sabato 3 ottobre 2020

Tecnologia: «The Social Dilemma», cosa abbiamo imparato dal documentario Netflix

Il nuovo documentario di Jeff Orlowski apre il dibattito su cosa possiamo fare per invertire le logiche persuasive dei social network. Non è un grido al boicottaggio, ma un invito a una presa di coscienza collettiva per mettere in atto un cambiamento, prima che sia troppo tardi. Ecco come la pensano dirigenti e programmatori di Facebook, Google, Instagram

 «Mai nella storia 50 designer, ragazzi dai 20 ai 35 anni in California, avevano preso decisioni che avrebbero cambiato la storia di 2 miliardi di persone. Quegli stessi 2 miliardi di persone che penseranno a cose a cui non avrebbero mai pensato». 

 

A parlare non sono nostalgici o dallo spirito anticonformista, i protagonista del nuovo documentario Netflix «The social dilemma», che mette in guardia dal potere subdolo e persuasivo dei social media, sono proprio gli stessi «smanettoni» che lavorano per queste tecnologie.

Parlano dirigenti e programmatori di Google, Facebook, Youtube, Pinterest, Instagram, c’è anche l’ingegnere Justin Rosenstein, l’ideatore del tasto «Like» su Facebook. Sì, quella reazione social positiva che ha causato in adolescenti ma non solo, una dipendenza emotiva da dose quotidiana di dopamine, che fanno bene all’umore e alla autostima.

Il documentario, presentato al Sundance festival è del regista Jeff Orlowski, che affronta la questione senza troppe recriminazioni o grida al boicottaggio, ma con un occhio al futuro: cosa possiamo cambiare adesso? Il dibattito è aperto e parlarne vale veramente la pena.

Nessuno aveva previsto come sarebbe cambiata la società con i social network, che l’algoritmo sarebbe diventato sempre più intelligente e che noi, non pagando per il servizio offerto, diventassimo i veri prodotti. «Se non stai pagando il prodotto, allora quel prodotto sei tu». Siamo noi con i nostri dati, le nostre abitudini, i nostri “mi piace”, la nostra cerchia di rapporti quotidiani sempre più indotti e profilati dalla tecnologia.

Ci hanno trasformato in dei bersagli da centrare per fare soldi o per passare messaggi a cui siamo più vulnerabili. Ed è questo il terreno su cui attecchiscono meglio populismi e fake news. L’intelligenza artificiale ci legge dentro, ci guida, anticipa le nostre azioni, controlla il nostro inconscio, manipola la nostra mente senza che ne abbiamo la consapevolezza, affermano nel documentario. «È il graduale, lento, impercettibile cambiamento nel tuo comportamento e percezione a essere il prodotto: è l’unica cosa da cui possono trarre profitto». Utopia o distopia? Questo è uno dei problemi sociali e umani che più condizionerà il nostro futuro insieme al climate change, di cui per altro proprio lo stesso regista ha già parlato.

«La società sana dipende dall’abbandono di questo modello di business. Possiamo pretendere che questi prodotti siano progettati umanamente, di non essere trattati come una risorsa estraibile, la domanda è: come possiamo migliorare il mondo?». Ci muoviamo così perché non abbiamo altra scelta, ma tutto è impermanente. «Servirà un miracolo per poterne uscire e quel miracolo è la volontà collettiva». Ci voleva una Greta Thumberg per smuovere le coscienze sul cambiamento climatico e, forse, ci voleva un documentario come «The social dilemma», per smuovere un’osservazione piò oggettiva di una realtà totalmente immersiva.

The Social Dilemma | Official Trailer | Netflix  > QUI

7 CONSIGLI PER GESTIRE I SOCIAL IN MODO CONSAPEVOLE (DA CHI PER I SOCIAL CI LAVORA)

– Eliminate tutte le app che fanno perdere tempo e disattivate le notifiche che distolgono l’attenzione per informazioni che non sono essenziali in quel momento. È lo stesso motivo per cui è meglio non tenere dei biscotti in tasca!

– Non accettate video consigliate da Youtube, siate voi a scegliere.

– Prima di condividere qualcosa verificate la fonte, analizzate i fatti, fate qualche ricerca in più per non cedere solo all’emotività.

–  Assicuratevi di ricevere diversi tipi di informazione, seguite anche persone con cui non siete d’accordo, così da essere esposti a diversi punti di vista.

