Protagonista del film Eddie Redmayne, già in profumo di secondo Oscar dopo "La teoria del tutto"
È uno dei film più attesi della Mostra del Cinema di Venezia 2015 e il suo protagonista è già in odore di (un altro) Oscar. Stiamo parlando di The Danish Girl, pellicola diretta da Tom Hooper (anch'egli premio Oscar per Il discorso del re e regista de Les Misérables) che ha come protagonista Eddie Redmayne in una parte che non mancherà di commuovere - e anche di fare discutere.
Il giovane attore che lo scorso anno si è portato a casa la statuetta più ambita di Hollywood per aver interpretato la parte dello scienziato Stephen Hawking nel film La teoria del tutto, ora si cimenta in un altro ruolo-limite come quello di Lili Elbe, alias Einar Wegener, uomo che tra gli anni 20 e 30 del secolo scorso decise di vivere come una donna: prima indossando abiti femminili e truccandosi e poi sottoponendosi a interventi chirurgici per cambiare definitivamente genere: una figura che viene presentata come la prima transessuale della storia.
Einar, infatti, visse la sua vita da donna con il nome di Lili, facendo la pittrice e restando sposata alla moglie Gerda (che nel film ha il volto dell'attrice Alicia Vikander), che per proteggere il marito lo presentava come sua sorella.
Una storia vera che è stata oggetto del romanzo The Danish Girl di David Ebershoff (pubblicato in Italia da Guanda nel 2001 con il titolo La danese) da cui il regista ha tratto il film.
La pellicola arriverà nei cinema a febbraio 2016 e sarà presentata in anteprima mondiale tra pochi giorni a Venezia: in attesa di conoscere la reazione di pubblico e critica, è tutto da vedere il primo trailer italiano.
THE DANISH GIRL di Tom Hooper - Al link Trailer italiano ufficiale:
https://www.youtube.com/watch?v=UpcjiDPrumE
fonte: Federica Palladini http://www.elle.it/Showbiz/the-danish-girl-trailer
Questo blog è un aggregatore di notizie, nasce per info e news dall'Italia e dal mondo, per la Danza, Teatro, Cinema, Fashion, Tecnologia, Musica, Fotografia, Libri, Eventi d'Arte, Sport, Diritti civili e molto altro. Ogni articolo riporterà SEMPRE la fonte delle news nel rispetto degli autori e del copyright. Le rubriche "Ritratto d'artista" e "Recensioni" sono scritte e curate da ©Lisa Del Greco Sorrentino, autrice di questo blog
mercoledì 2 settembre 2015
Il brand fiorentino Damai punta sui gioielli. Una nuova linea preziosa firmata dall'artista Sara Bencini
Si amplia la gamma di prodotti Damai in linea con i valori aziendali di innovazione e territorialità. Un rapporto stretto con la città di Firenze testimoniato dalla nuova serie di gioielli realizzati in esclusiva e a mano dall'artista fiorentina Sara Bencini (a sinistra fotografata da Francesco Ormando).
“Si tratta di gioielli che sposano la filosofia del nostro brand - ha dichiarato Mauro Fabbri fondatore dell'azienda - prima di tutto per l'alta qualità e la lavorazione a mano che rendono ogni articolo un pezzo unico. Una linea dal design suggestivo che ricorda gli ornamenti delle dame rinascimentali e che i clienti possono presto riconoscere come elementi in continuità rispetto alle borse Damai.”
“Artigiana di lusso” come amano definirla le riviste di moda e di arte, fiorentina di origine, con una famiglia di pittori e storici d'arte alle spalle, Sara Bencini ha lavorato a lungo a Parigi dove ha unito la passione per l'oreficeria e le pietre preziose al mondo del teatro. Divenuta riproduttrice di gioielli di scena, ha ottenuto importanti riconoscimenti e pubblicazioni.
Un nuovo segmento di prodotti si inserisce dunque e completa l'offerta di Damai nel settore accessori: l'azienda ha infatti lanciato alcuni mesi fa, tramite il proprio sito www.damaitaliana.it e in un selezionato numero di showroom, le tre linee di borse che si contraddistinguono per elementi di innovazione e di rottura.
