sabato 11 luglio 2020

Legendary: il reality sulla ballroom scene tornerà con una seconda stagione

Qualche mese fa vi avevamo parlato di Legendary, reality targato HBO Max relativo alla cultura della ballroom scene e del voguing. Il programma ha debuttato sulla piattaforma a fine maggio, ed è stato un vero successo!

Ad oggi siamo definitivamente arrivati alla chiusura della prima stagione, e noi spettatori non stiamo più nella pelle! Tra le tre houses rimaste chi si sarà aggiudicato il titolo di Legendary House e gli annessi 100.000 dollari di premio.

La buona notizia è che questa non sarà certo l’ultima volta che vedremo una competizione del genere: Legendary è stata infatti rinnovata per una seconda stagione.

La notizia è giusto di ieri, e non si sa praticamente nulla in merito, specie riguardo a eventuali cambiamenti che potrebbero essere apportati al programma come anche no. Nell’arco di questi nove episodi abbiamo potuto notare una competizione serrata e senza esclusione di colpi.

Abbiamo visto sfidarsi la bellezza di otto grandi Houses del mondo della ballroom scene, e ognuna di loro ha dato il meglio possibile in ogni gara e per ogni singola categoria. Viene quindi spontaneo chiedersi a chi spetterà il premio finale?

legendarymax instagram QUI

Nel mentre, è vero che nulla sappiamo sulla seconda stagione, ma niente ci vieta di fantasticare. Quali altre houses parteciperanno per poter vincere l’ambito titolo di Legendary House? Una cosa invece sembra essere certa: la produzione verrà spostata totalmente a Los Angeles.

Stabile invece la giuria, comporta dalla rapper Megan Thee Stallion, l’attrice Jameela Jamil, lo stilista Law Roach e Leiomy Maldonado, ballerina grande esponente della ballroom scene internazionale e Mother della House of Amazon. A loro si aggiunge sempre un giudice ospite, che varia ogni puntata.
Che dire, attendiamo con ansia maggiori informazioni in merito, e speriamo in una nuova stagione pirotecnica quanto la prima.
fonte: Written by Elena Di Stasio    www.hallofseries.com

HBO Max: arriva Legendary, una nuova serie sulla Ballroom scene

Ci siamo già occupati, non molto tempo fa, della piattaforma streaming HBO Max, pronta a sbarcare negli Stati Uniti a partire dal prossimo maggio (qui un articolo con maggiori dettagli sulla piattaforma).

Il catalogo della piattaforma streaming sarà ricchissimo di contenuti, come il già ben noto reboot di Gossip Girl. È però notizia recente l’arrivo di un’altra serie decisamente interessante, specie se siete diventati dei grandissimi fan di Pose e della ballroom scene.

HBO Max ha infatti da poco lanciato il trailer di Legendary, un talent show che vede competere grandi esponenti internazionali del mondo del voguing.


Un gran bel colpo questo per HBO Max, che con un tale programma a tinte LGBTQ+ punta a far conoscere una cultura ancora sconosciuta alla maggior parte del pubblico, ma allo stesso tempo interessante e complessa, come ci ha già mostrato la serie di Ryan Murphy.

Legendary | Official Teaser | HBO Max QUI

REMEBER THE TIME - VOGUE by Dolores Ninja QUI

Quale sarà, dunque, la struttura di questo nuovo programma? Chi conosce Pose sa già molto bene cosa sono le Houses, e quale sia la loro storia. Ebbene, in Legendary vedremo otto houses competere tra loro nelle diverse categorie, per aggiudicarsi il titolo di “Legendary House”.
Sfogliando il profilo Instagram del programma, siamo riusciti a risalire alle house che parteciperanno alla competizione: la House of Xclusive Lanvin, la House of West, la House of Balmain, la House of St. Laurent, la House of Ninja, la House of Ebony, la Gorgeous House of Gucci e la House of Escada.

Per ogni house, inoltre, parteciperanno un numero limitato di componenti, tra i quali spicca una vera e propria eccellenza italiana: Dolores Ninja, ballerina e coreografa originaria di Bergamo e Mother della House of Ninja in California.

Anche i componenti della giuria, poi, sono di tutto rispetto: troviamo infatti la ballerina Leiomy Maldonado, conosciuta anche come Florinda in Pose e Mother della House of Amazon; la rapper Megan Thee Stallion; l’attrice Jameela Jamil e la stylist Law Roach. Dashaun Wesley sarà invece l’MC.

