sabato 28 novembre 2020

Veneto: Nasce la web tv dell’Arena di Verona

Streaming live dal Teatro Filarmonico in diretta e WebTV on demand con progetti a sostegno della cultura musicale italiana a partire dal 28 novembre, con i Carmina Burana diretti da Ezio Bosso, sono il nuovo progetto della Fondazione Arena di Verona che potenzia la sua presenza virtuale in attesa di poter tornare finalmente con il pubblico in presenza.

Dopo la chiusura forzata per il Coronavirus, è stato potenziato al massimo il live streaming dal Filarmonico, che continua a produrre arte in stretto accordo con i complessi artistici; un accordo con il Gruppo Editoriale Athesis prevede l’utilizzo anche della televisione veronese TeleArena in chiaro, in collaborazione con Fondazione Cariverona, Aulss 9 Scaligera, l’Assessorato alle Politiche sociali del Comune di Verona e Banco Bpm.

Il 28 novembre alle ore 12.00 debutterà la versione on demand della webTV con un palinsesto che inaugura con la serata dei Carmina Burana del 2019, diretti da Ezio Bosso, con i solisti Ruth Iniesta, Raffaele Pe e Mario Cassi, che registrò il record sinfonico delle ultime sei stagioni con 13.555 spettatori, disponibile al costo di 9,90 euro per singolo accesso e disponibile almeno per un anno. I Carmina Burana saranno trasmessi anche in chiaro esclusivamente per il pubblico del territorio veronese.

I proventi derivanti dai diritti dovuti al Maestro Bosso, per volere della famiglia saranno devoluti ad Aiam (Associazione Italiana Attività Musicali), associazione che raccoglie cento fra le principali istituzioni italiane della concertistica, dei complessi strumentali, della loro formazione e promozione, al fine di poter sostenere il settore musicale in tutt’Italia.

Il palinsesto della nuova webTV, realizzata con il contributo di Unicredit, ogni mese sarà arricchito da un titolo del grande repertorio areniano. In programma, per il 2021, anche l’inserimento di nuovi contenuti: il dietro le quinte della straordinaria e complessa macchina areniana, i racconti dei protagonisti, le curiosità del palcoscenico. (ANSA). 

fonte: REDAZIONE  www.tviweb.it

Discriminazioni sul lavoro e persone Lgbtiq

Vi proponiamo un articolo dal n.6/2020 del bimestrale dell’Uaar, Nessun Dogma – Agire laico per un mondo più umano 

Un commento sulla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europa sul caso Taormina.  di UAAR - A ragion veduta (sito)

In occasione della proposta di legge Zan, in questo periodo in esame alla Camera, si è recentemente sviluppato il dibattito pubblico italiano sulle discriminazioni e sulla violenza per motivi legati al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. L’importanza di un approfondimento degli strumenti giuridici di contrasto a questi fenomeni deriva in primo luogo da un esame del dato di realtà: nel nostro paese gli episodi di discriminazione omo-lesbo-bi-trans-fobici sono all’ordine del giorno.

In particolare, vi è un ambito nel quale la fisiologica condizione di disparità tra le parti rende particolarmente odiose e di difficile repressione queste condotte: si tratta del mondo del lavoro.

Con questo commento si tenterà di accennare ai principali profili giuridici connessi al fenomeno discriminatorio nel rapporto di lavoro con particolare riferimento ai lavoratori e alle lavoratrici Lgbtiq (lesbian, gay, bisexual, transgender, intersex, queer/questioning), attraverso una breve analisi di una recente sentenza della Corte di giustizia sulle dichiarazioni omofobe in materia di occupazione e di lavoro.

Va innanzitutto ricordato che l’orientamento sessuale e il transessualismo sono stati riconosciuti come criteri di discriminazione in un momento successivo rispetto ad altri fattori collegati a condizioni personali, poiché introdotti nell’ordinamento sovranazionale solo dalla direttiva 2000/78 e recepiti nell’ordinamento italiano con il decreto legislativo n. 216/2003, sebbene la Corte di giustizia dell’Unione europea e la Corte europea dei diritti umani avessero già in precedenza attribuito rilievo e protezione all’identità personale nella sua dimensione sessuale. Le discriminazioni che riguardano l’ambiente di lavoro possono avere a oggetto diverse relazioni professionali, tutte protette dal diritto: la fase pre-assuntiva di accesso all’impiego, le condizioni di lavoro e la progressione di carriera, la formazione interna, il licenziamento e le altre cause di risoluzione del rapporto di lavoro.

