martedì 23 novembre 2021

Cinema > Eddie Redmayne su The Danish Girl: “Accettare quel ruolo è stato un errore”

L'attore che nel 2016 ottenne la candidatura all’Oscar per la sua interpretazione della pittrice transgender Lili Elbe (una delle prime persone al mondo a subire un intervento per diventare donna biologicamente), oggi si dice pentito di quella scelta. “Non toccava a me. Nel cinema ci vuole più uguaglianza”, ha affermato a The Times l’interprete 39enne, ora d’accordo con chi al tempo contestò il fatto che non fosse stata scritturata un’attrice trans per il ruolo

Eddie Redmayne ha dichiarato che accettare il ruolo nel film The Danish Girl è stato un errore.

Nel 2015 l’attore (che aveva vinto l’anno prima il premio Oscar al miglior attore interpretando Stephen Hawking ne La teoria del tutto, film uscito nel 2014) ha accettato la parte da protagonista di The Danish Girl, la pellicola diretta da Tom Hooper che adatta il romanzo La danese (The Danish Girl), scritto nel 2000 da David Ebershoff e liberamente ispirato alle vite delle pittrici danesi Lili Elbe e Gerda Wegener.

Redmayne si è calato nei panni di Lili Elbe, nata Einar Wegener, una delle prime persone al mondo a subire un intervento per diventare donna biologicamente. Si tratta infatti della seconda persona a essere identificata come transessuale e a essersi sottoposta a un intervento chirurgico di riassegnazione sessuale.
Nata biologicamente uomo, con il nome di Einar Mogens Andreas Wegener, è stata la seconda persona, seguendo la primissima donna transgender: Dora Richter. Lili Elbe si sottopose all’iter di transizione di genere nel lontano 1930, recandosi in Germania (lei era danese, come lo stesso titolo di romanzo e film ben illustra) per sottoporsi all'intervento chirurgico di riassegnazione sessuale, all'epoca ancora sperimentale. Andò incontro a cinque operazioni chirurgiche.

Redmayne pentito: “Non toccava a me”

“Non toccava a me”, afferma oggi l’attore 39enne in occasione di un’intervista rilasciata al magazine The Times. “Nel cinema ci vuole più uguaglianza”.

Benché quella parte gli fece ottenere una candidatura gli Oscar nel 2016, ora concorda con le tante voci critiche che all’epoca avevano contestato la scelta di non scegliere un'attrice transgender.

“Ho interpretato quel ruolo con le migliori intenzioni, ma accettarlo fu un errore. Il grande dibattito sul casting che si è aperto è legato al fatto che realmente ancora oggi troppe persone sono escluse dalle decisioni, ci dovrebbe essere più uguaglianza in questo senso, altrimenti continueremo a discutere sempre di questi argomenti”, ha spiegato l’attore britannico.

La scelta di Redmayne contestata anche dalla co-protagonista, Alicia Wikander

La scelta di casting che ha decretato Redmayne nella parte di Lili Elbe è stata già ampiamente criticata perfino dalla co-protagonista dell'attore, Alicia Wikander. L'attrice - che ha vinto la statuetta gli Academy Awards per la sua interpretazione di Garda, la moglie di Einar Wegener (nome con cui Lili Elbe nacque all’anagrafe) - alcuni mesi fa ha rilasciato dichiarazioni a Insider in cui afferma di essere d'accordo con chi contestava la scelta di un uomo nei panni di un personaggio di donna transgender.

“C’è bisogno di un cambiamento. Bisogna fare in modo che uomini e donne transgender riescano a trovare spazio nel settore. E il cambiamento sarà completo solo quando attori trans interpreteranno personaggi cisgender”, queste le parole di Alicia Wikander sull’argomento.

Un tema che dovrebbe essere trattato come il blackface

Oggi una nuova sensibilità sta facendo intravedere la proverbiale luce in fondo al tunnel: sta sorgendo un'alba che rischiara finalmente l'oscurità su alcuni temi che nel 2021, quasi 2022, sembra assurdo esser qui a dibattere ancora.