I nuovi gioielli Damai, firmati Sara Bencini, sono acquistabili in esclusiva sul sito www.damaitaliana.it, ed è solo una delle novità: presto saranno presentati nuovi di accessori, introdotti altri colori per la Eva Bag e nuove forme per la Essenza.
fonte: http://www.firenzemadeintuscany.com/it/fashion/article/il-brand-fiorentino-damai-punta-sui-gioielli/
“Si tratta di gioielli che sposano la filosofia del nostro brand - ha dichiarato Mauro Fabbri fondatore dell'azienda - prima di tutto per l'alta qualità e la lavorazione a mano che rendono ogni articolo un pezzo unico. Una linea dal design suggestivo che ricorda gli ornamenti delle dame rinascimentali e che i clienti possono presto riconoscere come elementi in continuità rispetto alle borse Damai.”
“Artigiana di lusso” come amano definirla le riviste di moda e di arte, fiorentina di origine, con una famiglia di pittori e storici d'arte alle spalle, Sara Bencini ha lavorato a lungo a Parigi dove ha unito la passione per l'oreficeria e le pietre preziose al mondo del teatro. Divenuta riproduttrice di gioielli di scena, ha ottenuto importanti riconoscimenti e pubblicazioni.
Un nuovo segmento di prodotti si inserisce dunque e completa l'offerta di Damai nel settore accessori: l'azienda ha infatti lanciato alcuni mesi fa, tramite il proprio sito www.damaitaliana.it e in un selezionato numero di showroom, le tre linee di borse che si contraddistinguono per elementi di innovazione e di rottura.
I nuovi gioielli Damai, firmati Sara Bencini, sono acquistabili in esclusiva sul sito www.damaitaliana.it, ed è solo una delle novità: presto saranno presentati nuovi di accessori, introdotti altri colori per la Eva Bag e nuove forme per la Essenza.
fonte: http://www.firenzemadeintuscany.com/it/fashion/article/il-brand-fiorentino-damai-punta-sui-gioielli/
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lunedì 31 agosto 2015
Lgbt: H&M_un milione di euro a chi scopre come riciclare gli abiti
H&M dice addio alla filosofia del "take, make, waste": prendere, fare, sprecare. Con la sua fondazione lancia The Global Change Award, premio per chiudere il cerchio della moda e trovare il modo di riciclare i tessuti usati.
CI VUOLE una buona idea per riciclare i vestiti e il gioco è fatto: le cinque migliori selezionate accederanno per un anno a un acceleratore di impresa in collaborazione con Accenture e KTH Reale Institute of Technology: https://www.kth.se/en di Stoccolma con accesso esclusivo all'industria della moda per essere messe alla prova. In palio c'è un milione di euro, stanziato da H&M attraverso la sua Conscious Foundation:http://about.hm.com/en/About/sustainability/hm-conscious/conscious-foundation.html
è The Global Change Award: https://www.globalchangeaward.com/articles/
C'è tempo fino al 31 ottobre 2015 per partecipare a questo concorso internazionale. Metà dei soldi verrà attribuita secondo il giudizio di una giuria di otto esperti, tra cui Franca Sozzani, direttore di Vogue Italia, e la modella Amber Valletta. L'altra, secondo il voto online del pubblico, dal 1 al 7 febbraio 2016. Una cerimonia a Stoccolma proclamerà i vincitori il 10 febbraio 2016.
L'aziende svedese non è nuova a idee di questo tipo: per limitare lo spreco di rifiuti tessili che si producono ogni anno (il 95% di questi non viene riutilizzato) ha introdotto un'iniziativa che guarda all'ambiente e anche al portafoglio dei clienti del "lowcost": portando in negozio i propri capi usati si ottiene uno sconto di cinque euro su una spesa minima di 40 euro. Una delle maggiori sfide per l'industria della moda, infatti, sta nei milioni di tonnellate di rifiuti tessili che finiscono in discarica. "La domanda per la moda non è più 'qual è il nuovo nero?', ma piuttosto 'quali sono le idee innovative in grado di chiudere il ciclo?', spiega Rebecca Earley, docente all'Università delle Arti di Londrae e membro della giuria del premio. "The Change Global Award è alla ricerca di idee che proteggeranno le risorse naturali della terra, e io sono felice di esserne parte".
