giovedì 18 giugno 2020

Chi ha detto che non puoi sfondare a Hollywood? La nuova miniserie Netflix fuori dai ranghi e dalle convenzioni sociali del tempo

Una storia di ordinaria follia nel cuore di Hollywood.  

Ryan Murphy e Ian Brennan sbarcano su Netflix con una miniserie da 7 episodi e con uno stile diverso dai soliti standard. 


I due creatori di questa serie tv a dir poco fuori dalle righe ci portano nella Hollywood degli anni '40. Sullo sfondo di una musica jazz che esce dalla radio di una Chevrolet di turno, si intrecciano le storie di aspiranti attori pronti a fare fuoco sul set per il colosso del nuovo cinema, gli ACE studios. 

Piccolo particolare, questa volta i protagonisti della scena hollywoodiana sono emarginati: neri, gay, asiatici, ex soldati con una famiglia da mantenere ma disposti a tutto pur di comparire sul grande schermo e prendersi la loro rivincita. 

Murphy, autore di Glee e American Horror Story si supera ancora, giocando questa volta tra realtà e finzione. La linea di confine è molto sottile ma il prodotto finale è come sempre, degno di nota. Le interpretazioni di icone come Rock Hudson, Vivian Leigh, Hattie Mc Daniel sono un tuffo nella Golden Age di quegli anni. 

Sembra quasi di rivederli tutti sopra una pellicola da 35 millimetri. E poi? Le sorprese non sono finite di certo. Il personaggio decisamente più controverso è l’agente, realmente esistito, Henry Wilson interpretato magistralmente da Jim Parson (The Big Ben Theory vi ricorderà qualcosa). Wilson è una star-maker senza scrupoli che porterà Rock Hudson e altri giovani come lui al successo, in cambio però di prestazioni sessuali. 

Passato alla storia come una potente figura dell’industria cinematografica, Henry Wilson compare nella serie tv per sfatare un altro mito costruito dai ben pensanti di Hollywood. I party di lusso e i frequenti ricatti a sfondo sessuale lanciano lo sguardo al caso Weinstein e alle abitudini di un mondo troppo spesso avvolto nel mistero.
Sulle note di Benny Goodman e Bobby Darin e altri pezzi tutti in stile noir, la serie tv Netflix ci porta nel quartiere più frequentato di Los Angeles, spesso fuori dai ranghi e dalle convenzioni sociali del tempo. Qui a Hollywood il successo comincia quando un attore smette di essere se stesso. Ma questa volta le aspiranti star stanno per riscrivere la storia americana. E allora tredue uno ciak, si gira.
fonte:  Valerio Caccavale  www.zai.net

È morto Bob, il gatto del film “A spasso con Bob” con Luke Treadaway

Dopo essere stato il protagonista di numerosi best seller e di un film che porta il suo nome, è morto Bob, il gatto rosso a cui si ispira il romanzo “A streetcat named Bob” scritto da James Bowen.



A darne la notizia è proprio il suo padrone, nonché scrittore del libro, che ha dichiarato: “Bob mi ha salvato la vita, non lo dimenticherò mai”. Infatti quella che è raccontata nel libro e nella sua trasposizione cinematografica è la vera storia di James e Bob, che sono diventati l’uno l’ancora di salvezza dell’altro.

Molti sono i film che hanno avuto come protagonisti degli animali, il più delle volte domestici, che in un modo o nell'altro hanno aiutato i loro padroni a cambiare la loro vita.
Ed ecco che nella giornata di ieri, 15 giugno 2020, è morto Bob, il gatto rosso che ha ispirato il romanzo "A streetcat named Bob" diventato un film omonimo nel 2016, che in Italia è conosciuto con il titolo di "A spasso con Bob". Il romanzo è diventato un best seller soprattutto nel Regno Unito e racconta della storia del piccolo felino e di James Bowen un senzatetto poi diventato autore del su citato romanzo. È

Il commovente addio di James Bowen
A dare la triste notizia è stata la casa editrice Hodder & Stoughton insieme James Bowen. Il piccolo e vivace Bob aveva 14 anni e più di centomila like sono arrivati da parte dei fan sulla pagina dedicata al romanzo e al film. A commentare l'accaduto è proprio Bowen che non è riuscito a trattenere la commozione per aver perso un compagno di viaggio, oltre che un amico a quattro zampe:

  "Bob mi ha salvato la vita. È così semplice. Mi ha dato molto di più che compagnia. Con lui al mio fianco, ho trovato una direzione e uno scopo che mi mancava. Il successo che abbiamo ottenuto insieme attraverso i nostri libri e film è stato miracoloso. Ha incontrato migliaia di persone, ha toccato milioni di vite. Non c'è mai stato un gatto come lui E non ci sarà mai più. Mi sento come se la luce si fosse spenta nella mia vita. Non lo dimenticherò mai."

La vera storia di James e Bob
La storia raccontata nel romanzo "A streetcat named Bob" del 2010, e rielaborata anche nel film del 2016 con protagonista l'attore inglese Luke Treadway, parla di ciò che è realmente successo al giovane James. Era il 2007 quando Bowen incontrò, per la prima volta, Bob sul suo cammino. All'epoca era un ragazzo che stava cercando di disintossicarsi dall'uso di sostanze stupefacenti, e camminando per le strade londinesi si imbatté in un gatto malconcio e ferito, di cui immediatamente decise di prendersi cura. Quel compito che si era imposto era diventato il motivo che dava a James la forza di alzarsi ogni mattina, tanto che una volta guarito non riuscì a separarsi da Bob. Continuò a guadagnarsi da vivere come artista di strada, suonando per le strade di Londra, finché un giorno non decise di scrivere un romanzo che raccontasse la sua storia.

