600 persone potranno visitare la storica abitazione bolognese di via d'Azeglio. Solo dal 2 al 4 marzo. Ma l'apertura a tutti prevista entro fine anno
La Fondazione Lucio Dalla, intitolata al cantautore scomparso nel marzo 2012, si prepara ad aprire la casa museo dedicata all'artista nella storica abitazione in via d'Azeglio a Bologna, a due passi da piazza Maggiore.
Il 2015 dovrebbe essere l'anno giusto per veder la luce di un progetto che i prossimi 2, 3 e 4 marzo, in occasione del terzo anniversario della morte, aprirà la casa a 600 persone in tre giorni di visite.
Entro la fine del 2015 l'abitazione dovrebbe invece aprire i battenti a tutti raccontando la storia dell'autore di Piazza Grande tra cimeli e fotografie in un museo che si annuncia come nuovo fiore all'occhiello per Bologna: «Mi auguro che entro fine anno si realizzi il progetto di apertura della casa museo di Lucio Dalla», spiega Donatella Grazia, presidente della fondazione: «non è una promessa ma un'ipotesi, stiamo lavorando con la Sovrintendenza e i tempi potrebbero essere un po' più lunghi, ma il nostro desiderio e di riuscire ad aprire entro la fine dell'anno».
L'ingresso alla tre giorni di marzo sarà su prenotazione e tra i protagonisti ci saranno anche tanti colleghi e amici dall'artista, da Gianni Morandi a Gigi D'Alessio. In attesa dell'apertura ufficiale i progetti della fondazione, creata dagli eredi del cantante, sono anche quelli di cercare una maggiore collaborazione con le istituzioni per trasfromare la casa museo in uno dei luoghi più visitati della città: «La Fondazione vuole vivere e lavorare insieme al territorio per sottolineare l'amore che Lucio ha sempre avuto per la sua città», conclude Grazia.
fonte: di Matteo Politanò - http://www.mentelocale.it/63373-fondazione-lucio-dalla-arrivo-casa-museo/
Questo blog è un aggregatore di notizie, nasce per info e news dall'Italia e dal mondo, per la Danza, Teatro, Cinema, Fashion, Tecnologia, Musica, Fotografia, Libri, Eventi d'Arte, Sport, Diritti civili e molto altro. Ogni articolo riporterà SEMPRE la fonte delle news nel rispetto degli autori e del copyright. Le rubriche "Ritratto d'artista" e "Recensioni" sono scritte e curate da ©Lisa Del Greco Sorrentino, autrice di questo blog
mercoledì 25 febbraio 2015
Lgbt: Messina, cambiare sesso: una sentenza apre la strada alle rivendicazioni delle persone trans?
Da uomo a donna, la carta d’identità supera le distinzioni di genere.
Il tribunale di Messina, infatti, con la sentenza del giudice Corrado Bonazinga emessa nel novembre del 2014, ha creato un precedente in merito al “diritto ad una diversa identità di genere”, scisso dal sesso biologico.
E se la battaglia legale si è rivelata difficile, la battaglia politica viene rilanciata adesso dall’Arcigay cittadina e nazionale.
Tale realtà, accogliendo la sentenza definita “storica”, incalza la classe dirigente, indicando come le aule di giustizia abbiano già preso atto delle avvenute trasformazioni della società contemporanea.
Fonte http://www.strettoweb.com/2015/02/
Il tribunale di Messina, infatti, con la sentenza del giudice Corrado Bonazinga emessa nel novembre del 2014, ha creato un precedente in merito al “diritto ad una diversa identità di genere”, scisso dal sesso biologico.
E se la battaglia legale si è rivelata difficile, la battaglia politica viene rilanciata adesso dall’Arcigay cittadina e nazionale.
Tale realtà, accogliendo la sentenza definita “storica”, incalza la classe dirigente, indicando come le aule di giustizia abbiano già preso atto delle avvenute trasformazioni della società contemporanea.
Fonte http://www.strettoweb.com/2015/02/
Lgbt Cinema: Le trans di San Berillo si raccontano e narrano una Catania che non c'è più
Il documentario di Maria Arena, Gesù è morto per i peccati degli altri, racconta il quartiere che fino al 2000 è stato uno dei più famosi in fatto di prostituzione.