La Fondazione Conscious di H&M è una fondazione finanziata dalla famiglia Persson, proprietaria della società moda svedese H&M. La sua mission è quella di di creare moda a prezzi accessibili per una popolazione in crescita, riducendo però l'impatto sull'ambiente. "Sono impaziente di vedere come l'industria della moda nel suo complesso abbraccerà la sfida", dice Karl-Johan Persson, membro del consiglio della Fondazione e amministratore delegato di H&M.
fonte: http://m.repubblica.it/mobile/r/sezioni/ambiente/2015/08/27/news/riciclare_gli_abiti_diventa_realta_-121715115/?ref=fbpd
CI VUOLE una buona idea per riciclare i vestiti e il gioco è fatto: le cinque migliori selezionate accederanno per un anno a un acceleratore di impresa in collaborazione con Accenture e KTH Reale Institute of Technology: https://www.kth.se/en di Stoccolma con accesso esclusivo all'industria della moda per essere messe alla prova. In palio c'è un milione di euro, stanziato da H&M attraverso la sua Conscious Foundation:http://about.hm.com/en/About/sustainability/hm-conscious/conscious-foundation.html
è The Global Change Award: https://www.globalchangeaward.com/articles/
C'è tempo fino al 31 ottobre 2015 per partecipare a questo concorso internazionale. Metà dei soldi verrà attribuita secondo il giudizio di una giuria di otto esperti, tra cui Franca Sozzani, direttore di Vogue Italia, e la modella Amber Valletta. L'altra, secondo il voto online del pubblico, dal 1 al 7 febbraio 2016. Una cerimonia a Stoccolma proclamerà i vincitori il 10 febbraio 2016.
L'aziende svedese non è nuova a idee di questo tipo: per limitare lo spreco di rifiuti tessili che si producono ogni anno (il 95% di questi non viene riutilizzato) ha introdotto un'iniziativa che guarda all'ambiente e anche al portafoglio dei clienti del "lowcost": portando in negozio i propri capi usati si ottiene uno sconto di cinque euro su una spesa minima di 40 euro. Una delle maggiori sfide per l'industria della moda, infatti, sta nei milioni di tonnellate di rifiuti tessili che finiscono in discarica. "La domanda per la moda non è più 'qual è il nuovo nero?', ma piuttosto 'quali sono le idee innovative in grado di chiudere il ciclo?', spiega Rebecca Earley, docente all'Università delle Arti di Londrae e membro della giuria del premio. "The Change Global Award è alla ricerca di idee che proteggeranno le risorse naturali della terra, e io sono felice di esserne parte".
La Fondazione Conscious di H&M è una fondazione finanziata dalla famiglia Persson, proprietaria della società moda svedese H&M. La sua mission è quella di di creare moda a prezzi accessibili per una popolazione in crescita, riducendo però l'impatto sull'ambiente. "Sono impaziente di vedere come l'industria della moda nel suo complesso abbraccerà la sfida", dice Karl-Johan Persson, membro del consiglio della Fondazione e amministratore delegato di H&M.
fonte: http://m.repubblica.it/mobile/r/sezioni/ambiente/2015/08/27/news/riciclare_gli_abiti_diventa_realta_-121715115/?ref=fbpd
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Lgbt: L’appello di Elena Sofia, trans che rischia di morire
Raccogliamo l’appello di questa donna trans in pericolo di vita. Aiutiamola a diffonderlo.
Questa è la storia di Elena Sofia Trimarchi, donna trans anche per lo stato dal 2000 quando si sottopose all’intervento di riassegnazione del genere. Qualche anno dopo, però, le cose per Elena non sono andate bene dal punto di vista fisico. Una riduzione della profondità della vagina subentrata con gli anni e, poi, un grave problema di deviazione dell’intestino l’hanno costretta a ricorrere a nuovi interventi, che però non hanno risolto la situazione anzi l’hanno peggiorata. Elena racconta di essere rimasta da sola per una settimana in una stanza fatiscente dell’ospedale, senza che nessuno si prendesse cura di lei né che un medico la visitasse. Uscita dall’ospedale, Elena denuncia il medico e l’ospedale e si rivolge ad altri specialisti che, però, si rifiutano di curarla. Fino a quando denuncia tutto su Facebook. Elena viene sottoposta ad un nuovo intervento, in vista di altri che avrebbe già dovuto subire. Da un anno però, la donna non riceve cure e non ha più saputo niente. “Ho l’impressione che non mi vogliano curare”, dice nella testimonianza raccolta da Saverio Tommasi per FanPage. E lancia un appello al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e all’assessore alla Sanità perché si facciano carico della sua situazione. Un appello che raccogliamo e diffondiamo. E invitiamo tutti a fare altrettanto.
