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sabato 3 ottobre 2020

Ursula von der Leyen taglierà i fondi ai paesi omofobi dell’UE

La Presidente della Commissione Europea nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione punzecchia l’Europa dell’Est. Ursula von der Leyen sarebbe infatti intenzionata a tagliare i fondi ai paesi omofobi. photo:  La presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen  (ansa)

Lo ha confermato soprattutto durante numerose interviste. La Presidente non solo è intenzionata a tagliare i fondi dei paesi omofobi che non rispettano i diritti delle persone della comunità LGBTQ+ ma sarà anche pronta ad intraprendere vie giudiziarie.

La discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale non ha assolutamente posto nell’UE e finché è in mio potere combatterò contro di essa. Taglierò la distribuzione dei fondi e porterò i paesi in questione davanti la Corte Europea.

Queste le sue parole riguardo la questione dei diritti sociali della comunità facendo vacillare alcuni paesi dell’Europa dell’Est come la Polonia e l’Ungheria. A preoccupare sono anche le parole riguardo le adozioni da parte di coppie omosessuali visto che l’Italia è sprovvista di una legge al riguardo.

Sono pronta a combattere per far riconoscere a livello giuridico le famiglie arcobaleno. Le famiglie LGBTQ+ devono essere riconosciute in ogni singolo angolo dell’Unione.

Omofobia nell’ Europa del 2020

Ursula von der Leyen si riferisce sicuramente ad alcuni fatti accaduti in Ungheria e Polonia. Il 2020 non è stato un anno semplice soprattutto per la comunità LGBTQ+ che si è vista privata di diversi diritti. Infatti dal 3 Aprile 2020 in Ungheria le persone transgender non possono modificare il proprio sesso nel registro civile e nell’atto di nascita. 

Questa una delle tante penose leggi del presidente Viktor Orban. Intanto la Polonia, conosciuta per la sua spiccata omofobia e xenofobia, fa nascere delle zone “LGBT Free” nelle quali si assicura non esistono persone della comunità. Un altro episodio altrettanto infelice è quello accaduto in piazza a Varsavia dove sono state arrestate diverse persone durante una protesta per i diritti LGBTQ+. 

Tra gli arresti anche un attivista italiano. Questi atti violenti hanno portato a scontri tra protestanti e le squadre armate della polizia. Intanto in Italia uno studio rivela che la discriminazione delle persone LGBTQ+ in ambito lavorativo è più diffusa di quanto si pensi. Il 2020 ha sicuramente insegnato all’Unione che ci sono ancora molti passi avanti da fare per rendere la nostra Eurozona libera da ogni discriminazione.   fonte:    www.ultimavoce.it

"Ora basta!": a Milano la manifestazione contro l'omobitransfobia con il lancio di Tiziano Ferro e Iacopo Melio

Il 10 ottobre in piazza Scala la mobilitazione di Sentinelli e tante altre associazioni a sostegno della legge Zan che arriva in parlamento: "Abbiamo diritto a una legge che difenda da aggressioni e violenze contro le persone Lgbtqia+ e contro la misoginia"


Tiziano Ferro lancia la manifestazione di Milano contro l'omobitransfobia: "Chi sarà la prossima vittima dell'odio?"     VIDEO > QUI
 
Il senso, quindi, è che "violenza e discriminazione non sono un'opinione", per questo si chiede di approvare una legge "che riconosca che i motivi omolesbotransfobici o misogini sono una aggravante agli omicidi, le aggressioni, le violenze fisiche e psicologiche, gli insulti, le persecuzioni e l'istigazione a commettere discriminazioni e violenze che mettono a rischio la libertà personale, la sicurezza e la dignità delle donne, delle persone LGBTQI+, e di qualsiasi essere umano che possa essere ritenuto parte di tali minoranze" e che "aiuti in modo concreto le persone colpite da questo odio, tutelandole nella loro salute fisica e mentale e proteggendole da ulteriori attacchi introducendo sportelli di ascolto e le case di accoglienza".

Confermate le partecipazioni dell'onorevole Alessandro Zan (Pd), relatore della proposta di legge contro l'omolesbobitransfobia e la misoginia alla camera, della senatrice Alessandra Maiorino (M5s), e della vicepresidente della regione Emilia Romagna Elly Schlein, ma tante sono le adesioni e le partecipazioni che saranno svelate dagli organizzatori con l'approssimarsi dell'evento.
 
#OraBasta! è promossa da I Sentinelli di Milano, Arci, Amnesty International, ActionAid, All Out, Da voce al rispetto!, Energie Sociali Jesurum, Agedo Milano, Poliedro, Acet, Mamme per la pelle, Insieme senza Muri, Casa Comune, Razzismo Brutta Storia, Aned Milano, Famiglie Arcobaleno Milano, Associazione Renzo e Lucio, Movimento antirazzista italiano, Rete Italiana antifascista.

L'appello ricorda che "da oltre 25 anni i movimenti LGBTQI+ chiedono una legge contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale e identità di genere ma il Parlamento ha sempre fatto melina". Per questo "ora basta: con la proposta di legge a prima firma dell'onorevole Zan contro l'omolesbobitransfobia e la misoginia si apre una possibilità, che non possiamo e non vogliamo sprecare.
Anche questa volta il dibattito in parlamento ha già assunto forme grottesche: chi si oppone alla legge vuole far passare per libertà di espressione comportamenti violenti o l'istigazione a comportamenti violenti contro le persone lgbtqi+. Se questi discorsi si faranno strada, l'Italia sarà un paese sempre più omofobo e la violenza fisica e verbale verso le minoranze sarà sempre più sdoganata".

I primi firmatari della mobilitazione - ma sulla pagina Facebook dell'appuntamento le adesioni continuano ad arrivare - con I Sentinelli di Milano sono: 
 
Arci, Amnesty International, Action Aid, All Out, Da voce al rispetto!, Agedo, Poliedro, Renzo e Lucio, Acet, Mamme per la pelle, Insieme senza Muri, Casa Comune, Rete Italiana Antifascista, Razzismo Brutta Storia, Aned, , Famiglie Arcobaleno Associazione Genitori Omosessuali, movimento antirazzista italiano, Energie Sociali Jesurum. E aderiscono, ancora: Arcigay Approdo - Lilia Mulas (Genova), Arcigay Gioconda (Reggio Emilia), Arcigay Milano, Arcigay Orlando Brescia, Asa - Associazione Solidarietà Aids, Associazione cuori inversi, Bergamo Pride, City Angels, Coming-Aut lgbti+ community center, coordinamento comasco "No omofobia", festival diverCity, Gaynet Italia, ll Tempio del futuro perduto, Laici Trentini per i diritti civili, LILA MIlano Onlus, memoria antifascista milano, Osservatorio democratico sulle nuove destre, PD MIlano Metropolitana, Polis Aperta, PRC Lombardia, PRC MIlano, Sinistra Italiana Milano, Teatro Elfo Puccini, Ventimilaleghe viaggi cultura e oltre, Weworld Onlus.
 
fonte:   https://milano.repubblica.it

giovedì 24 settembre 2020

"L'OMOFOBIA NON È UN'OPINIONE, È VIOLENZA": CINQUE PERSONE CONDANNATE A SIENA

Diffamazione aggravata a mezzo social: la presidente di Arcigay - Movimento Pansessuale, Greta Sartarelli, parla di "sentenza storica"

"Oggi sentenza storica a Siena che conferma che l'omofobia non è un'opinione e che insultare le persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender, intersex e asessuali è reato". Questo il commento a caldo della presidente di Arcigay Siena - Movimento Pansessuale, Greta Sartarelli, sulla condanna per diffamazione aggravata a mezzo social di cinque persone, tra cui figurano l’ex segretario cittadino della Lega Francesco Giusti e l’attuale assessore allo sport e all’istruzione Paolo Benini (all'epoca dei fatti non in Giunta) e altri noti attivisti politici della destra cittadina.

"Scandalose le argomentazioni della difesa assunta tra gli altri anche dal sindaco di Siena l'avv. Luigi De Mossi in deroga ad ogni ragione di opportunità politica. Una difesa che ha strenuamente sostenuto che gli insulti omofobi diretti al professor Francesco Simoni a cui va la nostra solidarietà, fossero frutto della goliardia caratteristica dell'ambiente universitario senese. Ancora più grave, è che si sia tentato di minimizzare l'accaduto, negando il movente palesemente omofobico dei commenti,  raccontando tutta un'altra storia. Si è addirittura arrivati a sostenere che gli imputati non fossero al corrente che quel giorno a Siena ci fosse il Toscana Pride e che Francesco Simoni vestito da angelo non fosse diretto alla parata, solo perché lontano da Piazza del Campo e che il suo abbigliamento violasse le regole di decoro urbano e urtasse la sensibilità di un padre di famiglia quale era uno degli accusati poi condannati. 