Il progetto porta la firma di Rob Eric e David Collins, gli stessi che sono riusciti a dare nuova vita a Queer Eye su Netflix. Il loro obiettivo è per l’appunto quello di portare uno dei capisaldi della cultura LGBTQ+ di fronte a un pubblico molto più vasto e decisamente più mainstream
fonte: Written by Elena Di Stasio  www.hallofseries.com

Politics: House Democrats demand military end the ban on trans troops in light of Supreme Court decision

The Democrats say the trans military ban is unconstitutional and faces "certain defeat" in court.

House Democrats are asking the military to end Donald Trump’s transgender military ban in light of the Supreme Court’s recent decision in Bostock, which said that Title VII’s ban on discrimination “because of sex” includes discrimination against LGBTQ people.

The letter – which was sent by Rep. Suzan DelBene (D-WA) and signed by 116 Democratic members of Congress – says that the transgender military ban is an “attack on transgender service members who are risking their lives to serve our country.”

Related: Pentagon-funded study shows troops mostly oppose Trump’s transgender military ban

In 2017, Trump tweeted that the military was going to ban transgender people from serving openly, and last year the ban went into effect. Transgender servicemembers are required to serve as their sex assigned at birth and can’t access gender affirming health care while in the military. People diagnosed with gender dysphoria can’t join the military unless they show that they are “medically stable” as their sex assigned at birth for three years.

The ban sparked four federal lawsuits that have had some early victories in court but didn’t prevent the ban from being implemented.

“There are four lawsuits challenging the ban on open transgender military service on the grounds that it violates the Due Process Clause in the Fifth Amendment of the U.S. Constitution, which like Title VII prohibits sex-based discrimination,” the letter states, citing statements from the American Psychiatric Association, the American Psychological Association, and the American Medical Association that transgender people can serve in the military just fine.

“The U.S. Supreme Court’s ruling in Bostock will provide significant weight to those already substantial claims: the principle announced – that gender-identity discrimination is discrimination ‘because of… sex’ – applies equally to claims under the Constitution.”
The letter accuses the Trump administration of “prolonging the litigation” even though it will end in “certain defeat,” urging the Department of Defense to lift the ban and the Department of Justice to settle the lawsuits.

“It’s crucial that the Department of Defense remove this unconstitutional transgender military ban and ensure any qualified patriot is able to serve,” said Jennifer Dane of the Modern Military Association of America. “Thousands of transgender service members have already more than proven themselves with honor and distinction, and this discriminatory barrier that has nothing to do with their ability to accomplish the mission must be taken down.”
“We are thankful for Congresswoman Suzan DelBene’s leadership, and we urge the Department of Defense to take swift action.”
fonte: by     www.lgbtqnation.com

venerdì 10 luglio 2020

Anna Foglietta sarà la madrina della Mostra del cinema di Venezia 2020

La serata di apertura si terrà mercoledì 2 settembre alla Sala Grande del Palazzo del Cinema al Lido
 
L'attrice Anna Foglietta condurrà le serate di apertura e di chiusura della 77/a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia 2020, diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale di Venezia. 
 
La serata di apertura si terrà mercoledì 2 settembre alla Sala Grande del Palazzo del Cinema al Lido, e la cerimonia di chiusura sarà il 12 settembre, con l'annuncio dei Leoni e degli altri premi ufficiali. Attrice versatile, in teatro, televisione e cinema, Anna Foglietta è impegnata attivamente nel sociale con la onlus Every Child Is My Child, di cui è presidente, e recentemente ha collaborato con Banco Alimentare durante l'emergenza COVID-19. 
 
Di prossima uscita il film di genere e opera prima "Il talento del calabrone", all'interno del quale Anna è protagonista femminile al fianco di Sergio Castellitto. Dopo l'esordio nella serie televisiva "La Squadra" in cui rimane per quattro anni, a cui seguono due stagioni di "Distretto di Polizia", Anna Foglietta debutta al cinema nel film Sfiorati di Angelo Orlando e nel 2008 Solo un padre di Luca Lucini. 
 
Con il ruolo di Eva in "Nessuno mi può giudicare" di Massimiliano Bruno ottiene la candidatura ai David di Donatello e ai Nastri d'Argento riceve il premio come miglior attrice di commedia per il 2011. Lavora con i fratelli Vanzina in "Ex-Amici come prima" (2011) e in "Mai stati uniti" (2013), con Neri Parenti in "Colpi di fulmine" nel 2012. Per quest'ultimo vince il Cine Ciak d'Oro come miglior attrice comica e le Chiavi d'Oro per gli incassi. 
 