Bisogna precisare che deve considerarsi discriminatoria ogni condotta datoriale che, in ragione dell’orientamento sessuale e/o dell’identità di genere, si concretizza nell’applicazione di regole diverse a situazioni comparabili nonché nell’applicazione di regole identiche in situazioni differenti.

La discriminazione che riguarda l’ambiente di lavoro può essere diretta: questo accade quando, sulla base del suo orientamento sessuale e/o della sua identità di genere, una persona è trattata meno favorevolmente rispetto a un’altra in una situazione simile; oppure indiretta, nel caso in cui una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri mettano in posizione di particolare svantaggio i lavoratori e le lavoratrici Lgbtiq per la sola ragione del loro orientamento sessuale e/o della loro identità di genere.

La nozione di orientamento sessuale riguarda le relazioni affettive e ha come oggetto l’insieme di emozioni poste alla base di un rapporto sentimentale nonché l’attrazione fisico-sessuale nei confronti di un’altra persona.

L’idea di identità di genere, invece, valorizza la fluidità delle appartenenze e si riferisce, in particolare, alla percezione che ciascuna persona ha di sé come uomo e/o donna, che può o meno avere corrispondenza con il sesso attribuito alla nascita.

Un esempio paradigmatico di discriminazione diretta sul lavoro in ragione dell’orientamento sessuale è costituito dalla condotta dell’avvocato Carlo Taormina, sulla quale ha recentemente statuito la Corte di giustizia dell’Unione europea, con sentenza del 23 aprile scorso. Nel corso di un’intervista in un programma radiofonico, l’ex parlamentare aveva dichiarato di non intendere procedere all’assunzione di persone omosessuali nel proprio studio legale poiché «turberebbe l’ambiente, sarebbe una situazione di grande difficoltà», annunciando, dunque, politiche discriminatorie nella selezione del personale in ragione dell’orientamento sessuale dei potenziali candidati.

L’associazione Rete Lenford-Avvocatura per i diritti Lgbti ha agito in giudizio per l’accertamento della violazione, in tale episodio, della disciplina antidiscriminatoria relativa alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro. Il Tribunale di Bergamo ha accolto il ricorso dell’associazione e la sentenza è stata confermata dalla Corte d’appello di Brescia: entrambi i giudici hanno stabilito che le affermazioni dell’avvocato Taormina, per la loro natura, per il loro contenuto e per il contesto in cui sono state rese, non possono in alcun modo costituire manifestazione del principio di libera espressione del pensiero. La libertà di espressione non è, cioè, incondizionata e assoluta: il suo esercizio deve essere bilanciato con altri diritti e altre libertà di pari rango quali il diritto alla dignità umana, all’identità personale (e, segnatamente, all’identità sessuale), all’uguaglianza e alla libertà personale (in particolare nelle sue declinazioni di libertà morale e sessuale).

La Cassazione, a cui il soccombente è ricorso, ha sospeso il procedimento, ritenendo pregiudiziale (e quindi necessaria per la definizione del giudizio) l’interpretazione del diritto dell’Unione europea da parte della Corte di giustizia.

Due erano i nodi problematici dal punto di vista del diritto antidiscriminatorio; essi, invece, sono stati superati dalla Corte di giustizia.

In primo luogo, non essendo individuabile in questa vicenda una persona determinata che fosse stata discriminata, si trattava di capire se Rete Lenford-Avvocatura per i diritti Lgbti, in quanto associazione di avvocate e avvocati volta alla promozione della cultura Lgbtiq, potesse considerarsi ente rappresentativo di interessi collettivi, e quindi essere legittimata ad agire in giudizio per la tutela dei predetti interessi.

Inoltre, in secondo luogo, la Corte di giustizia è stata chiamata a pronunciarsi sulla effettività della discriminazione: si può ritenere violata la direttiva in materia di parità di trattamento in ambito lavorativo
, anche quando, come all’epoca delle dichiarazioni rese dall’avvocato Taormina, non si faccia riferimento a una procedura di assunzione concretamente esistente e in essere in quel momento?

La Corte di giustizia ha risposto in senso affermativo a entrambe le questioni giuridiche, affermando la legittimazione ad agire in giudizio di Rete Lenford e stabilendo che le dichiarazioni omofobe relative alla selezione dei dipendenti costituiscono una discriminazione in materia di occupazione e di lavoro se rese da chi esercita, o può essere percepito come capace di esercitare, un’influenza determinante sulla politica di assunzioni di un datore di lavoro, poiché hanno l’effetto implicito di inibire future candidature delle persone omosessuali.