Adesso, ci aspettiamo che il Parlamento approvi una legge seria contro l'omo-bi-lesbo-transfobia in modo che non ci si debba più affidare solo alla giurisprudenza illuminata per avere giustizia. Siamo orgogliosi di poter affermare che da oggi - anche a Siena - chi odia, paga". "Siamo pienamente soddisfatti della sentenza, finalmente giustizia è stata fatta! Speriamo che questo provvedimento sia di insegnamento per tutti, perché nel 2020 è assurdo sentir parlare ancora di omofobia - ha dichiarato Antonio Panella, l'avvocato della vittima - Per fortuna questa volta le offese hanno colpito il prof. Francesco Simoni che ha avuto la forza di reagire pubblicamente, ma chiediamoci quali sarebbero state le conseguenza se la vittima fosse stata una persona fragile". 

fonte: www.oksiena.it

sabato 8 agosto 2020

Polonia, 10 parlamentari trollano l’omofobo presidente Duda vestendosi di rainbow al suo giuramento

Dieci parlamentari della sinistra polacca hanno deciso di dimostrare la propria solidarietà ai cittadini e alle cittadine omosessuali, bisessuali e transgender, vestendosi con i colori dell’arcobaleno – simbolo dell’orgoglio LGBT+ – e una mascherina a tema Pride nel corso del giuramento del presidente Andrzej Duda che si è tenuto oggi.  Foto: Razem/Twitter

 

«Prenderò parte all’Assemblea Nazionale – ha twittato questa mattina la parlamentare Magda Biejat – Per rispetto degli elettori, dello Stato, della Costituzione. Perché non voglio prendere parte alla costruzione di divisioni insormontabili tra di noi. Ma ciò non significa che starò zitta. È nostro dovere stare dalla parte degli esclusi. Sempre».

L’ultracattolico presidente polacco, riconfermato alla ultime elezioni, porta infatti da anni delle politiche che vanno in senso opposto rispetto al riconoscimento e alla tutela dei diritti delle minoranze sessuali. Negli ultimi anni il clima nei confronti delle persone queer è peggiorato, con numerosi comuni che si sono dichiarati “zone LGBT-free”, violenti attacchi ai manifestanti dei Pride ed episodi di abuso di potere da parte delle forze dell’ordine nei confronti di attivisti LGBT+.

Un clima destinato a peggiorare secondo le promesse fatte da Duda durante l’appena conclusa campagna elettorale, nel corso della quale ha proposto riforme sulla famiglia ispirate a quelle della Russia di Putin. Il segnale dell’opposizione è dunque molto importante, dato che alcuni giorni fa alcuni attivisti polacchi avevano lamentato che i moderati non si esponessero in loro tutela per paura.

fonte:    www.neg.zone

giovedì 16 luglio 2020

"Attraversare i confini", la lettera aperta d'area Lesbicx su identità di genere e ddl Zan

OLTRE 200 LE FIRMATARIE TRA LESBICHE, FEMMINISTE, TRANSFEMMINISTE E SOSTENITRICI

Sulla questione identità di genere e ddl contro l’omo-lesbo-bi-transfobia e la misoginia le donne tornano a prendere la parola, dimostrando ancora una volta come le voci della cultura femminista non siano univoche ma plurali e diversificate. A riprova, inoltre, che, a fronte del posizionamento contrario alla legge da parte di poche eppure ampiamente rilanciate dai media, quello favorevole è più ampio e consistente di quel che si pensi.

La lettera aperta Attraversare i confini, pubblicata oggi su Il Manifesto e firmata da oltre 200 lesbiche, femministe, transfemministe e sostenitrici (la lista delle aderenti è in costante aggiornamento), proviene dalla dinamica area Lesbicx ed è stata redatta da Carla Catena, Paola Guazzo, Elisa Manici e Roberta Padovano.

Eccone il testo integrale:
Desideriamo esprimere e rendere pubblico un posizionamento lesbico  in dissenso con l’unica voce lesbica per ora emersa nel confronto politico e sociale che precede la discussione parlamentare del Ddl Zan sui crimini d’odio verso donne, lesbiche, gay, bisessuali e trans*. Non ci riconosciamo, infatti, nella critica di alcune all’espressione “identità di genere”, nominata nella legge insieme a sesso, genere e orientamento sessuale. Come lesbiche, da sempre attraversiamo i confini dei generi assimilando la rottura degli schemi eterosessuali, che ci impongono di aderire a un ruolo e ad aspettative che il patriarcato prescrive sui nostri corpi. Ognuna lo ha fatto con la sua libera declinazione soggettiva, attraverso un’identità lesbica che non è fissa e immutabile nel tempo e che non ha bisogno di essere difesa né di arroccarsi sulle categorie biologiche per continuare a (r)esistere.

Riteniamo che lo schema che assegna i ruoli sociali in base al sesso anatomico di nascita, o attribuito alla nascita, sia da superare, e che questo sia un cambiamento non rimandabile ancora a lungo sul piano storico. Le nostre esistenze lesbiche  esprimono  il rifiuto degli schemi identitari decisi dal patriarcato fin dai tempi sei-settecenteschi del passing di genere, che permetteva alle donne di vivere una vita più libera travestendosi da uomini. Non si tratta solo di un orientamento sessuale, per noi non è mai stato solo questo: è stato uscire da gabbie di sottomissione, umiliazione e sfruttamento reali, come le schiave fuggitive di cui ha parlato Monique Wittig. Anche la butch fin dagli anni Cinquanta ha rappresentato una “identità di genere”, declinata in modo dirompente: è stata una scelta di libertà attraverso la negazione del ruolo sociale della donna. La nostra identità di genere risiede nella liberazione dei corpi, insieme a chi condivide la nostra rivolta. Perché è dalla nostra rivolta e dalle contaminazioni che essa comporta che ri-partiamo continuamente per definire e costruire insieme l’essere lesbica.

Cancellare l’identità di genere significa negare la base stessa del posizionamento esistenziale e politico di milioni di persone lesbiche, bisessuali, trans*, non binarie, intersex. Non sono la quantità di ormoni o il sesso assegnato alla nascita a creare violenza e discriminazione, è il posizionamento nel mondo, che nasce da un rapporto critico con i generi e soprattutto con i ruoli a essi attribuiti.
Non esiste alcuna “fobia”, l’odio è un problema sociale e va risolto con cambiamenti sociali. Anche questa legge, che appoggiamo, fa parte di questi cambiamenti.  Difenderemo con ogni mezzo il diritto a esprimere le soggettività e le identità di genere nel modo più libero, contro ogni tipo di discriminazione e violenza sia  fisica che sistemica. Il femminismo eterosessista e destrorso non è femminismo, ma un cavallo di Troia del patriarcato.

Lesbiche, femministe, transfemministe, sostenitrici:
Katia Acquafredda, Patrizia Adamo, Diana Agostinello, Ilaria Alloggio, Rossana Aluigi, Maria Laura Annibali, Silvia Antosa, Gabriella Arcadu, Donatella Arione, Francesca Arsale, Angela Azzaro, Mari Cira Battaglia, Alessandra Benato, Anna Benedusi Pagliano, Daniela Bentrovato, Sofia Bergonzani, Stefania Bertolini, Graziella Bertozzo, Alice  Biagi, Elena Biagini, Barbara Bonomi Romagnoli, Giada Bonu, Rachele Borghi, Aurora Bulla, Beatrice Busi, Paola Cabutti, Silvia Calderoni, Grazia Maria Caligaris, Yele Canali Ferrari, Giovanna Capelli, Martina Cappai, Enrica Capussotti, Ylenia Valentina Carbone, Giulia Carta, Antonia Caruso, Silvia Casassa, Francesca Caston, Cecilia Casula, Carla Catena, Francesca Cavarocchi, Tosca Cellini, Lidia Cirillo, Elisa Coco, Cinzia Colaprico, Valentina Coletta, Alda Colombera, Eliana Como, Silvia Conca, Tiziana Coni, Maria Micaela Coppola, Elisa Corridoni, Giulia Costa, Manuela Costa, Lulù Crescimbeni, Mariagiulia Cretella, Eva Croce, Anna Crozzoletto, Agathe H.L. Cruaud, Giulia Dalena, Antonella D’Annibale, Beatrice Da Vela, Pia De  Bellis, Carla Dedola, Silvia De Gasperi, Sara De Giovanni, Maya De Leo, Anna Della Ragione, Valeria De Natale, Nunzia Di Dio, Serenella Di Gioia, Rita Di Pietrangeli, M. Costanza Di Salvia,Valentina Di Stefano, Grazia Di Canio, Stefania Doglioli, Liliana Ellena, Federica Fabbiani, Maria Grazia Fabrizi, Daniela Lourdes Falanga, Maria Falcitelli, Eugenia Fattori, Caterina Fava, Antonia Anna Ferrante, Carmen Ferrara, Elisabetta Ferrari, Maria Filice, Fabiola Fiore, Laura Fontanella, Piera Forlenza, Giusy Fotia, Maddalena Fragnito, Alice Frappampina, Elisa Fraulini, Antonella Furgiale, Claudia Furlanetto, Paola Gabrielli, Debora Galbiati Ventrella, Antonella Garofalo, Vittoria Gatti, Marinella Gaudio,  Flavia Giberti, Maria Ginaldi, Elisa Gobbi, Lilia Giugni, Francesca Gravina, Roberta Grella, Paola Guazzo, Cinzia Guerrieri, Tania Guiducci, Annamaria Ilardo, Maria Laricchia, Gaia Lazzati, Chiara Leoncini, Verdiana Leone, Roberta Li Calzi, Anita Lombardi, Chiara Lora, Antonella Luce, Deborah Luchini, Annarita Lupoli, Monica Maggi, Angela Mancini, Elisa Manici, Daniela Maracich, Maddalena Marchetto, Michela Mariotto, Teresa Masciopinto Alessia Massaro, Simona Massei, Elisa Mastroianni, Lea Melandri, Loretta Meluzzi, Rossana Mennella Esposito, Monica Mercantini, Ricke Merighi, Francesca Merizi, Giulia Merlo, Eleonora Missana, Irene Moretti, Daniela Morgante, Carmen Morgia, Ilaria Nassa, Mary Nicotra, Sara Nissoli, Silvia Nugara, Patrizia Ottone, Roberta  Padovano, Marta Palvarini, Francesca Paoloni, Rosy Paparella, Elisabetta Papini, Irene Pareschi, Diletta Parrino, Michela Pascali, Anna Pascuazzo, Irene Pasini, Silvia Pastore, Sandra Pellizzon, Antonia Peressoni, Vincenza Perilli, Emanuela Perini, Ludovica Pesaresi, Judith Pinnock, Benedetta Pintus, Valentina Pinza, Chiara Pizzuti, Cristina Pizzuto, Polina Poletti, Sara Pollice, Daniela Portonero, Patrizia Poselli, Michela Poser, Rossana Praitano, Anna Pramstrahler, Roberta Proietti, Fiorella Puglia, Antonella Quinci, Savina Ragno, Camilla Ranauro, Alessandra Riberi, Giuliana Righi, Paola Rivetti, Paola Rizzi, Valeria Roberti, Maria Romano, Ilaria Rondinelli, Elena Rosso, Cecilia Ruiz López, Irene Russo, Renata Rustichelli, Chiara Sabatelli, Loretta Sabattini, Deborah Salmaso, Rosanna Santoro, Elisa Liz Schiavoni, Maria A. Siriani, Giulia Siringo, Alessandra Staiano, Luisa Stagi, Antonella Stasi, Federica Tarsi, Monica Tassi, Donatella Tirelli, Ilaria Todde, Daniela Tomasino, Cristina Torazza, Pierina Trivero, Daniela Vassallo, Veronica Vennettilli, Anna Vernarelli, Maura Verra, Giziana Vetrano, Ida Vigliarolo, Rossella Vigneri, Elena Violante, Cinzia Visciano, Lara Vodani, Ottavia Voza, Sonia Zammitti, Fiore Zaniboni,  Marinella Zetti, Lilith Zulli.
fonte:  www.gaynews.it