Negli ultimi mesi il politically correct ha incominciato a farsi sentire a gran voce, spingendo le produzioni cinematografiche e televisive a limitare il cosiddetto “blackface”, benché sia scorretto parlarne in questi termini.

In senso stretto, infatti, questa parola rimanda allo stile di trucco teatrale, diffuso nel XIX secolo, che consiste nel truccarsi in modo non realistico per assumere le sembianze stilizzate e stereotipate di una persona nera.

Oggi “blackface” viene più che altro usato in senso lato, per riferirsi ai casi in cui attori e doppiatori si ritrovano a dover interpretare persone di diversa etnia rispetto a quella cui appartengono, marcando in maniera esagerata, stereotipata e denigrante tratti considerati luoghi comuni, stereotipi offensivi. Intendiamo riferirci con questo termine a qualsiasi caso di stereotipizzazione di genere, a livello razzista, religioso o sessuale che sia.  

Oggi le produzioni del piccolo e del grande schermo incominciano a tener conto della questione, optando per scelte di casting che siano fedeli alla provenienza geografica, all’appartenenza etnica e religiosa del personaggio in questione.

Due esempi arrivano da I Simpson, che alcuni mesi fa hanno annunciato un cambiamento epocale ingaggiando nuovi doppiatori per due personaggi storici ricorrenti, ossia Apu e il dottor Julius Hibbert. Questi ultimi sono affidati oggi a doppiatori della medesima etnia (Apu è indiano e il Dr. Hibbert afroamericano).

Recentemente anche l'interpretazione di personaggi con orientamento sessuale e identità sessuale diversa da quella eterosessuale viene assegnata preferibilmente ad attori caratterizzati dallo stesso orientamento e dalla medesima identità. Tra i prodotti televisivi più attenti a far combaciare interprete e ruolo in maniera rispettosa per quanto riguarda l'identità sessuale possiamo citare Grey’s Anatomy.

Basta ruoli LGBTQ+ affidati ad attori che non appartengono alla comunità LGBTQ+

Il pubblico chiede ormai a gran voce di non scritturare più attori eterosessuali per ruoli LGBTQ+. Non si tratta solamente di politically correct ma anche di buon cinema e buona televisione, di buona arte in generale: solo chi fa davvero parte di questa comunità saprà interpretarla al meglio, senza stereotipizzazioni e caricature. Affidare parti LGBTQ+ a interpreti non LGBTQ+ è da bandire poiché non rispetta i diritti delle persone, non omaggia la diversità e l’inclusività, si basa su una forma di stereotipizzazzione (che ormai è da bandire sempre, trattandosi di qualcosa di altamente dannoso, come ormai avremmo dovuto capire da decenni).

Personaggi LGBTQ+ affidati ad attori che appartengono alla comunità: il caso Grey's Anatomy

Grey's Anatomy è indubbiamente uno degli show più inclusivi e rispettosi della diversità.
Nel medical drama ideato da Shonda Rhimes è stato annunciato alla fine di ottobre 2021 l’arrivo del primo medico della serie dichiaratamente non-binary.

A interpretare il personaggio del dr. Kai Bartley è E.R. Fightmaster, attore, produttore e scrittore statunitense non binario anche nella vita reale. Era già apparso nella serie “Shrill”, su Hulu. Si tratta dell’ennesima riprova di come questo show punti sull'inclusività: da anni Grey's Anatomy contempla nel cast interpreti e personaggi che fanno parte comunità LGBTQ+.

L'arrivo di un medico dichiaratamente non-binary è una svolta importante per il mondo delle serie, della televisione, dello spettacolo in generale e per il mondo.
Da anni la serie si conferma come altamente inclusiva, accogliendo persone appartenenti alla comunità LGBTQ+, sia come guest star occasionali sia come membri del cast fisso. Oltre a contemplare tra gli interpreti persone che appartengono alla comunità LGBTQ+, chiaramente Grey's Anatomy abbraccia anche personaggi che fanno parte della stessa comunità, affidando ad attori LGBTQ+ ruoli LGBTQ+.

