La parità di genere inizia tra i banchi di scuola.
Qui siamo in un liceo di Nantes, dove gli studenti per un giorno hanno deciso di indossare la gonna per andare a scuola.
In gonna contro le discriminazioni e il sessismo: l'iniziativa, che ha coinvolto ventisette licei della circoscrizione di Nantes, nella Francia occidentale.
Al liceo Clemenceau erano quasi un centinaio, gli studenti maschi in gonna: alcuni indossavano un kilt, altri si erano fatti prestare l'indumento dalla madre o dalla sorella:
"Mi sono detto che mettere una gonna non mi costa niente, e se può servire per una buona causa sono contento".
Un gesto eclatante di lotta al sessismo e ai pregiudizi:"Come uomo trovo assurdo poter guadagnare più di una donna facendo lo stesso lavoro - dice Pierre - Penso sia uno degli esempi più citati ma è anche uno dei più evidenti, è ridicolo. Per me è importante che le donne abbiano gli stessi diritti degli uomini e che abbiano in futuro le stesse cose che ho io"
"In questo modo possiamo dimostrare che possono indossare ciò che vogliono ssenza che la gente dica 'sta indossando la gonna la classifico in una certa categoria di donne' - dice Cyril - è un buon modo per dire che ora puoi indossare ciò che vuoi senza essere giudicato".
Chi non indossava la gonna ha comunque attaccato sui vestiti un adesivo con la scritta "Quel che solleva la sottana", dal titolo di un libro della sociologa Christine Bard proprio sulla relazione tra abbigliamento e rapporto uomo-donna"Quello a cui stiamo assistendo - constata questo attivista - è il fiorire di un movimento che non è stato manipolato ma che nasce da una riflessione sulla società che vogliono e come possono ottenerla".In Francia la "giornata della gonna" non è una novità, se ne organizzano dal 2010.
Ciò nonostante quest'anno le proteste dei movimenti contro i matrimoni-gay si sono fatte particolarmente sentire. Non abbastanza, però, da scoraggiare questi uomini del domani.
fonte http://youmedia.fanpage.it/video https://www.youtube.com/
Questo blog è un aggregatore di notizie, nasce per info e news dall'Italia e dal mondo, per la Danza, Teatro, Cinema, Fashion, Tecnologia, Musica, Fotografia, Libri, Eventi d'Arte, Sport, Diritti civili e molto altro. Ogni articolo riporterà SEMPRE la fonte delle news nel rispetto degli autori e del copyright. Le rubriche "Ritratto d'artista" e "Recensioni" sono scritte e curate da ©Lisa Del Greco Sorrentino, autrice di questo blog
sabato 31 maggio 2014
venerdì 30 maggio 2014
Lgbt: Showtime riporta in tv Queer as Folk e The L Word per il mese dell’orgoglio gay
Giugno è il mese dell’orgoglio gay e quale modo migliore per celebrarlo rivedendo gli episodi di due delle più innovative serie LGBT, Queer as Folk e The L Word?
Showtime, la rete che le programmò tra il 2000 e il 2009, ha annunciato via Tumblr che tutti gli episodi di entrambi i drama saranno ritrasmessi back-to-back tra il 2 e 30 giugno ogni sera a partire dalle ore 20:00. Inoltre, dal 3 giugno al 13 novembre, si potranno rivedere gli episodi con più tranquillità ogni giovedì sera.