sabato 24 agosto 2019

Kate, il principino George deriso in tv da Lara Spencer: interviene Roberto Bolle


Il principino George preso in giro perché ama la danza classica: l'intervento (e la rabbia) di Roberto Bolle

In questi giorni su Instagram è scoppiata un’accesa polemica causata dalle dichiarazioni di Lara Spencer, conduttrice di Good Morning America.

Nel corso del programma la giornalista ha svelato alcune notizie sulla Royal Family, raccontando che George, primogenito di Kate e William, adora la danza classica e seguirà alcune lezioni.
In diretta la Spencer ha preso in giro il Principino, deridendolo per la sua passione. Un comportamento che non è piaciuto affatto ai grandi della danza che hanno protestato su Instagram contro l’atteggiamento di Lara.

Fra i primi a reagire Roberto Bolle, che sui social ha pubblicato un lungo commento a margine del video incriminato, che puoi vedere cliccando QUI

Nel post, il ballerino ha definito come “inappropriato” l’atteggiamento della conduttrice, spiegando come sia già difficile per gli uomini inserirsi nel mondo della danza a causa di tanti pregiudizi. George, proprio come nonna Lady Diana, adora ballare, per questo presso la Thomas’s Battersea, l’istituto esclusivo che frequenta, segue dei corsi di danza classica. Nella scuola, dove frequenterà la terza elementare, impara anche il francese e pratica diversi sport, seguendo il metodo montessoriano.

Lara Spencer alla fine è stata costretta a scusarsi, ammettendo di aver fatto un commento fuori luogo. “Mi scuso sinceramente per un commento insensibile che ho fatto ieri nelle notizie pop – ha detto -. Dal balletto a tutto ciò che uno desidera fare ed esplorare nella vita, io dico ‘vai e prova!’. Credo pienamente che dovremmo essere tutti liberi di perseguire le nostre passioni. Vai a scalare la tua montagna e adora ogni minuto”.

George non è l’unico appassionato di danza in famiglia, anche Charlotte, secondogenita dei duchi di Cambridge, ha un grande amore per il balletto. Non a caso qualche tempo fa mamma Kate Middleton organizzò un’uscita top secret con la figlia, intrufolandosi nel pubblico del teatro per seguire uno spettacolo della Royal Academy of Dance.
fonte: https://dilei.it

martedì 13 agosto 2019

Lgbt: Netflix risponde ad un omofobo: “Non sei necessario tra i nostri abbonati”

Netflix contro l’omofobia
Nelle scorse ore Netflix è finita nuovamente sotto i riflettori per la sua risposta nei confronti di un omofobo che aveva commentato un post stizzito un poste dell’azienda su twitter:  “I gay non sono necessari per le vostre serie tv”.

La risposta da parte di Netflix France non si è fatta attendere ed ha risposto a tono come segue:
“E tu non sei necessario tra i nostri abbonati”

 

Il tweet è diventato rapidamente virale ed ha raggiunto in pochissime ore oltre 17.000 retweet.
Ricordiamo che Netflix si è da sempre schierata a favore della comunità LGBT+ grazie anche a numerosi personaggi creati per alcune tra le sue serie più famose come La casa di Carta, Orange is the new black, Tales of the City e molte altre.
fonte: 

lunedì 5 agosto 2019

Lgbt: Il Comune di San Severo ospiterà la coppia gay rifiutata dalla casa vacanze su Airbnb

Dopo le polemiche scoppiate ieri per la risposta data dalla propietaria di una casa vacanze su Airbnb ad una coppia gay modenese, è arrivata la solidarietà del Comune di San Severo, in provincia di Foggia.

La giunta comunale ha così deciso di dare ospitalità alla giovane coppia.  


Gabriele Piazzoni, segretario generale di Arcigay ha dichiarato: «Il gesto della Giunta comunale è importante non solo perché pone rimedio a una situazione grave e spiacevole ma soprattutto perché lancia un messaggio importante. Non si tratta di stigmatizzare semplicemente il singolo atto omofobico, il punto è far riflettere cittadini e cittadine sui temi dell’accoglienza e dell’inclusione, cruciali in questi tempi di ricorrente intolleranza. Quando un Comune, senza tentennamenti, indica la via, la discussione, che è sempre legittima e utile, si pone un approdo e una sintesi».

«Il gesto del Comune, unito a quello dei tanti cittadini di San Severo che in queste ore ci hanno contattato per offrire ospitalità ai ragazzi, smentisce l’odioso commento che abbiamo più volte incontrato sui social network e che fa risalire l’omofobia alla presunta arretratezza di una città o del sud in generale».

Anche Airbnb aveva preso le distanze rilasciano un comunicato stampa: «Abbiamo avviato delle indagini appena saputo dell’accaduto e siamo già in contatto con l’ospite per fornire l’aiuto e il sostegno necessari. Non c’è spazio per le discriminazioni su Airbnb, vanno contro i nostri principi e interveniamo ogni qual volta veniamo al corrente di casi di questo genere, anche rimuovendo un utente dalla nostra community».
fonte:  https://maima.online

mercoledì 25 marzo 2015

Lgbt: “Non chiedere. Non dire” Poliziotti diversamente uniformi di Gabriele Ametrano

Donne che amano donne. Uomini che amano uomini. In divisa è ancora difficile dirsi omosessuali. Molti pensano sia meglio tacere ma qualcuno ha cominciato a raccontare la propria storia...

L’ascensore sale al terzo piano della questura. L’ufficio è vicino alla dirigenza della Squadra Mobile. L’appuntamento lo abbiamo preso qui, nella stanza in cui lavora quotidianamente tra i fascicoli e la burocrazia che tratta. Il calendario della Polizia appeso al muro, alcune carte sulla scrivania, un portapenne, un computer, un telefono. Siamo in uno dei tanti luoghi della questura, l’ufficio di un assistente della Polizia di Stato, una donna che da più di dodici anni è in servizio. La chiameremo Elena perché sebbene non ci siano segreti della sua vita preferisce non essere messa in vetrina. Elena è una donna di 36 anni che lavora con passione, che ha i suoi interessi fuori dal servizio, che si diverte e vive le sue giornate come chiunque.
Elena è anche una donna che ama un’altra donna. Da quasi otto anni convive con la sua compagna, Francesca, operaia di una ditta di calzature nella provincia di Pistoia.
“Non ho nessun problema a parlare della mia storia” dice, “ma certamente non ne faccio un argomento pubblico”.