Ritorna in televisione con "L'oro di Scampia" e con "Ragion di Stato" di Marco Pontecorvo, mentre al cinema, nel 2014, è tra i protagonisti di "Confusi e felici" di Massimiliano Bruno. Nel 2015 è la protagonista femminile del terzo film da regista di Edoardo Leo dal titolo "Noi e la Giulia" in un ruolo che le vale la nomination ai David di Donatello. Il 2015 è anche l'anno in cui gira il fortunatissimo e pluri-premiato film per la regia di Paolo Genovese (col quale Anna aveva già lavorato nel 2014 in Tutta colpa di Freud) "Perfetti sconosciuti", dove è una delle protagoniste femminili: vince il Nastro d'argento speciale e riceve un'altra nomination ai David di Donatello. 
 
A teatro, diretta da Alessandro Gassman, interpreta la poetessa Alda Merini all'interno dello spettacolo "La pazza della porta accanto", fortunato spettacolo che le è valso il Premio Maschere d'oro del teatro 2016. Nel 2018 recita in "Un giorno all'improvviso" di Ciro D'Emilio, presentato alla 75esima Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti, per il quale vince il Nastro d'argento come miglior attrice protagonista. Nel 2019, in occasione della 69esima edizione del Festival di Sanremo firmata da Claudio Baglioni, Anna conduce, insieme a Rocco Papaleo il DopoFestival. 
 
Lo stesso anno porta sul piccolo schermo per Rai 1 un'altra grande figura femminile, interpretando Nilde Iotti in Storia di Nilde. Nel 2020 è interprete di due commedie: la prima è DNA - Decisamente Non Adatti, con la regia di Lillo e Greg, che a causa dell'emergenza COVID-19 debutta in streaming anziché nei cinema. Proprio per la sua singolare interpretazione che la vede interprete di tutte le protagoniste femminili di questo film, riceve una la candidatura ai Nastri D'Argento 2020 come migliore attrice di una commedia. La seconda è l'atteso film di Carlo Verdone Si vive una volta sola all'interno del quale recita insieme a Max Tortora, Rocco Papaleo e lo stesso Verdone. L'uscita del film è stata sospesa a causa dell'emergenza COVID-19. 
fonte:  www.rainews.it

Firenze: A Villa Bardini "Cinema in villa" fino all’8 agosto

Per la prima volta nella sua storia il giardino Bardini ospita una rassegna cinematografica con una trentina di film.

Ogni sera alle 21.15, dall’8 luglio all’8 agosto, in una arena da 100 posti numerati allestita sulla Terrazza Belvedere che offre una vista mozzafiato su Firenze.
Ingressi:
  • 5 euro con possibile acquisto in prevendita qui (consigliato)
  • Ogni giovedì sera l’ingresso è gratuito per le famiglie con figli, obbligatoria la prenotazione online.
Per maggiori info:
393 85 70 925 solo nei giorni di programmazione dalle 18 alle 22. www.musartfestival.it
Parcheggio gratuito al Forte Belvedere
L’iniziativa è promossa e organizzata dalla Fondazione CR Firenze e dalla Fondazione Parchi Monumentali Bardini e Peyron, in collaborazione con l’ Associazione culturale Musart e con il patrocinio del Comune di Firenze.

Programma scaricabile qui

PROSSIMI APPUNTAMENTI:
Venerdì 10 luglio
Maria by Callas di Tom Volf (Usa 2018, 113′)
Per la prima volta, 40 anni dopo la sua morte, la cantante lirica più famosa al mondo racconta la propria storia, con parole sue: attraverso filmati inediti, fotografie mai mostrate, lettere intime e rare immagini dietro le quinte.

Sabato 11 luglio
Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino (Ita/Fra/Usa 2017, 132′)
Primi anni ottanta, in una piccola cittadina del Nord Italia l’incontro tra due ragazzi, Elio, un adolescente sensibile e istruito, e Oliver, un ventiquattrenne spontaneo, affascinante e pieno di vita, segna l’inizio di un’estate indimenticabile.

Domenica 12 luglio
Magari di Ginevra Elkann (Ita/Fra 2019, 99′) – alla presenza della regista
I tre fratelli Alma, Jean e Sebastiano, si ritrovano scaraventati da Parigi, dove vivono con la madre, a Roma, nelle braccia di Carlo, padre assente, anticonformista e incapace di badare a se stesso. Durante le vacanze di Natale con il padre, la piccola Alma continua a credere fermamente che un giorno, magari, la sua famiglia potrà tornare unita.