Ci sono state Callie Torres e la sua fidanzata Arizona Robbins. La prima era il primario di ortopedia, dichiaratamente bisessuale, mentre la seconda era il chirurgo pediatrico dichiaratamente omosessuale, rispettivamente interpretate da Sara Ramírez e Jessica Capshaw. Quest'ultima è una interprete eterosessuale che si è calata nella parte di un personaggio gay, cosa che ultimamente non è ben vista.

La tendenza è quella di fare interpretare personaggi LGBTQ+ da persone facenti parte realmente di quella comunità, per evitare deprecabili stereotipizzazioni.
 
Invece Sara Ramírez, che ha interpretato Callie Torres, è lei stessa dichiaratamente bisessuale dall'ottobre 2016. Nel 2020 ha fatto coming out come genderqueer e ha affermato di adottare il pronome femminile e il pronome neutro "they singolare”.


Ricordiamo anche il dott. Levi Schmit, il primo personaggio gay maschile fisso della serie, a cui spetta il principale ruolo di appartenente alla comunità LGBTQ+ dopo i ruoli uscenti di Callie Torres e Arizona Robbins, uscite di scena rispettivamente nella stagione 12 e nella 14.

Il dott. Levi Schmit è interpretato da Jake Borelli, attore che ha dichiarato di essere omosessuale pubblicamente sul suo profilo ufficiale di Instagram nel novembre 2018. E, cosa da non sottovalutare, è che il suo annuncio sui social network è arrivato pochi istanti dopo la messa in onda del sesto episodio della quindicesima stagione di Grey's Anatomy's, quello in cui il suo personaggio fa esattamente lo stesso coming out.

Questa cosa è meravigliosa e, tra le tante soddisfazioni che in diciotto stagioni ha avuto la sceneggiatrice e produttrice Shonda Rhimes (diventata una celeb mondiale proprio grazie a Grey's Anatomy's), probabilmente anche pensare di aver aiutato Jake Borelli nel proprio percorso è una gratificazione enorme.



C'è stato anche il dottor Casey Parker, uno dei sei specializzandi della quattordicesima stagione che è stato il primo dottore transgender del medical drama. Arrivato nello show nel 2018, questo personaggio è interpretato da Alex Blue Davis, attore e musicista transgender che già aveva recitato nelle serie televisive NCIS e Two Broke Girls.

fonte: Camilla Sernagiotto https://tg24.sky.it

Prosa: "FERZANEIDE" Uno spettacolo di e con Ferzan Ozpetek, Teatro Arcimboldi Milano, il 27 novembre 2021

“É nata una stella, si chiama Ferzan Ozpetek”. Per la prima volta a Milano, in esclusiva al TAM!

FERZANEIDE è un viaggio sentimentale attraverso il racconto dei miei ricordi, delle suggestioni e delle figure umane che hanno ispirato molti dei miei film. Vorrei parlare alle persone che hanno incontrato il mio cinema, ai molti che hanno letto le pagine dei miei tre romanzi, agli altri ancora che hanno ascoltato l’opera lirica delle mie dame straziate d’amore, Aida Traviata Butterfly. Poco meno di un anno fa ho trasferito dal cinema al teatro le Mine Vaganti a me sempre care. E proprio su Mine Vaganti il sipario all’improvviso è calato dolorosamente. Finalmente nel prossimo periodo natalizio si rialzerà il sipario su quella bizzarra commedia della quotidianità.

In un periodo di sconcerto e sospensione, come è stato l’anno trascorso, ho pensato spesso ai tanti operatori e protagonisti del panorama teatrale, del palcoscenico in generale ma pure del comparto musicale, che vivono più di altri se possibile la sorte avversa dei tempi, il disagio delle loro famiglie, la condizione critica della precarietà materiale di un lavoro a cui si sono sempre prestati con passione ed entusiasmo. Anche per questo insieme al produttore Marco Balsamo ho deciso di impegnarmi in prima persona per lanciare un segnale di ripresa di un settore che ha bisogno di sostegno e soprattutto di fiducia. Nei prossimi mesi porterò questo spettacolo FERZANEIDE in date sparse qua e là in tutta Italia.