– Molte persone che lavorano nella tecnologia non lasciano usare i social media ai loro figli.

– Lasciate tutti i dispositivi fuori dalla camera da letto a un’ora precisa ogni sera.

– Stabilite un tempo di utilizzo ragionevole dei social e della tecnologia, per voi o per i vostri figli.

fonte: di Alice Rosati    www.vanityfair.it

Musica > Mel C si dichiara un’ally della comunità trans: «”Girl Power” include tutte le persone»

«Girl Power!»: con questo motto, uno dei più grandi fenomeni pop dello scorso secolo portava un messaggio femminista in tutto il mondo. Parliamo ovviamente delle Spice Girls e della loro dirompente emancipazione con la quale hanno conquistato un posto nel cuore di gran parte delle persone LGBT+ nate negli anni ’80 e non solo. 

Oggi, quando lo scontro tra transfemministe e femministe radicali è più che mai acceso, Mel C ha deciso di mettere in chiaro una cosa: quel motto riguarda tuttə, anche le persone trans.

La Sporty Spice, in un’intervista per NME, non ha esitato a schierarsi dalla parte di chi include le donne trans all’interno del movimento femminista. «Abbiamo sempre detto che Girl Power riguarda l’uguaglianza – ha affermato Mel C – ed è uguaglianza per tutti. Come per Black Lives Matter, si tratta di educazione. Abbiamo paura delle cose che non capiamo ed è da qui che provengono i pregiudizi, quindi sono molto orgogliosa di essere un’alleata della comunità trans».

La popstar inglese ha poi osservato come il genere o il sesso non dovrebbero condizionare il nostro modo di vedere gli altri. 

«La cosa grandiosa che ho imparato lavorando con persone non-binary – ha confidato – è vedere le persone come persone e non come un genere, che è davvero una cosa difficile perché siamo condizionati. Quando guardi qualcuno per la prima volta, pensi: “è un ragazzo bianco alto o una ragazza nera bassa” o qualsiasi altra cosa. Se mettiamo da parte il genere, vogliamo tutti le stesse cose, no?».

Mel C ha anche avuto modo di raccontare la propria esperienza con il gruppo drag Sink the Pink, con le quali lo scorso anno è andata in tour per uno spettacolo unico nel suo genere. «È stato fenomenale – ha affermato – Sapevo che sarebbe stato divertente, ma non avrei mai creduto che mi avrebbe influenzata così tanto. Essere un’alleata della comunità LGBTQ+ è importante e gratificante. Essendo accettata nel loro mondo, ho imparato così tanto sulla loro lotta, e ammiro il coraggio di chi è veramente se stesso, che è sempre stato il messaggio delle Spice Girls».

fonte:     www.neg.zone

Ursula von der Leyen taglierà i fondi ai paesi omofobi dell’UE

La Presidente della Commissione Europea nel suo primo discorso sullo stato dell’Unione punzecchia l’Europa dell’Est. Ursula von der Leyen sarebbe infatti intenzionata a tagliare i fondi ai paesi omofobi. photo:  La presidente della Commissione europea, Ursula Von Der Leyen  (ansa)

Lo ha confermato soprattutto durante numerose interviste. La Presidente non solo è intenzionata a tagliare i fondi dei paesi omofobi che non rispettano i diritti delle persone della comunità LGBTQ+ ma sarà anche pronta ad intraprendere vie giudiziarie.

La discriminazione sulla base dell’orientamento sessuale non ha assolutamente posto nell’UE e finché è in mio potere combatterò contro di essa. Taglierò la distribuzione dei fondi e porterò i paesi in questione davanti la Corte Europea.

Queste le sue parole riguardo la questione dei diritti sociali della comunità facendo vacillare alcuni paesi dell’Europa dell’Est come la Polonia e l’Ungheria. A preoccupare sono anche le parole riguardo le adozioni da parte di coppie omosessuali visto che l’Italia è sprovvista di una legge al riguardo.

Sono pronta a combattere per far riconoscere a livello giuridico le famiglie arcobaleno. Le famiglie LGBTQ+ devono essere riconosciute in ogni singolo angolo dell’Unione.