Queer as Folk ha esplorato per cinque stagioni le vite di cinque uomini gay e una coppia lesbica a Pittsburgh. La serie – premiata come miglior drama ai GLAAD Media Awards nel 2001 – fece parlare di sé per i temi e le scene particolarmente audaci, qualcosa che fino a quel momento raramente si era visto in tv. The L Word, in onda per sei stagioni e miglior drama ai GLAAD Media Awards nel 2006 e 2009, si concentra invece su un gruppo di lesbiche di Los Angeles. Rinfreschiamoci la memoria con i loro trailer:
Queer As Folk (USA) Season 1 (Trailer)
https://www.youtube.com/watch?v=sJ6N0918EIQ
The L Word- Season 1 Promo
https://www.youtube.com/watch?v=dWcaOs8dgF0
fonte http://www.comingsoon.it/Emanuele Manta/Image Credit: Showtime
Showtime, la rete che le programmò tra il 2000 e il 2009, ha annunciato via Tumblr che tutti gli episodi di entrambi i drama saranno ritrasmessi back-to-back tra il 2 e 30 giugno ogni sera a partire dalle ore 20:00. Inoltre, dal 3 giugno al 13 novembre, si potranno rivedere gli episodi con più tranquillità ogni giovedì sera.
Queer as Folk ha esplorato per cinque stagioni le vite di cinque uomini gay e una coppia lesbica a Pittsburgh. La serie – premiata come miglior drama ai GLAAD Media Awards nel 2001 – fece parlare di sé per i temi e le scene particolarmente audaci, qualcosa che fino a quel momento raramente si era visto in tv. The L Word, in onda per sei stagioni e miglior drama ai GLAAD Media Awards nel 2006 e 2009, si concentra invece su un gruppo di lesbiche di Los Angeles. Rinfreschiamoci la memoria con i loro trailer:
Queer As Folk (USA) Season 1 (Trailer)
https://www.youtube.com/watch?v=sJ6N0918EIQ
The L Word- Season 1 Promo
https://www.youtube.com/watch?v=dWcaOs8dgF0
fonte http://www.comingsoon.it/Emanuele Manta/Image Credit: Showtime
Lgbt USA: Laverne Cox, prima transgender sulla copertina del Time
La donna, nota per un ruolo in una serie Tv, viene presentata come simbolo della «prossima rivoluzione dei diritti civili»
Si chiama Laverne Cox è la prima transgender a finire sulla copertina del Time. La Cox è un'attrice statunitense apparsa prima come concorrente nella prima stagione del reality «Voglio lavorare per Diddy», al fianco di Puff Diddy, e poi diventata nota per il ruolo di Sophia Burset nella serie in onda su Netflix «Black is the new orange».
La donna, che è anche produttore televisiva e vicina al movimento LGBT americano, è stata scelta dal magazine come simbolo della prossima rivoluzione dei diritti civili americani, quella dei transgender: «Un anno dopo la sentenza della Corte Suprema che ha legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso», si legge sul sito di Time, «un altro movimento sociale sfida gli stereotipi radicati nella società».
fonte http://www.vanityfair.it/ foto ©Ap Images
Si chiama Laverne Cox è la prima transgender a finire sulla copertina del Time. La Cox è un'attrice statunitense apparsa prima come concorrente nella prima stagione del reality «Voglio lavorare per Diddy», al fianco di Puff Diddy, e poi diventata nota per il ruolo di Sophia Burset nella serie in onda su Netflix «Black is the new orange».
La donna, che è anche produttore televisiva e vicina al movimento LGBT americano, è stata scelta dal magazine come simbolo della prossima rivoluzione dei diritti civili americani, quella dei transgender: «Un anno dopo la sentenza della Corte Suprema che ha legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso», si legge sul sito di Time, «un altro movimento sociale sfida gli stereotipi radicati nella società».
fonte http://www.vanityfair.it/ foto ©Ap Images
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Lgbt: Robert De Niro: "Mio padre era gay, per lui era una sofferenza"
In foto Robert De Niro e suo padre in una scena di "Remembering the artist Robert De Niro Sr"
L'attore racconta l'omosessualità del genitore, e il suo rapporto con lui, pittore e scultore, alla vigilia della messa in onda di un documentario a lui dedicato
NEW YORK - Outing postumo per Robert De Niro senior: il padre dell'attore (che aveva lo stesso nome del figlio), un pittore divenuto famoso soprattutto dopo la morte, era gay e "ne soffriva", ha rivelato De Niro in un'intervista al magazine Gay Out in vista della messa in onda, il 9 giugno, in televisione, del documentario Remembering the artist Robert De Niro Sr. "Mio padre viveva in modo conflittuale la sua omosessualità, E come poteva essere altrimenti? Essendo di quella generazione, e specialmente a Syracuse, una piccola città dello stato di New York".