Il caso Taormina ci mostra come anche quando le discriminazioni in ambito lavorativo non hanno risvolti drammatici sulle vittime, o le vittime non siano addirittura neanche identificabili, questi fenomeni hanno forti ripercussioni sulla vita delle persone. Il lavoro, infatti, non rappresenta soltanto il principale strumento attraverso il quale si ricavano le risorse necessarie per vivere, ma è anche espressione della propria personalità, identità e delle proprie competenze nonché mezzo di costruzione di relazioni sociali.

fonte:  Francesca Romana Guarnieri www.agoravox.it

Oscar: 25 film per rappresentare l’Italia alla 93esima edizione degli Academy Awards

Sono 25 i film italiani che concorreranno alla designazione del titolo candidato a rappresentare l’Italia nella selezione per la categoria International Feature Film Award dei 93^ Academy Awards.

A causa della pandemia che ha condizionato l’industria cinematografica mondiale, l’Academy Awards ha stabilito nuove regole che rendono eleggibili agli Oscar anche i film per i quali era stata programmata la distribuzione al cinema ma che, causa chiusura sale, sono stati, invece, diffusi in streaming attraverso le diverse piattaforme VOD.

Hanno proposto la propria candidatura i film distribuiti in Italia, o in previsione di essere distribuiti, nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2019 e il 31 dicembre 2020. La finestra di eleggibilità è stata, per questa edizione, ampliata dall’Academy a 15 mesi invece dei tradizionali 12 mesi.

La commissione di selezione, istituita presso l’ANICA su richiesta dell’Academy, si riunirà per votare il titolo designato il prossimo 24 novembre 2020. L’annuncio ufficiale di tutte le nomination è previsto per il 15 marzo 2021 e la cerimonia di consegna degli Oscar si terrà a Los Angeles il 25 aprile 2021.

Di seguito, l’elenco dei candidati in ordine alfabetico:

· 18 REGALI di Francesco Amato

· ASPROMONTE LA TERRA DEGLI ULTIMI di Mimmo Calopresti

· BAR GIUSEPPE di Giulio Base

· LA DEA FORTUNA di Ferzan Ozpetek

· IL DELITTO MATTARELLA di Aurelio Grimaldi

· FAVOLACCE di Damiano e Fabio D’Innocenzo

· L’INCREDIBILE STORIA DELL’ISOLA DELLE ROSE di Sydney Sibilia

· LONTANO LONTANO di Gianni Di Gregorio

· NON ODIARE di Mauro Mancini

· NOTTURNO di Gianfranco Rosi

· PADRENOSTRO di Claudio Noce

· PICCIRIDDA CON I PIEDI NELLA SABBIA di Paolo Licata

· PINOCCHIO di Matteo Garrone

· I PREDATORI di Pietro Castellitto

· LE SORELLE MACALUSO di Emma Dante

· SPACCAPIETRE di Gianluca e Massimiliano De Serio

· SUL PIU' BELLO di Alice Filippi

· THE SHIFT di Alessandro Tonda

· TORNARE di Cristina Comencini

· TRASH di Francesco Dafano e Luca Della Grotta

· TUTTO IL MIO FOLLE AMORE di Gabriele Salvatores

· L’UOMO DEL LABIRINTO di Donato Carrisi

· LA VERITA' SU LA DOLCE VITA di Giuseppe Pedersoli

· LA VITA DAVANTI A SÉ di Edoardo Ponti

· VOLEVO NASCONDERMI di Giorgio Diritti

fonte: di Anna Maria Iozzi   www.agoravox.it

La Norvegia vieta l’incitamento all’odio (anche) contro le persone trans e bisessuali

Ad oggi la legge puniva solo l’odio contro omosessuali e lesbiche. Inasprite le pene per gli omotransfobici.

La Norvegia ha ampliato il suo codice penale che fino ad oggi proteggeva le persone lesbiche e gay dall’incitamento all’odio, includendo finalmente anche i membri della comunità trans e bisessuale.

Nella giornata di ieri il parlamento norvegese ha approvato gli emendamenti presentati alla legge del 1981 senza neanche aver bisogno del voto, in quanto già sostenuti dai parlamentari in prima lettura la scorsa settimana. Gli emendamenti andranno ora a proteggere il genere, l’identità o l’espressione di genere dall’incitamento all’odio, cambiando la frase “orientamento omosessuale” in “orientamento sessuale“, per indicare anche le persone bisessuali.

