Io che di solito scelgo con attenzione le mie letture, sono
inciampata per caso in questo romanzo di esordio della scrittrice
israeliana.
È come se un incantatore di serpenti avesse suonato la sua musica. Da
questo libro escono fuori profumi, sentimenti, personaggi, vicende che
si intrecciano in una melodia che mi ha tenuta sospesa fino alla fine.
Mi ha raccontato non una, ma molte storie, in un ‘atmosfera che a tratti
pare quasi surreale.
Sullo sfondo delle vicende degli
ebrei e della costituzione dello stato di Israele, negli anni del
dopoguerra, danzano i nostri personaggi, che si muovono leggeri,
nonostante tutto.
Le loro storie sono di amore, di
odio, di lotta, di incomprensioni familiari, di tradimento, ma io le ho
ascoltate con il sorriso sulle labbra, come se qualcuno mi avesse
incantato, suonandomi le loro vicende con un flauto.
Al centro due amici, diversi tra
loro. Da una parte l’insignificante Markovitch, che caparbiamente ha
deciso di tenere con sé Bella, la donna che ha amato fin dal primo
istante, che le era capitata in “sorte” per un matrimonio fittizio,
nonostante lei abbia deciso di odiarlo per tutta la vita.
Dall’altra il corpulento, estroverso e
affascinante Feinberg, impenitente donnaiolo, che si innamora della
donna con la pelle che profuma di arancia e gli occhi troppo distanti
l’uno dall’altro.
Sono sicura che potrete sentire anche
voi, come me, il profumo delle arance o quello di pesca della pelle del
piccolo Yair, ed il gusto delle fragole che Markovich ha tenacemente ha
voluto coltivare. Sentirete il rumore del vento nei campi ed il suono
delle imprecazioni che Sonia urla verso il mare in attesa del suo
Feinberg.
Lo consiglio a chi ama “farsi raccontare” la realtà con i colori, i sapori e i suoni di una favola.
fonte: Recensione di Benedetta Giannoni www.unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
Questo blog è un aggregatore di notizie, nasce per info e news dall'Italia e dal mondo, per la Danza, Teatro, Cinema, Fashion, Tecnologia, Musica, Fotografia, Libri, Eventi d'Arte, Sport, Diritti civili e molto altro. Ogni articolo riporterà SEMPRE la fonte delle news nel rispetto degli autori e del copyright. Le rubriche "Ritratto d'artista" e "Recensioni" sono scritte e curate da ©Lisa Del Greco Sorrentino, autrice di questo blog
mercoledì 30 ottobre 2019
Cinema: "Non si può morire ballando" di Andrea Castoldi
La parola più abusata per eccellenza del ventunesimo secolo è: crisi.
Un concetto ampio, che si è esteso in qualsiasi campo, dal governo alle
relazioni, sino al campo ideologico.
Una parola che spesso rimbomba anche nei corridoi del cinema italiano, per descrivere in sintesi un momento creativo preoccupante. Ma come se ne esce?
Una risposta prova a darla il regista indipendente Andrea Castoldi, che con il suo ultimo lavoro Non si puo’ morire ballando conferma come le idee, quelle su cui scommettere, sono ancora il miglior antidoto all’apatia artistica. La sua è un’opera coraggiosa, una boccata d’aria fresca che ci fa respirare a pieni polmoni – o almeno con quel che ne resta.
Il film è un turbinio emotivo non indifferente che, nonostante un inizio eccessivamente lento, trasporta lo spettatore in un’analisi sentimentale in cui è difficile non ritrovarsi e, chissà, magari anche riconoscersi. Il merito è da spartire in diversi e uguali parti.
Prima di tutto una sceneggiatura puntuale e profonda, che attraverso dialoghi carichi di significati raggiunge il suo scopo: stimolare i sentimenti del pubblico. E poi un’orchestra di attori, professionisti e non, capaci di interpretare ognuno lo spessore del proprio ruolo in maniera davvero convincente.
Non si può morire ballando è un lavoro di grande qualità anche a livello tecnico nonostante i mezzi sicuramente limitati, che spesso per forza maggiore diventano un limite per il film stesso, ma non è questo il caso. Nel suo piccolo e con le sue possibilità, Andrea Castoldi ci aiuta a respirare un po’, lasciandoci persino con una microscopica speranza per il futuro.
fonte: Fabrizio la Sorsa www.1977magazine.com
Una parola che spesso rimbomba anche nei corridoi del cinema italiano, per descrivere in sintesi un momento creativo preoccupante. Ma come se ne esce?