Il padre dell'attore (che aveva lo stesso nome del figlio), un pittore e scultore, era gay e "ne soffriva": lo ha raccontato De Niro in un'intervista al magazine Gay Out in vista della messa in onda in tv, il 9 giugno, del documentario Remembering the artist Robert De Niro Sr. "Mio padre viveva in modo conflittuale la sua omosessualità, e come poteva essere altrimenti? Essendo di quella generazione, e specialmente a Syracuse, una piccola città dello stato di New York".
Remembering the artist Robert De Niro Sr. esplora la vita di uno scultore e pittore che gravitava nell'ambiente degli artisti più famosi del tempo ma che non riuscì mai a sfondare e a un certo punto finì come un homeless sui marciapiedi di Parigi. De Niro Senior divorziò dalla moglie quando Robert era piccolo. Madre e figlio vissero assieme a Manhattan mentre il padre andò per la propria strada. "Io non mi ero accorto che fosse gay. E adesso vorrei che avessimo parlato di più della sua omosessualità. Ma mia madre non voleva parlare di nulla in generale e quando hai una certa età queste cose non ti interessano", ha raccontato l'attore.
Il documentario sull'artista - un espressionista astratto attivo a Soho nello stesso periodo di Jackson Pollock, Willem De Kooning, Andy Warhol and Mark Rothko - andrà in onda su Hbo. "Con papà non eravamo vicini. Non avevamo quel rapporto padre-figlio, di quelli che si va a giocare a baseball assieme, ma c'era sicuramente un legame", ha detto l'attore, spiegando che ha deciso di fare il documentario in omaggio al padre (i cui quadri conserva appesi sulle pareti del suo studio di Tribeca) ma anche perché i suoi figli potessero conoscerlo meglio.
Il padre dell'attore è morto di cancro a 71 anni nel 1993 e negli ultimi anni aveva vissuto apertamente la propria omosessualità. "Non fu un padre cattivo, o un padre assente. Mi adorava. Come io con i miei sei figli". Nel documentario l'attore legge brani dei diari paterni in cui l'artista descrive come una "afflizione" il suo essere gay, "ma anche questo fa parte della sua eredità. L'importante è non nascondere niente. La cosa più importante è la verità. Avrei dovuto farlo dieci anni fa, ma sono contento di averlo fatto adesso".
fonte http://www.repubblica.it/spettacoli/
L'attore racconta l'omosessualità del genitore, e il suo rapporto con lui, pittore e scultore, alla vigilia della messa in onda di un documentario a lui dedicato
NEW YORK - Outing postumo per Robert De Niro senior: il padre dell'attore (che aveva lo stesso nome del figlio), un pittore divenuto famoso soprattutto dopo la morte, era gay e "ne soffriva", ha rivelato De Niro in un'intervista al magazine Gay Out in vista della messa in onda, il 9 giugno, in televisione, del documentario Remembering the artist Robert De Niro Sr. "Mio padre viveva in modo conflittuale la sua omosessualità, E come poteva essere altrimenti? Essendo di quella generazione, e specialmente a Syracuse, una piccola città dello stato di New York".
Il padre dell'attore (che aveva lo stesso nome del figlio), un pittore e scultore, era gay e "ne soffriva": lo ha raccontato De Niro in un'intervista al magazine Gay Out in vista della messa in onda in tv, il 9 giugno, del documentario Remembering the artist Robert De Niro Sr. "Mio padre viveva in modo conflittuale la sua omosessualità, e come poteva essere altrimenti? Essendo di quella generazione, e specialmente a Syracuse, una piccola città dello stato di New York".
