Sono tanti quanti una squadra di calcetto, quasi tutti espressione diretta del movimento Glbt italiano e scendono in campo per contendersi un posto “rainbow” in Parlamento.
Nel nome dei diritti (spesso dimenticati) delle persone omosessuali. Primarie di Pd e Sel , il 29 e 30 dicembre, anche per i candidati (appena sette su un totale di quasi duemila), che stanno conducendo la loro campagna elettorale soprattutto sul web, tra social network e siti lanciati per l’occasione.
Il tempo è stato poco, le risorse pure, ma le speranze sono alte. E non c’è solo la “battaglia” di questo gruppo di sette aspiranti parlamentari.
Lotta per il listino. All’ombra delle primarie, infatti, due big stanno scaldando i motori, in vista della decisione, da parte del segretario Bersani, sui nomi che entrereranno nel listino che li porterà diritti in Parlamento.
Da un lato c’è Paola Concia, parlamentare democratica uscente, unica lesbica dichiarata del Parlamento, che ha lottato – spesso anche all’interno del suo partito, soprattutto contro la sua principale antagonista, Rosy Bindi – per unioni civili e legge contro l’omofobia.
Dall’altro, Ivan Scalfarotto, dal 2009 vice presidente del Pd, che nelle passate elezioni non è entrato per un soffio in Parlamento (fu il primo dei non eletti). Entrambi hanno deciso, per ragioni analoghe, di non prendere parte alle primarie. Perché, dicono, la questione dei diritti non può essere confinata ad una provincia e la loro attività politica, in questi anni, è stata condotta a livello nazionale.
Spiega Scalfarotto, che ha anche fondato l’associazione Parks, impegnata nell'assistere le aziende a creare di ambienti di lavoro inclusivi e rispettosi di tutti i dipendenti: “Mi sono mosso in tutta Italia e sono stato in tutte le regioni. Presentandomi alle primarie, avrei rischiato di rovinare, in pochi giorni, il lavoro di anni.
Anche perché il tempo per una campagna elettorale sarebbe stato pochissimo”.
Quanto al suo destino, Scalfarotto si rimette alle decisioni del segretario nazionale: “Sono a disposizione del partito. Ho scelto di non correre alle primarie, senza pensare al listino.
Essere parlamentare è gratificante, ma in ogni caso continuerò ad occuparmi dei temi che ho seguito in questi anni, anche se non dovessi entrare alla Camera”.
E Paola Concia? “Avevo cercato di candidarmi alle primarie, in Puglia, che è il territorio dove sono stata eletta – spiega amareggiata – ma non ne ho avuto la possibilità. Ho cercato dei contatti con il partito, ma non sono riuscita a incontrare nessuno.
E, comunque, io non sono legata a un particolare territorio, come altri miei colleghi”. Dopo cinque anni in Parlamento (e molte battaglie), Paola si aspetta una riconferma e dalla società civile si sono già levate voci in suo favore.
Potrebbe anche esserci un outsider: Aurelio Mancuso, presidente di Equality, molto vicino alla parlamentare.
Pd. I candidati Dem sono cinque, alcuni hanno contribuito alla costruzione del movimento omosessuale, a livello nazionale o regionale. "Pochi", come fa notare anche Flavio Romani, segretario nazionale Arcigay. Ma, osserva Mancuso, “siamo davanti a persone che hanno delle posizioni nel partito. Fino a qualche anno fa, ci si candidava ‘nonostante’ il partito, oggi assistiamo ad una classe dirigente Glbt che sta crescendo. Ovviamente c'è ancora molto da fare”.
A Bologna sono due i politici ga che correranno alle primarie, entrambi eletti in consiglio comunale. Sergio Lo Giudice, capogruppo del Pd, e Benedetto Zacchiroli, consigliere.
Lo Giudice, classe 1961, sposato con Michele (a Oslo), un passato da presidente del Cassero e di Arcigay, è sicuramente uno dei nomi più forti e con maggiori probabilità di ottenere un buon piazzamento nelle liste del partito.