Questa volta sul palco ci sono io, io solo, ad incontrare il pubblico con il racconto della mia carriera artistica e del mio sentimento per la vita, la mia e quella degli altri. Nell’amore, nell’amicizia, nello stupore, in tutti quei gesti e luoghi illuminati dalla passione. Negli anni ho sposato molte cause all’insegna del coraggio. Coraggio. Forse in questa parola è racchiuso il senso di quello che dirò sera dopo sera. Il coraggio di inseguire i propri sogni. Il coraggio di sfidare i pregiudizi. Il coraggio di essere felici. E sperare di tornare ad esserlo di nuovo. A teatro, al cinema, ai concerti, ai musei. Ovunque.

-Ferzan Ozpetek

27 novembre 2021 ore 21

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fonti:  www.teatroarcimboldi.it

Cultura: Tra Muti e Pompei ITsART debutta in tutta Europa. Piattaforma sigla anche accordo con Cinecittà per Archivio Luce

Il meglio dell'arte e della cultura italiana, comodamente in poltrona (ma anche in treno, in ufficio, in coda al supermercato) ora in tutta Europa.

È il nuovo debutto di ITsART, la piattaforma streaming nata a ridosso della pandemia, quando i luoghi della cultura erano forzatamente inaccessibili e promossa dal ministero della cultura, finora disponibile solo in Italia e Regno Unito, ma che da oggi alza il sipario in tutti e 26 i Paesi dell'Unione Europa.

Un vero palcoscenico virtuale, con un catalogo da oltre 1250 eventi e spettacoli, dal vivo e on-demand (divisi tra Palco, Luoghi e Storie, ) che vanno dai monumenti virtuali alle visite ai musei, l'Opera, il pop, danza, teatro e cinema, con cui ITsART (il cui nome deriva dalla crasi di "Italy is art") ora potenzialmente può raggiungere una platea da 500 milioni di abitanti. 

"Siamo il primo servizio streaming pensato per sostenere la fruizione del patrimonio culturale italiano - sottolinea l'ad Guido Casali - Il nostro obbiettivo è diventare una piattaforma globale, avere la platea più vasta possibile di utenti e appassionati". 

Certo, prosegue, "l'esperienza dal vivo è un'altra cosa: nulla può sostituire l'emozione di toccare una pietra del Colosseo o di essere in platea davanti a un attore che recita. Ma lo streaming, oltre a ricordarci la bellezza del nostro patrimonio, può essere un'occasione per rendere disponibili contenuti a chi per motivi diversi, non può muoversi, far scoprire luoghi meno conosciuti e, dopo la visione, attirare nuovo pubblico, soprattutto giovane. 

Ci sono tanti mercati interessati alla cultura italiana, all'Opera, ai film storici", dice, e a partire dal prossimo anno si punta ad altre aree, come Stati Uniti e Cina. Per avere un'idea della trasformazione in atto, illustra ancora Casali, "durante la pandemia il fatturato degli istituti culturali in Italia è calato del 90%, ma l'83% ha impiegato servizi digitali. Non solo, le stime sul mercato degli Ottp prevedono una crescita da 20 miliardi di dollari del 2018 a 75 nel 2026". 

In soli sei mesi la piattaforma vanta già la collaborazione con oltre 100 istituti di cultura italiani dagli Uffizi all'Opera di Roma, La Scala o il Museo Egizio di Torino, e 100 mila utenti registrati (non prevede abbonamento, ma registrazione gratuita) ITsART >> QUI

Ora si arricchisce di una nuova stretta collaborazione con Cinecittà, grazie alla quale i celeberrimi studi cinematografici italiani forniranno un accesso esclusivo all'Archivio Storico Istituto Luce. "Salvaguardare questo tesoro non basta - spiega la presidente Chiara Sbarigia - Bisogna dare maggior valore a questa memoria visiva, condividendola". Entrato nel 2013 nel Registro Memory of the World dell'Unesco, l'archivio del Luce si arricchirà di nuovi documentari originali, mostre e podcast, disponibili in streaming dal 2022. 