Remembering the artist Robert De Niro Sr. esplora la vita di uno scultore e pittore che gravitava nell'ambiente degli artisti più famosi del tempo ma che non riuscì mai a sfondare e a un certo punto finì come un homeless sui marciapiedi di Parigi. De Niro Senior divorziò dalla moglie quando Robert era piccolo. Madre e figlio vissero assieme a Manhattan mentre il padre andò per la propria strada. "Io non mi ero accorto che fosse gay. E adesso vorrei che avessimo parlato di più della sua omosessualità. Ma mia madre non voleva parlare di nulla in generale e quando hai una certa età queste cose non ti interessano", ha raccontato l'attore.
Il documentario sull'artista - un espressionista astratto attivo a Soho nello stesso periodo di Jackson Pollock, Willem De Kooning, Andy Warhol and Mark Rothko - andrà in onda su Hbo. "Con papà non eravamo vicini. Non avevamo quel rapporto padre-figlio, di quelli che si va a giocare a baseball assieme, ma c'era sicuramente un legame", ha detto l'attore, spiegando che ha deciso di fare il documentario in omaggio al padre (i cui quadri conserva appesi sulle pareti del suo studio di Tribeca) ma anche perché i suoi figli potessero conoscerlo meglio.
Il padre dell'attore è morto di cancro a 71 anni nel 1993 e negli ultimi anni aveva vissuto apertamente la propria omosessualità. "Non fu un padre cattivo, o un padre assente. Mi adorava. Come io con i miei sei figli". Nel documentario l'attore legge brani dei diari paterni in cui l'artista descrive come una "afflizione" il suo essere gay, "ma anche questo fa parte della sua eredità. L'importante è non nascondere niente. La cosa più importante è la verità. Avrei dovuto farlo dieci anni fa, ma sono contento di averlo fatto adesso".
fonte http://www.repubblica.it/spettacoli/
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lunedì 26 maggio 2014
Italia, il turismo LGBT vale 2,7 milioni
Gay, lesbiche, bisessuali e transessuali considerano le vacanze un bene irrinunciabile. In Italia il fatturato stimato del turismo gay è di 2,7 milioni di euro, per una media di 2-3 soggiorni annui da 10 giorni e un costo pari a 1.070 euro a persona.
Nella classifica mondiale delle destinazioni, il nostro Paese è quarto a pari merito con la Germania (5%).
Ma c'è un altro fenomeno particolare esploso negli ultimi anni: il turismo nei cimiteri. Secondo un recente studio, può coinvolgere, in pochi anni, 90 siti nazionali e interessare 400 mila italiani e 7 milioni di residenti nei Paesi di origine anglosassone, contro i soli 45 mila visitatori del 2013. Due le tematiche principali che spingono le persone a visitare i cimiteri: l'aspetto culturale e museale, e quello legato ai personaggi famosi. Si calcola siano 417 a livello mondiale i cimiteri di potenziale interesse turistico, la maggior parte dei quali si trova in Europa: ben l'83,5% del totale, pari a 348 cimiteri.
La restante quota è suddivisa tra Asia (9,8%), America (5,8%) e Oceania (1%). In Europa è primaria la posizione dell'Italia, dove i luoghi di potenziale interesse turistico sono il 55,2% del totale europeo, pari a 192 cimiteri. A seguire, la Spagna con 29(8,3%), la Francia con 22 (6,3%) e il Regno Unito con 20 (5,7%). Ma l'Italia non appare in grado di sfruttare questa «risorsa». La maggiore quota di cimiteri - che già oggi offre servizi e circuiti, propone visite e si promuove a fini turistici - si trova in Spagna, che occupa l'attuale leadership «coprendo» il 22,1% di questa particolare offerta turistica, pari a 21 cimiteri.