fonte: http://www.gay.it/video/elena-sofia-trans-rischia-di-morire-appello
QUI IL LINK DELLA VIDEO INTERVISTA DI SAVERIO TOMMASI AD ELENA
http://youmedia.fanpage.it/video/aa/Vdz9lOSwc0yAHP_I
Questa è la storia di Elena Sofia Trimarchi, donna trans anche per lo stato dal 2000 quando si sottopose all’intervento di riassegnazione del genere. Qualche anno dopo, però, le cose per Elena non sono andate bene dal punto di vista fisico. Una riduzione della profondità della vagina subentrata con gli anni e, poi, un grave problema di deviazione dell’intestino l’hanno costretta a ricorrere a nuovi interventi, che però non hanno risolto la situazione anzi l’hanno peggiorata. Elena racconta di essere rimasta da sola per una settimana in una stanza fatiscente dell’ospedale, senza che nessuno si prendesse cura di lei né che un medico la visitasse. Uscita dall’ospedale, Elena denuncia il medico e l’ospedale e si rivolge ad altri specialisti che, però, si rifiutano di curarla. Fino a quando denuncia tutto su Facebook. Elena viene sottoposta ad un nuovo intervento, in vista di altri che avrebbe già dovuto subire. Da un anno però, la donna non riceve cure e non ha più saputo niente. “Ho l’impressione che non mi vogliano curare”, dice nella testimonianza raccolta da Saverio Tommasi per FanPage. E lancia un appello al presidente della Regione Toscana Enrico Rossi e all’assessore alla Sanità perché si facciano carico della sua situazione. Un appello che raccogliamo e diffondiamo. E invitiamo tutti a fare altrettanto.
fonte: http://www.gay.it/video/elena-sofia-trans-rischia-di-morire-appello
QUI IL LINK DELLA VIDEO INTERVISTA DI SAVERIO TOMMASI AD ELENA
http://youmedia.fanpage.it/video/aa/Vdz9lOSwc0yAHP_I
I film LGBT del prossimo autunno
L’autunno porterà al cinema una bella scelta di film a tematica LGBT. Andiamo con ordine: il 1° ottobre arriva finalmente uno dei film italiani più attesi: Io e lei di Maria Sole Tognazzi. Con un omaggio a Il vizietto del padre Ugo, la regista racconta una storia d’amore fatta di quotidianità e normalità. A impersonare le protagoniste due bellissime attrici del nostro cinema: Sabrina Ferilli e Margherita Buy. Come racconta alla rivista Ciak, la Tognazzi vuole colmare un vuoto importante nel cinema italiano, dove i pochi ruoli di ragazze omosessuali sono di solito giovani e marginali rispetto alla storia centrale del film. E dichiara anche che non si tratta solo di un impegno cinematografico, ma anche politico, nella speranza che si facciano dei passi in avanti nel nostro paese per quanto riguarda i diritti.
Sempre a ottobre, da Hollywood arriva un film sui diritti delle persone LGBT: Freeheld. Tratto dall’omonimo documentario del 2007 di Cynthia Wade, Freeheld racconta la vera battaglia per i diritti combattuta dalla coppia lesbica formata da Laurel Hester e Stacie Andree. Protagoniste saranno Julianne Moore, che abbiamo già apprezzato nel ruolo di lesbica in I ragazzi stanno bene (2010), ed Ellen Page (famosa per il film Juno del 2007), che tra l’altro ha dichiarato pubblicamente la propria omosessualità nel 2014.
Per Carol, la cui uscita era prevista nel 2015, dovremo aspettare gennaio 2016. Tratto dal cult The Price of salt (noto anche col titolo Carol), il film racconta l’appassionante storia d’amore tra una donna matura, interpretata da Cate Blanchett, e una giovane commessa, la bella Rooney Mara. Quest’ultima ha vinto il premio per la migliore interpretazione femminile (ex aequo con Emmanuelle Bercot di Mon Roi) allo scorso festival di Cannes, dove il film era in concorso.
