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Il cantante Tony King
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 Al centro del racconto i dubbi del cantante sulla propria identità di genere e l’avvento del suo percorso di transizione
 “La vita ti riserva tante sorprese, oggi sei 100, domani sei zero. Non rinunciare ai tuoi sogni”. 
 Parola di Tony King, cantante transgender del Rione Sanità di Napoli, protagonista di “Chiamatemi Tony King“, una docuserie in tre puntate in onda da venerdì 1 luglio su Real Time (ore 21,20) e e disponibile in streaming su Discovery+.
Tony – che ha scelto come nome d’arte King perché voleva “qualcosa che mi definisse come uomo”
 – è uno dei nomi più interessanti della scena musicale partenopea, e ha
 scelto di raccontare la sua esperienza in televisione, in un lavoro 
prodotto da Darallouche e diretto da Giuseppe Carrieri, per “far trovare
 il coraggio a tante persone di affrontare questo tema senza veli”.
Al centro del racconto i dubbi del trapper – alla nascita Naomi Nicolella – sulla propria identità di genere e l’avvento del suo percorso personale di transizione. “La società ghettizza i più deboli, lasciandoli soli in balia del bullismo, reale e virtuale.
 Con i miei pezzi voglio dar voce alle migliaia di Naomi che si 
nascondono e soffrono” sostiene l’artista. E aggiunge: “Vengo dal 
niente, dal Rione Sanità, ma ho fame di riscatto. La mia serie tv la dedico a me stesso, a chi mi protegge dal cielo e alla mia famiglia”.
Sin da bambino, il ventenne Tony King ha avuto difficoltà ad accettare la sua identità di genere. Il processo – personale e da parte della sua famiglia – è stato lungo e difficile, a causa dei tanti pregiudizi della
 società. Il cantante ha rivelato la sua identità ai genitori all’età di
 14 anni usando come strumenti una lettera (al padre) e un messaggio 
Facebook (alla madre, a cui avrebbe raccontato inizialmente di essere 
“fidanzato con un ragazzo che si chiamava Antonio, solo che Antonio ero 
io”). Il trapper ha deciso di cambiare sesso a 17 anni.
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| Il cantante Tony King (Instagram) | 
 Dopo tante difficoltà, oggi Tony è libero di 
essere chi vuole e di cantarlo a squarciagola. Per Tony, infatti, la 
musica
 è sempre stata la valvola di sfogo (in passato ha suonato il violino in
 un’orchestra sinfonica), lontano dai problemi del suo quartiere, dalle 
difficoltà ad accettarsi in un corpo che non sentiva suo e da una vita familiare complicata.
 Accanto alle sue canzoni, i suoi interessi principali sono Tik Tok, i
 tagli alla moda del barbiere Fabiano, gli aperitivi coi suoi fan al 
Lello Spritz e soprattutto Cloe, la ragazza che ama, la cui famiglia si oppone alla loro relazione. Da questo fatto è scaturita anche “L’ammore è ammore“, il suo singolo/video trap, dedicato all’amore negato, quello delle coppie composte da ragazzi e ragazze transgender.
 Nel docu, ad arricchire la storia del trapper, il gruppo di amici
 con cui Tony passa le sue giornate: ragazzi liberi da pregiudizi e 
pieni di sogni e ambizioni, come Simona, Salvo (i suoi amici super 
fashion) e il suo omonimo Tony che, come il protagonista, vive in un 
corpo sbagliato (anche lui transgender, ma da uomo a donna). In “Chiamatemi Tony”, il trapper si schiera contro l’omofobia e a favore di chi soffre una condizione sociale
 e culturale disagiata. La sua è una storia vera piena di musica, di 
vita di strada, di giovinezza e libertà. A farle da sfondo, la Napoli 
più struggente, suggestiva  ma soprattutto più vera, nel cuore del Rione
 Sanità.
fonte: di  Barbara Berti https://luce.lanazione.it