I cimiteri di potenziale interesse turistico (192 in totale in Italia) sono localizzati in prevalenza in Toscana (13% del totale nazionale), in Sicilia (10,4%) e in Emilia Romagna (9,9%). Poi in Piemonte (8,3%), Lazio e Lombardia (rispettivamente con il 7,3% del totale). I cimiteri che già offrono servizi e circuiti per i visitatori, sono meno della metà (90 contro 192). La regione con le maggiori capacità di attrarre flussi legati al «turismo ai cimiteri» è la Toscana (13,3%), seguita da Sicilia (11,1%) ed Emilia Romagna (10%). I cimiteri acattolici sono i più visitati dagli stranieri.
Nella classifica mondiale delle destinazioni, il nostro Paese è quarto a pari merito con la Germania (5%).
Ma c'è un altro fenomeno particolare esploso negli ultimi anni: il turismo nei cimiteri. Secondo un recente studio, può coinvolgere, in pochi anni, 90 siti nazionali e interessare 400 mila italiani e 7 milioni di residenti nei Paesi di origine anglosassone, contro i soli 45 mila visitatori del 2013. Due le tematiche principali che spingono le persone a visitare i cimiteri: l'aspetto culturale e museale, e quello legato ai personaggi famosi. Si calcola siano 417 a livello mondiale i cimiteri di potenziale interesse turistico, la maggior parte dei quali si trova in Europa: ben l'83,5% del totale, pari a 348 cimiteri.
La restante quota è suddivisa tra Asia (9,8%), America (5,8%) e Oceania (1%). In Europa è primaria la posizione dell'Italia, dove i luoghi di potenziale interesse turistico sono il 55,2% del totale europeo, pari a 192 cimiteri. A seguire, la Spagna con 29(8,3%), la Francia con 22 (6,3%) e il Regno Unito con 20 (5,7%). Ma l'Italia non appare in grado di sfruttare questa «risorsa». La maggiore quota di cimiteri - che già oggi offre servizi e circuiti, propone visite e si promuove a fini turistici - si trova in Spagna, che occupa l'attuale leadership «coprendo» il 22,1% di questa particolare offerta turistica, pari a 21 cimiteri.
I cimiteri di potenziale interesse turistico (192 in totale in Italia) sono localizzati in prevalenza in Toscana (13% del totale nazionale), in Sicilia (10,4%) e in Emilia Romagna (9,9%). Poi in Piemonte (8,3%), Lazio e Lombardia (rispettivamente con il 7,3% del totale). I cimiteri che già offrono servizi e circuiti per i visitatori, sono meno della metà (90 contro 192). La regione con le maggiori capacità di attrarre flussi legati al «turismo ai cimiteri» è la Toscana (13,3%), seguita da Sicilia (11,1%) ed Emilia Romagna (10%). I cimiteri acattolici sono i più visitati dagli stranieri.
Lgbt Musica: “We Exist” Arcade Fire criticati da Laura Jane Grace leader degli Against Me! "Scorretto non usare una vera attrice trans"
La leader degli Against Me! contro il video "transgender friendly" della band canadese: "Scorretto non usare una vera attrice trans" In foto Laura Jane Grace p.g.c. Big Hassle
Nei giorni scorsi vi abbiamo presentato il video “transgender-friendly” di We Exist degli Arcade Fire con Andrew Garfield, ma il filmato ha creato polemica intorno alla band canadese, ora raggiunto dalle critiche di chi sta passando attraverso lo stesso processo di transizione raccontato dal minifilm.
Laura Jane Grace degli Against Me!, che fino all’anno scorso conoscevamo come Tom Gabel e che ha combattuto per anni con la disforia di genere, ha infatti trovato pubblicamente molto da ridire con l’impianto narrativo della storia del video e su Twitter ha scritto “Cari Arcade Fire, la prossima volta che farete un video per una canzone chiamata We Exist pensate a ingaggiare un’attrice veramente transessuale invece dell’Uomo Ragno”.