Una risposta prova a darla il regista indipendente Andrea Castoldi, che con il suo ultimo lavoro Non si puo’ morire ballando conferma come le idee, quelle su cui scommettere, sono ancora il miglior antidoto all’apatia artistica. La sua è un’opera coraggiosa, una boccata d’aria fresca che ci fa respirare a pieni polmoni – o almeno con quel che ne resta.
Il film è un turbinio emotivo non indifferente che, nonostante un inizio eccessivamente lento, trasporta lo spettatore in un’analisi sentimentale in cui è difficile non ritrovarsi e, chissà, magari anche riconoscersi. Il merito è da spartire in diversi e uguali parti.
Prima di tutto una sceneggiatura puntuale e profonda, che attraverso dialoghi carichi di significati raggiunge il suo scopo: stimolare i sentimenti del pubblico. E poi un’orchestra di attori, professionisti e non, capaci di interpretare ognuno lo spessore del proprio ruolo in maniera davvero convincente.
Non si può morire ballando è un lavoro di grande qualità anche a livello tecnico nonostante i mezzi sicuramente limitati, che spesso per forza maggiore diventano un limite per il film stesso, ma non è questo il caso. Nel suo piccolo e con le sue possibilità, Andrea Castoldi ci aiuta a respirare un po’, lasciandoci persino con una microscopica speranza per il futuro.
fonte: Fabrizio la Sorsa www.1977magazine.com
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Andrea Castoldi,
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regista indipendente
Lgbt: "Nati 2 volte" in anteprima nazionale a Torino, in collaborazione con il Lovers Film Festival.
A
Torino l'anteprima nazionale del film "Nati 2 volte" organizzata da
Zenit Distribution in collaborazione con il Lovers Film Festival (Cinema
Massimo, 6 novembre 2019, ore 21:00)
Fabio Troiano interpreta Teresa/Maurizio nella storia di una transizione da Femmina a Maschio e di una sfida ai pregiudizi e alla burocrazia. Appuntamento il 6 novembre alle 21.00 al Cinema Massimo insieme al regista, al cast e a Vladimir Luxuria
Milano, novembre 2019. È possibile raccontare una storia transgender in maniera leggera e profonda, con quelli che si chiamano, per consuetudine, i toni della commedia?
La sfida di Nati 2 volte, al cinema dal prossimo 28 novembre, è tutta qui: il gioco degli equivoci e quello dei pregiudizi, l’eterna scelta tra la grande città e la provincia, il conflitto interiore e quello, inevitabile, legato alle relazioni con le persone che amiamo, la scelta, spesso dolorosa, di diventare finalmente uomini, o donne, o semplicemente adulti.
Diretto da Pierluigi Di Lallo (al suo secondo film) e scritto assieme a Riccardo Graziosi e Francesco Colangelo, Nati 2 volte racconta la storia di Teresa, adolescente che si sente doppiamente rinchiusa: in un corpo che non è il suo e in un paese dove vige il pregiudizio e la mentalità ristretta della provincia.
La pellicola, con il patrocinio dell’Arcigay, verrà proiettata il 6 novembre alle ore 21:00 al Cinema Massimo di Torino in anteprima nazionale in collaborazione con il Lovers Film Festival di Torino, il più importante festival cinematografico dedicato ai film LGBTQI+, da quest’anno diretto da Vladimir Luxuria. Saranno presenti il regista, Luigi Di Lallo, i protagonisti Fabio Troiano, Euridice Axen, l’attrice transgender Vittoria Schisano, la direttrice del Festival Vladimir Luxuria e il direttore del Museo Nazionale del Cinema Domenico De Gaetano.
“Questa importante anteprima – sottolinea Vladimir Luxuria, direttrice del Lovers Film Festival – inaugura una serie di appuntamenti che il Lovers Film Festival farà nei prossimi mesi sul territorio cittadino, grazie alla disponibilità e alla collaborazione di numerosi enti e associazioni. I temi trattati vanno dal cinema, alla letteratura e allo spettacolo, e intendono mantenere alta l’attenzione sul festival e sulle tematiche che rappresenta”.