Nel 2013 l’omosessualità nella Polizia di Stato non è più un tabù: sdoganato, l’oggetto sessualità diversa non fa saltare più nessuno sulla sedia sebbene qualcosa di strano ancora avviene. “Don’t ask don’t tell” era il motto nell’Esercito americano fino a quando essere accettati come omosessuali non è diventata una norma. In Italia, nella Polizia di Stato, sembra vigere questo tacito accordo. “Non chiedere, non dire”.

Essere omosessuali non è facile in un’Amministrazione la cui identità - sebbene sempre più paritaria è comunque ordinata secondo regole e concetti di origine militare e con sensibilità che richiamano la mascolinità e, a volte, il machismo. “I tempi sono sicuramente cambiati in questi anni: oggi non c’è più lo sguardo inquisitore dei colleghi, le risatine in corridoio o quelle voci da cui era difficile difendersi”. Oggi lei è più serena rispetto a quando è entrata dodici anni fa. “Forse sono più matura io ma sicuramente la mia sessualità non è più fonte di parole da bar”.

Negli ultimi mesi l’assistente Elena ha vissuto un periodo di grande preoccupazione. Alla sua compagna era stato diagnosticato un tumore al seno e negli ultimi tempi i dottori hanno provveduto alle cure prima di arrivare all’operazione per l’asportazione del male. Oggi Francesca è fuori pericolo ma il periodo non è stato dei più facili, soprattutto perché la possibilità di essere tutelati e agevolati nelle cure sembrava non esistere.
La chemioterapia rendeva Francesca fragile, spossata, stanca ed Elena voleva starle vicino, come era giusto che fosse. “Ho dovuto utilizzare tutte le mie ferie per starle accanto. Fortunatamente il mio dirigente ha avuto comprensione della situazione e mi ha permesso di starle vicino il più possibile, ma senza il suo consenso sarebbe stato impossibile”. L’ordinamento e regolamento della Polizia di Stato non prende in considerazione casi di coppie non riconosciute dalla legge. Così, come nella società, anche nella Polizia di Stato manca una legislazione che possa mettere sullo stesso piano i diritti di chi si ama, convive e vive la quotidianità e coloro che invece hanno potuto dichiararsi per legge uniti.
“I colleghi mi sono stati vicini: molti chiedevano senza mai essere invadenti, altri hanno offerto il loro aiuto”. Durante il momento di necessità “il gruppo” si stringe e non esistono differenze.

Ma prima com’era? Appena entrata in Polizia?
“Diciamo che non ne parlavo. Preferivo tenere separate la sfera lavorativa e quella privata. Naturalmente continuo a farlo sebbene ci siano, dopo tanti anni di lavoro nella stessa questura, persone che sanno della mia sessualità. Ora non ne faccio un segreto ma sono anche una persona discreta. All’inizio era difficile non incontrare il sorrisino: in alcuni momenti ho dovuto tenere duro per non esplodere. Comprendi subito lo sguardo di chi ti vede diversa, di chi se potesse ti metterebbe alla porta solo perché tu hai un amore dello stesso sesso del tuo.
Oggi quelle stesse persone non mi guardano più nello stessa maniera: il rispetto si guadagna mostrandosi con convinzione del proprio essere e con la serietà sul lavoro”. E siamo sicuri che tutto ciò non è sicuramente facile. Oggi Francesca sta bene: l’intervento è andato bene e con Elena è riuscita anche a fare qualche giorno di vacanza. È una coppia che va avanti come tante altre, che hanno dovuto vivere e combattere il male del secolo ma fortunatamente ce l’hanno fatta. Oggi Elena ce lo racconta col sorriso. Come una donna dopo la tempesta.

Emanuele lo incontriamo a Torre del Lago sebbene avremmo potuto incontrarlo un po’ ovunque nelle sue abituali trasferte fuori sede. Anche Emanuele non vuole rivelare la sua identità.
“Certo un po’ di pubblicità mi ci vorrebbe ma preferisco evitare altri problemi con i miei funzionari”.
Non è un ragazzo, ha già superato la quarantina, ma diciamo che i suoi anni li porta bene. Originario della Campania, è oggi in servizio in una piccola questura dopo essere stato per anni in una città Toscana. Lo potremmo incontrare in uno dei corpi di guardia della città: la divisa ci farebbe capire che è un appartenente della Polizia di Stato non le sue parole però, né tantomeno i suoi atteggiamenti. Qui a Torre del Lago, in una delle tante serate estive del “Mamamia” lo potremmo benissimo confondere con i tanti ragazzi che sono qui per divertirsi. Emanuele ama divertirsi, ama giocare con gli sguardi degli altri ragazzi, capisce quando questi posso essere interessati e parte alla ricerca di un momento di felicità.
Non ha una storia e nemmeno l’ha mai cercata. Ama gli uomini ma nelle sue parole cerca sempre di non ammetterlo chiaramente. Purtroppo, però, basta un poco di simpatia e leggerezza che allunga la sua mano sull’avambraccio. “Mmmm, non sai che idee che ho!” dice senza imbarazzo. Alziamo l’indice e ordiniamo un altro drink. Lui sorride e ricominciamo a parlare.

Come vivi la tua sessualità in Polizia?
“Ora che sono qui non ho problemi: in questura ci sono tanti colleghi omosessuali. Dov’ero prima, invece, ho avuto diverse questioni con la dirigenza”. Non diciamo dov’era perché le “questioni” di cui parla Emanuele sono di natura disciplinare e ci sono dei processi in corso. “Mi avevano preso di mira, soprattutto un dirigente, e sono riusciti a farmi trasferire”.
I processi diranno cosa è accaduto realmente, noi in questo articolo riportiamo solo ciò che al tavolo è stato accennato. “Non accettavano il mio modo di fare, le mie amicizie fuori dal servizio, i locali che frequentavo. Non sono mai andato contro i regolamenti della Polizia ma certamente esistono delle regole che non sono più al passo coi tempi. Se pensiamo che per ordinamento dovremmo darci tutti del Lei fa capire come qualcosa dovrebbe essere rivisto”.
Nell’altra città si sentiva oppresso, deriso, a volte insultato. “Alcuni colleghi non mi salutavano neanche, altri mi evitavano. Naturalmente alcuni mi offendevano ma ho sempre cercato di non farmene un problema”.

Ma secondo te perché? Magari i tuoi atteggiamenti erano troppo invadenti?
“Io sono una persona che ama il contatto fisico, anche se stiamo parlando di astronomia. Probabilmente ad alcuni colleghi non piace questo modo di fare ma sempre meglio di alcune cafonate che nelle Squadre dei Reparti avvengono”. Emanuele è laureato in Giurisprudenza, potrebbe essere uno dei tanti funzionari che oggi dirigono gli uffici di Polizia ma dopo aver provato una volta il concorso ha desistito ed è invece riuscito ad entrare nel ruolo Agenti ed Assistenti vincendo il concorso. Non è una persona impreparata. Ha un linguaggio forbito, si veste con eleganza. Ha solo dei modi più gentili degli altri e una soglia di imbarazzo molto bassa.

Oggi invece come vivi il tuo lavoro?
“Io amo il mio lavoro e sebbene non sia un poliziotto operativo, svolgo con perizia il mio servizio. Faccio corpi di guardia, alcune volte sono impegnato in pratiche d’ufficio e spesso sono in servizio fuori sede quando sono previste aggregazioni. Mi piace girare l’Italia e la Polizia ti permette questa possibilità. Qui mi trovo bene, mi sento a mio agio sebbene la città sia piccola. Durante il lavoro non parlo mai della mia vita privata ma con alcuni colleghi i segreti esistono. A volte, senza neanche darci appuntamento, ci ritroviamo negli stessi locali e così capisci che anche l’agente della porta affianco si diverte come te. Durante il servizio taci ma poi ridi al solo pensiero che stai custodendo una verità che nell’ambiente lavorativo dev’essere tenuta sotto chiave”.

Così i colleghi diventano amici?
“No, anzi. Alcuni ti evitano appositamente. L’apparenza in Polizia è tutto: solo uno come me se ne disinteressa, naturalmente sempre nelle regole imposte. Vedere che scambiano qualche parola con me diventa pericoloso per la loro immagine.
Ci sono tante persone interessanti in Polizia ma il collega medio deve mantenere uno status ben preciso: deve essere il miglior amante della terra, avere tante donne, sapere tutto di calcio e motori e, soprattutto, conoscere perfettamente i luoghi dove si mangia di più e a meno costo. Finiti questi argomenti sei considerato un marziano. Quindi più ti omologhi a queste argomentazioni più diventi invisibile e hai possibilità di vivere il lavoro con serenità e farti la tua vita in grande privacy. Figurati se non nascondi la voglia di divertirti come faccio io”.

Divertirti con altri uomini?
“No, divertirti in generale. Prendiamo un altro bicchiere?”
Emanuele lo lasciamo al “Mamamia”: la serata sta per cominciare e noi non vogliamo distogliere la sua attenzione da un bel ragazzo fermo al bancone. Naturalmente lo conoscerà, ci ballerà ma la notte è ancora lunga per sapere quale sarà il suo vero divertimento.