Nelle ultime ore un nutrito gruppo di intellettuali ed esponenti della comunità Glbt ha anche firmato un appello pubblico in suo favore: “Lo voteremo perché è una persona che con la propria storia politica e personale testimonia l’attaccamento alle battaglie di uguaglianza e di laicità”, dicono, tra gli altri, Vincenzo Branà (presidente Arcigay il Cassero), Giuseppina La Delfa (Famiglie Arcobaleno) e Renato Sabbadini (cosegretario generale di ILGA International Gay & Lesbian Association). Nelle ultime ore è arrivato anche l’endorsement di Vladimir Luxuria.
Il renziano doc Benedetto Zacchiroli, 40 anni, suo collega in consiglio comunale, ex braccio destro di Cofferati e amico di Lucio Dalla, punta sul rinnovamento della classe politica: “Non è solo un fattore generazionale. Il cambiamento di cui abbiamo bisogno passa da risposte concrete e nuove da dare su questioni cruciali - dice - Cultura, politiche europee, urgenze dei lavoratori (non solo i più giovani) e delle imprese, uso della tecnologia e delle energie rinnovabili, la scuola e l’università, una pubblica amministrazione veloce ed efficace.
Einstein diceva che non può trovare la soluzione ad un problema la stessa mentalità che lo ha creato. Abbiamo bisogno di un Parlamento nuovo, con membri che conoscano i problemi del territorio, che rappresentino i territori dove vengono eletti e che con i cittadini si vogliano rapportare con continuità”.
Quanto ai risultati delle primarie, per Lo Giudice, “a Bologna la previsione è di sette candidati in quota eleggibile, presumibilmente 4 uomini e 3 donne. I candidati alle primarie sono 8 uomini e 6 donne”.
A Udine si candida l’assessore alla mobilità, Enrico Pizza, promotore di Arcigay Udine.
Iscritto al Pd, gay dichiarato dal 1994, lo scorso mese di marzo aveva minacciato di lasciare il partito, nell’ipotesi in cui non avesse preso posizione sui diritti gay.
“Poi sia Renzi che Bersani si sono detti favorevoli alle unioni civili.
Io sono per il matrimonio, e penso che ci arriveremo, ma occorre gradualità”, spiega Pizza.
“Su 10 persone in lista, in provincia di Udine, con il Pd vincente alla Camera e al Senato, potrebbero esserci tre o quattro eletti in Parlamento”, dice l’assessore.
Enrico Fusco, ex braccio destro di Paola Concia e ex presidente di Arcigay nella sua città, è il candidato Glbt di Bari e provincia.
“Da 10 anni dar voce ai diritti (in particolare dei meno abbienti, delle donne, dei migranti, degli omosessuali) è la forza che muove il mio impegno civico, prima che politico.
Una battaglia quotidiana: ritenuta secondaria soltanto dalla vecchia politica”, dice il 48enne avvocato civilista, che denuncia anche di aver dovuto fare i conti con il boicottaggio dei “padroncini di tessere sui territori”. “Raccogliere le 248 firme per presentarmi alle primarie è stato difficilissimo – dice – Erano state fatte misteriosamente sparire. Ma alla fine siamo riusciti nell’impresa”.
Fusco è noto per aver urlato contro la Bindi, lo scorso mese di luglio, durante l’assemblea nazionale del Pd, contestandola per alcune affermazioni sul documento del partito su unioni gay e laicità dello stato.
“Le urlai contro che stava dicendo il falso. Mi fece salire sul palco ed espressi la mia opinione”, ricorda Fusco. Quanto ai rapporti con la Concia, che si sarebbero deteriorati dopo la decisione di scendere in campo, preferisce glissare: “E’ solo gossip”.
Tra gli outsider c’è Dario Ballini, un giovane di Portoferraio, classe 1983, che si candida nella Val di Cornia. Proveniente dalla Sinistra giovanile, è stato segretario di circolo del Pd nel suo Comune.
“Ho partecipato attivamente alle campagne per il testamento biologico, contro la legge bavaglio e a quelle del movimento lgbtq”, spiega su Facebook, il principale strumento che sta usando per questa campagna elettorale.
Sel. I candidati più noti, che in qualche modo sono legati al movimento Glbt sono due, anche se, viene fatto sapere da Sel “non sono gli unici gay a correre per le primarie”. A Padova si candida Alessandro Zan, 39 anni, dal 2009 assessore all'ambiente e lavoro al Comune di Padova, ed esponente della comunità LGBT.