Il codice penale esistente puniva le persone fino a un anno di reclusione per osservazioni private e fino a tre anni per osservazioni pubbliche. Questo per far capire alla destra italiana quanto nel resto d’Europa le leggi contro l’omobilesbotransfobia siano da tempo realtà.

Il disegno di legge è stato ovviamente accolto con favore dai movimenti LGBTQ +, con Birna Rorslett, vicepresidente dell’Associazione Persone Transgender in Norvegia, che ha affermato: “Sono molto sollevata, perché la mancanza di protezione legale è stata per molti, molti anni un pugno nell’occhio per le persone trans di questo Paese”.

Monica Mæland, ministro della giustizia e della pubblica sicurezza, aveva sottolineato come le persone trans fossero “un gruppo molto esposto quando si tratta di discriminazione, molestie e violenza”. “È imperativo che la protezione contro la discriminazione offerta dalla legislazione penale sia adattata alle situazioni pratiche che si presentano”.

Il codice penale è stato anche modificato in modo che le condanne per le persone accusate di crimini violenti saranno più dure se si ritiene che l’attacco sia stato motivato dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere di una persona.

fonte:    www.gay.it

Cori Amenta umiliata durante i controlli in aeroporto a Catania perché trans: la denuncia social

La fashion stylist Cori Amenta ha denunciato sul suo profilo Instagram un caso di transfobia accadutole pochi giorni fa all’aeroporto di Catania. 

La donna era di ritorno dalla Sicilia verso Milano, città in cui risiede attualmente. 

Non volendo avere a che fare con nessuno, anche per via di un lutto subito, la designer aveva deciso di facilitare le operazioni di controllo levando ogni indumento e accessorio che avrebbe potuto far suonare il metal detector. IL VIDEO >> QUI

A causa di un anello dimenticato, però, l’apparecchiatura ha dato l’allarme e la donna, accortasi immediatamente del problema, ha detto a chi si occupava del controllo che lo avrebbe levato subito. La guardia, accortasi della voce profonda di Amenta, avrebbe subito voluto avvisare con aria divertita i colleghi di trovarsi di fronte a una donna trans. «Vieni qua subito! Ci sono calamari, ci sta il signor calamaro!», avrebbe urlato l’addeto a controlli.

«Per chi non lo sapesse o non è siciliano – rivela Cori – Calamaru, puppu, serve il prezzemolo, porta il limone, sono tutte espressioni che si sottintendono un’unica vera offesa: “fr**io”». Un’umiliazione pubblica, soprattutto tenendo conto dei numerosi catanesi in fila per i controlli dietro la donna.

Dopo aver risposto a tono e allontanatasi per procedere per l’imbarco, la stilista ha notato, però, che le risatine da parte delle guardie continuavano. Volendo denunciare il grave atto di discriminazione ha prontamente preso il cellulare con l’intenzione di chiedere i dati dei suoi schernitori. Al rifiuto di dare le proprie generalità da parte di questi, la donna si è rivolta alla Polizia per chiedere aiuto.

«Quello che è accaduto dopo, non me lo sarei mai aspettato – racconta – In cinque mi hanno accerchiato, intimandomi a lasciar perdere e minacciandomi di farmi perdere l’aereo se non l’avessi fatto. Hanno anche detto che avrei fatto molto, molto bene ad andarmene».

«Per lo Stato Italiano io sono una donna a tutti gli effetti, anche sui documenti – continua – Vivo da dieci anni con il mio compagno, non ho mai dato fastidio a nessuno. Trovo assurdo dover fare questi video. In un momento in cui si contesta che ci possa essere o meno una legge contro l’omotransfobia e le discriminazioni, io mi chiedo: se chi mi dovrebbe proteggere è il primo che mi insulta urlando in un aeroporto, di chi dovrei fidarmi?».

«Mi sento di dire che da tutta la vita mi ritrovo attaccata solo perché trans, e prima gay. La mia vera bellezza sta nel sentirmi libera di vivere come ritengo giusto e NESSUNO può permettersi di tapparmi le ali – confida Cori a NEG Zone – È assurdo che adesso si stia ancora a subire angherie immotivate, dettate solo da ignorante indifferenza». Fiduciosa del fatto che la giustizia farà il suo corso, Cori Amenta chiede che la sua storia abbia una risonanza, affinché si scardini «questo atteggiamento maschilista, così cattivo, così piccolo».

fonte:     www.neg.zone

martedì 24 novembre 2020

Arte > “Uffizi On Air”: gli Uffizi live su Facebook

Si chiama ‘Uffizi On Air’ il nuovo progetto social delle Gallerie, per portare l’arte del museo fiorentino più famoso al mondo on-line.