Potremmo incontrare tanti altri appartenenti alla Polizia di Stato che, omosessuali, lavorano al servizio del cittadino e vivono la propria vita nella maniera più serena possibile. Naturalmente il ruolo ricoperto necessita di accortezze negli atteggiamenti e nella deontologia professionale, che va sempre e in ogni momento seguito.
Le problematiche nel vivere la propria sessualità sia dentro che fuori l’Amministrazione pubblica sono quelle che le cronache ci riportano e a cui alcuni politici cercano di dar voce durante il proprio mandato, oggi come nel passato: in Italia manca una legislazione adatta ai tempi, che riconosca i diritti delle coppie omosessuali e ne applichi le regole nella vita civile. Sicuramente superato questo scoglio anche nella Polizia potranno esistere possibilità uguali per tutti.

Nel frattempo, dal 2005, alcuni operatori delle Forze di Polizia e dell’ordine hanno deciso di unirsi in un’associazione chiamata “Polis Aperta”, il cui intento è quello di lottare contro tutte le discriminazioni e in special modo quelle sull’orientamento sessuale.
Parte del European Gay Police Network (Egpa), rete europea di associazioni Lgbt (acronimo di lesbiche, gay, bisessuali e transgender), “Polis Aperta” mantiene vigile la sua attenzione su quelli che potrebbero essere casi di omofobia all’interno del mondo militare e delle Forze di Polizia, collaborando attivamente con l’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro tutti gli atti discriminatori istituito per permettere alle minoranze la possibilità di godere a pieno dei propri diritti di uguaglianza dinanzi alla legge.
Al motto di “diversamente uniformi” questa associazione è attiva sul territorio nazionale con riunioni e viaggi che mettono in luce la possibilità di vedere la Polizia con altri occhi. Ultima azione è stata la partecipazione al Gay Pride 2013 di Palermo, con una delegazione di iscritti che ha portato la propria esperienza alla manifestazione ma anche in momenti di riflessione internazionale come la conferenza biennale dell’Egpa in Montenegro del 2012, nella quale Simonetta Moro, presidente di “Polis Aperta”, è stata chiamata a partecipare come relatrice. Un’associazione attiva, quindi, che cerca di essere al fianco di chi porta la divisa in ogni sua possibile difficoltà ad essere riconosciuto anche per la sua integrità di donna e di uomo. Non è facile essere omosessuali nella Polizia di Stato.

Ciò che ci hanno raccontato Elena ed Emanuele ha sicuramente un taglio netto con la diffidenza e le discriminazioni che un tempo erano connotazione di una società meno pronta culturalmente ad accettare una simile sessualità. Ma ancor oggi devono essere fatti passi importanti per l’uguaglianza civile.
Sicuramente finché la politica non si accorderà in un progetto di legge le coppie omosessuali non potranno vivere con serenità la loro unione, all’interno della Polizia di Stato così come in ogni altro ambito lavorativo. Dovrà essere superato, come lo fu negli Stati Uniti d’America con l’amministrazione Obama nel 2011, anche il famigerato “Don’t ask, don’t tell” che in Italia e nella Polizia sembra una regola di cui è necessaria l’osservazione per poter essere rispettati nel proprio lavoro.
“Gli omosessuali non vogliono il silenzio” era uno slogan che circolava in un Pride di alcuni anni fa. Ecco, forse oggi, per comprendere pienamente cosa vuol dire non avere pieni diritti dovremmo imparare a chiedere ma soprattutto ascoltare.
Articolo scritto da Gabriele Ametrano
Fonte: http://www.poliziaedemocrazia.it/live/index.php?domain=ricerca&action=articolo&idArticolo=3137

lunedì 23 marzo 2015

Lgbt Genova: Omofobia: «A teatro non c'è spazio per i pregiudizi» L'intervista a Fiona Dovo

In foto un momento dello spettacolo Urlo libero (2007) © www.teatrodelleformiche.it

L'intervista a Fiona Dovo. Che presenta alla Claque lo spettacolo Per colpa di Nevio.
Il 26 marzo con la presentazione del libro Resto umano, di Lacatena. Con Laura Guglielmi
La rassegna teatrale Occhiali d’Oro, a tematica omosessuale, è stata ideata e organizzata dal comitato territoriale Arcigay Genova Approdo - Ostilia Mulas, in collaborazione con il Teatro della Tosse. Iniziata il 29 gennaio alla Claque, offre spettacoli e presentazione di libri. Terminerà lunedì 13 aprile.

Giovedì 26 marzo si terrà il terzo appuntamento. La serata avrà inizio alle 19 con un aperitivo al bar della Claque. Alle 20, la direttora di mentelocale.it Laura Guglielmi presenterà il libro Resto umano di Anna Paola Lacatena (Ed. Chinaski). Alle 21.15, infine, andrà in scena lo spettacolo Per colpa di Nevio, a cura della Compagnia Teatro delle Formiche, scritto, diretto e interpretato dall'autrice e attrice Fiona Dovo.

Fiona ha studiato presso la Scuola d’Arte drammatica Paolo Grassi di Milano, e ha acquisito notevole formazione ed esperienza. Si occupa con passione anche di teatro per ragazzi, e lavora come cabarettista. Nel 2011, per esempio, la ricordiamo in Colorado Cafè.

Nel 2005, dal suo desiderio di portare a Genova la propria esperienza, è nata la compagnia e associazione culturale Teatro delle Formiche, il cui elemento fondamentale è l’uso della drammaturgia contemporanea.

Parlare di Per colpa di Nevio, diventa occasione di approfondimento insieme a Fiona Dovo. Che ruolo ricopre il teatro nel trattare tematiche LGBT? Ed è vero che, nel suo ambito, l’omofobia sia sconosciuta?
«Sì, è decisamente sconosciuta. Il lungo e continuo lavoro sull'interiorità, sviluppa la sensibilità di ognuno. Sul palco si indossano esperienze e sensazioni di un personaggio, accompagnando il pubblico nell’intimità delle proprie. Questo implica apertura verso se stessi e gli altri. Non c'è spazio, quindi, per esclusioni e pregiudizi».

Fiona usa l'ironia per stimolare riflessioni in profondità: «La sensazione più bella è quando, dopo i miei spettacoli, tante persone mi confidano di avere sia riso che pianto. Vuol dire che, insieme a me, hanno attraversato interamente i loro sentimenti, scoprendone e vivendone gli opposti, senza remore. Ogni volta che si rapisce il cuore altrui attraverso l'emozione, filtrano anche i concetti che fanno paura. Magari più efficacemente di tante parole e spiegazioni, che, spesso, si infrangono su compatti muri difensivi».

Per colpa di Nevio prende spunto da un monologo autobiografico dell'autrice e attrice inglese Claire Dowie, che racconta con coraggio la propria storia. Fiona Dovo, invece, mette in scena una protagonista inventata, Lorenza, ma la colloca in situazioni verosimili. Anche gli altri personaggi risultano plausibili, e i luoghi familiari. Spazi ed espressioni sono talmente vivi e reali che il pubblico pensa sia la vita stessa della nostra attrice.

Un po' di trama, quindi. Lorenza è una trentenne lesbica che vive nella società odierna, fra il lavoro in un supermercato e la sua vita da single. Un giorno la sua esistenza viene sconvolta da una novità: incontra il primo amore, una donna che, nel frattempo è diventata sia mamma che la perfetta mogliettina di un certo Nevio, appunto. L'inevitabile scombussolamento interiore porterà Lorenza a vivere una notte di sesso, un po' imbarazzato per entrambi, con un amico gay. Dopo questa esperienza la donna resterà, a sua volta, incinta.

Il significato dello spettacolo è che la nostra interiorità non è etichettabile. Per capire una persona occorre guardare fra le crepe della sua anima. E osservarla nel modo più ampio possibile, nelle sfumature della vita che affronta, che sceglie. Ognuno di noi, sia donne che uomini, in qualsiasi modo ci percepiamo, non siamo un’essenza sola, ma tante e molteplici, senza percorsi precostituiti. Noi tutte e tutti siamo. Ecco ciò che conta.

Fiona tiene molto a precisare che Per colpa di Nevio nel 2009 è stato selezionato dall'organizzazione del Genova Gay Pride, come unico spettacolo teatrale della manifestazione. «Ma tutto si evolve, e il mio Nevio non fa eccezione. Quella odierna è un’altra versione. Per chi lo ha visto allora, sarà bello verificarne i cambiamenti».

La conclusione è che il teatro si riveli, ancora una volta, imprescindibile. «Smentisce gli stereotipi, non annoia mai, sorprende ogni volta. Con il passare degli anni, poi, mi sono innamorata del lavoro con i ragazzi. Con i più giovani tutto questo viene amplificato. La trovo un'esperienza incredibile. Quando stimoliamo le loro risorse, anche noi adulti diventiamo più consapevoli e rivolti verso una nuova libertà interiore, con cui creare un mondo arricchito da multiculturalità e rispetto per ogni differenza».
fonte: di Geraldina Morlino
http://genova.mentelocale.it/63905-genova-omofobia-teatro-non-c-spazio-pregiudizi/

sabato 15 marzo 2014

Lgbt: Omofobia, il tempo dei buoni propositi è scaduto

E' stata licenziata alla Camera lo scorso settembre con un sub-emendamento - proposto dall'on. Gitti e approvato dalla Maggioranza - che introduceva una formulazione di fatto incostituzionale, consentendo a organizzazioni di natura politica, sindacale, culturale, sanitaria, di istruzione, di religione o di culto di continuare a discriminare senza conseguenza alcuna.