Nel 2012 il libro viene pubblicato per la prima volta, ottenendo un successo strepitoso, tanto che a ruota seguirono altri libri sulle avventure di Bob, ovvero i suoi sequel Il mondo Secondo Bob, Un regalo di Bob e The Little Book of Bob, che hanno raggiunto oltre otto milioni di libri tradotti in più di quaranta lingue. Dopodiché arrivò anche il successo cinematografico, dove il ruolo di Bob fu interpretato dal gatto stesso che divenne, quindi, famoso in tutto il mondo.
fonte: di  Ilaria Costabile   https://cinema.fanpage.it

Musica > Fedez: “Farò concerti per 100-200 persone, voglio aiutare i lavoratori della musica disoccupati, quando tornerò sul palco sarà per loro”

Il rapper lancia il nuovo singolo “Bimbi per strada (Children)”, sulla musica di “Children” di Robert Miles e già pensa di lanciare un altro brano inedito per l'estate.

Nel frattempo annuncia che potrebbe tornare a fare concerti, soprattutto per sostenere i lavori fragili della filiera della musica Live

Non solo imprenditore con Doom (Dream of Ordinary Madness) per aiutare i giovani che vogliono cimentarsi nella produzione digitale tra moda e musica, Fedez torna al suo primo amore: la musica.

È uscito il singolo “Bimbi per strada (Children)”, sulla musica di “Children” di Robert Miles del 1995, che arriva dopo altre due canzoni uscite durante il lockdown. Ma il rapper non si fermerà qui. “Problemi con tutti (Giuda) non è andato in radio e Le Feste di Pablo era un featuring in un brano di Cara. – ha dichiarato Fedez a La Repubblica – Posso dire che sto cercando di togliermi dalle logiche discografiche: questa era un’uscita che volevo fare, a breve ne seguirà un’altra per l’estate, contro il parere del marketing che nn voleva due brani fuori assieme, per non confondere le radio. Nel lockdown ho creato, cercando di tornare al mio sound delle origini, diciamo più spartano.  

Se e quando avrò voglia e l’esigenza artistica di pubblicare qualcosa lo farò. Ma al momento non ho dischi in canna”.

In questi mesi si è tanto parlato dei concerti che sono saltati questa estate e della filiera della musica in ginocchio, a causa del contraccolpi economici, in seguito alla pandemia. La voglia di tornare sul palco con una serie di concerti, c’è. “Appena sarà possibile ne farò, ma per 100-200 persone (il dpcm prevede infatti che per eventi al chiuso ci siano al massimo 200 persone, mille per luoghi all’aperto, ndr). – ha spiegato il rapper – Non solo perché tempo che il tempo delle adunate sia lontano ancora, ma anche perché voglio aiutare concretamente i lavoratori della musica disoccupati: elettricisti, operai, tecnici. Quando tornerò sul palco sarà per loro. Lo streaming è una buona alternativa ma appunto non fa lavorare queste persone”.
fonte: di   www.ilfattoquotidiano.it

Firenze: San Giovanni senza fuochi, ecco la festa no Covid

Gli eventi in programma per festeggiare il 24 Giugno prevedono un concerto in Duomo, aperture straordinarie nei musei e luci al posto dei fuochi.
Niente Fochi per evitare assembramenti, sarà un San Giovanni particolare a causa della pandemia ma oltre agli eventi coordinati con Torino e Genova Firenze ha preparato un cartellone di eventi.

I musei di Palazzo Vecchio, Bardini e Novecento saranno aperti al pubblico, gratuitamente per tutti i visitatori. Palazzo Vecchio (inclusa la possibilità di visitare gli arazzi medicei della Sala dei Duecento) dalle 10 alle 15, Museo Bardini e Museo Novecento dalle 15 alle 20. I musei saranno poi tra i protagonisti della serata, con riprese video, anche con droni, all’interno di Palazzo Vecchio, con focus sul Salone e nella Sala di Clemente VII, del museo Bardini, del museo dell’Opera del Duomo e del museo archeologico.

Nel Duomo di Firenze si svolgerà alle 17.30 il concerto diretto dal maestro Zubin Mehta con il Coro e l’Orchestra del Maggio musicale fiorentino.

In piazza Santa Croce dalle 18 i protagonisti saranno il Calcio Storico e il Corteo Storico della Repubblica Fiorentina, che renderanno omaggio a medici, infermieri, operatori sanitari, personale del servizio sanitario regionale e ai tanti volontari della Protezione civile del Comune di Firenze e delle varie associazioni e reti di solidarietà cittadine, che fin dall’inizio della pandemia si sono schierati in prima linea al fianco dei cittadini malati e più fragili. Il Calcio storico celebrerà il personale sanitario che ha fronteggiato l’emergenza sanitaria da Coronavirus nelle corsie degli ospedali, mentre il Corteo Storico della Repubblica Fiorentina renderà omaggio al mondo del volontariato.

Nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio si svolgerà l’evento ‘Strateco’, format dedicato al mondo della comunicazione, dove spiccano tra gli ospiti il vincitore dell’ultimo Sanremo Diodato, Niccolò Fabi, Irene Grandi, Pierfrancesco Favino. A salutare la città anche il video del cardinale Giuseppe Betori. Tra i protagonisti che animeranno la serata ci saranno anche Carlo Conti in dialogo con Bernardo Gianni da San Miniato al Monte, il direttore degli Uffizi Eike Schmidt, Claudio Bini della Società di San Giovanni, e imprenditori e artigiani fiorentini.

Se quest'anno non potranno esserci i tradizionali "Fochi", a illuminare la notte di San Giovanni a Firenze ci penseranno alcune installazioni e show di luci colorate realizzati a cura di Silfi Spa, che coinvolgeranno alcuni dei luoghi simbolo della città, come la Cupola del Brunelleschi, la Basilica di San Miniato al Monte, l'Istituto degli Innocenti e le Porte storiche.