Lunedì 13 luglio
Hannah e le sue sorelle di Woody Allen (Usa 1985, 106′)
Il rapporto complicato e gli intrecci amorosi di tre sorelle che vivono a New York. La vita quotidiana illuminata e resa originale dallo scintillante umorismo di Woody Allen. Vincitore di tre premi Oscar.

Martedì 14 luglio
Caravaggio – L’anima e il sangue di Jesus Garces Lambert (Ita 2017, 90′)
Un viaggio attraverso i capolavori di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, si alterna a interviste a celebri critici d’arte che aiutano una lettura composita dell’artista, dell’uomo e delle sue opere.

Mercoledì 15 luglio
La ragazza nella nebbia di donato Carrisi (Ita/Fra/Ger 2017, 127′)
In un piccolo paese di montagna in una notte di nebbia avviene uno strano incidente d’auto. E’ coinvolto un ex-poliziotto che non ricorda nulla di quanto è successo. Sollecitato da uno psichiatra, l’uomo rievoca l’ultimo caso a cui ha lavorato, la scomparsa di una ragazzina, Anna Lou.

Giovedì 16 luglio
*prenotazioni disponibili dal 9 luglio
Mia e il leone bianco di Gilles, De Maistre (Fra 2018, 98′)
Mia è solo una bambina quando stringe una straordinaria amicizia con Charlie, un leoncino bianco nato nell’allevamento di felini dei genitori in Sudafrica. Ormai quattordicenne, Mia scopre che il suo incredibile legame con Charlie, divenuto uno splendido esemplare adulto, potrebbe finire da un momento all’altro…
fonte:  www.villabardini.it

Libri: "Febbre" di Jonathan Bazzi

Nella dozzina del Premio Strega 2020 - Finalista al Premio Giuseppe Berto 2019 - Vincitore del Premio Libro dell'anno 2019 di Fahrenheit Radio Rai Tre - Vincitore del Premio Bagutta Opera prima

Un libro spiazzante, sincero e brutale, che costringerà le nostre emozioni a un coming out nei confronti della storia eccezionale di un ragazzo come tanti. Un esordio letterario atteso e potente.

«La leggenda personale del'autore che, sull'onda del potere catalizzante della patologia, trova la forza di comporsi, di ridisegnarsi in un ordine che solo il senno di poi, e il presentimento del temuto finale -la morte- imprimono al suo svolgimento. Malattia e destino, un tema classico in letteratura»Corriere della sera

«Non un romanzo testimonianza. Febbre è la storia di un bambino nato e cresciuto a Rozzano. Un bambino indefinibile che desidera il Minipony rosa»Sette

Jonathan ha 31 anni nel 2016, un giorno qualsiasi di gennaio gli viene la febbre e non va più via, una febbretta, costante, spossante, che lo ghiaccia quando esce, lo fa sudare di notte quasi nelle vene avesse acqua invece che sangue. Aspetta un mese, due, cerca di capire, fa analisi, ha pronta grazie alla rete un’infinità di autodiagnosi, pensa di avere una malattia incurabile, mortale, pensa di essere all’ultimo stadio.

La sua paranoia continua fino al giorno in cui non arriva il test dell’HIV e la realtà si rivela: Jonathan è sieropositivo, non sta morendo, quasi è sollevato. A partire dal d-day che ha cambiato la sua vita con una diagnosi definitiva, l’autore ci accompagna indietro nel tempo, all’origine della sua storia, nella periferia in cui è cresciuto, Rozzano – o Rozzangeles –, il Bronx del Sud (di Milano), la terra di origine dei rapper, di Fedez e di Mahmood, il paese dei tossici, degli operai, delle famiglie venute dal Sud per lavori da poveri, dei tamarri, dei delinquenti, della gente seguita dagli assistenti sociali, dove le case sono alveari e gli affitti sono bassi, dove si parla un pidgin di milanese, siciliano e napoletano. Dai cui confini nessuno esce mai, nessuno studia, al massimo si fanno figli, si spaccia, si fa qualche furto e nel peggiore dei casi si muore. Figlio di genitori ragazzini che presto si separano, allevato da due coppie di nonni, cerca la sua personale via di salvezza e di riscatto, dalla predestinazione della periferia, dalla balbuzie, da tutte le cose sbagliate che incarna (colto, emotivo, omosessuale, ironico) e che lo rendono diverso.