Per Win Butler, senz’altro in buona fede ma confuso, la canzone parla di un ragazzo che cerca di confessare al padre di essere gay (… e non trans). Su Twitter Grace ha anche linkato a un articolo che critica in esteso il videoclip elencandone i luoghi comuni: secondo l’autrice Leela Ginella il video sembra comunicare che “tutte le donne transessuali si odiano; vogliono uomini dalle quali sono respinte; e peggio di tutti hanno la calamita per le aggressioni”. Al momento in cui scriviamo, né Garfield né Arcade Fire hanno commentato sul messaggio di We Exist.
GUARDA IL VIDEO A QUESTO LINK:
https://www.youtube.com/watch?v=hRXc_-c_9Xc
fonte http://www.rollingstonemagazine.it/
Nei giorni scorsi vi abbiamo presentato il video “transgender-friendly” di We Exist degli Arcade Fire con Andrew Garfield, ma il filmato ha creato polemica intorno alla band canadese, ora raggiunto dalle critiche di chi sta passando attraverso lo stesso processo di transizione raccontato dal minifilm.
Laura Jane Grace degli Against Me!, che fino all’anno scorso conoscevamo come Tom Gabel e che ha combattuto per anni con la disforia di genere, ha infatti trovato pubblicamente molto da ridire con l’impianto narrativo della storia del video e su Twitter ha scritto “Cari Arcade Fire, la prossima volta che farete un video per una canzone chiamata We Exist pensate a ingaggiare un’attrice veramente transessuale invece dell’Uomo Ragno”.
Per Win Butler, senz’altro in buona fede ma confuso, la canzone parla di un ragazzo che cerca di confessare al padre di essere gay (… e non trans). Su Twitter Grace ha anche linkato a un articolo che critica in esteso il videoclip elencandone i luoghi comuni: secondo l’autrice Leela Ginella il video sembra comunicare che “tutte le donne transessuali si odiano; vogliono uomini dalle quali sono respinte; e peggio di tutti hanno la calamita per le aggressioni”. Al momento in cui scriviamo, né Garfield né Arcade Fire hanno commentato sul messaggio di We Exist.
GUARDA IL VIDEO A QUESTO LINK:
https://www.youtube.com/watch?v=hRXc_-c_9Xc
fonte http://www.rollingstonemagazine.it/
Lgbt Cinema: Cannes, la Queer Palm a un film sui minatori britannici
Cannes,"Pride", un film ambientato nelle miniere all'epoca della rivolta contro Margaret Thatcher, ha vinto la Queer Palm, la Palma gay, un premio ufficioso assegnato al Festival di Cannes per la miglior pellicola che affronta tematiche omosessuali, bisessuali e transgender.
L'opera del regista britannico Matthew Warchus racconta la storia di un gruppo di attivisti gay e lesbiche che decide di raccogliere fondi per le famiglie dei minatori durante il Gay Pride del 1984 a Londra.
Il sindacato dei minatori inizialmente rifiuta l'offerta ma gli attivisti si recano personalmente in Galles a consegnare i fondi e le due comunita' finiranno per unirsi a difesa della stessa causa.
"E' una storia che puo' ispirare i giovani", ha commentato il regista Warchus, "la politica oggi ha una brutta reputazione ma il film mostra che la politica significa cambiare le cose".
A presiedere la giuria per la Queer Palm e' stato il produttore canadese Bruce LaBruce.
fonte http://www.agi.it/
L'opera del regista britannico Matthew Warchus racconta la storia di un gruppo di attivisti gay e lesbiche che decide di raccogliere fondi per le famiglie dei minatori durante il Gay Pride del 1984 a Londra.
Il sindacato dei minatori inizialmente rifiuta l'offerta ma gli attivisti si recano personalmente in Galles a consegnare i fondi e le due comunita' finiranno per unirsi a difesa della stessa causa.
"E' una storia che puo' ispirare i giovani", ha commentato il regista Warchus, "la politica oggi ha una brutta reputazione ma il film mostra che la politica significa cambiare le cose".
A presiedere la giuria per la Queer Palm e' stato il produttore canadese Bruce LaBruce.
fonte http://www.agi.it/
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