In collaborazione con la Società di San Giovanni Battista, tre fasci di luce andranno a illuminare, da tre punti diversi della città, la Lanterna del Duomo, sulla sommità della Cupola, che in occasione del Patrono risplenderà quindi in modo speciale fino ad oltre la mezzanotte.

A colorare la notte del 24 Giugno ci penseranno poi i giochi di luce sulle Porte storiche della città (Porta San Gallo, Porta alla Croce, Torre di San Niccolò, Porta Romana, Porta al Prato e Porta San Frediano), sulla facciata della Basilica di San Miniato al Monte e sul Loggiato dell'Istituto degli Innocenti, in piazza Santissima Annunziata.
fonte:  www.quinewsfirenze.it

Staff at J.K. Rowling’s publisher won’t work on her new book after her anti-trans rants

J.K. Rowlings new children's book, "The Ickabog", is already giving people the creeps, but not for the reasons she'd like. J.K. RowlingPhoto: Shutterstock

The staff at the Hatchette Book Group publishing company are reportedly rebelling against working on J.K. Rowling’s new children’s book, The Ickabog, because of her continued transphobic screeds.
Daniel Radcliffe and other actors from the Harry Potter film series already denounced Rowling’s needlessly transphobic rants, but now the discontent is spreading to others handling her work.

Related: “Harry Potter” author J.K. Rowling continues support for extreme anti-transgender rhetoric

“Staff in the children’s department at Hachette announced they were no longer prepared to work on the book,” said one source. “They said they were opposed to her comments and wanted to show support for the trans lobby.”

Another said, “It was a handful of staff, and they are entitled to their views…. But this is a children’s fairy tale. It is not the end of the world. They will all be having chats with their managers.”
Hatchette, the book’s publisher, said in a statement that it was “proud” to publish Rowling’s fairy tale and said it respected its employees’ right to hold views different from their authors.
But while the company said it’d never force employees to work on books whose content they found upsetting for personal reasons, it said, “We draw a distinction between that and refusing to work on a book because they disagree with an author’s views outside their writing, which runs contrary to our belief in free speech.”

Hatchette made headlines last year when its staff walked out in protest of its plans to publish the memoir of Woody Allen, the longtime director accused of sexually abusing his daughter Dylan Farrow. The company eventually dropped the title, calling it a “difficult” decision but calling the book’s publication “not feasible.”

Last month, Rowling’s transphobic tweets messed up Rowling’s The Ickabog a bit more. She asked children to submit drawings of the fairy tale creature, and Rowling accidentally copied and pasted transphobic text and an f-bomb into her reaction to a 9-year-old’s drawing.
Rowling later apologized for dropping an f-bomb on a child, but she has never apologized for her transphobia. In fact, she recently defended it in a rambling 3,700-word essay that wasn’t worth publishing either.
source: By   www.lgbtqnation.com

Omotransfobia, al via la campagna nazionale "Da' voce al rispetto" a sostegno della legge

IN DUE GIORNI OLTRE 1000 ADESIONI ALL'APPELLO. A FIRMARE TANTI NOMI FAMOSI: DA ARISA A MARZANO

Al via da oggi la campagna nazionale Da’ voce al rispetto, che, lanciata dall’omonimo comitato (Etta Andreella, Rosario Coco, Paola Guazzo, Cristina Leo, Francesco Lepore, Marta Ecca, Rosario Murdica, Alessandro Paesano, Luisa Rizzitelli, Daniele Russo, Daniele Sorrentino, Francesca Sozio, Luca Trentini), si prefigge di sostenere l’approvazione della legge contro l’omotransfobia e sensibilizzare al riguardo la pubblica opinione.

Il testo normativo unificato, che sarà presentato alla Camera il 25 giugno e arriverà in Aula a luglio per la discussione, prevede misure di prevenzione e contrasto alle discriminazioni e violenze motivate da genere, orientamento sessuale e identità di genere. Tema, questo, per il quale il movimento Lgbti italiano si batte da oltre 30 anni e che è stato normato in quasi tutti i Paesi Ue, fatta eccezione per Repubblica Ceca, Lettonia e Bulgaria.

Per la campagna, che è sostenuta da Ilga Europe e Gaynetsono stati scelti sei personaggi: essi rappresentano diverse identità (gay, lesbiche, bisex, trans, uomini e donne di diverse età) e chiedono di dar voce al rispetto attraverso un fumetto simbolico simboleggiante anche il logo. Punto base dell’iniziativa è l’appello a sostegno di una legge che sia la migliore possibile e senza cedimenti verso pressioni al ribasso.

In esso si chiede «una legge che contrasti l’omotransfobia come fenomeno sociale, che intervenga negli aspetti penali legati ai crimini d’odio, negli ambiti legati alla prevenzione e al  sostegno alle vittime. Una legge contro i crimini d’odio basati su orientamento sessuale, genere e  identità di genere. Si tratta di reati che, secondo il diritto internazionale, non colpiscono solamente la persona che li subisce, ma individuano gruppi sociali rendendoli bersaglio di discriminazioni e violenze. Sono messe a rischio la libertà personale, la sicurezza e la dignità delle persone Lgbti+, delle donne e di chiunque possa essere ritenuto parte di tali gruppi.  

Una legge che intervenga, nella sua parte penale, quando il pregiudizio sull’orientamento sessuale, il genere o l’identità di genere è la causa e l’origine di omicidi, aggressioni, violenze fisiche, violenze psicologiche, ingiurie, minacce, persecuzioni, istigazione a commettere discriminazioni e altri reati. Una legge che intervenga in modo concreto a sostegno delle persone colpite dall’odio, che monitori il fenomeno e preveda investimenti per sportelli di ascolto e case di accoglienza.  

Una legge per tutte e tutti, che estenda la normativa vigente a protezione delle vittime di odio razziale, religioso, etnico e nazionale. La legge da approvare, infatti, punirà i reati, non prevederà “status privilegiati” e non toccherà la libera espressione del pensiero anche quando non condivisibile.  
Una legge di prevenzione che si preoccupi di porre le basi per agire sulle vere cause del pregiudizio e dello stigma sociale: misoginia, sessismo, omofobia, bifobia, lesbofobia, transfobia».