Ispirato a una storia vera, Nati 2 volte non vuole essere un film militante, e non diventa mai un film caricatura. Vi sono ritratte molte propensioni tipicamente italiane: il provincialismo, la burocrazia, la “pruderie”. Il personaggio di Maurizio, nel corso della storia, si muove all’interno di una cittadina dove lo ricordano ancora per quella persona (Teresa) che oggi non esiste più.
Le vicende prendono avvio nel 1989 quando Teresa, assieme a suo padre e sua madre (interpretati da Francesco Pannofino e Daniela Giordano) per sfuggire alla “vergogna” lasciano Foligno per Milano, una città dove nessuno li conosce e nessuno soprattutto, li giudica. Qui Teresa intraprenderà quel lungo percorso che la porterà alla transizione di genere “F to M” e a diventare Maurizio. Dopo venticinque anni, Maurizio/Teresa (interpretato da Fabio Troiano) è costretto a tornare nel suo paese natale, a causa della morte della madre Angela. E qui si scontrerà per l’ennesima volta con un passato decisamente ingombrante.
Girato interamente a Foligno, Nati 2 volte, è prodotto da Time, Oberon Media e Green Film, e sarà nelle sale dal 28 Novembre grazie a Zenit Distribution, società indipendente di distribuzione cinematografica di Mauro Venditti.
fonte: VERONICA GERACI www.museocinema.it
martedì 29 ottobre 2019
Libri: Lucia Bosè, una biografia Diva e icona si racconta, rifarei anche gli stessi sbagli.
ROBERTO LIBERATORI, "LUCIA BOSÈ UNA BIOGRAFIA "
Se potesse scegliere chi essere in una prossima vita, vorrebbe essere sempre se stessa e si dice pronta a ricominciare tutto daccapo. Successo, amori, gioie, lutti e sofferenze. È Lucia Bosè, diva e icona dell’Italia e del cinema del dopoguerra, fidanzata bellissima di un bellissimo Walter Chiari, poi moglie di uno dei toreri più famosi di tutti i tempi, Dominguìn, donna che ha fatto sognare e poi anche infuriare la Spagna franchista, e tuttora un’artista che, all’età di 89 anni, non ama guardarsi alle spalle: “considero sprecato un giorno in cui non mi innamoro di qualcosa”.
La vita di Lucia Bosè, scorre come in un romanzo, nella biografia scritta da Roberto Liberatori. Sin dalle prime pagine che la mostrano ragazzina quattordicenne, povera e affamata, mentre si aggira tra la folla di Piazzale Loreto davanti ai cadaveri appesi a testa in giù del Duce e della sua amante Claretta Petacci, nel giorno simbolo della fine macabra del fascismo. Nata nel 1931 a Milano da una famiglia operaia, Lucia cresce presto come tutti i bambini della sua epoca, i bombardamenti e la fuga da sfollati. A 16 anni già lavora in una nota pasticceria del capoluogo milanese quando, per una foto scattata e mandata a sua insaputa da un amico coetaneo ad una rivista popolare, le arriva la notizia di essere stata selezionata al concorso per la più bella d’Italia.
Ed è proprio lei, sedicenne ultima arrivata, a vincere a sorpresa il titolo nel 1947, grazie a quel suo “faccino spiritoso” di popolana di grande classe. È la svolta. Lucia, nemmeno maggiorenne, si trasferisce a Roma, entra nel clan di Luchino Visconti, da cui è spesso ospitata nella villa di via Salaria, ed entra dalla porta principale nell’avventura del cinema italiano degli anni cinquanta. Lavora in film di Michelangelo Antonioni (“Cronaca di un amore”, “La signora senza camelie"), di Mario Soldati ("È l’amor che mi rovina”) di Giuseppe de Santis (“Non c’è pace tra giù uilivi”) e di tanti altri. Secondo alcuni, il suo era un viso che ricordava quello di Anna Magnani, ma senza le limitazioni regionali e di ruolo della grande attrice. Secondo Pablo Picasso che diventerà suo grande amico, poteva incarnare varie donne rimanendo sempre credibile, un’operaia indurita dal lavoro, una borghese irrequieta, un’aristocratica destinata a soffrire, una coraggiosa emigrante. Durante tutta la sua lunga carriera professionale farà comodo ai registi che cercano una persona, non solo una presenza di scena. Dopo il lungo fidanzamento con Walter Chiari, Lucia trova il vero e forse unico grande amore della sua vita nel torero spagnolo Dominguìn.