Omofobia nell’ Europa del 2020

Ursula von der Leyen si riferisce sicuramente ad alcuni fatti accaduti in Ungheria e Polonia. Il 2020 non è stato un anno semplice soprattutto per la comunità LGBTQ+ che si è vista privata di diversi diritti. Infatti dal 3 Aprile 2020 in Ungheria le persone transgender non possono modificare il proprio sesso nel registro civile e nell’atto di nascita. 

Questa una delle tante penose leggi del presidente Viktor Orban. Intanto la Polonia, conosciuta per la sua spiccata omofobia e xenofobia, fa nascere delle zone “LGBT Free” nelle quali si assicura non esistono persone della comunità. Un altro episodio altrettanto infelice è quello accaduto in piazza a Varsavia dove sono state arrestate diverse persone durante una protesta per i diritti LGBTQ+. 

Tra gli arresti anche un attivista italiano. Questi atti violenti hanno portato a scontri tra protestanti e le squadre armate della polizia. Intanto in Italia uno studio rivela che la discriminazione delle persone LGBTQ+ in ambito lavorativo è più diffusa di quanto si pensi. Il 2020 ha sicuramente insegnato all’Unione che ci sono ancora molti passi avanti da fare per rendere la nostra Eurozona libera da ogni discriminazione.   fonte:    www.ultimavoce.it

Belgian milestone: A first trans minister and nobody cares

Lack of media frenzy over Petra de Sutter’s gender identity is a powerful sign of progress. 

ph.: Petra De Sutter, Belgium’s new deputy prime minister | Philippe Buissin/European Union

Katrin Hugendubel is advocacy director at ILGA-Europe.

The appointment of Petra De Sutter as Belgium’s deputy prime minister — the first out transgender minister in Europe — is a milestone.

But what is perhaps even more meaningful is that it’s a milestone that went almost unremarked upon in today’s headlines.

De Sutter has always been open about her trans identity and has never sought to hide that fact in her political career. Still, it was always clear that she is so much more than that identity.

As a doctor and gynecology professor, she has been a champion of women's rights, gender equality and sexual reproductive rights. In every political position she’s held — whether in the Belgian senate, the parliamentary assembly of the Council of Europe or the European Parliament — she has been a strong advocate for LGBTQ rights.

But it’s her competency in so many other areas and her impressive professional track record that, combined with her advocacy, have defined her career and earned her the respect of her peers.

That the media coverage of her nomination as deputy prime minister focused on her work rather than on her trans identity is a reflection not just of her impressive political career but also of the progressive nature of Belgian politics today. It is not hard to imagine that the headlines would have looked very different in another country — even another European country.

And yet, while the non-event of De Sutter’s appointment is a good thing, it still sends a powerful positive signal to trans people across the world.

De Sutter may never have made trans rights the focus of her work, but she has never shied away from being a role model. But more importantly for trans people, the fact that she is accepted at a national level, and that she is treated fairly and respectfully in the media, is a hopeful sign at a time when trans identities are being disavowed and legislated against in a growing number of European countries.

In Romania, the Constitutional Court this week discussed legislation to delete discussions of gender and gender identity completely from any educational curricula. Similar legislation has already been introduced in Bulgaria. Poland’s “Family Charter,” signed by President Andrzej Duda, will ban lessons on LGBTQ issues in schools. And in the U.K., rights advocates have warned that confusing new educational guidelines risk being interpreted to mean that schools should not use materials discussing gender identity and the possibility of being transgender.

Earlier this year, at the start of the coronavirus lockdowns, Hungary introduced legislation to effectively ban gender recognition, while in Russia legislative moves are underway to do the same.

As a worrying number of governments are actively trying to deny LGBTQ and trans people their place in society, it is heartening to see Belgium’s political system embracing a member of the LGBTQ community as an equal.

De Sutter did not attain her powerful position in the new Belgian government because she is a trans woman who brings expertise on specific issues related to LGBTQ rights and trans rights. She was appointed because of her competence as a politician and experienced policymaker.

That’s a validation of her identity both as a politician and as a trans woman — and it’s a rebuke to the attacks against trans identities happening in other parts of Europe.