Oltre 1000 le firme raccolte in due giorni.
Ad aderire anche nomi famosi come Arisa, Alessandro BaracchiniImma Battaglia, Senio Bonini, Lorenzo Bosio, Mario Franco Cao, Carlotta Cerquetti, Paolo Colombo, Francesca Comencini, Ezio Cristo, Antonello Dose, Giorgione, Franco Grillini, Eva Grimaldi, Lilia Giugni, Giovanni Guercio, Francesca Romana Guarnieri, Cathy La Torre, Sergio Lo Giudice, Vladimir Luxuria, Anna Chiara Marignoli, Porpora Marcasciano, Michela Marzano, Andreas Müller, Laura Onofri, Elena Petrosino, Giuliano Peparini, Veronica Peparini, Pasquale Quaranta, Michela Quagliano, Chiara Saraceno, Pino Strabioli, Saverio Tommasi, Cristina Trucco, Francesca Vecchioni, Daniele Viotti.

Le finalità della campagna saranno illustrate stasera, alle 18:00, nella conferenza stampa online sulla pagina Fb del comitato, durante la quale sarà messo online anche lo specifico sito. Per informazioni e adesioni scrivere a info@davocealrispetto.it.
fonte: www.gaynews.it

Si è uccisa Sarah Hijazi: l'attivista Lgbt violentata nelle carceri egiziane perché aveva sventolato la bandiera arcobaleno


Dopo pressioni internazionali, era stata liberata ed aveva trovato asilo in Canada, dove ha continuato a lottare per liberare altri Lgbt in Egitto.
Si è suicidata l’attivista Lgbt egiziana Sarah Hijazi. Venne arrestata per aver sventolato la bandiera arcobaleno durante un concerto dei Machrou Laila al Cairo, come persona Trans mtf fu messa in un carcere maschile, torturata e violentata. 

L'accaduto. Il 22 settembre 2017, durante il concerto dei Machrou Laila, Sarah e un suo amico, Ahmed Alaa, sventolano la bandiera arcobaleno, un atto innocuo in molti paesi, ma non per l’Egitto, dove il gesto viene pesantemente condannato. L’immagine finisce sui media nazionali e in breve tempo i leader religiosi chiedono punizioni severe per i due attivisti.


Dopo pressioni internazionali, era stata liberata ed aveva trovato asilo in Canada, dove ha continuato a lottare per liberare altri Lgbt in Egitto. Purtroppo quanto ha subito la ha segnata profondamente e ieri ha scritto una lettera salutando i fratelli che ha cresciuto dopo la morte del padre ed il suo corpo è stato trovato senza vita.

“Ai miei fratelli e sorelle, ho provato a sopravvivere e ho fallito, perdonatemi. Ai miei amici, l’esperienza è dura e sono troppo debole per resistere, perdonatemi. Al mondo, sei stato davvero crudele! Ma io perdono”.

Queste sono le ultime parole. Si è tolta la vita domenica 14 giugno, all’età di 30 anni. 

Ricordiamo che i Egitto è ancora in carcere lo studente della Universitá di Bologna Patrick Zaky per il quale sollecitiamo il governo italiano ad intervenire. L’Egitto dovrebbe ricevere sanzioni sino a quando non rispetterà i diritti civili.
fonte: di Sarah Hijazi www.globalist.it

lunedì 15 giugno 2020

USA: Civil Rights Law Protects Gay and Transgender Workers, Supreme Court Rules

The court said the language of the Civil Rights Act of 1964, which prohibits sex discrimination, applies to discrimination based on sexual orientation and gender identity. 

Photo: Credit
Demetrius Freeman for The New York Times


The Supreme Court ruled Monday that a landmark civil rights law protects gay and transgender workers from workplace discrimination, handing the movement for L.G.B.T. equality a stunning victory.
The vote was 6 to 3, with Justice Neil M. Gorsuch writing the majority opinion. He was joined by Chief Justice John G. Roberts Jr. and Justices Ruth Bader Ginsburg, Stephen G. Breyer, Sonia Sotomayor and Elena Kagan.
The case concerned Title VII of the Civil Rights Act of 1964, which bars employment discrimination based on race, religion, national origin and sex. The question for the justices was whether that last prohibition — discrimination “because of sex”— applies to many millions of gay and transgender workers.

The decision, covering two cases, was the court’s first on L.G.B.T. rights since the retirement in 2018 of Justice Anthony M. Kennedy, who wrote the majority opinions in all four of the court’s major gay rights decisions. Those decisions were grounded in constitutional law. The new cases, by contrast, concerned statutory interpretation.
Lawyers for employers and the Trump administration argued that the common understanding of sex discrimination in 1964 was bias against women or men and did not encompass discrimination based on sexual orientation and gender identity. If Congress wanted to protect gay and transgender workers, they said, it could pass a new law.

Lawyers for the workers responded that discrimination against employees based on sexual orientation or transgender status must as a matter of logic take account of sex.
The court considered two sets of cases. The first concerned a pair of lawsuits from gay men who said they were fired because of their sexual orientation. The second was about a suit from a transgender woman, Aimee Stephens, who said her employer fired her when she announced that she would embrace her gender identity at work.
The cases concerning gay rights are Bostock v. Clayton County, Ga., No. 17-1618, and Altitude Express Inc. v. Zarda, No. 17-1623.

The first case was filed by Gerald Bostock, a gay man who was fired from a government program that helped neglected and abused children in Clayton County, Ga., just south of Atlanta, after he joined a gay softball league.
The second was brought by a skydiving instructor, Donald Zarda, who also said he was fired because he was gay. His dismissal followed a complaint from a female customer who had expressed concerns about being strapped to Mr. Zarda during a tandem dive. Mr. Zarda, hoping to reassure the customer, told her that he was “100 percent gay.”