Per lui rinuncerà al cinema e si dedicherà ad essere moglie e madre. Hanno tre figli, un quarto muore neonato. Il primogenito, Miguel Bosè, cantate e attore, diventerà a sua volta famoso quanto i genitori. I primi anni di matrimonio sono per Lucia la felicità assoluta “mi sembrava di aver atteso solo quello…”, confessa. Poi i continui e sempre più pubblici tradimenti di Dominguìn la costringono a chiedere la separazione, con grande scandalo in Spagna, dove a quei tempi, solo l’uomo poteva ripudiare la donna e non viceversa. La corte le dà torto, ma il torero acconsente al divorzio e a darle l’affidamento dei figli.
Lucia dovrà però ricominciare a lavorare come attrice per poterli mantenere e di Dominguìn rimarrà sempre innamorata. Il cinema e la televisione l’accolgono a braccia aperte. Lavora in Italia, in Spagna, in Francia. Ma non si ferma al ruolo di attrice. Scrive poesie, apre un “Museo degli angeli”, le creature celesti a cui si sente legata sin da bambina. Aiuta i figli e poi i nipoti a crescere e ad affermarsi. Curiosamente, proprio Lucia Bosè, che è stata musa di registi del calibro di Antonioni e un simbolo per l’immaginario collettivo italiano e spagnolo, confessa di “aver dimenticato” la sua vita cinematografica. “Non ne so il motivo. Forse – spiega in un passaggio del libro - perché l’hanno scritta e diretta gli altri, gli sceneggiatori e i registi che ho incontrato. La mia vita privata, però, quella la ricordo bene, perché sono stata io a dirigerla”.
fonte: Lucia Balestrieri www.ansa.it
Se potesse scegliere chi essere in una prossima vita, vorrebbe essere sempre se stessa e si dice pronta a ricominciare tutto daccapo. Successo, amori, gioie, lutti e sofferenze. È Lucia Bosè, diva e icona dell’Italia e del cinema del dopoguerra, fidanzata bellissima di un bellissimo Walter Chiari, poi moglie di uno dei toreri più famosi di tutti i tempi, Dominguìn, donna che ha fatto sognare e poi anche infuriare la Spagna franchista, e tuttora un’artista che, all’età di 89 anni, non ama guardarsi alle spalle: “considero sprecato un giorno in cui non mi innamoro di qualcosa”.
La vita di Lucia Bosè, scorre come in un romanzo, nella biografia scritta da Roberto Liberatori. Sin dalle prime pagine che la mostrano ragazzina quattordicenne, povera e affamata, mentre si aggira tra la folla di Piazzale Loreto davanti ai cadaveri appesi a testa in giù del Duce e della sua amante Claretta Petacci, nel giorno simbolo della fine macabra del fascismo. Nata nel 1931 a Milano da una famiglia operaia, Lucia cresce presto come tutti i bambini della sua epoca, i bombardamenti e la fuga da sfollati. A 16 anni già lavora in una nota pasticceria del capoluogo milanese quando, per una foto scattata e mandata a sua insaputa da un amico coetaneo ad una rivista popolare, le arriva la notizia di essere stata selezionata al concorso per la più bella d’Italia.
Ed è proprio lei, sedicenne ultima arrivata, a vincere a sorpresa il titolo nel 1947, grazie a quel suo “faccino spiritoso” di popolana di grande classe. È la svolta. Lucia, nemmeno maggiorenne, si trasferisce a Roma, entra nel clan di Luchino Visconti, da cui è spesso ospitata nella villa di via Salaria, ed entra dalla porta principale nell’avventura del cinema italiano degli anni cinquanta. Lavora in film di Michelangelo Antonioni (“Cronaca di un amore”, “La signora senza camelie"), di Mario Soldati ("È l’amor che mi rovina”) di Giuseppe de Santis (“Non c’è pace tra giù uilivi”) e di tanti altri. Secondo alcuni, il suo era un viso che ricordava quello di Anna Magnani, ma senza le limitazioni regionali e di ruolo della grande attrice. Secondo Pablo Picasso che diventerà suo grande amico, poteva incarnare varie donne rimanendo sempre credibile, un’operaia indurita dal lavoro, una borghese irrequieta, un’aristocratica destinata a soffrire, una coraggiosa emigrante. Durante tutta la sua lunga carriera professionale farà comodo ai registi che cercano una persona, non solo una presenza di scena. Dopo il lungo fidanzamento con Walter Chiari, Lucia trova il vero e forse unico grande amore della sua vita nel torero spagnolo Dominguìn.