Proposto per il Premio Strega 2020 da Teresa Ciabatti: «Febbre di Johnatan Bazzi è un romanzo che testimonia un presente che è già futuro prossimo. Questa è una storia del tempo nuovo: perché il fuoco è sorprendentemente altrove rispetto a dove è stato messo fin qui da letteratura e senso comune. Esula dai giudizi e sposta il baricentro sull'accettazione delle fragilità. Una lingua contaminata – la lingua di una periferia dove si parla un pidgin febbrile di milanese, napoletano, pugliese e siciliano – a tratti interrotta, a tratti fluida, distorce, denuncia, svela, innalza e abbassa la soglia della gioia. Così il protagonista, creatura in divenire, non cerca un'identità, o almeno non nelle categorie esistenti, ma ne inventa una sua personale in cui si ama su internet ("usatemi per studiare il cuore del nuovo millennio, quello che prima s'innamora e poi ti vede in faccia"), in cui si può essere tutto, felicemente tutto: colto, balbuziente, emotivo, gay, ironico e anche sieropositivo. L'Orlando di Virginia Woolf qui si condensa, e trova realizzazione in pochi anni. Non servono più secoli.»
fonte:  www.libraccio.it

“The Death and Life of Marsha P. Johnson”. Recensione di Anna Cordioli

Il 28 giugno 1969 fu una data storica per i diritti umani, perché vide iniziare i “Moti di Stonewall”, ovvero la rivolta spontanea della comunità Gay di New York le continue angherie da parte della polizia. L’anno successivo, in quella stessa data, si celebrò il primo GayPride della storia.

Quest’anno si festeggia dunque un anniversario importante, il cinquantesimo, di quella prima manifestazione pacifica che segnò ufficialmente la nascita del movimento LGBT ma,  a causa della pandemia in corso, la commemorazione e le attività a favore di una società più inclusiva si sono spostate principalmente sui social media. Tale spostamento e la “sparizione del corpo” hanno però lasciato ampio margine ad attacchi di “haters” contro i  contenuti LGBT: “Homo homini lupus: chi ha coraggio di contestare quest’affermazione dopo tutte le esperienze della vita e della storia?” (Freud, 1929)

Tra i tanti ottimi titoli messi in rotazione da Netflix sull’argomento LGBT si trova il documentario “Morte e vita di Marsha P. Johnson”, che ci permette di riflettere su molte questioni, tutt’altro che risolte.

Marsha Johnson era una persona transessuale che partecipò ai moti di Stonewall, per oltre vent’anni figura di riferimento nella comunità newyorkese e musa di Andy Warhol. Fondò una casa di accoglienza per ragazzini/e trans che vivevano in strada e, assieme a Sylvia Rivera, il movimento STAR (Street Transvestite Action Revolutionaries) per denunciare la condizione di povertà e degrado in cui erano costrette le persone trans. Marsha fu trovata morta il 6 luglio 1992 e il caso fu archiviato come suicidio, ma nessuno credette a questa versione e il funerale di Marsha si trasformò in un corteo di protesta contro un sistema a cui non interessava affatto fare luce e giustizia sulla morte di un “uomo in abiti da donna” (dicitura irrispettosa apparsa anche di recente sui giornali per descrivere una vittima trans o genderqueer).

Il documentario si apre proprio con quel corteo, che non chiede giustizia solo per Marsha, ma anche per tutti i casi di questo tipo di omicidi finiti archiviati. Per dirla con Fedidà (2001): “Ciò di cui si tratta è piuttosto sul piano della Scomparsa e non tanto su quello della perdita e del lutto”. Ed il lavoro del lutto necessita di un recupero di senso e di condivisione.
Il documentario ha un’impalcatura ambiziosa che segue tre diverse linee narrative: la storia delle lotte per il riconoscimento dei diritti civili delle persone trans, la storia delle indagini sulla morte di Marsha e la storia di un processo per l’omicidio di una ragazza trans, uno dei tanti, che si svolge nel presente.

Ci vengono mostrate le immagini di quel primo GayPride del 1970, in cui Marsha sfilava sorridente, con uno spolverino chiaro e un bellissimo cappello peloso. Al suo fianco, Sylvia, con una tutina che divenne iconica, con gli occhi torvi e arrabbiati. Solo alla fine della giornata riuscirono a salire sul palco per parlare alla folla e Sylvia venne crudelmente fischiata. Quel pezzo di storia, quel grido di rabbia così amaro, durante una giornata tanto importante per i diritti umani, va conosciuto e continuamente ripensato. Non solo la società occidentale, ma neppure la nascente comunità LGBT era stata  pronta ad accogliere la diversità che Marsha e Sylvia mostravano al mondo. Freud scriveva nel 1929: “Sono tre le fonti da cui proviene la nostra sofferenza: la forza soverchiante della natura, la fragilità del nostro corpo e l’inadeguatezza delle istituzioni che regolano le reciproche relazioni degli uomini […] Circa la terza fonte di sofferenza […] non vogliamo ammetterla, non riusciamo a comprendere perché le istituzioni da noi stessi create non debbano essere piuttosto una protezione e un beneficio per tutti”.