Mr. Zarda died in a 2014 skydiving accident, and his estate pursued his case.
Most federal appeals courts have interpreted Title VII to exclude sexual orientation discrimination. But two of them, in New York and Chicago, have ruled that discrimination against gay men and lesbians is a form of sex discrimination.

In 2018, a divided 13-judge panel of the United States Court of Appeals for the Second Circuit, in New York, allowed Mr. Zarda’s lawsuit to proceed. Writing for the majority, Chief Judge Robert A. Katzmann concluded that “sexual orientation discrimination is motivated, at least in part, by sex and is thus a subset of sex discrimination.”

In dissent, Judge Gerard E. Lynch wrote that the words of Title VII did not support the majority’s interpretation.
“Speaking solely as a citizen,” he wrote, “I would be delighted to awake one morning and learn that Congress had just passed legislation adding sexual orientation to the list of grounds of employment discrimination prohibited under Title VII of the Civil Rights Act of 1964. I am confident that one day — and I hope that day comes soon — I will have that pleasure.”

“I would be equally pleased to awake to learn that Congress had secretly passed such legislation more than a half-century ago — until I actually woke up and realized that I must have been still asleep and dreaming,” Judge Lynch wrote. “Because we all know that Congress did no such thing.”
The case on transgender rights is R.G. & G.R. Harris Funeral Homes Inc. v. Equal Employment Opportunity Commission, No. 18-107. It concerns Aimee Stephens, who was fired from a Michigan funeral home after she announced in 2013 that she was a transgender woman and would start working in women’s clothing. Ms. Stephens died on May 12.

“What I must tell you is very difficult for me and is taking all the courage I can muster,” she wrote to her colleagues in 2013. “I have felt imprisoned in a body that does not match my mind, and this has caused me great despair and loneliness.”

Ms. Stephens had worked at the funeral home for six years. Her colleagues testified that she was able and compassionate.Two weeks after receiving the letter, the home’s owner, Thomas Rost, fired Ms. Stephens. Asked for the “specific reason that you terminated Stephens,” Mr. Rost said: “Well, because he was no longer going to represent himself as a man. He wanted to dress as a woman.”

The United States Court of Appeals for the Sixth Circuit, in Cincinnati, ruled for Ms. Stephens. Discrimination against transgender people, the court said, was barred by Title VII.
“It is analytically impossible to fire an employee based on that employee’s status as a transgender person without being motivated, at least in part, by the employee’s sex,” the court said, adding, “Discrimination ‘because of sex’ inherently includes discrimination against employees because of a change in their sex.”
fonte: By     www.nytimes.com

Justices rule LGBT people protected from job discrimination

WASHINGTON (AP) — The Supreme Court ruled Monday that a landmark civil rights law protects gay, lesbian and transgender people from discrimination in employment, a resounding victory for LGBT rights from a conservative court. Photo: Joseph Fons holding a Pride Flag, walks back and forth in front of the U.S. Supreme Court building after the court ruled that LGBTQ people can not be disciplined or fired based on their sexual orientation June 15, 2020 in Washington, DC. (Photo by Chip Somodevilla/Getty Images)

The court decided by a 6-3 vote that a key provision of the Civil Rights Act of 1964 known as Title VII that bars job discrimination because of sex, among other reasons, encompasses bias against LGBT workers.

      "An employer who fires an individual for being homosexual or transgender fires that person for traits or actions it would not have questioned in members of a different sex," Justice Neil Gorsuch wrote for the court. "Sex plays a necessary and undisguisable role in the decision, exactly what Title VII forbids."

Justices Samuel Alito, Brett Kavanaugh and Clarence Thomas dissented.
"The Court tries to convince readers that it is merely enforcing the terms of the statute, but that is preposterous," Alito wrote in the dissent. "Even as understood today, the concept of discrimination because of 'sex' is different from discrimination because of 'sexual orientation' or 'gender identity.'"
Kavanaugh wrote in a separate dissent that the court was rewriting the law to include gender identity and sexual orientation, a job that belongs to Congress. Still, Kavanaugh said the decision represents an "important victory achieved today by gay and lesbian Americans."

The outcome is expected to have a big impact for the estimated 8.1 million LGBT workers across the country because most states don't protect them from workplace discrimination. An estimated 11.3 million LGBT people live in the U.S., according to the Williams Institute at the UCLA law school.
But Monday's decision is not likely to be the court's last word on a host of issues revolving around LGBT rights, Gorsuch noted.

Lawsuits are pending over transgender athletes' participation in school sporting events, and courts also are dealing with cases about sex-segregated bathrooms and locker rooms, a subject that the justices seemed concerned about during arguments in October. Employers who have religious objections to employing LGBT people also might be able to raise those claims in a different case, Gorsuch said.

"But none of these other laws are before us; we have not had the benefit of adversarial testing about the meaning of their terms, and we do not prejudge any such question today," he wrote.

The cases were the court's first on LGBT rights since Justice Anthony Kennedy's retirement and replacement by Kavanaugh. Kennedy was a voice for gay rights and the author of the landmark ruling in 2015 that made same-sex marriage legal throughout the United States. Kavanaugh generally is regarded as more conservative.

The Trump administration had changed course from the Obama administration, which supported LGBT workers in their discrimination claims under Title VII.

During the Obama years, the federal Equal Employment Opportunity Commission had changed its longstanding interpretation of civil rights law to include discrimination against LGBT people. The law prohibits discrimination because of sex, but has no specific protection for sexual orientation or gender identity.