Per lui rinuncerà al cinema e si dedicherà ad essere moglie e madre. Hanno tre figli, un quarto muore neonato. Il primogenito, Miguel Bosè, cantate e attore, diventerà a sua volta famoso quanto i genitori. I primi anni di matrimonio sono per Lucia la felicità assoluta “mi sembrava di aver atteso solo quello…”, confessa. Poi i continui e sempre più pubblici tradimenti di Dominguìn la costringono a chiedere la separazione, con grande scandalo in Spagna, dove a quei tempi, solo l’uomo poteva ripudiare la donna e non viceversa. La corte le dà torto, ma il torero acconsente al divorzio e a darle l’affidamento dei figli.
Lucia dovrà però ricominciare a lavorare come attrice per poterli mantenere e di Dominguìn rimarrà sempre innamorata. Il cinema e la televisione l’accolgono a braccia aperte. Lavora in Italia, in Spagna, in Francia. Ma non si ferma al ruolo di attrice. Scrive poesie, apre un “Museo degli angeli”, le creature celesti a cui si sente legata sin da bambina. Aiuta i figli e poi i nipoti a crescere e ad affermarsi. Curiosamente, proprio Lucia Bosè, che è stata musa di registi del calibro di Antonioni e un simbolo per l’immaginario collettivo italiano e spagnolo, confessa di “aver dimenticato” la sua vita cinematografica. “Non ne so il motivo. Forse – spiega in un passaggio del libro - perché l’hanno scritta e diretta gli altri, gli sceneggiatori e i registi che ho incontrato. La mia vita privata, però, quella la ricordo bene, perché sono stata io a dirigerla”.
fonte: Lucia Balestrieri www.ansa.it
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Lgbt. Omotransfobia: arriva il portale per denunciare gli abusi, via alla campagna nazionale
L’Università degli Studi di Brescia, Dipartimento di Giurisprudenza, in collaborazione con Studiomeme lancia il sito dilloagiulia.it per
incoraggiare le persone LGBT vittime di violenza a lasciare la loro
testimonianza sugli abusi subiti e a far sentire la propria voce.
L’iniziativa nasce in seno al progetto UE “Call It Hate” finalizzato a sensibilizzare i Paesi dell’Europa sulle violenze nei confronti della comunità LGBT per incoraggiare la nascita di leggi contro l’omotransfobia.
Oltre al sito internet la campagna prevede ADV, affissioni in 3 città (Brescia, Perugia e Taranto), due spot per il digital, un account Instagram e l’adesione di influencer da tutta Italia.
A partire dal 14 ottobre hanno avuto inizio due campagne di comunicazione con ADV, affissioni, due spot per il digital, un account Instagram, influencer da tutta Italia e il sito web dedicato. Il target è esteso a tutta la nazione
L’obiettivo della campagna #nientedistrano è abbattere i pregiudizi nei confronti della comunità trans, promuovendo la conoscenza dell’identità di genere e superare lo stereotipo del sex worker.
Le due campagne prevedono affissioni in tre città chiave (Brescia, Perugia e Taranto) insieme ai flyer informativi. Parallelamente, la comunicazione si sviluppa intorno al sito dilloagiulia.it, che sarà fruibile dalle ADV o dai flyer grazie al QR Code, oppure direttamente dalla pagina Instagram. Il sito rappresenta il fulcro di tutta la campagna: raccoglierà le testimonianze anonime delle vittime di omotransfobia, per dimostrare che le denunce ufficiali (appena 63 in tutto il 2017) non corrispondono a quelle reali.
fonte: www.spyit.it
L’iniziativa nasce in seno al progetto UE “Call It Hate” finalizzato a sensibilizzare i Paesi dell’Europa sulle violenze nei confronti della comunità LGBT per incoraggiare la nascita di leggi contro l’omotransfobia.
Oltre al sito internet la campagna prevede ADV, affissioni in 3 città (Brescia, Perugia e Taranto), due spot per il digital, un account Instagram e l’adesione di influencer da tutta Italia.