È sicuramente amaro riconoscere che nessun diritto civile è stato concesso per il buon cuore della maggioranza, ma è giunto sempre attraverso la rivolta degli oppressi; invece è necessario riconoscere che esistono nell’uomo istanze crudeli e distruttive. Questa consapevolezza è indispensabile per poi rinunciare alla scissione e fare lo sforzo di creare le condizioni per la costruzione di nuovi legami più umanizzanti.

Il documentario ci accompagna poi dal 1970 al 1992, anno in cui Marsha viene trovata morta. Ci racconta la storia di questa creatura unica, amata da molti ma anche molto, troppo, in vista. La natura l’aveva dotata di un corpo solido e slanciato e lei sapeva esaltare la sua fisicità in modi inaspettati. Marsha mostra il suo viso truccato, con una “nudità dignitosa” (Levinas, 1982) senza una vera ostentazione, ma con la gioia dolce e quasi infantile di sentirsi guardati, il sorriso aperto e disarmante. L’incontro con questo volto ci impone lo sforzo del vero riconoscimento dell’Altro, della sua domanda d’incontro, del suo essere una persona “altra da me”, misteriosa e libera. È sempre Levinas (1993) che ci ricorda che “il volto si sottrae al possesso, al mio potere. Nella sua epifania, nell’espressione, il sensibile, che è ancora afferrabile, si muta in resistenza totale alla presa”.
Forse per questo le persone trans hanno subito e subiscono i rifiuti più netti dalla società, perché da subito ci impongono la fatica di non poterli subito inquadrare, definirei con un’unica parola, al primo pigro sguardo, alla definizione (difensiva) che se ne dà.

Il documentario aiuta anche a comprendere l’importanza del linguaggio: impercettibilmente, man mano che la storia si snoda, alcune parole cadono in disuso e ne appaiono di nuove. Ad esempio negli anni novanta “travestito” e “transessuale” venivano usati come sinonimi mentre, nelle sequenze più recenti, le due parole vengono distinte e appaiono termini come “transgender” e “cisgender”. Non mi soffermo a spiegare le notevoli differenze tra questi termini, ma vorrei solo sottolineare che l’evolversi del linguaggio ci testimonia l’importanza profonda che ha avuto in questi cinquant’anni l’incontro con il “Volto dell’Altro” e con la sua “fame” (Levinas, 1982) di vita.

Questa evoluzione è soprattutto frutto del processo di autoconsapevolezza che le persone trans hanno potuto intraprendere quando hanno sentito di non essere sole. Scoprirsi parte di una comunità, sentire di non doversi sempre nascondere, potersi confrontare con gli altri, ha avviato un importante processo di soggettivazione, in cui la questione di chiedersi cosa significa “essere sé stessi” non si lascia risolvere da una definizione esterna e alienante, ma idealmente non si pone affatto (Andrè, 2004).
Questo accade mentre si guarda “Morte e vita di Marsha P. Johnson”: gli intervistati non sono “solo” trans, ma sono persone che testimoniano che vita si vive se si viene visti solo come trans. In questo stanno la disperazione e l’ingiustizia.

Il 6 luglio saranno passati ventotto anni dalla morte di Marsha: gli haters vorrebbero che non se ne parlasse e invece…

The Death and Life of Marsha P. Johnson | Official Trailer [HD] | Netflix clicca QUI

Bibliografia
Andrè  J. (2004). L’impréveu en séance. Gallimard, Paris.
Freud S. (1929). Il disagio della civiltà. OSF, 10.
Fedidà P. (2001). Il buon uso della depressione. Milano, Einaudi, 2002.
Levinas E. (1993). Dio, la morte e il tempo” .Milano, Jaca Book, 1996.
Lévinas E. (1982). Etica e Infinito. Roma. Castelvecchi, 2012.
Luglio 2020
fonte:  Autore: Anna Cordioli /www.spiweb.it

martedì 7 luglio 2020

Danza: E’ morto George Bodnarciuc, addio al grande Maestro

Si è spento nella mattinata del 2 luglio 2020, il Maestro George Bodnarciuc.
La notizia ha fatto subito il giro del web, lasciando gli addetti al lavoro, gli amici e non solo senza fiato. Il mondo della danza perde un grande professionista, un Maestro dell’arte coreutica, ma anche un Maestro di vita: sempre gentile, saggio e disponibile. (ph. da facebook)