La chiusura dei musei e di tutti i luoghi cultura imposta dall’ultimo Dpcm in tutta Italia ha portato ad un vero e proprio “Lockdown dell’arte”. Le Gallerie degli Uffizi non si arrendono però e aprono al pubblico di tutto il mondo, in diretta, attraverso il web con un nuovo progetto social: ‘Uffizi On Air’.

Dal 6 novembre, ogni martedì e venerdì, alle ore 13, sul profilo Facebook del museo sono trasmessi video live con curatori e specialisti delle Gallerie per illustrare le opere d’arte e svelarne i dettagli e i segreti; ma è anche l’occasione per raccontare aneddoti e curiosità del museo e della sua storia. Alla fine anche uno spazio dedicato a rispondere alle risposte alle domande del pubblico che può avere l’occasione di chiedere in diretta curiosità e chiarire dubbi semplicemente scrivendo nei commenti della live chat. 

“Vi accompagneremo virtualmente nelle sale e ci metteremo a disposizione per soddisfare le vostre curiosità” – ha dichiarato il direttore Eike Schmidt – “Come già nel caso del lockdown di primavera, anche stavolta gli Uffizi resteranno in contatto con tutti voi: ora, con Uffizi On Air, offriamo un modo ancora più diretto per condividere i nostri tesori con il mondo. Se non possiamo portarvi fisicamente in museo, con questo nuovo progetto social vi ci accompagneremo virtualmente, in versione live, mettendoci a disposizione per soddisfare il vostro desiderio di sapere e le vostre curiosità”.

Un museo social

L’esperimento di portare il museo sui social tentato durante il lockdown di marzo ha avuto da subito grande successo: i video della serie ‘La mia sala’ su Facebook, con addetti delle Gallerie ad illustrarne capolavori e spazi, in pochi mesi dall’apertura avevano infatti ottenuto milioni di visualizzazioni. Forte la presenza del museo fiorentino anche su Instagram, con oltre 561mila seguaci, che lo rendono uno dei complessi museali più seguiti d’Europa, mentre sul canale TikTok, aperto appena ad aprile e che ha già raggiunto oltre 60mila follower, è, insieme al Prado, il museo con più seguaci al mondo. 

Perciò anche durante questo nuovo periodo di chiusura forzata, verranno potenziate anche le altre attività di comunicazione a distanza. Tra le iniziative in programma c’è anche la “trasposizione” online delle ultime tre mostre inaugurate nelle scorse settimane, con “ipervisioni” (così si chiama la sezione sul sito dedicata ad esse) sul sito web delle Gallerie http://www.uffizi.it: ‘L’esperimento’ di Joseph Wright of Derby per la prima volta in Italia (già visitabile), Il ritorno a Firenze del Leone X di Raffaello, Imperatrici, Matrone, Liberte. Volti e segreti delle donne romane.

E poi ancora visitabili online “Rinascenza. Itinerario di emozioni e sentimenti attraverso la statuaria antica delle Gallerie degli Uffizi”, “Francesco, Fratello Universale. La vita e il culto del Poverello di Assisi nelle opere delle Gallerie degli Uffizi” e molte altre, oltre alle visita delle sale a 360 gradi e a interessanti approfondimenti sui capolavori ospitati nel museo.

fonte: By    https://firenzeurbanlifestyle.com

25 novembre: Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne

Ministero della Salute. Secondo il rapporto dell'OMS Valutazione globale e regionale della violenza contro le donne: diffusione e conseguenze sulla salute degli abusi sessuali da parte di un partner intimo o da sconosciuti (in lingua inglese), la violenza contro le donne rappresenta “un problema di salute di proporzioni globali enormi”. 

Redatto in collaborazione con la London School of Hygiene & Tropical Medicine e la South African Medical Research Council, il rapporto analizza sistematicamente i dati sulla diffusione della violenza femminile a livello globale, inflitta sia da parte del proprio partner, sia da sconosciuti.


L’abuso fisico e sessuale è un problema sanitario che colpisce oltre il 35% delle donne in tutto il mondo e, cosa ben più grave, è che ad infliggere la violenza sia nel 30% dei casi un partner intimo. Leggi la sintesi del rapporto.