"Gesù è morto per i peccati degli altri" è un film documentario di Maria Arena, intelligente e non banale, sulla vita quotidiana di alcune transessuali che si prostituiscono nello storico quartiere di San Berillo, a Catania, che dopo gli anni '50 e fino al 2000 è stato uno dei quartieri della prostituzione più popolare del mediterraneo. Nel 2000 il quartiere è stato sgombrato, ma un ristretto gruppo di trans ha continuato a lavorare lì.
Le protagoniste sono Franchina, Meri, Marcella, Alessia, Wonder, Santo e Totino. Si raccontano senza timore di apparire poco di buono agli occhi degli altri, si raccontano con la dignità di chi non si sente in difetto o diverso, ma soltanto se stesso. Prostituirsi è il loro lavoro, e solo una di loro dice che lo cambierebbe subito se potesse, le altre non lo cambierebbero e non lo rinnegano. Un parlamentare arriva con una proposta; un corso di formazione per badanti professioniste. Le nostre accettano di frequentarlo, e otterranno il diploma.
"Io rifarei tutto nella mia vita, perché so che c'è un uomo che mi ama più degli altri: Gesù Cristo", dice una di loro. E su questo il film si concentra, in modo significativo: sul rapporto con la religione cattolica. "Come mai queste sono buttane e poi pregano il signore. non è una contraddizione?", dice Franchina, la più devota (o per lo meno così viene fuori dalla visione del film). "Ci prostituiamo ma allo stesso tempo crediamo nel messaggio del signore [.] Lui dice, io non sono venuto per guarire le contraddizioni, i peccati, non per salvare il mondo. Io sono venuto per salvare il cuore degli uomini". E quindi conclude Franchina, "lui non vuole che cambi la mia vita, il mio modo di vivere. vuole che cambi i rapporti con le persone nell'ambito in cui vivo".
Attraverso le transessuali seguiamo la vita a San Berillo, nelle loro postazioni sull'uscio delle porte di casa, dove ogni giorno montano e smontano dal lavoro come un qualsiasi bancarellista, o negoziante. Usciamo anche fuori dal quartiere, giriamo per Catania, assistiamo ai festeggiamenti di Sant'Agata, la patrona della città.
Assistiamo a delle situazioni comuni come le analisi del sangue, o una lezione di guida su un piazzale vuoto, una passeggiata con i cani sulla riva del mare, e altri eventi, con uno sguardo che si pone sempre a una giusta distanza, non invadente, non distante, e che ci pone in continuo dialogo con le persone che si raccontano e ci vengono raccontate.
Per via di questa giusta distanza, per via di come vengono mostrate, per via anche della loro contagiosa simpatia, abbiamo l'impressione che con poco, con pochi gesti, con poche parole intelligenti, riusciamo a conoscere bene, molto, più del necessario probabilmente, le nostre protagoniste. O come se le conoscessimo già da tempo.
Gesù è morto per i peccati degli altri non è solo un film sui problemi della prostituzione, dove le nostre fanno sentire con forza e lucidità il loro parere, la necessità di una legge che regoli la prostituzioni ad esempio; non è nemmeno un film sulla transessualità, o sulla sessualità in generale; non solo. È anche, e forse la cosa più importante, un film su un mondo che sta scomparendo.
O forse già scomparso. La Sicilia di Goliarda Sapienza, di Vitalino Brancati, un mondo che ci viene dalla letteratura e dal cinema che lo hanno saputo raccontare con forza e profondità; sensuale, violento, a volte incoerente e opposto, ma sempre autentico e vibrante. Popolare. Come le nostre protagoniste. Come questo film documentario. Da vedere.
Gesù è morto per i peccati degli altri è stato proiettato il 23 febbraio 2015, al Cinema King di Catania, alla presenza della regista Maria Arena, la sceneggiatrice Josella Porto e le protagoniste del film.