In recent years, some lower courts have held that discrimination against LGBT people is a subset of sex discrimination, and thus prohibited by the federal law.
Efforts by Congress to change the law have so far failed. The Supreme Court cases involved two gay men and a transgender woman who sued for employment discrimination after they lost their jobs.
Aimee Stephens lost her job as a funeral director in the Detroit area after she revealed to her boss that she had struggled with gender most of her life and had, at long last, "decided to become the person that my mind already is." Stephens told funeral home owner Thomas Rost that following a vacation, she would report to work wearing a conservative skirt suit or dress that Rost required for women who worked at his three funeral homes. Rost fired Stephens.

The 6th U.S. Circuit Court of Appeals in Cincinnati, Ohio, ruled that the firing constituted sex discrimination under federal law. Stephens died last month. Donna Stephens, her wife of 20 years, said in a statement that she is "grateful for this victory to honor the legacy of Aimee, and to ensure people are treated fairly regardless of their sexual orientation or gender identity.

The federal appeals court in New York ruled in favor of a gay skydiving instructor who claimed he was fired because of his sexual orientation. The full 2nd U.S. Circuit Court of Appeals ruled 10-3 that it was abandoning its earlier holding that Title VII didn't cover sexual orientation because "legal doctrine evolves." The court held that "sexual orientation discrimination is motivated, at least in part, by sex and is thus a subset of sex discrimination."
That ruling was a victory for the relatives of Donald Zarda, who was fired in 2010 from a skydiving job in Central Islip, New York, that required him to strap himself tightly to clients so they could jump in tandem from an airplane. He tried to put a woman with whom he was jumping at ease by explaining that he was gay. The school fired Zarda after the woman's boyfriend called to complain.
Zarda died in a wingsuit accident in Switzerland in 2014.

In a case from Georgia, the federal appeals court in Atlanta ruled against Gerald Bostock, a gay employee of Clayton County, in the Atlanta suburbs. Bostock claimed he was fired in 2013 because he is gay. The county argues that Bostock was let go because of the results of an audit of funds he managed.
The 11th U.S. Circuit Court of Appeals dismissed Bostock's claim in a three-page opinion that noted the court was bound by a 1979 decision that held "discharge for homosexuality is not prohibited by Title VII."
fonte: by MARK SHERMAN, The Associated Press  https://local12.com

Alberto Sordi, cento anni da italiano. Era nato a Trastevere il 15 giugno, poi apparve in 152 film

A Via San Cosimato 7 nel romano rione di Trastevere non c'è più nessuno che possa dire di averlo conosciuto: dal giorno in cui qui era nato Alberto Sordi (SCHEDA ANSA CINEMA) saranno passati 100 anni il 15 giugno. Sul muro una targa ricorda questo romano illustre che nella memoria collettiva incarna l'italiano esemplare con tutti i suoi grandi difetti e le sue piccole virtù.

Figlio di un maestro strumentista (suonava la tuba e insegnava musica) e di una maestra, Albertone passò l'infanzia a Valmontone. Tornato a Roma nel 1937, studiò canto lirico fino a far parte del coro della Sistina: era un ragazzino con la voce da soprano, ma ben presto si scoprì un basso naturale. Anni dopo i primi contratti da doppiatore prestando la voce a Oliver Hardy, dopo aver vinto un concorso della Metro Goldwin Mayer nel 1937. La musica gli fu amica tante volte, dal teatro di rivista (rievocato nel suo "Polvere di stelle") durante la guerra fino al servizio militare quando militò nella banda del reggimento di fanteria "Torino", dall'iscrizione alla Siae come mandolinista negli anni '50 fino alle musiche di "Fumo di Londra" (la sua prima regia) che volle firmare insieme a Giuseppe Piccioni. I primi successi arrivano subito dopo la guerra, alla radio, con una gamma di personaggi diventati immortali: Il compagnuccio della parrocchietta, Mario Pio, il Conte Claro.

Quella che poteva essere la sua maledizione (un marcato accento trasteverino che gli valse la cacciata dalla milanese Accademia dei Filodrammatici) fu invece la chiave della sua popolarità. Su di lui scommise da produttore Vittorio De Sica per lo sfortunato "Mamma mia, che impressione" che attingeva a piene mani nel repertorio radiofonico, ma soprattutto il quasi coetaneo Federico Fellini che lo volle protagonista del suo esordio, "Lo sceicco bianco" (1952).

Per Fellini incarnò un divo dei fotoromanzi ma l'esperienza fallimentare non ruppe l'amicizia fra i due e con il successivo "I vitelloni" il vento cominciò a soffiare nella giusta direzione. Sordi si accomodò come in una seconda pelle nella parte dell'indolente Alberto che passa le sue giornate tra partite di biliardo, scherzi goliardici e malinconia del vivere. Plasmata da un esperto artigiano della commedia come Steno, quella maschera fece innamorare gli spettatori tra "Un giorno in pretura", "Piccola posta" e soprattutto "Un americano a Roma (1954) col bulletto Nando Moriconi. Da quel momento la sua carriera divenne frenetica al ritmo di anche 10 pellicole all'anno per un record di 152 apparizioni fino alla morte, il 24 febbraio del 2003.

Se negli anni '50 Alberto Sordi dà vita a personaggi essenzialmente comici e parodistici, con gli anni '60 si prepara diventare uno dei quattro "colonnelli" della commedia all'italiana. La svolta coincide però con un'interpretazione drammatica in uno dei film più importanti nella storia del cinema italiano: "La grande guerra" di Mario Monicelli, premiato alla Mostra di Venezia col Leone d'oro e avversato da schiere di moralisti e conservatori. L'anno dopo avrebbe bissato con un altro film sul doppio crinale della commedia e della tragedia, "Tutti a casa" di Luigi Comencini: ancora una volta con un debole capace di riscatto durante un momento cruciale della Storia, l'8 settembre 1943 e la successiva scelta della Resistenza.