I servizi del Sistema sanitario nazionale

Il nostro sistema sanitario mette a disposizione di tutte le donne, italiane e straniere, una rete di servizi sul territorio, ospedalieri e ambulatoriali, socio-sanitari e socio-assistenziali, anche attraverso strutture facenti capo al settore materno-infantile, come ad esempio il consultorio familiare, al fine di assicurare un modello integrato di intervento.
Uno dei luoghi in cui più frequentemente è possibile intercettare la vittima è il Pronto Soccorso.
E’ qui che le vittime di violenza, a volte inconsapevoli della loro condizione, si rivolgono per un primo intervento sanitario. Nello specifico, presso alcuni Pronto soccorso in Italia si sta sperimentando un percorso speciale per chi subisce violenza, contrassegnato da un codice rosa, o uno spazio protetto, detto stanza rosa, in grado di offrire assistenza dal punto di vista fisico e psicologico e informazioni sotto il profilo giuridico, nel fondamentale rispetto della riservatezza.

La normativa sulla violenza

La prima significativa innovazione legislativa in materia di violenza sessuale, in Italia, si era avuta con l’approvazione della Legge 15 febbraio 1996, n. 66, che ha iniziato a considerare la violenza contro le donne come un delitto contro la libertà personale, innovando la precedente normativa, che la collocava fra i delitti contro la moralità pubblica ed il buon costume.


Con la Legge 4 aprile 2001, n. 154 vengono introdotte nuove misure volte a contrastare i casi di violenza all’interno delle mura domestiche con l'allontanamento del familiare violento.
Nello stesso anno vengono approvate anche le Leggi n. 60 e la Legge 29 marzo 2001, n. 134 sul patrocinio a spese dello Stato per le donne, senza mezzi economici, violentate e/o maltrattate, uno strumento fondamentale per difenderle e far valere i loro diritti, in collaborazione con i centri anti violenza e i tribunali.


Con la Legge 23 aprile 2009, n. 38 sono state inasprite le pene per la violenza sessuale e viene introdotto il reato di atti persecutori ovvero lo stalking.
Il nostro Paese ha compiuto un passo storico nel contrasto della violenza di genere con la legge 27 giugno 2013 n. 77, approvando la ratifica della Convenzione di Istanbul, redatta l'11 maggio 2011. Le linee guida tracciate dalla Convenzione costituiscono infatti il binario e il faro per varare efficaci provvedimenti, a livello nazionale, e per prevenire e contrastare questo fenomeno.
Il 15 ottobre 2013 è stata approvata la Legge 119/2013 (in vigore dal 16 ottobre 2013) “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, che reca disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”.

Linee guida soccorso e assistenza donne vittime di violenza

Il 24 novembre 2017 sono state approvate con DPCM le Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza.
Obiettivo delle linee guida è quello di fornire un intervento adeguato e integrato nel trattamento delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza maschile produce sulla salute della donna. Il provvedimento prevede, dopo il triage infermieristico, salvo che non sia necessario attribuire un codice di emergenza (rosso o equivalente), che alla donna sia riconosciuta una codifica di urgenza relativa (codice giallo o equivalente) per garantire una visita medica tempestiva (tempo di attesa massimo 20 minuti) e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari.
Le linee guida prevedono, inoltre, l'aggiornamento continuo delle operatrici e operatori, indispensabili per una buona attività di accoglienza, di presa in carico, di rilevazione del rischio e di prevenzione.

A chi rivolgersi

Vedi anche:

fonte:  www.salute.gov.it

lunedì 23 novembre 2020

Aumentano le fashion company nel Diversity Leaders ranking: Hermès, Armani, Prada e Hugo Boss tra le aziende europee più inclusive

Nonostante sia in ritardo rispetto ad altri settori, anche la moda ha iniziato il suo percorso verso la creazione di ambienti di lavoro più inclusivi, con l’inserimento di figure ad hoc e la promozione di valori rispettosi del concetto di diversità.

Ne è la prova la seconda edizione del ranking annuale Diversity Leaders, promosso dal Financial Times con il supporto di Statista, società tedesca leader nel campo delle ricerche di mercato, che da aprile ad agosto 2020 ha intervistato 100mila persone di 15mila imprese con un minimo di 250 dipendenti, setacciando 16 Paesi Europei: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Spagna, Svezia, Svizzera e Regno Unito.

Oltre alle dichiarazioni dei dipendenti - interpellati su come si gestiscono in azienda tematiche relative a età, genere, equità, etnia, disabilità e orientamento sessuale - al fine di perfezionare l’analisi sono stati coinvolti anche i referenti delle risorse umane di ogni società.

Risultato: è stata compilata una graduatoria di 850 realtà europee di diversi ambiti e settori, dove anche la moda è ben rappresentata.

