i e attiviste/i.
 
Il Covid-19 negli ultimi mesi ha bloccato le vite delle giovani generazioni, ma al tempo stesso ha riacceso l’attenzione sui compulsivi bisogni che esse nutrono nei confronti dell’acquisto di abbigliamento. 

Dopo un lungo sonno Dedalo si sveglia prigioniero del labirinto che lui stesso ha costruito, impigliato con Arianna in un filo rosso con cui il Minotauro lega a sé le persone. Addolorato per la perdita del figlio Icaro, Dedalo decide di cercarlo nel mondo contemporaneo dominato dai brand e dal consumo sfrenato di abiti.

Insieme a lui, un gruppo di studenti di moda riflette su ciò che si cela dietro le scintillanti vetrine delle catene di abbigliamento: una spietata logica produttiva edificata su scala planetaria sull’erosione dei diritti del lavoro, oltre che sul venir meno della salvaguardia dell’ambiente e della salute. Gli studenti si ritrovano in una vecchia fabbrica impigliati anch’essi al filo rosso, ostaggi del Minotauro, dal quale cercano di liberarsi agitando ali annerite, ricavate da vecchi abiti logori.

Accompagnati dalla testimonianza di esperti in materia, lavoratori del tessile e attivisti dei diritti umani, scendiamo negli inferi di un fenomeno in cui si consumano tragedie indicibili come il crollo del Rana Plaza e alienazioni quotidiane come quelle vissute da chi lavora nel retail.

Riuscirà Dedalo a ritrovare il suo Icaro tra le macerie del fashion system? Riusciranno i futuri stilisti a dispiegare le loro ali di stracci per sfuggire al Minotauro e a lasciarsi alle spalle il labirinto del turbo consumo? E’ ancora possibile in questo mondo riscoprire il sapore della ribellione?  Attraverso le testimonianze, alternate al work in progress della mostra frutto del progetto didattico #FashionReverse a cura di Fair in collaborazione con hòferlabproject , il documentario restituisce lo spirito del percorso tra arte e attivismo, che ha coinvolto i giovani lungo la Penisola, in una riflessione collettiva sul concetto di trasparenza e diritti umani nella fast fashion. 

Pagina instagram >   campagna_abiti_puliti

IL TRAILER - Le Ali non sono in vendita >> QUI 

IL FILM >> QUI

fonte:  www.abitipuliti.org

Libri: "Chi ha cucinato l’ultima cena?" di Rosalind Miles

Quali sono le cause della subordinazione delle donne?

Rispondere a questa domanda è l’ambizioso scopo del lavoro di Miles, critica letteraria prestata alla ricerca storica per l’ansia e il desiderio di risalire all’origine di questa sconcertante questione.

Se è vero infatti che la narrazione dell’uomo cacciatore alla conquista del mondo e della donna sua seconda – accucciata in attesa accanto al fuoco della caverna, già predisposta sin dalla Preistoria a un destino di genuflessione nei confronti dell’autoelettosi “sesso forte” – non è più accettabile, quando allora nel corso della storia si è consumato questo delitto? E perché? Ma, soprattutto, qual è dunque la vera storia della donna?

Questi e altri sono i temi che trovano posto nel saggio di Miles, un lavoro di ricerca accurato che restituisce, grazie all’ausilio di uno straordinario numero di fonti storiche e scientifiche, una Storia mondiale delle donne: un racconto dell’umanità in grado di rimettere al suo interno, nella giusta prospettiva, la presenza e il contributo della donna.

Con una prosa ironica e asciutta, priva di pregiudizio, Chi ha cucinato l’ultima cena? ci guida in un viaggio nel tempo illuminante, alla scoperta di fatti mai narrati, che ricostruisce il ruolo centrale della donna come artefice essenziale del progresso in tutti i campi dello scibile umano.

Scollandola dallo sfondo sfocato dell’inesatta retorica trionfalistica del marciare solitario del maschio umano verso l’evoluzione, Miles racconta la storia dalla parte delle donne, un momento di riflessione fondamentale che ha la forza di arricchire, dell’imprescindibile esperienza del sesso più numeroso dell’umanità, la memoria collettiva del genere umano.

fonte:  www.fandangolibri.it