Il tutto stravolgendo il senso della Legge Mancino e trasformando il provvedimento in una sterile discussione sulla libertà di opinione anti-gay.

Sto parlando della legge contro l'omofobia: si era partiti dalla piena estensione della Legge Mancino ai reati d'odio contro le persone LGBT e alla fine si è arrivati a introdurre una postilla che rischia di aggravare violenze e discriminazioni ai danni di cittadini sempre più considerati di serie B. Per questo il Senato deve calendarizzarla al più presto e ridiscuterla, con il chiaro impegno del Partito Democratico a stralciare quell'emendamento-vergogna.

Il tempo dei buoni propositi ormai è scaduto e c'è bisogno di fatti concreti, non di compromessi con chi continua a maltrattare l'uguaglianza e la non discriminazione. Matteo Renzi e il suo Governo si sono forse dimenticati dei diritti delle persone LGBT? Voglio augurarmi che il premier non faccia passare questa legislatura mettendo al centro solo riforme costituzionali, dimenticandosi di una fetta importante di cittadini costretti ogni giorno a fare i conti con atteggiamenti degradanti solo per il fatto di essere diversi.

Si sta continuando a rinviare la discussione per trovare un accordo politico dentro le larghe intese: in un'altra Italia diritti fondamentali come quello alla non discriminazione sarebbero già patrimonio del nostro ordinamento, assieme al matrimonio egualitario, al riconoscimento dell'omogenitorialità, al cambiamento dei dati anagrafici per le persone transessuali senza il bisogno di interventi chirurgici. E, invece, siamo condannati all'oblio da una classe politica che, rispetto a questi temi, si gira dall'altra parte da anni.

Vorrei ricordare al Governo e al Parlamento che i diritti non sono un'opinione, ma un baluardo contro aberranti discriminazioni che da troppo tempo, ormai, macchiano la dignità del nostro Paese e ci rendono tra gli ultimi in Europa in tema di diritti civili.
Renzi rappresenta davvero il cambiamento? Allora lui e il suo partito lo dimostrino, cominciando dal mettere sullo stesso piano le discriminazioni verso le minoranze religiose, razziali o per orientamento sessuale e identità di genere.
Compiendo, insomma, un primo passo dovuto per una vera democrazia, senza compromessi.
Alessandro Zan Attivista per i diritti delle persone LGBT, deputato di Sel
fonte http://www.huffingtonpost.it

martedì 17 settembre 2013

Lgbt: Omofobia? E’ in realtà una sorta di “autofobia”

Una serie di indagini psicologiche condotte da Università britanniche e statunitensi confermano che l'omofobia più marcata si riscontra nei soggetti repressi.

Ricercatori delle Università di Rochester e di Essex (Inghilterra) con la collaborazione di studiosi della University of California di Santa Barbara hanno condotto -per la prima volta in assoluto- studi sul ruolo giocato dai genitori e dall'orientamento sessuale nelle forme più aggressive e profonde di intolleranza verso le persone omosessuali.

Secondo gli psicologi i soggetti più orientati all'odio e agli atti violenti contro gay e lesbiche sarebbero spinti da sessualità e personalità represse, ovvero soggetti attratti dal proprio stesso sesso che a causa di genitori autoritari non hanno potuto esprimere il proprio desiderio e reale orientamento.

Una frustrazione che da adulti sfocerebbe nel rifiuto di se stessi e nella conseguente marcata aggressività nei confronti di chi invece esprime liberamente la propria omosessualità. “Gli individui che si identificano come eterosessuali -spiega la coordinatrice del progetto di ricerca dottoressa Neta Weinstein- ma che nei test psicologici dimostrano una forte attrazione per lo stesso sesso, si sentono minacciati da gay e lesbiche perché gli omosessuali ricordano loro tendenze analoghe all'interno di se stessi”.

Gli fa eco il professor Richard Ryan, docente di psicologia presso la University of Rochester: “In moltissimi casi si tratta di persone che sono in guerra con se stesse e che affrontano questo conflitto interno riversandolo verso l'esterno”.

Gli studi sono stati sviluppati in 4 esperimenti separati in Germania e negli Stati Uniti con la collaborazione di un migliaio di studenti universitari: ad essi sono stati proposti questionari da riempire, immagini da valutare e soprattutto test al computer dove, attraverso una serie di messaggi e fotogrammi subliminali, era possibile per gli psicologi valutare il livello implicito ed esplicito di omofobia di ciascun partecipante. Dalla ricerca è emerso il forte legame tra omofobia più marcata e situazioni familiari in cui l'educazione sessuale era fortemente repressiva.

Secondo la Weinstein il nuovo studio avvalora molte teorie psicoanalitiche che ipotizzavano che la paura e l'avversione verso i gay nascessero dai propri desideri repressi, tuttavia non può ritenersi completo poiché i partecipanti erano tutti studenti universitari. La ricercatrice spiega che sarebbe importante riproporlo anche con altre categorie, ad esempio adolescenti non ancora usciti di casa o anziani con una vita ormai stabilizzata.
fonte http://www.articolotre.com

lunedì 15 luglio 2013

Lgbt: Cos'è l'omofobia interiorizzata? Esiste una qualche forma di discriminazione degli omosessuali verso gli altri omosessuali?

Esiste una qualche forma di discriminazione degli omosessuali verso gli altri omosessuali?
È possibile non riconoscere se stessi tanto da non voler riconoscere gli altri?
Cos'è l'omofobia interiorizzata?

A furia di dirtelo, finisce che ci credi. Può capitare. Succede a tutti di interiorizzare: le donne, ad esempio, di credersi “il sesso debole”, il bambino di “essere cattivo”. Di rispondere a richieste sociali più o meno velate e di confermarle, sentirsi sbagliati o dalla parte del torto.

Io parlo da scrittrice, certo, non da psicologa, quello che immagino sia l’omofobia interiorizzata, un po’ più complessa dell’omofobia, lo percepisco da racconti e da quanto posso leggere sui libri, ma la sensazione, credo, sia comune.

Nel depliant sull’argomento distribuito da Arcigay,(http://www.arcigay.it/wp-content/uploads/depliant-Volta.pdf) si legge questa definizione, ricavata dagli atti di un convegno La scala di Giacobbe:
L’omofobia interiorizzata consiste nell’accettazione da parte di gay e lesbiche di tutti i pregiudizi, le etichette negative e gli atteggiamenti discriminatori verso l’omosessualità. Questa interiorizzazione del pregiudizio è per lo più inconsapevole e può portare a vivere con difficoltà il proprio orientamento sessuale, a contrastarlo, a negarlo o addirittura a nutrire sentimenti discriminatori nei confronti degli omosessuali.

Esiste dunque, una forma di discriminazione degli omosessuali verso gli altri rappresentanti della comunità? Un non riconoscere se stessi che diventa non voler riconoscere gli altri?

Mi viene sempre in aiuto la mia esperienza personale di donna e femminista, il giudizio morale sulla condotta di altre donne, il dibattito su quale atteggiamento tenere, la mancanza di modelli femminili di riferimento, l’incapacità di assorbire, accogliere, un modello di libertà totale e non un modello che scambiasse la libertà sessuale per libertà tout court.

Rispettare poi, apertamente, posizioni divergenti dalle nostre, non introiettare pensieri maschilisti e dire “dovrebbe stare a casa ad allevare i suoi figli” di una madre, magari militante e impegnata.

Ma chi può insegnarti ad amare la tua natura? Se le coppie innamorate che vedi rappresentate, soprattutto nei media, hanno ruoli standardizzati? Ruoli in cui non ti riconosci? Eppure esistono un sacco di modi diversi e differenti di vivere l’amore.

Certo l’omofobia interiorizzata, il non accettarsi, può avere conseguenze pesanti, soprattutto se è in seno alla famiglia che si si sente inadeguati e non compresi.

Si rischia di disapprovarsi, negare se stessi, dice l’opuscolo di Arcigay che si può arrivare a fingersi eterosessuali e a non sviluppare una sana vita di relazione. E in questo caso si parla di relazioni affettive, di coppia, di amore.
Si può vivere disconoscendo la militanza dei diritti gay, o senza scendere in piazza a richiedere il matrimonio omosessuale e altre tutele, ma diventa di certo più vuota la vita senza un sano rapporto sentimentale. Val dunque la pena indagarsi e conoscersi, se è il caso chiedere una mano d’aiuto. Alla fine è con noi stessi che trascorriamo tutta la vita. Facciamo in modo che sia più bella e piena.
fonte http://www.queerblog.it Scritto da: Daniela Gambino

martedì 19 febbraio 2013

Lgbt Venezia: "Picchiato dal padre perché gay" la denuncia su Facebook


Un giovane di San Donà ha postato sul noto social network le immagini dell'ecchimosi lasciate dopo l'aggressione del padre.