De Sutter’s gender identity may be missing from the headlines in Belgium. But that absence is sending a powerful message.

source: By   www.politico.eu

"Ora basta!": a Milano la manifestazione contro l'omobitransfobia con il lancio di Tiziano Ferro e Iacopo Melio

Il 10 ottobre in piazza Scala la mobilitazione di Sentinelli e tante altre associazioni a sostegno della legge Zan che arriva in parlamento: "Abbiamo diritto a una legge che difenda da aggressioni e violenze contro le persone Lgbtqia+ e contro la misoginia"


Tiziano Ferro lancia la manifestazione di Milano contro l'omobitransfobia: "Chi sarà la prossima vittima dell'odio?"     VIDEO > QUI
 
Il senso, quindi, è che "violenza e discriminazione non sono un'opinione", per questo si chiede di approvare una legge "che riconosca che i motivi omolesbotransfobici o misogini sono una aggravante agli omicidi, le aggressioni, le violenze fisiche e psicologiche, gli insulti, le persecuzioni e l'istigazione a commettere discriminazioni e violenze che mettono a rischio la libertà personale, la sicurezza e la dignità delle donne, delle persone LGBTQI+, e di qualsiasi essere umano che possa essere ritenuto parte di tali minoranze" e che "aiuti in modo concreto le persone colpite da questo odio, tutelandole nella loro salute fisica e mentale e proteggendole da ulteriori attacchi introducendo sportelli di ascolto e le case di accoglienza".

Confermate le partecipazioni dell'onorevole Alessandro Zan (Pd), relatore della proposta di legge contro l'omolesbobitransfobia e la misoginia alla camera, della senatrice Alessandra Maiorino (M5s), e della vicepresidente della regione Emilia Romagna Elly Schlein, ma tante sono le adesioni e le partecipazioni che saranno svelate dagli organizzatori con l'approssimarsi dell'evento.
 
#OraBasta! è promossa da I Sentinelli di Milano, Arci, Amnesty International, ActionAid, All Out, Da voce al rispetto!, Energie Sociali Jesurum, Agedo Milano, Poliedro, Acet, Mamme per la pelle, Insieme senza Muri, Casa Comune, Razzismo Brutta Storia, Aned Milano, Famiglie Arcobaleno Milano, Associazione Renzo e Lucio, Movimento antirazzista italiano, Rete Italiana antifascista.

L'appello ricorda che "da oltre 25 anni i movimenti LGBTQI+ chiedono una legge contro discriminazioni e violenze per orientamento sessuale e identità di genere ma il Parlamento ha sempre fatto melina". Per questo "ora basta: con la proposta di legge a prima firma dell'onorevole Zan contro l'omolesbobitransfobia e la misoginia si apre una possibilità, che non possiamo e non vogliamo sprecare.
Anche questa volta il dibattito in parlamento ha già assunto forme grottesche: chi si oppone alla legge vuole far passare per libertà di espressione comportamenti violenti o l'istigazione a comportamenti violenti contro le persone lgbtqi+. Se questi discorsi si faranno strada, l'Italia sarà un paese sempre più omofobo e la violenza fisica e verbale verso le minoranze sarà sempre più sdoganata".

I primi firmatari della mobilitazione - ma sulla pagina Facebook dell'appuntamento le adesioni continuano ad arrivare - con I Sentinelli di Milano sono: 
 
Arci, Amnesty International, Action Aid, All Out, Da voce al rispetto!, Agedo, Poliedro, Renzo e Lucio, Acet, Mamme per la pelle, Insieme senza Muri, Casa Comune, Rete Italiana Antifascista, Razzismo Brutta Storia, Aned, , Famiglie Arcobaleno Associazione Genitori Omosessuali, movimento antirazzista italiano, Energie Sociali Jesurum. E aderiscono, ancora: Arcigay Approdo - Lilia Mulas (Genova), Arcigay Gioconda (Reggio Emilia), Arcigay Milano, Arcigay Orlando Brescia, Asa - Associazione Solidarietà Aids, Associazione cuori inversi, Bergamo Pride, City Angels, Coming-Aut lgbti+ community center, coordinamento comasco "No omofobia", festival diverCity, Gaynet Italia, ll Tempio del futuro perduto, Laici Trentini per i diritti civili, LILA MIlano Onlus, memoria antifascista milano, Osservatorio democratico sulle nuove destre, PD MIlano Metropolitana, Polis Aperta, PRC Lombardia, PRC MIlano, Sinistra Italiana Milano, Teatro Elfo Puccini, Ventimilaleghe viaggi cultura e oltre, Weworld Onlus.
 