Tra le altre perle di It'sArt, anche Paolo Conte Live alla Venaria Reale, Claudio Baglioni in Questa storia che è la mia, Roberto Bolle alla Scala con Madina, i "Meets" con grandi Maestri come Riccardo Muti e "Inedita", il documentario biografico su Susanna Tamaro presentato all'ultima Festa del cinema di Roma. Oltre a nuovi ed esclusivi contributi dal Parco Archeologico del Colosseo e di Pompei. 

"La pandemia è stata un momento molto difficile ma è stato anche eccitante vedere come i musei abbiano continuato a lavorare - commenta Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco archeologico di Pompei - Questo è stato possibile grazie alla riforma del ministero, qualche anno fa non sarebbe stato possibile". "Sin dalla nascita del Parco archeologico del Colosseo - aggiunge la direttrice Alfonsina Russo - abbiamo scelto di condividere tutto con i nostri utenti, on site e on line. L'auspicio è che nuove professioni possano potenziare l'aspetto di contributi digitali, realizzando prodotti che rafforzeranno il legame tra la visita in presenza e lo spettatore on line".

fonte: www.ansa.it  Di Daniela Giammusso RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

domenica 21 novembre 2021

Libri: "L'uomo senza sonno" di Antonio Lanzetta

Un grande thriller

L’assassino si nutre delle tue paure

Secondo dopoguerra. Bruno ha tredici anni e vive in un orfanotrofio vicino a Salerno, sottoposto alle continue angherie degli altri ragazzi.
Solo l’amicizia con Nino, il nuovo arrivato che prende a difenderlo, riesce a rendere tollerabile la sua permanenza nell’istituto.L’estate porta con sé un momento di libertà per tutti i ragazzi: Bruno e Nino saranno scelti per andare a lavorare insieme nella tenuta degli Aloia, una ricca famiglia del circondario. È qui che Bruno conosce Caterina, una strana bambina che vive all’ultimo piano della casa e che lo guida a esplorare i recessi dell’imponente edificio. Il gioco assume però ben presto contorni sinistri: Bruno inizia a essere tormentato da incubi inspiegabili, che al risveglio lo lasciano profondamente spossato.

Il ritrovamento, all’interno della proprietà degli Aloia, di alcuni cadaveri in avanzato stato di decomposizione, getta sulla villa e su chi la abita ombre inquietanti. A chi appartengono quei corpi? E perché tutti sembrano a conoscenza di qualcosa che non deve essere rivelato?
Questo romanzo è la storia di un’amicizia, di ricordi spezzati e di un brutale assassino che si nutre di paure. È la storia di Bruno e dell’estate in cui divenne l’uomo senza sonno.

Un’antica villa dall’atmosfera inquietante.
Due ragazzi che provengono da un orfanotrofio.
Una verità sepolta pronta a riemergere dal passato.

Hanno scritto dei suoi libri:
«Un libro consigliatissimo a tutti gli amanti del thriller e del noir.»
Milano Nera

«La sua scrittura è sempre molto fluida e i colpi di scena ben dosati e mai banali.»
MangiaLibri.com

Antonio Lanzetta
Vive a Salerno. Ha iniziato a scrivere fantasy/young adult, poi ha virato verso il thriller, prima con il racconto breve Nella pioggia, finalista al premio Gran Giallo di Cattolica, e poi con Il buio dentro, romanzo tradotto in Francia, Canada e Belgio. Il buio dentro è stato anche citato dal «Sunday Times» come uno dei cinque migliori thriller non inglesi del 2017.

fonte:  www.ibs.it