Nel 1961 Sordi prosegue nella sua personale rivisitazione dei fatti italiani con "Una vita difficile" di Dino Risi. Adesso a sceglierlo sono i maestri di quella commedia di costume che fustiga senza pietà i difetti dell'italiano medio. Sordi partecipa spesso all'elaborazione dei copione (circa 140 oltre alle sue regie) e trova nel veneto Rodolfo Sonego il suo complice prediletto. L'uomo era molto più colto e riflessivo di quanto amasse mostrare e perfino nel cupo "Un borghese piccolo piccolo" (sempre di Monicelli) appare tanto spaesato quanto consapevole nel ruolo dell'impiegato Giovanni Vivaldi, implacabile killer per desiderio di giustizia e di vendetta dopo la morte del figlio. I suoi successi sono ormai eterni e perfino la critica americana lo celebra oggi come un monumento dell'arte della recitazione. Sarebbe un errore pensare che siano l'improvvisazione e la naturalezza le chiavi con cui riusciva a calarsi in protagonisti tanto diversi: da "Boom", de "I mostri", "Gastone", "Il medico della mutua" (forse il più emblematico di tutti), "Nell'anno del Signore", "La più bella serata della mia vita", "Lo scopone scientifico", "Il marchese del Grillo". Nel 1966 volle dirigersi da solo e "Fumo di Londra" rivelò bene le sue contraddizioni personali con un anti-eroe incapace di comprendere il cambiamento del tempo. Gli ottimi incassi della pellicola lo convinsero a ripetersi e alla fine si sarebbe raccontato in 19 film.

Con Fellini non avrebbe lavorato più ma alla Cineteca Nazionale si conserva un suo memorabile "provino" per il "Casanova". Per tutta la vita, con sua oggettiva soddisfazione, gli è rimasta appiccicata l'etichetta dell'"italiano medio", furbo, piacione, vigliacco o debole, a suo modo ingenuo e in fondo di sani principi. Ma Alberto Sordi in verità sapeva fare tutto (lo confermano le doti da entertainer televisivo e le prove da ballerino), teneva alla sua vita privata (unico amore confessato quello in gioventù per Andreina Pagnani), si fidava solo della sua famiglia (un fratello manager, due sorelle ancelle e custodi della sua bella villa sulla via Appia), mostrava generosità pudiche come le donazioni assistenziali, religiosità non ostentata e la bonomia sempre confermata per quello che aveva eletto a erede artistico, Carlo Verdone.

A settembre, fin qui rimandata, si aprirà la mostra a lui dedicata nella sua casa-fondazione. Per ricordare quanto sia stato un mito del '900 bastano alcuni dettagli: il 15 giugno del 2000 il sindaco di Roma, Francesco Rutelli, gli cedette per un giorno la sua fascia tricolore; alla morte il suo corpo venne imbalsamato e così lo salutarono, in un'interminabile processione di due giorni al Campidoglio, tutti i suoi concittadini; ai funerali solenni in San Giovanni in Laterano fu una folla di 250.000 persone ad accompagnarlo per l'ultima volta. Narciso come un vero mattatore, si costruì da solo la biografia artistica nell'appassionata "Storia di un italiano" per la televisione pubblica. Sulla sua tomba lo ricorda una battuta del "Marche del Grillo": "Sor Marchese, è l'ora".
fonte: di Giorgio Gosetti   www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

domenica 14 giugno 2020

Mostre: "Ren Hang. Nudi" Al Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato, fino al 23 agosto 2020

Tra i primi nuovi progetti a inaugurare in un museo italiano dopo la chiusura per l’emergenza sanitaria, dal 4 giugno al 23 agosto 2020 il Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci di Prato presenta per la prima volta in Italia un corpus di opere dell’acclamato fotografo e poeta cinese Ren Hang (1987- 2017), tragicamente scomparso a neppure trent’anni. Photo: © OstLicht Gallery / Ren Hang Estate | Ren Hang, Untitled, 2015

Curata da Cristiana Perrella, la mostra Nudi raccoglie una selezione di 90 fotografie di Ren Hang provenienti da collezioni internazionali, accompagnate dalla documentazione del backstage di un suo shooting nel Wienerwald nel 2015 e da un’ampia selezione dei libri fotografici da lui realizzati.

Ren Hang, che non ha mai voluto essere considerato un artista politico – nonostante le sue fotografie fossero ritenute in Cina pornografiche e sovversive – è noto soprattutto per la sua ricerca su corpo, identità, sessualità e rapporto uomo-natura, che ha per protagonista una gioventù cinese nuova, libera e ribelle.

Per lo più nudi, i suoi soggetti appaiono su un tetto tra i grattacieli di Pechino, in una foresta di alberi ad alto fusto, in uno stagno con fiori di loto, in una vasca da bagno tra pesci rossi che nuotano oppure in una stanza spoglia, i loro volti impassibili, le loro membra piegate in pose innaturali. Cigni, pavoni, serpenti, ciliegie, mele, fiori e piante sono utilizzati come oggetti di scena assurdi ma dal grande potere evocativo. Sebbene spesso provocatoriamente esplicite nell'esposizione di organi sessuali e nelle pose, che a volte rimandano al sadomasochismo e al feticismo, le immagini di Ren Hang risultano di difficile definizione, scottanti e allo stesso tempo permeate da un senso di mistero e da un’eleganza formale tali da apparire poetiche e, per certi versi, melanconiche.

I corpi dei modelli – tutti simili tra loro, esili, glabri, dalla pelle bianchissima e i capelli neri, rossetto rosso e unghie smaltate per le donne – sono trasformati in forme scultoree dove il genere non è importante. Come ha ammesso l’autore: “Il genere […] per me è importante solo quando faccio sesso”. Piuttosto che suscitare desiderio, queste immagini sembrano voler rompere i tabù che circondano il corpo nudo, sfidando la morale tradizionale che ancora governa la società cinese. In Cina, infatti, il concetto di nudo non è separabile da quello di pornografia e il nudo, come genere, non trova spazio nella storia dell’arte. Le fotografie di Ren Hang sono state per questo spesso censurate. “Siamo nati nudi…io fotografo solo le cose nella loro condizione più naturale” (Ren Hang).