A QUESTO LINK IL TRAILER DEL FILM:
https://www.youtube.com/watch?v=MYCCMrHqh3A
fonte: di Luca Tortolini - giornaledellospettacolo.globalist.it http://www.globalist.it/
"Gesù è morto per i peccati degli altri" è un film documentario di Maria Arena, intelligente e non banale, sulla vita quotidiana di alcune transessuali che si prostituiscono nello storico quartiere di San Berillo, a Catania, che dopo gli anni '50 e fino al 2000 è stato uno dei quartieri della prostituzione più popolare del mediterraneo. Nel 2000 il quartiere è stato sgombrato, ma un ristretto gruppo di trans ha continuato a lavorare lì.
Le protagoniste sono Franchina, Meri, Marcella, Alessia, Wonder, Santo e Totino. Si raccontano senza timore di apparire poco di buono agli occhi degli altri, si raccontano con la dignità di chi non si sente in difetto o diverso, ma soltanto se stesso. Prostituirsi è il loro lavoro, e solo una di loro dice che lo cambierebbe subito se potesse, le altre non lo cambierebbero e non lo rinnegano. Un parlamentare arriva con una proposta; un corso di formazione per badanti professioniste. Le nostre accettano di frequentarlo, e otterranno il diploma.
"Io rifarei tutto nella mia vita, perché so che c'è un uomo che mi ama più degli altri: Gesù Cristo", dice una di loro. E su questo il film si concentra, in modo significativo: sul rapporto con la religione cattolica. "Come mai queste sono buttane e poi pregano il signore. non è una contraddizione?", dice Franchina, la più devota (o per lo meno così viene fuori dalla visione del film). "Ci prostituiamo ma allo stesso tempo crediamo nel messaggio del signore [.] Lui dice, io non sono venuto per guarire le contraddizioni, i peccati, non per salvare il mondo. Io sono venuto per salvare il cuore degli uomini". E quindi conclude Franchina, "lui non vuole che cambi la mia vita, il mio modo di vivere. vuole che cambi i rapporti con le persone nell'ambito in cui vivo".
Attraverso le transessuali seguiamo la vita a San Berillo, nelle loro postazioni sull'uscio delle porte di casa, dove ogni giorno montano e smontano dal lavoro come un qualsiasi bancarellista, o negoziante. Usciamo anche fuori dal quartiere, giriamo per Catania, assistiamo ai festeggiamenti di Sant'Agata, la patrona della città.
Assistiamo a delle situazioni comuni come le analisi del sangue, o una lezione di guida su un piazzale vuoto, una passeggiata con i cani sulla riva del mare, e altri eventi, con uno sguardo che si pone sempre a una giusta distanza, non invadente, non distante, e che ci pone in continuo dialogo con le persone che si raccontano e ci vengono raccontate.
Per via di questa giusta distanza, per via di come vengono mostrate, per via anche della loro contagiosa simpatia, abbiamo l'impressione che con poco, con pochi gesti, con poche parole intelligenti, riusciamo a conoscere bene, molto, più del necessario probabilmente, le nostre protagoniste. O come se le conoscessimo già da tempo.
Gesù è morto per i peccati degli altri non è solo un film sui problemi della prostituzione, dove le nostre fanno sentire con forza e lucidità il loro parere, la necessità di una legge che regoli la prostituzioni ad esempio; non è nemmeno un film sulla transessualità, o sulla sessualità in generale; non solo. È anche, e forse la cosa più importante, un film su un mondo che sta scomparendo.
O forse già scomparso. La Sicilia di Goliarda Sapienza, di Vitalino Brancati, un mondo che ci viene dalla letteratura e dal cinema che lo hanno saputo raccontare con forza e profondità; sensuale, violento, a volte incoerente e opposto, ma sempre autentico e vibrante. Popolare. Come le nostre protagoniste. Come questo film documentario. Da vedere.
Gesù è morto per i peccati degli altri è stato proiettato il 23 febbraio 2015, al Cinema King di Catania, alla presenza della regista Maria Arena, la sceneggiatrice Josella Porto e le protagoniste del film.