Il web si mobilita a difesa del ragazzo

"Picchiato dal padre perché gay".

La denuncia arriva dal gruppo "Lgbt" del Veneto Orientale, sorto a San Donà.

Il giovane aveva postato su facebook le foto dell'aggressione del padre, dove si vedono chiaramente i segni dell'ecchimosi lasciate dopo l'aggressione denunciata. Lo rivela un articolo della Nuova Venezia oggi in edicola.

La notizia ha fatto il giro del web attraverso il noto social network e numerosi sono stati le parole di conforto da parte di amici e non solo.
fonte http://www.veneziatoday.it/

mercoledì 23 gennaio 2013

Lgbt: Paola Concia (PD), Angelino Alfano (PDL) intervenga dopo insulti a Nichi Vendola

“Se Alfano, dopo lo spettacolo devastante sulle liste del Pdl, ha ancora in corpo un po’ di dignità e di rispetto per i cittadini italiani, censuri in maniera forte e decisa il portavoce del gruppo Pdl alla Regione Sardegna che ha insultato pesantemente Nichi Vendola.

Insulti ignobili come “becero frociame” o “vecchia isterica acida” non possono avere cittadinanza dentro ad un partito che si candida a governare un paese civile ed europeo come l’Italia”.
Lo dichiara Anna Paola Concia, deputata del Partito Democratico.

“Adesso abbiamo capito perché il Pdl ha affossato l’estensione della legge Mancino per i reati d’omofobia e transfobia: perché se fosse in vigore quella legge, frasi del genere potrebbero essere sanzionate dall’autorità giudiziaria” .
fonte http://www.agenparl.it Scritto da com/stb

mercoledì 16 gennaio 2013

Lgbt TV: Barbara d’Urso, follia di Paola Binetti: “I figli dei gay sono propensi al suicidio”. Quando finirà il terrorismo psicologico?

Nel giorno in cui il mondo accoglie il coming out dell’attrice Jodie Foster, in realtà l’interprete ha semplicemente effettuato un parallelismo tra la serie tv Modern Family e la sua famiglia arcobaleno, in Italia Barbara d’Urso ha dato vita al consueto dibattito sull’omogenitorialità invitando Paola Binetti, onorevole ex Pd ora tra le fila dell’Udc e acerrima nemica della comunità lgbt.

La signora Binetti per tutto il corso del dibattito ha sostenuto la sua contrarietà alle adozioni gay.

E fin qui nulla di straordinario, la libertà di espressione è sacrosanta. Ma forse sarebbe il caso di evitare ospiti esaltati che possano infondere nel telespettatore poco attrezzato una sorta di terrorismo psicologico.

E Paola Binetti, almeno mediaticamente, è davvero un’esaltata: l’onorevole ha sostenuto le sue tesi sfoggiando i risultati di uno studio Usa secondo il quale i figli dei gay sono più propensi al suicidio.

In realtà non è la prima volta che questa indagine viene citata a Pomeriggio Cinque, ma non è ammissibile che in un programma pomeridiano seguito da svariate tipologie di pubblico vengano lanciati messaggi del genere, se non altro perchè Paola Binetti ha dichiarato gli esiti di uno studio che è stato sconfessato dallo stesso autore, Mark Regnerus.

Mark Regnerus, sociologo dell’Università del Texas, aveva rilevato che i figli delle coppie omosessuali erano più propensi a togliersi la vita rispetto a quelli cresciuti in una coppia eterosessuale, (il 12 per cento), al tradimento, a non trovare lavoro, ad entrare in terapia psicologia. Peccato che a distanza di qualche mese il sociologo si sia trovato a dover dubitare del suo operato, in quanto per la sua indagine aveva scelto delle tipologie di campioni alquanto estreme o borderline.

“Invece di chiedere agli intervistati se erano stati cresciuti da una coppia gay, ha chiesto se il padre o la madre avevano avuto almeno un rapporto omosessuale, a prescindere dalla sua durata e caratteristica. E in caso affermativo li ha definiti «genitori gay»“, ha detto John Corvino, docente di filosofia alla alla Wayne State University di Detroit e autore di Debating Same-Sex Marriage - ovvero Il dibattito sul matrimonio gay - ha notato che erano stati annoverati:

- detenuti etero che in carcere hanno fatto sesso con altri uomini per sfogarsi;

- una coppia gay longeva che negli Usa ha adottato bimbi portatori di handicap;

- una 40enne che scopre di essere lesbica quando i figli sono grandicelli;

- una prostituta sposata eterosessuale che occasionalmente offre i propri servizi alle donne;

- una lesbica che fa un figlio grazie all’inseminazione artificiale e lo cresce con la sua compagna;

- uomini sposati con un amante del loro stesso sesso.

Purtroppo a Paola Binetti fa molto comodo tacere la verità, dal momento che è contraria a tutte le iniziative di qualsiasi non eterosessuale, ma le colpe maggiori sono del team Videonews e a Barbara d’Urso che seleziona ospiti capaci di lanciare dei messaggi devastanti a un pubblico che si informa solo attraverso la tv.

Pensate se all’ascolto ci fossero stati delle mamme o dei padri a cui il proprio figlio ha rivelato la propria omosessualità, o peggio ancora dei ragazzi che non si accettano
fonte http://www.cinetivu.com di Marcello Filograsso

venerdì 28 dicembre 2012

Lgbt: Pavia, frasi omofobe all’università. Chieste dimissioni di un Consigliere di Scienze Economiche

Arcigay e Universigay avevano segnalato pochi giorni fa il caso dello studente Daniele Borromeo, componente del Consiglio di Dipartimento di Scienze economiche e sociali (in quota Azione universitaria), che sulla propria pagina Facebook aveva insultato la comunità omosessuale definendola “una grave depravazione, al pari della necrofilia zoofilia pedofilia”, chiedendone le immediate dimissioni dal Consiglio.

In seguito ad una conversazione telefonica con il Presidente di Arcigay Pavia Giuseppe Polizzi, lo studente si era detto disponibile a scrivere una lettera di scuse alla comunità LGBT pavese, lettera che però, ad oggi, non è ancora pervenuta. Anzi, lo stesso Daniele Borromeo ha sbeffeggiato un sollecito all’invio della lettera chiedendo se Arcigay “avesse fretta”.

Nel frattempo Arcigay ed Universigay hanno creato un gruppo su Facebook
“Daniele Borromeo dimettiti” per denunciarne le frasi e raccogliere adesioni per la richiesta di dimissioni: gli iscritti sono già quasi 700.

Nonostante questo, ancora una volta Daniele Borromeo ha risposto con uno sfottò: “se volete che mi scomodi e vi risponda almeno almeno a 10mila dovete arrivare…ti informo che io, occhi dappertutto c’ho e anche dove non arriva la mia vista stai tranquillo che quella di qualcun altro arriva… quando a 10mila arrivate magari ve rispondo”, dimostrando di non aver assolutamente colto la gravità delle sue parole e anzi avanzando una velata minaccia.

Inoltre, sul gruppo Facebook di Economia pare quasi vantarsi del suo operato; scrive difatti: “pure il gruppo contro di me me dedicarono sti finocchi…iscrivetevi numerosi e diventate miei fan! ahahah buone feste a tutti!”.

Di fronte a queste affermazioni è evidente che Daniele Borromeo non solo non comprende la gravità delle sue affermazioni, offensive e lesive della dignità della comunità LGBT, ma anzi si permette di reiterare il suo insulto trattando con superficialità una questione gravissima.

Per tutti questi motivi, anche per la assoluta mancanza di serietà dimostrata, Arcigay Pavia ed Universigay chiedono nuovamente le immediate dimissioni di Daniele Borromeo da ogni incarico universitario e una azione da parte degli organi universitari competenti.

“Siamo seriamente preoccupati dall’atteggiamento strafottente e intimidatorio di Daniele Borromeo – dichiarano Giuseppe Polizzi, Presidente di Arcigay Pavia e Alessandra Alvarez, Presidente di Universigay – Borromeo è un rappresentante della Facoltà di Economia, e chiediamo agli studenti di questo corso e di qualsiasi altro che si sentono insultati dalle sue parole o non vogliono essere rappresentati da lui di iscriversi al gruppo da noi creato su Facebook e di far sentire il loro dissenso.
Non è il primo caso di omofobia all’interno dell’Università di Pavia, purtroppo: è giunto il momento che questa scia d’odio nei confronti della comunità LGBT abbia fine. Ci stiamo organizzando per mobilitare l’intera comunità LGBT universitaria e pavese.”


Ricordiamo qui di seguito quali sono state la parole scritte su Facebook da Daniele Borromeo e segnalateci da una studentessa lesbica di Economia:
“per me l’omosessualità è una grave depravazione e andrebbe trattata al pari della necrofilia zoofilia pedofilia e di tutte quelle piaghe sociali..
non è che se in natura du animali maschi se inchiappettano vor di che allora noi essere umani armati de ragione li dobbiamo legalizzà e arrivare addirittura alla follia dandoie pure il diritto de cresce un figlio”.