Nato nel 1987 a Chang Chun, nella provincia di Jilin, soprannominato la "Detroit della Cina", Ren Hang ha studiato Comunicazione all’Università di Pechino, interrompendo i suoi studi per iniziare, da autodidatta, la carriera di fotografo, primo soggetto il suo coinquilino. Con fotocamere digitali a basso costo e un uso crudo del flash, ha messo a punto uno stile che lo ha reso riconoscibile e gli ha permesso di affermarsi fuori dal suo paese, diventando un autore di culto. Tra le sue mostre principali la collettiva FUCK OFF 2 al Groninger Museum nel 2013, curata da Ai Weiwei, la personale al FOAM, Amsterdam, nel 2017, quella alla Maison de la Photographie a Parigi e a C/O a Berlino, entrambe nel 2019. Ha pubblicato il suo lavoro in numerosi libri autoprodotti a bassa tiratura, oggi introvabili. Accanto alle sue fotografie ha sviluppato una produzione poetica che ne condivide temi e toni. Spesso teneri, sensuali e completamente privi di censura, i suoi versi sono stati un altro strumento per infrangere i tabù sociali, per esplorare i temi della vita, della morte, del desiderio. Affetto da grave depressione, Ren Hang si è tolto la vita a Pechino, nel 2017.

Si ringraziano Francesco Terzago per la traduzione dei versi di Ren Hang e Zhong Art International per la preziosa collaborazione.
Dal 04 Giugno 2020 al 23 Agosto 2020 - Prato
Luogo: Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Indirizzo: viale della Repubblica 277
Orari: dal giovedì alla domenica 12-20
Curatori: Cristiana Perrella
Costo del biglietto: intero: 7 €; ridotto: 5 €. L'entrata alle altre mostre del Centro Pecci rimane gratuita fino al 31 luglio
Sito ufficiale: http://www.centropecci.it
fonte:  www.arte.it

La Festa della Musica di Roma sarà dedicata al maestro Ezio Bosso

La sindaca Virginia Raggi ha annunciato che la Festa della Musica di Roma del 21 giugno 2020 sarà dedicata al maestro Ezio Bosso, direttore d’orchestra, compositore e pianista, morto a maggio scorso. Tutte le informazioni utili per partecipare all’evento realizzando la propria performance musicale. In foto: Virginia Raggi con Ezio Bosso

La Festa della Musica di Roma del 21 giugno 2020 sarà dedicata al maestro Ezio Bosso, recentemente scomparso. Un lutto quello del direttore d'orchestra, compositore e pianista morto a soli quarantotto anni, che ha toccato il mondo della musica, in tantissimi lo hanno ricordato con immagini, messaggi d'addio e frasi di stima, un artista di innata bravura, capace di toccare con la sua musica le corde profonde dei sentimenti, e una persona dalla grande umanità.

Ad annunciare la notizia di ricordarlo proprio nella ricorrenza in cui la Capitale celebra l'amore per la musica, la sindaca Virginia Raggi: "Abbiamo deciso di dedicare la Festa della Musica del 21 giugno al maestro Ezio Bosso, che ci ha da poco lasciato.

Ci sembrava il modo migliore per rendere omaggio alla memoria di un grande artista a cui, circa un anno fa, Roma ha conferito la cittadinanza onoraria" ha scritto la sindaca. In quell'occasione Ezio Bosso emozionato per il riconoscimento ricevuto ha detto: "È difficilissimo parlare, sono commosso. Sono onorato più che mai. Il musicista deve volere bene a ogni nota e credere in essa. Per una città è lo stesso. Roma da oggi ha un cittadino orgoglioso che le vuole bene. Evviva Roma".

Come partecipare alla Festa della Musica di Roma 2020

Roma il 21 giugno 2020 celebrerà per il quarto anno consecutivo la Festa della Musica, giunta alla quarta edizione. Le persone che vorranno partecipare alla ricorrenza possono farlo registrandosi sul sito ufficiale dell'evento www.festadellamusicaroma.it seguendo le indicazioni. È possibile dare un contributo con la propria esibizione che può essere musicale o canora, quindi suonando uno strumento musicale o cantando una canzone, dal genere classico al reggae, dall’elettronica al pop.

Una performance che potrà essere registrata oppure live, condividendo il proprio contenuto sui social network il 21 giugno stesso, con l’hashtag #FDMRoma2020.
fonte: di Alessia Rabbai  https://roma.fanpage.it

USA: L’amministrazione Trump ha abolito le norme che vietavano di discriminare le persone transgender in ambito sanitario

Venerdì il governo Trump ha ufficializzato un provvedimento che abolisce le tutele esplicite contro la discriminazione delle persone transgender in ambito sanitario, introdotte durante la presidenza Obama.

L’Affordable Care Act (la legge della riforma sanitaria di Obama) proibisce la discriminazione sulla base di «razza, colore, origini, sesso, età o disabilità» in ambito di accesso alle assicurazioni sanitarie. Nel 2016, alla fine della presidenza Obama, era stata introdotta una regola che interpretava il divieto di discriminazione sulla base del sesso per includere le forme di discriminazione sulla base dell’identità di genere.

Il dipartimento per la Salute degli Stati Uniti ha detto venerdì che manterrà le protezioni contro la discriminazione sessuale ma sulla base del «mero significato della parola “sesso” come maschio o femmina, determinati dalla biologia».

Gli attivisti per i diritti delle persone LGBTQ+ dicono che le tutele esplicite contro la discriminazione sulla base dell’identità di genere sono necessarie perché le persone che necessitano di interventi di riassegnazione di genere abbiano accesso alle cure, e per le persone transgender che hanno bisogno di cure mediche per malattie comuni come il diabete o problemi cardiaci.
fonte: photo(Tasos Katopodis/Getty Images)   www.ilpost.it