A QUESTO LINK IL TRAILER DEL FILM:
https://www.youtube.com/watch?v=MYCCMrHqh3A
fonte: di Luca Tortolini - giornaledellospettacolo.globalist.it http://www.globalist.it/
Gli Stati Uniti hanno nominato un diplomatico gay per i diritti LGBT
Randy Berry, un console gay dalla lunga carriera, sarà il primo inviato per la difesa mondiale dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender
Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha nominato un diplomatico «apertamente gay» come primo inviato speciale per promuovere nel mondo i diritti LGBT (cioè i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Si tratta di Randy Berry: è nato in Colorado, si è laureato in Kansas, dal 1993 ha intrapreso la carriera diplomatica e dal 2012 è console generale statunitense ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Negli anni precedenti Berry aveva svolto la stessa funzione a Auckland, in Nuova Zelanda, e ancora prima aveva lavorato per la diplomazia americana in Nepal, Bangladesh, Egitto, Uganda e Sudafrica.
La creazione di questo ruolo e l’annuncio che sarebbe stato ricoperto da una persona omosessuale era stato fatto dal Dipartimento di Stato all’inizio di febbraio su proposta del deputato democratico Alan S. Lowenthal della California, e prima ancora dal senatore del Massachusetts Edward Markey. Le associazioni che difendono i diritti LGBT e i diritti umani hanno commentato positivamente la nuova nomina dicendo che si tratta di un «fatto senza precedenti» e di «un impegno storico» da parte del governo degli Stati Uniti.
Nel dare la notizia, il segretario di Stato John Kerry ha detto che Randy Berry è «un leader, un motivatore», che «ha visione» e che in materia di diritti umani «ha la voce della chiarezza e della convinzione». Kerry ha anche parlato del ruolo del Dipartimento di Stato per la difesa e la promozione dei diritti LGBT spiegando che si tratta «di un impegno su scala globale per riaffermare i diritti umani universali di tutte le persone, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere».
In oltre 70 paesi l’omosessualità costituisce ancora un reato, ha ricordato Kerry: «Questa lotta non è ancora vinta, non è il momento di scoraggiarsi».
fonte http://www.ilpost.it/2015/02/24/usa-diplomatico-gay-diritti-lgbt-randy-berry/
Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America ha nominato un diplomatico «apertamente gay» come primo inviato speciale per promuovere nel mondo i diritti LGBT (cioè i diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender). Si tratta di Randy Berry: è nato in Colorado, si è laureato in Kansas, dal 1993 ha intrapreso la carriera diplomatica e dal 2012 è console generale statunitense ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Negli anni precedenti Berry aveva svolto la stessa funzione a Auckland, in Nuova Zelanda, e ancora prima aveva lavorato per la diplomazia americana in Nepal, Bangladesh, Egitto, Uganda e Sudafrica.
La creazione di questo ruolo e l’annuncio che sarebbe stato ricoperto da una persona omosessuale era stato fatto dal Dipartimento di Stato all’inizio di febbraio su proposta del deputato democratico Alan S. Lowenthal della California, e prima ancora dal senatore del Massachusetts Edward Markey. Le associazioni che difendono i diritti LGBT e i diritti umani hanno commentato positivamente la nuova nomina dicendo che si tratta di un «fatto senza precedenti» e di «un impegno storico» da parte del governo degli Stati Uniti.
Nel dare la notizia, il segretario di Stato John Kerry ha detto che Randy Berry è «un leader, un motivatore», che «ha visione» e che in materia di diritti umani «ha la voce della chiarezza e della convinzione». Kerry ha anche parlato del ruolo del Dipartimento di Stato per la difesa e la promozione dei diritti LGBT spiegando che si tratta «di un impegno su scala globale per riaffermare i diritti umani universali di tutte le persone, indipendentemente dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere».
In oltre 70 paesi l’omosessualità costituisce ancora un reato, ha ricordato Kerry: «Questa lotta non è ancora vinta, non è il momento di scoraggiarsi».
fonte http://www.ilpost.it/2015/02/24/usa-diplomatico-gay-diritti-lgbt-randy-berry/
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Lgbt: “Napoli Si-cura”, l’arte e lo spettacolo per una città inclusiva venerdì 27 febbraio
Si svolgerà venerdì 27 febbraio al Largo Berlinguer di Napoli l’evento “Napoli Si-Cura: musica, teatro e spettacolo per una città inclusiva” organizzato da Arcigay Napoli e Città Amica, il progetto della Città di Napoli che si propone di diffondere la cultura del diritto alla sicurezza, creando presidi di progresso, evoluzione ed educazione al rispetto delle differenze attraverso un uso attivo dei luoghi della città.