fonte:   https://milano.repubblica.it

lunedì 28 settembre 2020

“Nato fuori legge” di Trevor Noah, un libro (davvero) necessario

“Nato fuori legge”, l’autobiografia del dj, attore, comico e conduttore tv Trevor Noah, è un libro che documenta la situazione del Sudafrica durante l’apartheid, attraverso la storia di un ragazzo che, grazie all’amore di sua madre, riesce a sopravvivere alle leggi razziali, alla povertà, alle ingiustizie e alla violenza di una società che non sembra avere spazio per lui… 

In un aggettivo ci si imbatte spesso leggendo le recensioni di libri o di film: necessario. Un prodotto culturale può essere necessario per diversi motivi: perché ci svela fatti di cui non eravamo a conoscenza, perché ci apre gli occhi, ci fa riflettere, ci aiuta a migliorare. Di solito un libro necessario è anche un libro che dovrebbe essere letto nelle classi, per sensibilizzare gli studenti e insegnare loro importanti lezioni di vita. Un libro necessario è il più delle volte una lettura edificante, una di quelle che, appena conclusa l’ultima pagina, prendendo un respiro, ti fa sentire diverso, ti fa pensare: ne è valsa la pena.

Ecco, se non fosse un’espressione abusata, non si potrebbe definire diversamente Nato fuori legge, l’autobiografia del dj, attore, comico e conduttore tv Trevor Noah, pubblicata da Ponte alle Grazie con la traduzione di Andrea Carlo Cappi. E non solo perché documenta – con leggerezza e precisione – la situazione del Sudafrica durante l’apartheid (argomento che in Italia non si studia con sufficiente attenzione), ma perché è il racconto dell’infanzia di un ragazzo che, grazie all’amore di sua madre, riesce a sopravvivere alle leggi razziali, alla povertà, alle ingiustizie e alla violenza di una società che non sembra avere spazio per lui.

Perché se è vero che durante l’apartheid la vita per i neri era un inferno, per quelli come Trevor – meticcio, nato da madre nera e da padre bianco – lo è ancora di più. Perché in un mondo in cui esiste il razzismo, i gruppi si dividono secondo schieramenti cromatici e Trevor non sa a quale appartenere. Non sa in quale classe andare, in quale zona del cortile fermarsi durante l’intervallo, a quale ragazza chiedere di uscire il giorno di San Valentino. E non sembrano esserci alternative: “A un certo punto bisogna scegliere. O nero o bianco. Prendere posizione. Puoi cercare di nasconderti. Puoi dire ‘Oh io non prendo le parti di nessuno’, ma presto o tardi la vita ti costringe a farlo”.

Eppure, in questo universo governato da leggi così dure e prive di logica, Trevor impara che può scegliere di non lasciarsi etichettare, non importano i rischi. Ci vuole coraggio e a dirglielo è sua madre. Una madre che non gliene lascia passare nemmeno una, che lo riempie di botte, di prediche, di castighi. Che finge di non essere sua madre pur di non comprargli una mela caramellata e che sarebbe disposta a mandarlo in prigione pur di dargli una punizione.

Una madre rigida e bigotta, attaccata ai propri principi più che a qualsiasi regola imposta dall’esterno, che insegna a Trevor la libertà di essere chi è e di diventare chi vuole. Un bambino impacciato, un adolescente ironico e sveglio, un dj che organizza feste clandestine nelle townships di Johannesburg, un comico di successo, un uomo buono, che nonostante abbia vissuto nel terrore di una società discriminatoria, nonostante sia stato costretto a mangiare vermi in mancanza di soldi, nonostante abbia visto il viso di sua madre sfigurato da un colpo di proiettile, ha imparato l’amore.

Per questo Nato fuori legge (di cui quest’anno uscirà un film con Lupita Nyong’o nei panni della madre Patricia) è un libro necessario: perché mostra che esiste un modo diverso di reagire alla violenza, e che in un sistema che fa di tutto per farti odiare il prossimo è possibile davvero riconoscersi tutti uguali.

fonte:   www.illibraio.it

Approvare la legge contro l’omotransfobia, il ritardo la rende una priorità

ROMA – In Parlamento è in discussione la legge contro l’omotransfobia. Un testo da approvare in tempi rapidi, prima alla Camera e poi al Senato. Una priorità, anche ai tempi del Covid-19. 

Perché l’Italia, guardando anche agli ultimi fatti di cronaca, su questo tema è già in ritardo. Il testo estende le tutele previste per le minoranze etniche e religiose anche agli orientamenti sessuali. 