Viene spesso ricordato come il padre dei così detti “Pacs alla padovana”, un riconoscimento anagrafico basato su vincoli affettivi per una coppia (indipendentemente dall'orientamento sessuale di ciascuno). Tra le attività recenti Alessandro è stato uno dei principali promotori del Fondo sociale di solidarietà, un fondo dedicato a fornire assistenza e supporto materiale ai cittadini colpiti dalla crisi economica. Proviene dai democratici di sinistra, per i quali è stato consigliere. Nel maggio 2007 la rottura con il Pd, in polemica con la decisione del suo partito di fondersi con La Margherita.
Carlo Cremona, 40 anni, da 18 anni convivente con il compagno Marco, ha fondato a Napoli l’associazione i Ken Onlus, tra i protagonisti della lotta per i diritti Glbt nella loro Regione.
E’ stato tra i promotori dei Gay Pride napoletani (dal 2009 al 2012) e, inoltre, per cinque edizioni, ha diretto il Festival internazionale di Cinema omosessuale e questioning Omovies.
“La mia è una candidatura che nasce dal popolo Lesbico Gay Transgender e Queer, sia dalle nostre famiglie affettive che di origine – spiega nel suo sito - Ho dato ascolto alle persone con le quali ho sempre vissuto ed operato, ascoltando i loro bisogni e le loro necessità, dando sempre voce a chi la voce viene tolta o taciuta, siano essi giovani, anziani, immigrati, omosessuali, transessuali, diversamente abili, ricchi, poveri, uomini e donne”.
fonte http://www.huffingtonpost.it Di Marco Pasqua
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venerdì 28 dicembre 2012
Lgbt Francia: «Onorevole Monsieur vive in un igloo?» E poi venne il discorso della Guardasigilli Christiane Taubira.
E poi venne il discorso dell’Igloo. Dà sempre fastidio ammettere la superiorità dei francesi, quando i francesi sono superiori sul serio. Basta guardare il filmato esploso su alcuni siti d’oltralpe, poco più di quattro minuti, question time in parlamento.
Oggetto: matrimonio gay e via libera alle adozioni per coppie omosex, progetto di legge “rivoluzionario” presentato il 7 novembre scorso dal primo ministro socialista Jean-Marc Ayrault e dalla Guardasigilli Christiane Taubira.(in foto)
Da ormai più di due mesi in Francia il provvedimento scatena manifestazioni oceaniche pro e contro, interventi delle massime gerarchie ecclesiastiche, virulenti dibattiti mediatici.
Il confronto – in questo caso – si svolge in aula all’Assemblée nationale, dove il deputato conservatore dell’Ump Bernard Perrut (un Giovanardi in salsa béarnaise, se possibile ulteriormente intristito dalla mise nelle tonalità del marrone) dichiara a gran voce le sue perplessità davanti al premier e i ministri presenti.
«I francesi – dice – tengono molto alle libertà e all’uguaglianza dei diritti. Rispettano il diritto alla vita di ciascuno e non rifiutano le evoluzioni della nostra società. Ma i francesi si preoccupano o meglio rimangono sconvolti quando leggono sui giornali l’opinione di uno dei massimi difensori del matrimonio per tutti: “Affittare il proprio ventre per fare un bambino o affittare le proprie braccia per lavorare in fabbrica, qual è la differenza?”».
Perrut cita testualmente l’intervento di Pierre Bergé, presidente dell’associazione Sidaction che aveva affrontato sul Figaro gli aspetti più controversi della riforma. «Volete distruggere il matrimonio in quanto istituzione fondata sulla realtà biologica della differenza fra sessi, che permette la leggibilità della filiazione?» chiede il parlamentare di destra e la telecamera inquadra il disappunto di Najat Vallaud-Belkacem ministra 35enne dei diritti delle donne, origini marocchine, infanzia difficile, bellezza da film di Truffaut, portavoce e simbolo di tutto lo spettro valoriale hollandiano.
«Volete creare disuguaglianze fra bambini, far scomparire da tutti i codici, leggi e testi ufficiali le parole padre e madre? Volete spingervi fino alla mercificazione del corpo della donna?» incalza Perrut, e il controcampo si allarga a Dominique Bertinotti, elegantissima ministra cinquantenne della Famiglia.