L’evento, presentato da Lucilla Nele e coordinato artisticamente da Claudio Finelli, nasce infatti dall’assunto che l’inclusione e l’integrazione in realtà metropolitane complesse come quella napoletana devono coincidere con una capacità di vivere in modo più attivo e partecipato gli spazi urbani. In questa chiave, anche l’arte può costituire un alternativa all’abbandono e un deterrente alla criminalità: lì dove c’è un palco illuminato, ci sono luci che rischiarano la notte della città, rendendo la città più bella, più vivibile e più sicura per tutti.
Prenderanno parte alla serata: Gerardo Amarante, Mary Aruta, Roberto Azzurro, la Compagnia Giovane del Nuovo Teatro Sanità coordinata da Carlo Caracciolo, la Compagnia Dansepartout diretta da Luc Bouy, The Fabbrica 2.0, Carmen Ladybird, Miriam Lattanzio, Massimo Masiello, Marzia Mauriello, Claudia Megrè, Anna Merolla, Cinzia Mirabella, Momo e Identità Migranti, Francesca Rondinella, Umberto Sanselmo, Giorgio Sorrentino, VictorZeta, Nicola Vorelli.
“Napoli Si-Cura” si svolgerà venerdì dalle 18.30 al Largo Berlinguer (Metro 1, stazione Toledo). L’evento, patrocinato dal Comune di Napoli, è organizzato nell’ambito del Progetto POSTI- Città Amica attuato dal RTI costituito da I.F.O.A. (mandataria), e da Fleurs International s.r.l., Consul Service Soc. Coop., PMI Consulting Coop.r.l., CORA Onlus Centro Servizi Retravailler (mandanti).
fonte http://www.napoligaypress.it
L’evento, presentato da Lucilla Nele e coordinato artisticamente da Claudio Finelli, nasce infatti dall’assunto che l’inclusione e l’integrazione in realtà metropolitane complesse come quella napoletana devono coincidere con una capacità di vivere in modo più attivo e partecipato gli spazi urbani. In questa chiave, anche l’arte può costituire un alternativa all’abbandono e un deterrente alla criminalità: lì dove c’è un palco illuminato, ci sono luci che rischiarano la notte della città, rendendo la città più bella, più vivibile e più sicura per tutti.
Prenderanno parte alla serata: Gerardo Amarante, Mary Aruta, Roberto Azzurro, la Compagnia Giovane del Nuovo Teatro Sanità coordinata da Carlo Caracciolo, la Compagnia Dansepartout diretta da Luc Bouy, The Fabbrica 2.0, Carmen Ladybird, Miriam Lattanzio, Massimo Masiello, Marzia Mauriello, Claudia Megrè, Anna Merolla, Cinzia Mirabella, Momo e Identità Migranti, Francesca Rondinella, Umberto Sanselmo, Giorgio Sorrentino, VictorZeta, Nicola Vorelli.
“Napoli Si-Cura” si svolgerà venerdì dalle 18.30 al Largo Berlinguer (Metro 1, stazione Toledo). L’evento, patrocinato dal Comune di Napoli, è organizzato nell’ambito del Progetto POSTI- Città Amica attuato dal RTI costituito da I.F.O.A. (mandataria), e da Fleurs International s.r.l., Consul Service Soc. Coop., PMI Consulting Coop.r.l., CORA Onlus Centro Servizi Retravailler (mandanti).
fonte http://www.napoligaypress.it
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martedì 24 febbraio 2015
Lgbt: «Nuove leggi per cambiare sesso. Senza è difficile anche andare in posta»
Pubblichiamo oggi il primo articolo di un’inchiesta sul terzo genere, per raccontare chi sono e cosa chiedono le persone transessuali oggi in Italia. Articolo di Elena Tebano per La 27esimaora.
Il Tribunale di Messina ha concesso a S.D. di cambiare sesso senza intervento chirurgico. La prima puntata dell'inchiesta sul terzo genere
S.D. mostra con orgoglio la sua carta di identità nuova di zecca: sopra c’è un nome femminile e la dicitura «studentessa». Fino al mese scorso, c’era scritto «studente» e un nome da uomo. Questa ragazzina magra di 21 anni (che ha chiesto di rimanere anonima), studentessa universitaria, è una dei circa 50 mila italiani che soffrono di disforia di genere, che cioè non si riconoscono nel loro sesso di nascita. È la prima però che, in nome del «diritto a una diversa identità di genere» sconnessa dal sesso biologico, ha ottenuto da un Tribunale il cambio di sesso legale senza compiere l’operazione di adeguamento chirurgico: è successo a novembre a Messina.
