domenica 8 dicembre 2019

Fashion: La mostra di Alexander McQueen a Londra dove le rose profumano per sempre

Dal vestito di fiori freschi del 2007 a quello firmato da Sarah Burton con volumi scultorei: l'ossessione di McQueen per il "giardinaggio" è nella mostra Roses a Old Bond Street.

Gli abiti di Alexander McQueen fanno da sempre parte del reame dell'arte, più che della sola moda, e per questo hanno meritato negli anni più di una mostra. L'esposizione che ha appena aperto le porte nel suo store di Old Bond Street, però, non è una delle tante celebrazioni dell'irriverente stilista britannico morto tragicamente nel 2010.

Ad organizzarla, è proprio la donna che ne ha preso il testimone alla guida del brand omonimo, Sarah Burton, che ha voluto dedicare un intero piano del negozio a esposizioni temporanee che riflettano sull'artigianalità e sul talento assoluto di McQueen.

E la mostra Alexander McQueen Roses, appena inaugurata, racconta senza parole, ma con gli abiti e i tessuti, una delle ossessioni dello stilista, quella rivolta all'elemento naturale. Educati giardini all'inglese o rovi incolti, esplosioni di ortensie e copricapi vistosi, ricamati su vestiti see-through, i fiori hanno sempre fatto parte dell'estetica del creativo inglese, che ne ha rivisitato lo stereotipo, stravolgendolo. La natura è bellissima perché violenta e senza un ordine apparente, prende il sopravvento all'improvviso e si appropria di vestiti interi, caricandoli di peso e significato.

Per questo motivo sono esposte due delle creazioni sinonimo di questa teoria: se da una parte c'è l'abito Red Rose realizzato dalla Burton per la collezione autunno/inverno 2019, dall'altra c'è la poesia con la quale McQueen chiuse la sfilata Sarabande del 2007.

Carico all'epoca di fiori freschi, il look fu salutato da applausi scroscianti, come succedeva in tutte le occasioni nelle quali McQueen dava prova della sua genialità nel giocare con tessuti e consistenze, trasformandole e plasmandole, camminando costantemente in perfetto equilibrio tra violenza e poesia. La genealogia e la tecnica dietro queste creazioni, work in progress e ricerche, sono disposte su un tavolo, "alla mercé" degli studenti, ai quali Sarah Burton si rivolge dall'inizio dell'opening del nuovo store. Per la scorsa collezione, infatti, sui suoi abiti sono finite delle stampe realizzate dagli studenti della Central Saint Martins durante un corso di illustrazione di Julie Verhoeven organizzato proprio nella boutique. 

Apprendere le tecniche elaborate del drappeggio, del ricamo, e svelare i misteri sui quali camminava l'arte e la moda di Alexander McQueen, vuol dire, essenzialmente, tenerla in vita, e passarla alla prossima generazione di creativi. Nella speranza che, tra quella folla, ci sia qualcuno irriverente abbastanza da prendere quei lemmi estetici divenuti dogmi, e rivoluzionarli, ancora. Come sarebbe piaciuto a Lee Alexander.
fonte: Di   www.marieclaire.com

Un gruppo di over 60 LGBT ritrova una famiglia con il co-housing

Un arcobaleno che non invecchia mai.

Sono tantissimi i progetti di invecchiamento attivo che stanno nascendo in tutta la Penisola. Alcuni iniziano ad avere un sostegno pubblico da parte delle Regioni più attente, la maggior parte è ancora frutto dell’iniziativa privata, spesso di associazioni ad hoc.

Tra queste ultime, c’è l’Agapanto LGBT Roma che ha unito le sue energie con quelle di Banca Etica nell’intento di creare la prima residenza di omosessuali, bisessuali e transessuali over 60. Agapanto è un’insolita associazione di persone LGBT+ che hanno superato i sessant’anni, mentre Banca Etica ha al suo interno numerose socie sensibili al tema che si ritrovano nel Gruppo Iniziative Territoriali (GIT) del Lazio.

Tutto è cominciato da una serie di incontri relativi alle problematiche delle persone anziane LGBT+, organizzati dal Circolo “Mario Mieli” di Roma. Finita la serie di incontri – come riporta puntualmente il blog di Agapanto – in parecchi hanno cominciato a frequentarsi con una certa assiduità.

Alle discussioni sul disagio delle persone anziane omo-bi-transessuali, si è aggiunta presto l’esigenza di trovare un modo di formare una comunità che avesse l’obiettivo di creare le condizioni per una vita più serena per queste persone; ulteriormente, stimolando le istituzioni sul tema dell’invecchiamento attivo.

La svolta è avvenuta nel giugno del 2017 quando, grazie a un articolo apparso su Repubblica.it, questa idea di co-housing ha avuto un’eco inaspettata.
Di lì, tantissimi contatti con singoli e associazioni che si occupano delle stesse problematiche, nonché la creazione di una rete nazionale di coordinamento.

All’Università La Sapienza di Roma, dove l’idea ha trovato un luogo di incontro per provare ad articolare un progetto con un processo partecipato, è cominciata la discussione attorno alla ricerca di un alloggio adeguato alle esigenze. L’individuazione di una struttura con simili caratteristiche è stata condivisa con il V Municipio che sta aiutando i soci nella ricerca di un edificio pubblico in comodato d’uso. “Insieme cerchiamo il nostro futuro” è lo slogan con cui nel 2018 è stata lanciata la campagna per realizzare il prima possibile la Casa Etica – Agapanto.

Portare avanti una struttura residenziale LGBT+ aperta al territorio piuttosto che un “arcipelago” di co-housing oppure un residence LGBT+ con abitazioni in affitto e servizi alberghieri o, magari, un condominio con abitazioni di proprietà e spazi condominiali per una vita comune dipenderà sia dalla capacità organizzativa dei promotori che dall’individuazione di altri partner, nonché dal coinvolgimento delle associazioni di co-housing sociale e di quello delle realtà LGBT+ locali e nazionali, ma soprattutto dalla risposta del pubblico anziano LGBT+ a queste proposte.

Questo disegno, nell’intento di tutti gli attivisti, cerca di combattere un disagio. Un disagio che è amplificato nell’anziano omo-bi-transessuale, spesso figlio di un’epoca laddove un’idea di famiglia era per lui preclusa. Perché casa è dove regna l’amore.
fonte:    www.neg.zone

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