Capelli corti, trucco leggero, foulard fucsia, pendenti giallo fluo. Smorfie e occhiatacce, tutto nei limiti del contegno francese, s’intende.
«L’essere umano, sì, proprio l’essere umano, cari colleghi deve entrare nella categoria dei beni di consumo commercializzabili? Questo non lo possiamo accettare» prosegue il deputato che si «accalora» a suo stesso dire, per «un progetto di legge colpevole di dividere il Paese».
Fischi dai banchi della maggioranza, i ministri socialisti parlottano fra loro. Entra in scena la tigre. Christiane Taubira, già deputata della Guiana, ora ministro della Giustizia.
Fisicamente è identica a Toni Morrison, solo con vent’anni di meno sul fisico e nei lineamenti.
Il look, quello è da trentenne. Jeans neri sugli stivali leggermente a punta, giacchetta rossa sgargiante e sciarpina etnica a righe.
Capelli tirati e raccolti in treccine.
Una furia. Comincia col fare notare che il suo governo si presta da mesi a pubblici confronti sullo stesso tema.
Confronti a cui tutti i ministri si presentano puntuali per trovarsi di fronte «banchi vuoti», con i deputati del centrodestra «presenti davvero raramente». Ma «questo – suggerisce – è un problema che l’opposizione dovrà affrontare al suo interno». Poi la precisazione. La telecamera inquadra la rabbia e l’orgoglio di questa signora socialista, nata significativamente a Caienna, spalleggiata dalle colleghe di governo Bertinotti e Vallaud-Belkacem, tanto etnicamente e culturalmente diverse quanto unite nella battaglia di civiltà.
«Onorevole Monsieur, non vorrà mica farci credere di essere vissuto in un igloo e di non essere a conoscenza della diversità fra famiglie in questo paese, che lei ignora completamente che ci sono famiglie omoparentali in questo paese, che non sa che c’è tanto amore nelle coppie eterosessuali quanto in quelle omosessuali, e che c’è altrettanto amore nei confronti di questi bambini, e che tutti questi bambini sono figli della Francia!».
Taubira parla a braccio, senza quasi prendere fiato.
Sembra un monologo di Whoopi Goldberg ne “Il colore viola”.
Non si può evitare di piangere. E tutti si sforzano di non farlo, a partire dai destrorsi compagni di Perrut che gli hanno evidentemente già voltato le spalle. Si legge nei loro sguardi.
«Allora sì, Onorevole Monsieur il governo presenta un testo di legge di grande progresso e grande generosità, di fratellanza e uguaglianza e noi garantiamo la sicurezza giuridica a tutti i figli della Francia e vi posso dire che ne sono particolarmente fiera».
Ovazione. Tripudio fra i banchi – questi pieni – di governo e maggioranza.
Il circuito chiuso parlamentare omette di inquadrare l’altrui desolazione. Allora eccolo, un esecutivo con 16 ministre donne (su 34 dicasteri), donne colorate e forti come cicloni che riuscirà nelle prossime settimane a imporre, nonostante i toni violenti del di- battito e un iter tortuoso, il matrimonio e le adozioni fra persone dello stesso sesso. Il tutto con un’estetica da film di Spielberg mentre da noi il respiro del dibattito sui nuovi diritti si strozza già in fase di primarie, con un look sterile da tg. Gelosi? Sì, molto.
fonte http://pubblicogiornale.it/mondo Stella Prudente
Oggetto: matrimonio gay e via libera alle adozioni per coppie omosex, progetto di legge “rivoluzionario” presentato il 7 novembre scorso dal primo ministro socialista Jean-Marc Ayrault e dalla Guardasigilli Christiane Taubira.(in foto)
Da ormai più di due mesi in Francia il provvedimento scatena manifestazioni oceaniche pro e contro, interventi delle massime gerarchie ecclesiastiche, virulenti dibattiti mediatici.
Il confronto – in questo caso – si svolge in aula all’Assemblée nationale, dove il deputato conservatore dell’Ump Bernard Perrut (un Giovanardi in salsa béarnaise, se possibile ulteriormente intristito dalla mise nelle tonalità del marrone) dichiara a gran voce le sue perplessità davanti al premier e i ministri presenti.