Un mese dopo, dall’altra parte dell’Italia, il Tribunale di Vercelli ha detto no a un’analoga richiesta. Lo stesso aveva fatto in estate quello di Trento, respingendo il ricorso di Monica Notarangelo, ricercatrice 47enne di Scienze forestali. Nel suo caso, però, i giudici hanno chiesto alla Consulta di verificare se «l’imposizione di un determinato trattamento medico, sia esso ormonale ovvero di riattribuzione chirurgica del sesso» non costituisca «una grave e inammissibile limitazione al riconoscimento del diritto all’identità di genere».
La battaglia legale
Il cambio di sesso senza obbligo di «demolizione chirurgica» è al centro delle rivendicazioni del movimento transessuale: «Nella maggior parte dei Paesi Ue è già così, dice la leader del Mit (Movimento identità transessuale) Porpora Marcasciano.
E visto che la legge che lo prevede giace da tempo in Parlamento, abbiamo iniziato a rivolgerci ai giudici, perché ci sembra un diritto fondamentale, che migliorerebbe tanto la nostra qualità della vita». Finora solo tre Tribunali (Roma dal 1997, Rovereto e Siena nel 2013) avevano garantito il cambio di sesso senza operazione, ma solo per motivi di salute. La sentenza di Messina sostiene invece che esiste un «diritto a una diversa identità di genere» e che «non si può prestare attenzione esclusivamente alla componente biologica». Per il giudice siciliano che ha scritto la sentenza infatti «il fenomeno della transessualità nella società contemporanea è profondamente mutato» e «con l’ausilio delle terapie ormonali e della chirurgia estetica, la fissazione della propria identità di genere spesso prescinde temporaneamente o definitivamente dalla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali primari».
La norma del 1982
Una visione molto diversa da quella che associava la transessualità a emarginazione e vita di strada. Oggi è al centro di serie tv di successo (la pluripremiata «Transparent» di Amazon) e Time l’ha definita la nuova frontiera dei diritti civili. «Quando la legge italiana è stata approvata, nel 1982, si dava per scontato che si volesse adeguare il più possibile il proprio corpo a quello desiderato — dice Alexander Schuster, avvocato di Trento che rappresenta numerose persone trans — e così da allora è stata generalmente interpretata in modo da subordinare la rettificazione anagrafica (cioè il cambio di sesso e nome sui documenti) a interventi chirurgici demolitivi o alla sterilità chimica. Ma in realtà la norma non è così specifica».
Di fatto però la procedura standard per il cambio di sesso dura anni e prevede prima una diagnosi psicologica di disforia di genere (spesso dopo una lunga psicoterapia), l’assunzione di ormoni, la richiesta a un Tribunale per autorizzare l’operazione chirurgica e in seguito, a intervento avvenuto, un’altra istanza al giudice per cambiare i documenti.
Sempre più persone, però, mettono in dubbio questo percorso. «Penso che sottoporsi all’operazione sia una scelta personale: riguarda il mio corpo, non può essere condizionata dalla decisione di un giudice», dice Monica Notarangelo, la ricercatrice che si è rivolta al Tribunale di Trento. «C’è chi vede conclusa la propria transizione già quando vive da donna». Monica lo fa dal 2008. «Però ho ancora i documenti maschili e mi crea molti problemi: devo pubblicare i miei articoli scientifici come Giuseppe, altrimenti non hanno valore per i concorsi in università. Ma poi non posso andare ai convegni, perché i miei colleghi non si aspettano di vedere una donna». Le difficoltà sono quotidiane: «Se devo ritirare una raccomandata, alle poste mi chiedono la delega di mio “marito”».