Nella parte alta della classifica troviamo infatti Hermès, che ha conquistato la quinta posizione, facendo un balzo rispetto a un anno fa, quando si era classificato 575esimo su 700.

Subito sotto, al sesto posto, si piazza Giorgio Armani (nella foto la sfilata Spring-Summer 2021), la prima delle 35 aziende italiane a comparire nel ranking.

Interessante notare che nella top 100 entrano Prada, al numero 57, e Hugo Boss, al 97. Ricordiamo che il gruppo milanese proprio recentemente ha arruolato Malika Savell come chief diversity, equity e inclusion officer per il Nord America: un ruolo in realtà trasversale, che vedrà la manager come responsabile dello sviluppo di politiche, strategie e programmi in grado di garantire una rappresentazione di culture e punti di vista diversificati a tutti i livelli dell’azienda.

In rappresentanza dell’Italia nelle prime 100, al 71esimo posto, si trova la beauty company Kiko Milano. Al numero 111 Benetton Group, al 711 il Gruppo Calzedonia.

Tra le 850 aziende più virtuose non compare un colosso come Lvmh, anche se si mettono in evidenza alcuni marchi del gruppo, come Sephora (in 49esima posizione) e Louis Vuitton (in 161esima).

Non riesce a entrare della graduatoria nemmeno il big elvetico Richemont, ma a sua difesa va detto che all’inizio del 2019 ha assunto un director of diversity and inclusion e, secondo voci vicine al dossier, sta piazzando pedine simili nelle aree geografiche e nel management dei marchi che presidia.

Quanto al rivale Kering, casa madre di Gucci, si è classificato al 715esimo posto: l’analisi sottolinea che il gruppo francese ha lavorato con impegno sul gender gap, aumentando il numero di donne nel suo cda, ma ha performance meno brillanti, rispetto per esempio a Hermès e Giorgio Armani, sul fronte “age” e “ethnicity”.

«L’industria del lusso ha fatto passi in avanti significativi – ha commentato Hannah Stoudemire, a.d. della Fashion for All Foundation, un’organizzazione non profit con sede a New York che promuove l’uguaglianza e la diversità nel settore della moda – ma molte aziende non stanno facendo nemmeno il minimo indispensabile».

«Il consiglio – aggiunge – è di affrontare i problemi legati alla diversity a tutti i livelli dell’organizzazione e di creare spazio e budget per un chief cultural officer. Un ruolo che dovrebbe essere obbligatorio in ogni azienda di moda, bellezza e media».

fonte:  a.t.  www.fashionmagazine.it

Society: Lilith Primavera, la Malafemmina in un podcast che dovrebbe ascoltare chi vive di pregiudizi

La diva della nightlife romana e la sua storia, diretta da Chloé Barreau, per un podcast divertente, intimo ed emozionante, sulla transizione e sulla femminilità. Foto di Giuseppe Zizza

Lilith Primavera è un personaggio mitico della notte romana. Una donna dal fascino che non lascia indifferenti. Una donna nata maschio, come dice lei stessa, ma è solo un dettaglio.Lilith è una cantante, una performer, un’attrice, una poetessa, una femminista. Per arrivare fino a qui, è stata costretta a fare i conti con alcune ferite. 

Malafemmina è un viaggio vibrante nella vita di un’artista underground. Uno sguardo intimo sul tema della transizione. Un diario di amicizia e di sorellanza.

La storia di come sono rimasto affascinato dal podcast Malafemmina, è di quelle che capitano nelle pandemie, in un tempo in cui niente è normale. Mi capita quasi per caso di scambiare due chiacchiere virtuali con Lilith Primavera, robe di musica, mentre ignoro assolutamente chi sia. Vengo dalla campagna toscana, non troppo intima con la nightlife romana, di cui Lilith è regina. Poco male. Mentre ampliamo la forbice delle chiacchiere da lockdown su argomenti tipo cani o serie tv, mi fa sentire un po’ della sua musica che migliora di una buona percentuale l’umore della mia giornata, poi mi butta lì che uscirà a breve, il 25 novembre, un podcast su di lei su Storytel.