A partire dal 14 ottobre hanno avuto inizio due campagne di comunicazione con ADV, affissioni, due spot per il digital, un account Instagram, influencer da tutta Italia e il sito web dedicato. Il target è esteso a tutta la nazione
L’obiettivo della campagna #nientedistrano è abbattere i pregiudizi nei confronti della comunità trans, promuovendo la conoscenza dell’identità di genere e superare lo stereotipo del sex worker.
Le due campagne prevedono affissioni in tre città chiave (Brescia, Perugia e Taranto) insieme ai flyer informativi. Parallelamente, la comunicazione si sviluppa intorno al sito dilloagiulia.it, che sarà fruibile dalle ADV o dai flyer grazie al QR Code, oppure direttamente dalla pagina Instagram. Il sito rappresenta il fulcro di tutta la campagna: raccoglierà le testimonianze anonime delle vittime di omotransfobia, per dimostrare che le denunce ufficiali (appena 63 in tutto il 2017) non corrispondono a quelle reali.
fonte: www.spyit.it
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Danza: Lo spettacolo "Palermo Palermo" di Pina Bausch diventa un film
A distanza di trent’anni dal debutto dello spettacolo di Pina Bausch(in foto) "Palermo Palermo", torna al Teatro Biondo il lavoro della grande
coreografa tedesca in un docu-film inedito.
Un’inedita versione cinematografica dello spettacolo Palermo Palermo, considerato uno dei capolavori della fertile produzione di Pina Bausch, sarà presentata in esclusiva mondiale il 3 novembre al teatro Biondo.
S’intitola palermoWpalermo - dove la W sta per Wuppertal, città tedesca dove hanno sede la compagnia e la Fondazione Bausch - e s’inserisce in una serie di iniziative che il teatro dedica alla coreografa nel decennale della scomparsa.
Ma la collaborazione fra la città siciliana, con la quale la coreografa aveva un rapporto personale molto forte e creativo, il teatro e la Fondazione Bausch prosegue anche con la realizzazione di uno spettacolo che vedrà insieme giovani artisti del Biondo e del Tanztheater Wuppertal.
Interviste, documenti storici, riprese inedite di back stage e scene tratte dalle varie rappresentazioni.
La mostra fotografica Macerie e tacchi a spillo - E cadde un muro… Palermo Palermo 1989-2019 propone invece le immagini scattate da Piero Tauro, che ha fotografato per anni il lavoro di Pina Bausch. Una ventina di scatti, che raccontano la storica edizione dello spettacolo e la recente riedizione interpretata da giovani danzatori e da alcuni storici membri della compagnia.
Ad affiancare la mostra anche il breve documentario Quello che ci muove - Gli spettatori del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch ricordano, presentato a Torino in occasione dei 40 anni dalla creazione di Café Müller (1978), il pezzo che fece di Pina Bausch l’icona del teatro danza.
Il documentario dà uno spaccato di ciò che rimane vivo dell’opera della coreografa nell'immaginario e nella memoria individuale e collettiva del pubblico italiano ed è l’esito delle interviste condotte dall'antropologa visiva Rossella Schillaci con gli spettatori che hanno assistito alle produzioni del Tanztheater Wuppertal in Italia, tra cui Palermo Palermo.
Il progetto, realizzato in collaborazione con il Goethe-Institut Palermo, si snoderà in diverse tappe che porteranno ad una nuova edizione dello spettacolo: un palermoWpalermo interpretato sia dai danzatori della compagnia di Wuppertal, sia da danzatori siciliani scelti dalla compagnia tedesca. Sarà l’inizio di un percorso artistico che proseguirà nel triennio successivo e riporterà la danza contemporanea alla ribalta.
Pina Bausch crea Palermo Tanztheater Italia 1990 LO RACCONTA CLICCA QUI
E aggiunge. “Palermo ha abbattuto, non solo simbolicamente, i muri che la dividevano dal resto del mondo e ha aperto i suoi porti sul Mediterraneo, tornando ad essere città dell’accoglienza e dei diritti di tutti. Il progetto speciale di una nuova edizione di Palermo Palermo coltiva l’aspirazione di un rilancio del messaggio di rottura delle barriere sociali, economiche e culturali".
fonte: Scritto da Simona Griggio www.teatro.it
Un’inedita versione cinematografica dello spettacolo Palermo Palermo, considerato uno dei capolavori della fertile produzione di Pina Bausch, sarà presentata in esclusiva mondiale il 3 novembre al teatro Biondo.