Le nuove identità
Tra coloro che non si riconoscono nella definizione tradizionale di transessuale c’è Tiresia Valentina Coletta, 29 anni, ex seminarista in Vaticano e ora studentessa di psicologia a Roma, che si identifica come «genderfluid», sia maschio che femmina: «Il mio genere è femminile, ma io sono nato maschio, ed è una parte che rimane in me». Per questo ha scelto come nome «Tiresia»: il protagonista del mito classico che vive sia da uomo che da donna. Tiresia Valentina si veste prevalentemente da donna e da un mese ha iniziato a prendere ormoni che le stanno facendo crescere seno e fianchi, ma per ora non intende fare interventi.
Di fronte a una simile costellazione, queste identità possono sembrare aleatorie. Ma per chi soffre di disforia di genere non è così. Ecco come Andrea Lamanna (all’anagrafe ancora Maria), 25 anni, di Monopoli, spiega il disagio che provava prima di sapere che poteva cambiare genere: «È come vivere con un costume addosso ed essere l’unico a sapere che è un costume: il mondo si rivolge a una persona che non sei tu — dice —. È così avvilente e pesante, che alla fine perdi qualsiasi energia, diventa difficile crearsi obiettivi e aspirazioni».
Andrea è un «FtM» abbreviazione che sta per «female to male», «da femmina a maschio». La prima riattribuzione di sesso di questo tipo, in Germania, risale al 1992: sconosciuti un tempo, oggi i ragazzi transessuali sono quasi la metà delle persone transgender. Un altro dei molti nuovi volti che assume questa identità. Andrea dodici mesi fa ha iniziato ad assumere il testosterone, oggi ha la barba e spera quanto prima di farsi la mastectomia: «Ora la mia difficoltà maggiore è non avere i documenti giusti. So che la transizione sarà lunga e tortuosa, però la devo fare. Vedere cambiare il proprio corpo è una rivincita. È come se adesso potessi cominciare davvero a vivere la mia vita».
fonte http:Articolo di Elena Tebano
//27esimaora.corriere.it/articolo/nuove-leggi-per-cambiare-sesso-senza-e-difficile-anche-andare-in-posta/
Il Tribunale di Messina ha concesso a S.D. di cambiare sesso senza intervento chirurgico. La prima puntata dell'inchiesta sul terzo genere
S.D. mostra con orgoglio la sua carta di identità nuova di zecca: sopra c’è un nome femminile e la dicitura «studentessa». Fino al mese scorso, c’era scritto «studente» e un nome da uomo. Questa ragazzina magra di 21 anni (che ha chiesto di rimanere anonima), studentessa universitaria, è una dei circa 50 mila italiani che soffrono di disforia di genere, che cioè non si riconoscono nel loro sesso di nascita. È la prima però che, in nome del «diritto a una diversa identità di genere» sconnessa dal sesso biologico, ha ottenuto da un Tribunale il cambio di sesso legale senza compiere l’operazione di adeguamento chirurgico: è successo a novembre a Messina.
Un mese dopo, dall’altra parte dell’Italia, il Tribunale di Vercelli ha detto no a un’analoga richiesta. Lo stesso aveva fatto in estate quello di Trento, respingendo il ricorso di Monica Notarangelo, ricercatrice 47enne di Scienze forestali. Nel suo caso, però, i giudici hanno chiesto alla Consulta di verificare se «l’imposizione di un determinato trattamento medico, sia esso ormonale ovvero di riattribuzione chirurgica del sesso» non costituisca «una grave e inammissibile limitazione al riconoscimento del diritto all’identità di genere».
La battaglia legale
Il cambio di sesso senza obbligo di «demolizione chirurgica» è al centro delle rivendicazioni del movimento transessuale: «Nella maggior parte dei Paesi Ue è già così, dice la leader del Mit (Movimento identità transessuale) Porpora Marcasciano.
E visto che la legge che lo prevede giace da tempo in Parlamento, abbiamo iniziato a rivolgerci ai giudici, perché ci sembra un diritto fondamentale, che migliorerebbe tanto la nostra qualità della vita». Finora solo tre Tribunali (Roma dal 1997, Rovereto e Siena nel 2013) avevano garantito il cambio di sesso senza operazione, ma solo per motivi di salute. La sentenza di Messina sostiene invece che esiste un «diritto a una diversa identità di genere» e che «non si può prestare attenzione esclusivamente alla componente biologica». Per il giudice siciliano che ha scritto la sentenza infatti «il fenomeno della transessualità nella società contemporanea è profondamente mutato» e «con l’ausilio delle terapie ormonali e della chirurgia estetica, la fissazione della propria identità di genere spesso prescinde temporaneamente o definitivamente dalla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali primari».