La cosa mi incuriosisce, e dopo poco entro in contatto con la regista Chloé Barreau, parigina da 20 anni a Roma, che mi passa sotto banco tutto il podcast. Lo ascolto in una botta, in cuffia tra faccende di casa e sparato in macchina nei viaggi pirata a sconfinare la zona rossa. Ne rimango rapito. Chloé mi dice che è cinema da ascoltare, ed è una definizione assolutamente calzante. Riesco a vedere nitide le immagini di quello che sento, il podcast è montato perfettamente, Le musiche di Giorgio Maria Condemi, poi, sono la ciliegina sulla torta. Un viaggio con tante voci, in cui Lilith recita alcune pagine del suo libro al momento inedito (si intitola Piccola Gemma e gioca col thriller e con l’ucronia da vera pro) ancora in fase di revisione, scegliendo solo quelle autobiografiche, alternandole a momenti di vita quotidiana, incontri casuali, poetici e gong assurdi di cui capirete il significato solo ascoltando le 4 puntate. Ascese e cadute, momenti di festa, altri tremendi, nella vita di una donna trans. Chloé e Lilith, foto di Marco Ragaini

Il punto è quello, la transizione, ma resta in secondo piano rispetto allo storytelling e alla storia molto poco fiction di due donne che entrano in contatto tra di loro in modo complementare: la narratrice e la narrata. La femminilità data per scontata e quella da conquistare, la lotta per i propri diritti di essere umano, senza etichette o catalogazioni. Io, ascoltatore, sono poco dentro le storie di femminismo e transizione, e non nego da perfetto italiano medio di essere uno di quelli che ha avuto pregiudizi, almeno una volta, anche se non lo ammetterebbe mai in società. Un po’ come quelli che pensano che il sovrappeso nei film debba sempre essere il pauroso della compagnia, la studiosa per forza la sfigata, l’asiatico quello che ne sa di tecnologia e l’africano quello col ritmo nel sangue, anche a me è capitato di riporre le caratteristiche di una certa scena LGBTQ+ nel cassetto della frivolezza e dello stare senza pensieri, poco educato per fare il passo laterale e capire che ogni persona ha una storia a sé stante, che merita di essere ascoltata e va decisamente oltre la definizione di genere.

Non ci sono arrivato proprio oggi, a onor del vero, ma Malafemmina di Chloé Barreau sulla storia di Lilith Primavera, mi ha fatto entrare nella vita di una donna che ha un milione di sfaccettature che non t’immagini: dall’ovvio lato vamp della notte a quello dell’artista ricercata, dalla donna semplice, bucolica a quella inaspettatamente nerd. Non solo oscurità e punti luce, però: nel podcast ci sono un sacco di momenti in cui Lilith si mette in discussione, roba davvero intima e personale in cui ogni persona che ha passato i 30 si riconosce. Ecco la chiave: Malafemmina non è (solo) un podcast che racconta la transessualità, altrimenti sarebbe la solita cosa di nicchia che se sei interessato all’argomento, bene, altrimenti sticazzi e se invece sei hater congenito, schifi a priori. È la storia di una diva di provincia (perché pure se stai sotto al Colosseo, l’Italia è tutta provincia), e di come riesce a vivere in un mondo a volte gentile, spesso no, tra gli sguardi, la curiosità morbosa e le domande che, alla fine, sono sempre le stesse. Ascoltarlo non è solo divertente e interessante, ma anche un passo verso la civiltà.

fonte:  di Simone Stefanini    www.dailybest.it

Cultura: È morta Jan Morris, storica e scrittrice gallese

Venerdì mattina è morta la storica e scrittrice gallese Jan Morris. Aveva 94 anni ed era molto nota, oltre che per i suoi libri di viaggio e i suoi saggi storici, come donna transgender: nel 1974 Enigma, il libro autobiografico con cui raccontò il suo percorso di transizione conclusosi due anni prima, fece discutere e divenne un bestseller in molti paesi. 

In foto: La storica gallese Jan Morris nel 2018, dopo aver ricevuto un premio (Canale YouTube di Stanfords)

Morris era molto conosciuta fin dal 1953, quando era stata mandata dal Times di Londra a seguire il tentativo di scalata del monte Everest di Edmund Hillary e Tenzing Norgay: fu suo lo scoop che la vetta della montagna più alta del mondo era finalmente stata raggiunta. 

Era stata inoltre la corrispondente del Times durante la crisi di Suez, quando Israele attaccò l’Egitto, ma per via di un disaccordo con la direzione del quotidiano lo lasciò per il Guardian. Nel corso della sua carriera scrisse molti libri di storia culturale, tra cui uno dedicato a Venezia e uno a Trieste. Dopo la sua transizione di genere dovette divorziare da sua moglie, ma continuò a vivere con lei e si unirono civilmente nel 2008, quattro anni dopo l’introduzione delle unioni civili nel Regno Unito.

fonte:  www.ilpost.it