Se invece decidete di rimanere a casa, potrete godervi dal vostro divano i tredici episodi di Grace and Frankie, la serie tv sulla singolare amicizia tra due donne (Jane Fonda e Lily Tomlin_in foto) che scoprono che i rispettivi mariti sono gay e si amano. La prima stagione sarà in onda su Netflix da ottobre
fonte: di Elisa Grimaldi http://www.pianetagay.com/i-film-lgbt-del-prossimo-autunno/
Sempre a ottobre, da Hollywood arriva un film sui diritti delle persone LGBT: Freeheld. Tratto dall’omonimo documentario del 2007 di Cynthia Wade, Freeheld racconta la vera battaglia per i diritti combattuta dalla coppia lesbica formata da Laurel Hester e Stacie Andree. Protagoniste saranno Julianne Moore, che abbiamo già apprezzato nel ruolo di lesbica in I ragazzi stanno bene (2010), ed Ellen Page (famosa per il film Juno del 2007), che tra l’altro ha dichiarato pubblicamente la propria omosessualità nel 2014.
Per Carol, la cui uscita era prevista nel 2015, dovremo aspettare gennaio 2016. Tratto dal cult The Price of salt (noto anche col titolo Carol), il film racconta l’appassionante storia d’amore tra una donna matura, interpretata da Cate Blanchett, e una giovane commessa, la bella Rooney Mara. Quest’ultima ha vinto il premio per la migliore interpretazione femminile (ex aequo con Emmanuelle Bercot di Mon Roi) allo scorso festival di Cannes, dove il film era in concorso.
Se invece decidete di rimanere a casa, potrete godervi dal vostro divano i tredici episodi di Grace and Frankie, la serie tv sulla singolare amicizia tra due donne (Jane Fonda e Lily Tomlin_in foto) che scoprono che i rispettivi mariti sono gay e si amano. La prima stagione sarà in onda su Netflix da ottobre
fonte: di Elisa Grimaldi http://www.pianetagay.com/i-film-lgbt-del-prossimo-autunno/
Lgbt: Estetica a sesso unico_dalla moda alla cultura la tendenza è genderless
Lui come lei, lei come lui: un segno dei tempi o un sogno che si realizza nella fusione di una sola irripetibile cultura?
Che gli steccati estetiti tra maschio e femmina stiano progressivamente sfumando, diciamolo: mica è una novità. Non staremo qui a esibirci in noiosi saggetti di storia della moda per rimembrare trascorse vanità maschili che hanno oltrepassato la decenza del termine “leziosità”, parola comunque dotata di assai elastici significati. Dal mito degli ermafroditi di cui parla Platone nel Simposio alle mise sfarzose di Luigi XVI, per approdare alla mistica del dandy à la Oscar Wilde e/o Charles Baudelaire fino ad arrivare alla “rivoluzione dei pavoni” (la “Peacock Revolution” londinese dei 60), al glam rock dei 70, alla cura maniacale del corpo degli 80, al makeup da uomo nei 90, alla banalità del “normcore” con felpe, tute, sneakers, cappellini e zaini indossati trasversalmente (e trasversalmente poco donanti) negli anni 00, abbiamo capito che le porte del guardaroba - anche nella coppia più etero del mondo - sono girevoli come quelle di un hotel e permettono di girovagare tra il suo (di lui) e il suo (di lei).
AGENDER SPECIALE
«I sessi sono diversi; eppure si confondono. Non c’è essere umano che oscilli così da un sesso all’altro, e spesso non sono che gli abiti a serbare l’apparenza virile o femminile, mentre il sesso profondo è l’opposto di quello superficiale».
(Virginia Woolf, Orlando)
Domanda: perché proprio oggi #genderless o #agender è l’hashtag che più ingolosisce i fashionisti con indosso bluse da segretaria stile Mad Men e le fashioniste con in- dosso giubbotti da motociclista e jeans stracciati? Che cosa succede? Si è diffuso un Alzheimer estetico oppu- re adesso è il momento storico ideale per imporre un modo di essere che vada al di là sia di una presunta “vi- rilità”, sia quello di una presunta “femminilità”?