Ecco il link al gruppo su Facebook per chiedere le sue dimissioni:
http://www.facebook.com/groups/550355654994623/

Arcigay Pavia, Universigay
fonte http://www.laltrapagina.it/mag/?p=13820

lunedì 17 dicembre 2012

Lgbt: Il Papa, i gay e le risposte di Nichi Vendola su Twitter, il leader di Sel parla di omofobia

Solo ieri il Papa aveva espresso la sua opinione sui matrimoni Gay (ne parlavamo in questo articolo) dicendo che i "tentativi" di rendere le nozze tra un uomo e una donna "giuridicamente equivalenti a forme radicalmente diverse di unione" sono "un'offesa contro la verità della persona umana" e "una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace".

Non si è fatta attendere la risposta di Nichi Vendola, che su Twitter ha postato più messaggi relativi alla faccenda.
fonte http://www.cadoinpiedi.it/
Ecco i twitter qui sotto clicca su per ingrandire:

martedì 11 dicembre 2012

Lgbt Treviso: Giornale titola: abusi gay su un bambino. Arcigay non ci sta

Un quotidiano locale ha riportato la storia delle violenze sessuali su un bambino titolando di "abusi gay".
Ma Arcigay non ci sta: "basta alimentare l'omofobia con questo linguaggio".

La necessità di sintesi può fare seri danni. Lo sanno gli operatori dell'informazione che sono alle prese con la necessità di riassumere fatti e notizie, a volte in pochissime righe.

Capita così che un quotidiano locale di Treviso parli della terribile storia di violenza su un bambino piccolo titolando la civetta fuori dall'edicola, quella che dovrebbe invogliare i passanti ad acquistare il giornale, "Abusi gay sul bambino: imprenditore 40enne indagato".

Certo, il protagonista è un uomo, ma un abuso è un abuso e nulla c'entra la sessualità omo o etero che è invece tra persone adulte e consenzienti. Ecco il perché Arcigay ha alzato la voce scrivendo al direttore del Gazzettino di Treviso, colpevole dell'associazione fuorviante tra omosessualità e pedofilia.

"Gentile Direttore - è la lettera di Paolo Romani, presidente nazionale di Arcigay - non è possibile vedere ancora titoli come quello apparso sulla civetta del Gazzettino, edizione di Treviso, di domenica 9 dicembre".

"So che sarebbe un'offesa all'intelligenza sua e dei suoi lettori spiegare ancora una volta la differenza abissale che corre fra orientamento sessuale e comportamenti pedofili, né credo sia importante sottolineare che essere gay è perfettamente legale, mentre la pedofilia viene sanzionata giustamente con pene molto pesanti".

Romani parla di errori "generati forse dalla fretta, dall'ignoranza o dalla superficialità" ma in grado di offendere "i sentimenti e la dignità delle persone omosessuali e allo stesso tempo incoraggiano tutti coloro che ancora si divertono a colpire gay e lesbiche, e che da questi titoli traggono una sorta di legittimazione".
fonte http://www.gay.it/

venerdì 7 dicembre 2012

Lgbt: Udine "Sei anni di umiliazioni perché gay" L'inferno a scuola di un ragazzo

Udine, il racconto di un giovane: i professori hanno fatto finta di niente. "Se penso all'adolescente suicida di Roma fa male vedere che nessuno si è accorto del suo disagio"

Un giorno nell'ora di matematica uno l'ha chiamato "Barbie". Adesso sorride. "Mica è brutta la Barbie, ma io sono un uomo, e sono felice di esserlo".

Altri compagni, meno sofisticati, come in una gara di freccette si sfidavano a fare centro infilzando l'obiettivo con gli epiteti più triviali e banali. "Frocio". "Finocchio". "Checca".

"Fenóli" (in dialetto friulano). In classe. "Lo scrivevano sulla lavagna, oppure via sms". Notevole quel "sei un errore della natura", qui siamo nelle scienze antropologiche, accompagnato da un benevolo "meriti tutta la sfiga del mondo". Sgombriamo il campo dallo stereotipo. Francesco (nome di fantasia) non è un "ragazzo col rossetto" o "coi pantaloni rosa".

I suoi gesti non sono effemminati e dopo sei anni di insulti ha tirato fuori un carattere tosto, un muro frangiflutti contro la ridicolizzazione becera. Ha 20 anni, bel ragazzo, figlio unico, single, padre dirigente, mamma "artigiana alimentare". Frequenta l'ultimo anno "là dentro", che sarebbe l'istituto tecnico di Udine dove da quando aveva 14 anni lo prendono in giro perché è gay.

Ha passato momenti difficili. Ora, seduto a un tavolo del circolo Arci "Mis (s) Kappa", fa coming out mediatico per combattere il bullismo omofobico. La stessa piaga che, forse - si indaga per istigazione al suicidio - è costata la vita di Andrea S., il
quindicenne del liceo Cavour che a novembre si è impiccato in casa con una sciarpa.

Partiamo da Andrea.
"Fa male pensare che chi gli stava vicino non si sia accorto del suo disagio. Non è una critica ai genitori. Penso soprattutto, in questo caso, agli insegnanti".

I tuoi come si sono comportati? Quando i compagni ti insultavano sono intervenuti?

"Mai. Anzi, qualche insegnante si univa al coro: battutine, allusioni. Se un professore sa che in classe c'è un alunno omosessuale e scherzando con un altro alunno etero gli chiede "non hai la morosa, non sarai mica finocchio?", e tutti ridono, come posso sentirmi io?".

Quando hanno iniziato a insultarti?
"Primo anno, avevo 14 anni. Mi ero accorto di essere gay da due anni. Mi confido con una compagna, la mia migliore amica. Lei lo dice a un altro e si sparge la voce. E la palla di neve inizia a rotolare".

E per quanto rotola?
"Sei anni. Fino a oggi che ne ho venti. Posso dire che là dentro, a scuola, ho passato, anzi sto passando, gli anni peggiori".

Adesso come va?

"Non è che le battute sono finite, è che io reagisco. Dopo l'outing forzato della mia amica, ho subito per cinque anni. In silenzio. Me ne hanno dette e scritte di tutti i colori, un ragazzo una volta, uno che mi piaceva, mi ha detto "se fossi i tuoi genitori ti ripudierei come figlio". È la frase che mi ha ferito di più. Forse si è accanito per togliersi dall'imbarazzo di piacermi".

Come ti sentivi di fronte alle prime offese?

"Provavo odio, anche se è brutto dirlo".

Che cosa succedeva intorno a te?

"Gli omofobi non sono fantasiosi. Sto prendendo una cosa alle macchinette, uno si dà di gomito con un altro, un altro si mette le mani sul sedere, un altro cammina strisciando con la schiena sul muro. Col passare degli anni quell'ignoranza si è riprodotta autoalimentandosi".

Cioè?
"In terza mi bocciano e cambio classe. Penso: gente nuova, non ci si conosce, bòn... Me ne sto tranquillo sei mesi. I miei genitori non sapevano ancora niente. Ma mi vedevano sempre giù, preoccupato, depresso. Conosco una nuova amica, la mia ancora di salvezza. Mi dice: "parla coi tuoi genitori". Non ero pronto".

C'era la scuola, "là dentro", e c'era il fuori, la casa, i genitori, gli amici. Due mondi diversi?
"Sì. A qualche amico avevo iniziato a dirlo. A scuola era sempre la solita musica, la vedevo e la vedo ancora come il posto delle sofferenze, delle umiliazioni. Ma intanto avevo preso un po' più di sicurezza".

Quando l'hai detto ai tuoi genitori?

"Un anno e mezzo fa. Mi vedono sempre giù. Porto a casa una pagella disastrosa, seconda bocciatura. Mi chiedono: "cos'hai? ti droghi?" Mio padre fa: "sei gay? No". Un giorno arriva, prende un bel giro di parole per farmi la stessa domanda. A quel punto racconto. Lui si mette a piangere, ma è contento. "Finalmente dopo 18 anni conosco mio figlio". Prende contatti con l'Arci gay di Udine, mi dice: "Se un giorno ti va di fare due chiacchiere...". È stato un grande. Decidiamo, di comune accordo, che la cosa resta in famiglia".

Torniamo all'istituto tecnico. Insegnanti e preside che dicono quando i compagni ti prendono di mira?
"Niente. Fanno finta che il problema non esista. Mi sbatto per portare anche nella mia scuola il corso (tra i primi in Italia) organizzato dall'ufficio scolastico regionale e dall'Arci gay per sensibilizzare sul bullissimo omofobico. La preside dice: "Il fenomeno qui non esiste". Quando sa benissimo che non è così. C'è un'omertà diffusa".

Perché hai deciso di raccontare la tua storia (il primo a parlarne è stato il Messaggero Veneto), e perché chiedi che non si faccia il tuo vero nome?

"Voglio che chi sta soffrendo quello che ho sofferto io non si senta solo. Il mio nome non lo faccio perché i miei nonni farebbero fatica a accettarlo".

Saresti pronto a raccontare la tua storia anche al provveditore agli studi?

"Sì".
fonte http://www.repubblica.it/dal nostro inviato PAOLO BERIZZI