E punisce col carcere chi commette violenza o incita a commettere violenza nei confronti di un’altra persona sulla base dell’orientamento sessuale. Insomma, una conquista di civiltà su cui il nostro Paese da vent’anni si divide, mentre il resto d’Europa ha affrontato il tema e legiferato in materia già dagli Anni 70. E non c’è il rischio di ‘criminalizzare’ le opinioni. 

Lo scenario, infatti, sarebbe più o meno questo: se dico che i gay e le lesbiche non mi stanno simpatici o che non sono d’accordo con i matrimoni omosessuali, se critico una persona trans per la sua vita, le mie restano idee personali. 

Se però per questo la insulto, la picchio o istigo a farle del male, allora sono previsti da 6 mesi a 4 anni. E chi dovrà decidere se io ‘semplicemente’ ho espresso una opinione, magari anche pesante, o se invece i miei comportamenti sono stati determinati da una questione di genere? Un Tribunale, come succede per qualsiasi altro reato o aggravante. Male non fare (e pensare), paura non avere.

fonte:   www.dire.it

Ursula von der Leyen è pronta a sospendere i fondi dell’Unione Europea ai Paesi omofobi

La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato di voler agire a tutti i costi contro i Paesi dell’Unione Europea noti per la loro aperta discriminazione verso la comunità LGBT+.  Lo ha riferito durante l’ultima puntata della video-rubrica social settimanale #AskThePresident durante la quale, la presidente von der Leyen, risponde alle video-domande inviatele da varie parti dell’Unione Europea. Visibile > QUI

Un ragazzo italiano, di nome Marco, ha chiesto alla presidente quanto tempo bisognerà ancora aspettare prima che vengano presi dei provvedimenti nei confronti dei Paesi UE (come Polonia e Ungheria) che calpestano i diritti delle persone LGBT+. Ursula von der Leyen ha prontamente risposto: «Ogni persona in Europa dovrebbe essere libera di essere chi è e amare chi vuole in tutti i paesi europei. Per quanto sarà in mio potere, agirò contro ciò, includendo la sospensione della distribuzione dei fondi e portando i Governi di fronte ai giudici».

Come già dichiarato pochi giorni fa, dalla stessa Ursula von der Leyen, al banco della UE non ci sarà spazio per paesi che discriminano la comunità LGBT+ creando le cosiddette “zone LGBT-free” e alcuni piccoli primi passi sono già stati fatti nei confronti di alcuni comuni polacchi in modo da penalizzarli il più possibile. «Lavorerò per il riconoscimento reciproco delle relazioni familiari nell’Unione Europea – ha concluso la presidente – perché se sei genitore in un Paese, tu sei genitore in ogni Paese [dell’UE]. Quindi, Marco, puoi contare su di me per la promozione dell’ugualianza nell’Unione. Stiamo lavorando a una strategia per l’uguaglianza LGBTQI. La presenterò presto».

fonte:    www.neg.zone

L’Opéra de Paris in gravi difficoltà, cancellate 239 date per il Covid19

Se in Italia i teatri si preparano a riaprire, in Francia la situazione è più difficile. 

A Parigi i due teatri dell’Opéra National de Paris, il Palais Garnier e l’Opéra Bastille, riapriranno soltanto a novembre e a dicembre. 

Un anno difficile per il mondo teatrale parigino, iniziato con le proteste delle maestranze teatrali per la riforma delle pensioni voluta dal precedente governo di Édouard Philippe e proseguito con l’epidemia di coronavirus che ha costretto a cancellare ben 239 serate negli ultimi 9 mesi.

«L’Opera è in ginocchio: abbiamo 45 milioni di debiti. Rischiamo di non avere più soldi a fine 2020», ha dichiarato il direttore dell’Opéra National Stephane Lissner a Le Monde.

Un incarico che lascerà a inizio 2021, 6 mesi prima della scadenza, ad Alexander Reef, direttore della Canadian Opera Company, quando entrambi i teatri avranno già ripreso la loro attività. «L’Opéra Bastille rimarrà chiusa fino al 15 novembre e riprenderà con tre spettacoli alternati: un balletto, La Bayadère, e due opere, La Traviata e la Carmen. Il Palais Garnier invece subirà alcuni lavori di ammodernamento e da Capodanno ripartiranno le serate».

fonte:   Redazione www.giornaledelladanza.com