Insom- ma: se Cara Delevingne solca il red carpet in completo da uomo e la coppia Brangelina - Brad Pitt e Angelina Jolie - si fanno paparazzare ai BAFTA Awards con uno smoking identico, il department store londinese Selfridge’s inaugura un intero piano di abbigliamento denominato #Agen- der, sulle passerelle ci sono modelli che stanno ridefinendo un concetto di bellezza disconnesso dagli organi intimi (come l’au- stralian* Andrej Pejic, che sfila indifferemente per le sfilate uomo e donna, mentre la lesbo-top Rain Dove definisce il suo lavoro «una forma di attivismo»), significa che questa non è una tenden- za passeggera.
Ma una maniera di stare al mondo e di apparire agli altri che oggi sta profondamente cambiando la società. E, insieme alla società, naturalmente dà un nuovo volto all’economia: ecco la prima, plausibile risposta.
Lo stile asessuale vuole vendere a una generazione di giovani clienti che, dalla Cina alla Cecenia (e pros- simamente, l’Iran?) cercano un abbigliamento che si distacchi dall’abito borghese giacca-e-cravatta o dalla consueta, sia pur sontuosa, crinolina da sera.
Lo stesso thecorner.com, luxury boutique online, da qualche tempo, con lo slogan No Attitude, No Entry, ha creato un’area di vendita denominata, guarda caso, “No Gender”.
NEUTRO, NON NEUTRALE
«Le persone di tutte le età, in tutti i mercati del mondo, stanno definendo la loro identità con una libertà prima sconosciuta. Il risultato è che i consumi non potranno più essere definiti da segmenti demografici come età, genere, residenza, stipendio, status familiare»
(Dal sito Trendwatching.com)
Sicuramente gli alfieri di questo movimento sono due: Alessandro Michele per Gucci, autore di un impressionante “revam- ping” della griffe fiorentina ed Hedi Slimane, che disegna Saint Laurent (senza dimenticare i pionieri Rad Hourani e Stephanie Hahn e il guru makeup artist Aaron de Mey). Per il primo, però, paradossalmente il concetto di “genderless” rimane sullo sfondo. «Promuovo il bello», dichiara. «La bellezza è una e prescinde dai generi. Qualcuno si è sentito quasi provocato, non era mia intenzione.
Il mondo è così, è la lettura estetica di qualcosa che vedo per strada. L’idea che alcune donne vogliano sentirsi libere di indos- sare gli abiti del fidanzato non è una rivoluzione. Come trovo belli degli uomini con qualcosa del guardaroba femminile».
La sua moda usa l’androginia per sottolineare il desiderio di artigianalità e tenerezza.
Hedi Slimane, invece, riconduce il suo stile al concetto di tribù unita dall’amore per certe (sub)culture musicali e/o artistiche che comprendono e superano i ruoli, e restituisce sensibilità a qualcosa che poco ha a che fare con la seduzione fisica. Che questo mandi nel dimenticatoio il concetto di “trasgressione”, beh: sappiate che, in questa fase storica, fare sesso è quanto meno di moda possa esserci.
fonte: articolo di Antonio Mancinelli per http://www.marieclaire.it/Moda/tendenze/genderless-tendenza-moda-inverno-2015#4
Che gli steccati estetiti tra maschio e femmina stiano progressivamente sfumando, diciamolo: mica è una novità. Non staremo qui a esibirci in noiosi saggetti di storia della moda per rimembrare trascorse vanità maschili che hanno oltrepassato la decenza del termine “leziosità”, parola comunque dotata di assai elastici significati. Dal mito degli ermafroditi di cui parla Platone nel Simposio alle mise sfarzose di Luigi XVI, per approdare alla mistica del dandy à la Oscar Wilde e/o Charles Baudelaire fino ad arrivare alla “rivoluzione dei pavoni” (la “Peacock Revolution” londinese dei 60), al glam rock dei 70, alla cura maniacale del corpo degli 80, al makeup da uomo nei 90, alla banalità del “normcore” con felpe, tute, sneakers, cappellini e zaini indossati trasversalmente (e trasversalmente poco donanti) negli anni 00, abbiamo capito che le porte del guardaroba - anche nella coppia più etero del mondo - sono girevoli come quelle di un hotel e permettono di girovagare tra il suo (di lui) e il suo (di lei).