Nato in Romania. Dopo il conseguimento del diploma di ballerino presso il liceo coreografico di Cluj, viene assunto dal Teatro dell’Opera di Bucarest, dove a vent’anni debutta come primo ballerino nel ruolo di “ Albrecht “ di Giselle.

Segue un periodo di specializzazione al Teatro Kirov di Leningrado (Classe Semenov). Ritornato al Teatro dell’Opera di Bucarest ha ricoperto,nel corso degli anni, tutti i primi ruoli del repertorio classico: Il Lago dei Cigni (Siegfried); Coppellia (Franz) ; La Bella Addormentata ( Il Principe); Don Chisciotte (Basilio); Lo Schiaccianoci; Les Sylphides (Il Poeta); Romeo e Giulietta (Romeo) ed altri ruoli di balletti contemporanei. Laureato ai concorsi nazionali ed internazionali (Tokio – Osaka), cerca di arricchire la sua esperienza artistica lasciando il suo paese, per lavorare in Germania presso il Deutsche Oper W.Berlin, ed infine in Italia dove risiede ormai da tanti anni.


In Italia lavora nei più prestigiosi Teatri e Compagnie come primo ballerino ospite (Teatro Comunale di Firenze, Arena di Verona, Teatro Massimo di Palermo , Compagnia Italiana di Balletto di Carla Fracci) protagonista di svariati balletti di repertorio e nuove creazioni.

Nel frattempo ha assunto,per un periodo, la carica di Direttore di Balletto al Teatro dell’Opera di Bucarest. Per meriti artistici eccezionali il Presidente della Romania gli ha conferito un alto titolo di onorificenza.

Negli ultimi anni svolge l’attività di Maestro di Danza in Italia e all’estero (Teatro Comunale di Firenze, Arena di Verona, Teatro Verdi di Trieste, Balletto di Toscana, Opera di Budapest, Folks Oper di Vienna).
fonte:  Sara Zuccari Direttore www.giornaledelladanza.com

Firenze > Maggio Danza, Alexander Pereira: “Risolverò il problema della compagnia di ballo”

“Conosco la situazione, e cercherò di risolvere il problema del balletto”

Undici mesi di programmazione ininterrotta, da fine agosto 2020 a fine luglio 2021.

 10 titoli d’opera in stagione e 6 durante il Festival e di questi sono ben 12 i nuovi allestimenti, più di 40 concerti sinfonici (tra stagione e Festival) e poi cinque opere per ragazzi (con 32 recite a loro dedicate) che portano a ventuno gli allestimenti operistici del Maggio, numerosi recital concertistici e di canto, un balletto e le tournée in Italia e all’estero per un totale di oltre 160 giornate di spettacolo.

Non manca la danza e quindi il 30 dicembre (altre recite: 4, 8, 9 e 14 gennaio 2021) è in cartellone un balletto al Teatro Goldoni: un nuovo allestimento con coreografie di Massimiliano Volpini e i danzatori del Nuovo BallettO di ToscanA (diretto da Cristina Bozzolini), con una formazione cameristica dei professori d’Orchestra del Maggio e musiche da camera di Franz Schubert e Anton von Webern.

Suonare musica da camera interessa molto ai Professori d’orchestra del Maggio in quanto rappresenta un motivo di studio e valorizzazione della loro professione e un tipo di musica alla quale non possono dedicarsi spesso. L’idea nuova di creare dei balletti su musiche da camera favorisce quindi sia i piccoli Ensemble orchestrali dell’Orchestra del Maggio e permette di creare nuove coreografie e nuovi progetti molto interessanti su musiche per quartetti, quintetti, sonate di pianoforte.
fonte:  Redazione www.giornaledelladanza.com

Cinema > Nastri d'argento, miglior film è Favolacce Pinocchio miglior regia. Premi al Maxxi

All'ombra della scomparsa di Ennio Morricone, si svolgerà stasera la 74/a edizione dei Nastri d'Argento 2020 che proprio al musicista sono dedicati. Miglior film risulta FAVOLACCE di Damiano e Fabio D'Innocenzo (già premiato a Berlino per la sceneggiatura), mentre PINOCCHIO di Matteo Garrone ottiene il premio per la regia insieme a quelli per attore non protagonista (Roberto Benigni), scenografia, montaggio, sonoro e costumi a pari merito con FAVOLACCE.

