Semiotica e moda: il quadrato semiotico del vestire in quarantena. Come
ci siamo vestiti in quarantena e quanto ne saremo influenzati
Durante la quarantena XChannel – la prima società di marketing e
comunicazione crosscanale in Italia – ha condotto un’indagine per
rispondere a questi interrogativi, analizzando attraverso i principi
della semiotica e dell’antropologia il modo di vestire degli Italiani
per lavorare da casa in smart working.
L’indagine netnografica
Semiotica
e moda? Una combo insolita solo all’apparenza, che riesce ad
individuare in maniera semplice ed efficace com’è cambiato (oppure no)
il nostro modo di vestire mentre lavoriamo da remoto. Ma come si può
rappresentare l’universo semantico della moda in quarantena? Attraverso
un questionario netnografico (ovvero, costruito con il metodo
etnografico e diffuso attraverso la rete) XChannel ha chiesto a un
campione di utenti web, composto da uomini (44%) e donne (56%) di un’età
compresa tra i 24 e i 50 anni, di rispondere. Ecco i risultati.
Il cambiamento in atto
La
larghissima maggioranza del campione analizzato ha variato il suo modo
di vestire. Lo ha fatto di modo da poter dichiarare senza dubbio il
mutamento di costumi in atto. Più di 9 utenti su 10 (92%) ha dichiarato
infatti che il proprio modo di vestire per lavoro è cambiato in questi
due mesi di quarantena. Va tenuto conto che questo è stato per la
maggioranza degli Italiani il primissimo approccio con il mondo e il
modo di lavorare in smart working e da remoto.
Vestire in quarantena
Ma
quale (o quali) direttrici ha preso il cambiamento? La prima linea di
tendenza è quella della comodità: vale per il 56% degli intervistati. Al
secondo posto l’informalità: più di un quinto (21%) del campione pensa
di essersi vestito più informale di prima. Al terzo posto c’è il
vestirsi in maniera più sportiva. Ha risposto così il 17% dei
partecipanti. Un dato che si parla con il boom di acquisti registrati
online per tutti i prodotti utili a fare della casa una “nuova
palestra”: tappetini da yoga, pesi, elastici.
Dai meeting alla videoconferenza
Queste
direttrici di comodità, informalità, sportività come si sono
intrecciate con la necessità di condurre meeting con colleghi, manager,
fornitori, clienti? Per la maggioranza di noi l’influenza si è fatta
sentire eccome, anche negli incontri virtuali di lavoro: il 63% degli
utenti si sono infatti vestiti in maniera diversa per le
videoconferenze. Questo è un dato centrale: significa che i cambiamenti
nel nostro modo di vestire in quarantena hanno già influenzato anche il
nostro modo di presentarci agli altri, siano essi colleghi o clienti /
fornitori.
Incontrarsi da remoto
Infatti è
qui che prende forma la conclusione dello studio netnografico di
XChannel. In videoconferenza infatti i comportamenti si polarizzano in
maniera chiara, da un lato. Se una minoranza si presenta ancora in
maniera
formale (13%) quasi il triplo si sente a suo agio se
informale,
stile che certo ben si adatta allo strumento (33%). Emergono altri due
tipi di mettersi davanti allo schermo e a favore di telecamera: il
casual, che pesa quasi come l’informale (32%) e infine lo
sportivo che è più piccolo (7%) ma che ben si parla con il trend casa=palestra della quarantena.
L’interpretazione semiotica
Per
indagare le ragioni e le tendenze che hanno indotto il campione
interrogato a dare queste risposte è stato utilizzato un approccio
semiotico. Perché la semiotica? Perché la semiotica, che deve il suo
nome al termine greco semeion, cioè “segno”, studia le relazioni tra il
segno e la cosa a cui esso rimanda: un punto esclamativo su un cartello
ci dice di prestare attenzione, l’emoji del cuore sta per amore. Con
l’obiettivo di analizzare i risultati ottenuti è stato usato il
quadrato semiotico che, individuata la categoria del
vestire in quarantena,
ha permesso di articolarla in quattro posizioni (attraverso tre diverse
relazioni: contrarietà, implicazione, negazione) che rappresentano
anche, nemmeno a farlo apposta, alcuni dei più comuni “tipi” del
presentarsi in quarantena agli altri, quando cioè entrano in gioco le
regole dello stile, della moda e perché no dell’apparire. Ma vediamo
come!
Il quadrato semiotico della quarantena
Le relazione di opposizione tra i “tipi” rappresentati da
formale e
informale è perfetta per partire. Proviamo a esplorare il campo semantico della relazione contrarietà/presupposizione tra il businessman
IRRIDUCIBILE [formale] e il più flessibile
TECHY [informale]
(due modi di affrontare le videoconferenze da casa agli antipodi quanto
d’immediata comprensione); da questa relazione si può derivare quella
dei subcontrari
ATHLEISURE [sportivo] versus la
SUPER-COMFY [casual]
(che a loro volta hanno un rapporto di implicazione oppure di
contraddizione con i termini che li sovrastano). Il risultato è il
quadrato semiotico di seguito.
Sembra complicato? In realtà non lo è, perché questo apparente
groviglio di relazioni logiche identifica una mappa, una “topografia del
senso”,
quattro modi di attribuire valore ai codici che usiamo nel vestire, per svelarci agli altri per quello che siamo o che vogliamo comunicare di essere.
I
tipi conseguenti sono individui molto ben definiti e immediatamente
identificabili, che abbiamo tutti incontrato – virtualmente, s’intende,
ma non troppo – in questi giorni di lockdown. Li incontreremo anche nel
mondo fisico, ora che il peggio è alle spalle? Il buon senso direbbe di
sì: fenomeni indotti a lungo e in un contesto per molti versi traumatico
non possono che lasciare il segno. Soprattutto se si collocano nella
direttrice di mutamenti ancora più ampi e strategici. Un esempio: il 69%
dichiara di aver introdotto nella propria quotidianità la tuta, ma il
trend degli
sweatpants era in atto già da un paio di stagioni. E
infatti alla domanda se il modo di vestire in quarantena avrà un
impatto diretto e duraturo quasi un quinto degli intervistati ha
risposto di sì.
D’altra parte è ovvio che tutti questi modelli, questi
tipi,
siano in costante mutamento, come lo è ogni segmento del mondo del
fashion. Lungi dall’essere uno strumento rigido, il quadrato è uno
strumento dinamico che permette analisi duttili quanto precise.
Esattamente quello che serve per analizzare al meglio i fenomeni legati
alla comunicazione. E anche alla moda.
“
La quarantena ha
modificato il nostro modo di vestire per lavorare? E, se sì, i mutamenti
introdotti sono qui per restare, almeno in parte? Quali effetti
qualitativi dobbiamo aspettarci come conseguenza del boom quantitativo
delle app per la videoconferenza e del loro utilizzo? Il nostro studio,
che unisce antropologia e semiotica, ma che parte da assunti
quantitativi e dai big data, è partito proprio con l’obiettivo di
rispondere a queste domande” dice Federico Corradini, CEO di XChannel, che aggiunge: “
La
semiotica ha una lunga consuetudine con le ricerche sui trend e sulla
moda, che parte da Barthes e passa attraverso Greimas e poi Floch.
L’approccio netnografico come premessa alla costruzione del quadrato
aggiunge un elemento quanti-qualitativo e profondità all’analisi
condotta con il metodo ibrido, impuro, di XChannel”.
fonte:
www.cinquecolonne.it Scritto da
Redazione CinqueColonne