AGENDER SPECIALE
«I sessi sono diversi; eppure si confondono. Non c’è essere umano che oscilli così da un sesso all’altro, e spesso non sono che gli abiti a serbare l’apparenza virile o femminile, mentre il sesso profondo è l’opposto di quello superficiale».
(Virginia Woolf, Orlando)
Domanda: perché proprio oggi #genderless o #agender è l’hashtag che più ingolosisce i fashionisti con indosso bluse da segretaria stile Mad Men e le fashioniste con in- dosso giubbotti da motociclista e jeans stracciati? Che cosa succede? Si è diffuso un Alzheimer estetico oppu- re adesso è il momento storico ideale per imporre un modo di essere che vada al di là sia di una presunta “vi- rilità”, sia quello di una presunta “femminilità”?
Insom- ma: se Cara Delevingne solca il red carpet in completo da uomo e la coppia Brangelina - Brad Pitt e Angelina Jolie - si fanno paparazzare ai BAFTA Awards con uno smoking identico, il department store londinese Selfridge’s inaugura un intero piano di abbigliamento denominato #Agen- der, sulle passerelle ci sono modelli che stanno ridefinendo un concetto di bellezza disconnesso dagli organi intimi (come l’au- stralian* Andrej Pejic, che sfila indifferemente per le sfilate uomo e donna, mentre la lesbo-top Rain Dove definisce il suo lavoro «una forma di attivismo»), significa che questa non è una tenden- za passeggera.
Ma una maniera di stare al mondo e di apparire agli altri che oggi sta profondamente cambiando la società. E, insieme alla società, naturalmente dà un nuovo volto all’economia: ecco la prima, plausibile risposta.
Lo stile asessuale vuole vendere a una generazione di giovani clienti che, dalla Cina alla Cecenia (e pros- simamente, l’Iran?) cercano un abbigliamento che si distacchi dall’abito borghese giacca-e-cravatta o dalla consueta, sia pur sontuosa, crinolina da sera.
Lo stesso thecorner.com, luxury boutique online, da qualche tempo, con lo slogan No Attitude, No Entry, ha creato un’area di vendita denominata, guarda caso, “No Gender”.
NEUTRO, NON NEUTRALE
«Le persone di tutte le età, in tutti i mercati del mondo, stanno definendo la loro identità con una libertà prima sconosciuta. Il risultato è che i consumi non potranno più essere definiti da segmenti demografici come età, genere, residenza, stipendio, status familiare»
(Dal sito Trendwatching.com)
Sicuramente gli alfieri di questo movimento sono due: Alessandro Michele per Gucci, autore di un impressionante “revam- ping” della griffe fiorentina ed Hedi Slimane, che disegna Saint Laurent (senza dimenticare i pionieri Rad Hourani e Stephanie Hahn e il guru makeup artist Aaron de Mey). Per il primo, però, paradossalmente il concetto di “genderless” rimane sullo sfondo. «Promuovo il bello», dichiara. «La bellezza è una e prescinde dai generi. Qualcuno si è sentito quasi provocato, non era mia intenzione.
Il mondo è così, è la lettura estetica di qualcosa che vedo per strada. L’idea che alcune donne vogliano sentirsi libere di indos- sare gli abiti del fidanzato non è una rivoluzione. Come trovo belli degli uomini con qualcosa del guardaroba femminile».
La sua moda usa l’androginia per sottolineare il desiderio di artigianalità e tenerezza.
Hedi Slimane, invece, riconduce il suo stile al concetto di tribù unita dall’amore per certe (sub)culture musicali e/o artistiche che comprendono e superano i ruoli, e restituisce sensibilità a qualcosa che poco ha a che fare con la seduzione fisica. Che questo mandi nel dimenticatoio il concetto di “trasgressione”, beh: sappiate che, in questa fase storica, fare sesso è quanto meno di moda possa esserci.
fonte: articolo di Antonio Mancinelli per http://www.marieclaire.it/Moda/tendenze/genderless-tendenza-moda-inverno-2015#4
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