S’intitola palermoWpalermo - dove la W sta per Wuppertal, città tedesca dove hanno sede la compagnia e la Fondazione Bausch - e s’inserisce in una serie di iniziative che il teatro dedica alla coreografa nel decennale della scomparsa.
Ma la collaborazione fra la città siciliana, con la quale la coreografa aveva un rapporto personale molto forte e creativo, il teatro e la Fondazione Bausch prosegue anche con la realizzazione di uno spettacolo che vedrà insieme giovani artisti del Biondo e del Tanztheater Wuppertal.
Il film in prima mondiale
Il film è tratto dalle riprese effettuate durante alcune esibizioni dello spettacolo, che ha debuttato in anteprima a Wuppertal alla fine del 1989 e pochi giorni dopo, nel 1990, al Teatro Biondo.Interviste, documenti storici, riprese inedite di back stage e scene tratte dalle varie rappresentazioni.
La mostra fotografica Macerie e tacchi a spillo - E cadde un muro… Palermo Palermo 1989-2019 propone invece le immagini scattate da Piero Tauro, che ha fotografato per anni il lavoro di Pina Bausch. Una ventina di scatti, che raccontano la storica edizione dello spettacolo e la recente riedizione interpretata da giovani danzatori e da alcuni storici membri della compagnia.
Ad affiancare la mostra anche il breve documentario Quello che ci muove - Gli spettatori del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch ricordano, presentato a Torino in occasione dei 40 anni dalla creazione di Café Müller (1978), il pezzo che fece di Pina Bausch l’icona del teatro danza.
Il documentario dà uno spaccato di ciò che rimane vivo dell’opera della coreografa nell'immaginario e nella memoria individuale e collettiva del pubblico italiano ed è l’esito delle interviste condotte dall'antropologa visiva Rossella Schillaci con gli spettatori che hanno assistito alle produzioni del Tanztheater Wuppertal in Italia, tra cui Palermo Palermo.
Gli artisti storici del Wuppertal Tanztheater e il nuovo progetto di spettacolo
Nei giorni successivi alla proiezione, i danzatori storici del Tanztheater Wuppertal Beatrice Libonati e Jan Minarik incontreranno gli allievi attori e gli ex allievi della Scuola dei mestieri dello spettacolo del Teatro Biondo diretta da Emma Dante per un primo confronto e per la selezione di un gruppo di interpreti che a primavera lavorerà al fianco dei danzatori della compagnia di Pina Bausch. Prima a Palermo e poi a Wuppertal, in vista del nuovo spettacolo palermoWpalermo, che debutterà nella stagione 2020-2021.Il progetto, realizzato in collaborazione con il Goethe-Institut Palermo, si snoderà in diverse tappe che porteranno ad una nuova edizione dello spettacolo: un palermoWpalermo interpretato sia dai danzatori della compagnia di Wuppertal, sia da danzatori siciliani scelti dalla compagnia tedesca. Sarà l’inizio di un percorso artistico che proseguirà nel triennio successivo e riporterà la danza contemporanea alla ribalta.
Il muro come metafora: l'abbattimento delle distanze
"Sono passati 30 anni dalla prima mondiale di Palermo Palermo di Pina Bausch, andata in scena pochi giorni dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989 a Wuppertal e poi a Palermo – spiega il sindaco Leoluca Orlando - La primavera di Palermo era alle porte. Il rinascimento della città, segnato dal passaggio cruento delle stragi, passava dalla riqualificazione e rigenerazione urbana, che ha abbattuto i confini che per mezzo secolo hanno diviso la città e i suoi abitanti tra centro storico, periferie e quartieri nuovi della borghesia".Pina Bausch crea Palermo Tanztheater Italia 1990 LO RACCONTA CLICCA QUI
E aggiunge. “Palermo ha abbattuto, non solo simbolicamente, i muri che la dividevano dal resto del mondo e ha aperto i suoi porti sul Mediterraneo, tornando ad essere città dell’accoglienza e dei diritti di tutti. Il progetto speciale di una nuova edizione di Palermo Palermo coltiva l’aspirazione di un rilancio del messaggio di rottura delle barriere sociali, economiche e culturali".
fonte: Scritto da Simona Griggio www.teatro.it
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