La norma del 1982
Una visione molto diversa da quella che associava la transessualità a emarginazione e vita di strada. Oggi è al centro di serie tv di successo (la pluripremiata «Transparent» di Amazon) e Time l’ha definita la nuova frontiera dei diritti civili. «Quando la legge italiana è stata approvata, nel 1982, si dava per scontato che si volesse adeguare il più possibile il proprio corpo a quello desiderato — dice Alexander Schuster, avvocato di Trento che rappresenta numerose persone trans — e così da allora è stata generalmente interpretata in modo da subordinare la rettificazione anagrafica (cioè il cambio di sesso e nome sui documenti) a interventi chirurgici demolitivi o alla sterilità chimica. Ma in realtà la norma non è così specifica».
Di fatto però la procedura standard per il cambio di sesso dura anni e prevede prima una diagnosi psicologica di disforia di genere (spesso dopo una lunga psicoterapia), l’assunzione di ormoni, la richiesta a un Tribunale per autorizzare l’operazione chirurgica e in seguito, a intervento avvenuto, un’altra istanza al giudice per cambiare i documenti.
Sempre più persone, però, mettono in dubbio questo percorso. «Penso che sottoporsi all’operazione sia una scelta personale: riguarda il mio corpo, non può essere condizionata dalla decisione di un giudice», dice Monica Notarangelo, la ricercatrice che si è rivolta al Tribunale di Trento. «C’è chi vede conclusa la propria transizione già quando vive da donna». Monica lo fa dal 2008. «Però ho ancora i documenti maschili e mi crea molti problemi: devo pubblicare i miei articoli scientifici come Giuseppe, altrimenti non hanno valore per i concorsi in università. Ma poi non posso andare ai convegni, perché i miei colleghi non si aspettano di vedere una donna». Le difficoltà sono quotidiane: «Se devo ritirare una raccomandata, alle poste mi chiedono la delega di mio “marito”».
Le nuove identità
Tra coloro che non si riconoscono nella definizione tradizionale di transessuale c’è Tiresia Valentina Coletta, 29 anni, ex seminarista in Vaticano e ora studentessa di psicologia a Roma, che si identifica come «genderfluid», sia maschio che femmina: «Il mio genere è femminile, ma io sono nato maschio, ed è una parte che rimane in me». Per questo ha scelto come nome «Tiresia»: il protagonista del mito classico che vive sia da uomo che da donna. Tiresia Valentina si veste prevalentemente da donna e da un mese ha iniziato a prendere ormoni che le stanno facendo crescere seno e fianchi, ma per ora non intende fare interventi.
Di fronte a una simile costellazione, queste identità possono sembrare aleatorie. Ma per chi soffre di disforia di genere non è così. Ecco come Andrea Lamanna (all’anagrafe ancora Maria), 25 anni, di Monopoli, spiega il disagio che provava prima di sapere che poteva cambiare genere: «È come vivere con un costume addosso ed essere l’unico a sapere che è un costume: il mondo si rivolge a una persona che non sei tu — dice —. È così avvilente e pesante, che alla fine perdi qualsiasi energia, diventa difficile crearsi obiettivi e aspirazioni».
Andrea è un «FtM» abbreviazione che sta per «female to male», «da femmina a maschio». La prima riattribuzione di sesso di questo tipo, in Germania, risale al 1992: sconosciuti un tempo, oggi i ragazzi transessuali sono quasi la metà delle persone transgender. Un altro dei molti nuovi volti che assume questa identità. Andrea dodici mesi fa ha iniziato ad assumere il testosterone, oggi ha la barba e spera quanto prima di farsi la mastectomia: «Ora la mia difficoltà maggiore è non avere i documenti giusti. So che la transizione sarà lunga e tortuosa, però la devo fare. Vedere cambiare il proprio corpo è una rivincita. È come se adesso potessi cominciare davvero a vivere la mia vita».
fonte http:Articolo di Elena Tebano
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