Insomma la favola di Collodi rivisitata da Garrone ottiene ben sei Nastri contro i cinque del film dei D'Innocenzo, premiato per film, produttore, sceneggiatura, fotografia e costumi.
Stasera, nel segno della normalizzazione, saranno premiati al Museo Maxxi di Roma con la conduzione di Anna Ferzetti in una diretta trasmessa dalle 21.10 su Rai Movie: FIGLI di Giuseppe Bonito (miglior commedia, attore di commedia Valerio Mastandrea e attrice Paola Cortellesi) e, sempre con tre premi, LA DEA FORTUNA di Ozpetek (miglior attrice protagonista Jasmine Trinca, colonna sonora e canzone originale 'Che vita meravigliosa' di Diodato); a cui si aggiunge IL CAMEO' DELL'ANNO a Barbara ALBERTI.

Miglior attore è Pierfrancesco Favino per HAMMAMET. Premiata anche come miglior attrice non protagonista Valeria Golino per due film, RITRATTO DI UNA GIOVANE IN FIAMME e 5 È IL NUMERO PERFETTO. Miglior regista esordiente è Marco D'Amore per L'IMMORTALE; il riconoscimento per il miglior soggetto va a IL SIGNOR DIAVOLO di Pupi, Antonio, Tommaso Avati.

Tra i premi speciali assegnati dal direttivo dei giornalisti cinematografici, Film dell'anno è VOLEVO NASCONDERMI di Giorgio Diritti che vede premiati anche i produttori Carlo Degli Esposti e Nicola Serra (Palomar) e Paolo Del Brocco (Rai Cinema) e il protagonista Elio Germano, e il NASTRO ALLA CARRIERA a Toni Servillo
fonte: di Francesco Gallo www.ansa.it  RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright ANSA

L’addio di Robert De Niro a Ennio Morricone: “La sua musica era insolita e speciale”

 
Anche Robert De Niro omaggia il maestro Morricone dopo la sua scomparsa, in un commosso omaggio espresso con un’intervist.
Ph.  Sven-Sebastian Sajak Ennio Morricone (2015) in der Festhalle Frankfurt per Wikipedia


 La musica di Morricone era: “Insolita e interessante, forse la parola più adatta è che era una novità quello che aveva fatto per quel tipo di film. Ma anche quando faceva altre cose vedevi quanto fosse versatile e quanto speciale fosse la sua musica”. 

Questo il modo in cui Robert De Niro, attore che certo non ha bisogno di essere introdotto, ricorda la particolarità dello stile compositivo di Ennio Morricone. De Niro deve infatti una piccola parte del suo successo anche al contributo del maestro nostrano: ricordiamoci che è stato proprio Morricone a musicare almeno quattro dei film più apprezzati ai quali l’attore ha preso parte. Parliamo naturalmente di Novecento (Bernardo Bertolucci, 1976), C’era una volta in America (Sergio Leone, 1984), Mission (Roland Joffé, 1986) e Gli intoccabili (Brian De Palma, 1987). Quattro capolavori molto differenti, che tra l’altro provano la straordinaria qualità camaleontica della musica del maestro.

 

“Ennio Morricone era un musicista così particolare”

Non è difficile dimostrare come Morricone fosse infatti capace di trovare sempre il suono giusto per l’immagine giusta. In particolare, De Niro ricorda: “Quando Ennio ha fatto la musica per Mission e C’era una volta in America ho pensato quanto fosse meravigliosa, era sempre veramente speciale. Era un musicista così particolare”. 
Il ricordo dell’attore si sposta poi agli Spaghetti Western, ai quali lui purtroppo non ha mai partecipato perché ancora troppo poco conosciuto, e attivo principalmente in un altro ambiente. 
Di queste musiche (come quella de Il buono, il brutto e il cattivo) osserva come lo stile di Morricone avesse all’epoca aperto panorami musicali nel cinema mai tentati prima. Un ricordo quindi, questo di De Niro intervistato da Repubblica, fondamentale per ricostruire il mosaico di infinite influenze esercitate da Morricone su tutto il mondo del cinema negli ultimi sessant’anni.
Fonte: La Repubblica, Il fatto quotidiano Di Andrea Campana via  /www.lascimmiapensa.com