«I francesi – dice – tengono molto alle libertà e all’uguaglianza dei diritti. Rispettano il diritto alla vita di ciascuno e non rifiutano le evoluzioni della nostra società. Ma i francesi si preoccupano o meglio rimangono sconvolti quando leggono sui giornali l’opinione di uno dei massimi difensori del matrimonio per tutti: “Affittare il proprio ventre per fare un bambino o affittare le proprie braccia per lavorare in fabbrica, qual è la differenza?”».
Perrut cita testualmente l’intervento di Pierre Bergé, presidente dell’associazione Sidaction che aveva affrontato sul Figaro gli aspetti più controversi della riforma. «Volete distruggere il matrimonio in quanto istituzione fondata sulla realtà biologica della differenza fra sessi, che permette la leggibilità della filiazione?» chiede il parlamentare di destra e la telecamera inquadra il disappunto di Najat Vallaud-Belkacem ministra 35enne dei diritti delle donne, origini marocchine, infanzia difficile, bellezza da film di Truffaut, portavoce e simbolo di tutto lo spettro valoriale hollandiano.
«Volete creare disuguaglianze fra bambini, far scomparire da tutti i codici, leggi e testi ufficiali le parole padre e madre? Volete spingervi fino alla mercificazione del corpo della donna?» incalza Perrut, e il controcampo si allarga a Dominique Bertinotti, elegantissima ministra cinquantenne della Famiglia.
Capelli corti, trucco leggero, foulard fucsia, pendenti giallo fluo. Smorfie e occhiatacce, tutto nei limiti del contegno francese, s’intende.
«L’essere umano, sì, proprio l’essere umano, cari colleghi deve entrare nella categoria dei beni di consumo commercializzabili? Questo non lo possiamo accettare» prosegue il deputato che si «accalora» a suo stesso dire, per «un progetto di legge colpevole di dividere il Paese».
Fischi dai banchi della maggioranza, i ministri socialisti parlottano fra loro. Entra in scena la tigre. Christiane Taubira, già deputata della Guiana, ora ministro della Giustizia.
Fisicamente è identica a Toni Morrison, solo con vent’anni di meno sul fisico e nei lineamenti.
Il look, quello è da trentenne. Jeans neri sugli stivali leggermente a punta, giacchetta rossa sgargiante e sciarpina etnica a righe.
Capelli tirati e raccolti in treccine.
Una furia. Comincia col fare notare che il suo governo si presta da mesi a pubblici confronti sullo stesso tema.
Confronti a cui tutti i ministri si presentano puntuali per trovarsi di fronte «banchi vuoti», con i deputati del centrodestra «presenti davvero raramente». Ma «questo – suggerisce – è un problema che l’opposizione dovrà affrontare al suo interno». Poi la precisazione. La telecamera inquadra la rabbia e l’orgoglio di questa signora socialista, nata significativamente a Caienna, spalleggiata dalle colleghe di governo Bertinotti e Vallaud-Belkacem, tanto etnicamente e culturalmente diverse quanto unite nella battaglia di civiltà.
«Onorevole Monsieur, non vorrà mica farci credere di essere vissuto in un igloo e di non essere a conoscenza della diversità fra famiglie in questo paese, che lei ignora completamente che ci sono famiglie omoparentali in questo paese, che non sa che c’è tanto amore nelle coppie eterosessuali quanto in quelle omosessuali, e che c’è altrettanto amore nei confronti di questi bambini, e che tutti questi bambini sono figli della Francia!».
Taubira parla a braccio, senza quasi prendere fiato.
Sembra un monologo di Whoopi Goldberg ne “Il colore viola”.
Non si può evitare di piangere. E tutti si sforzano di non farlo, a partire dai destrorsi compagni di Perrut che gli hanno evidentemente già voltato le spalle. Si legge nei loro sguardi.
«Allora sì, Onorevole Monsieur il governo presenta un testo di legge di grande progresso e grande generosità, di fratellanza e uguaglianza e noi garantiamo la sicurezza giuridica a tutti i figli della Francia e vi posso dire che ne sono particolarmente fiera».
Ovazione. Tripudio fra i banchi – questi pieni – di governo e maggioranza.
Il circuito chiuso parlamentare omette di inquadrare l’altrui desolazione. Allora eccolo, un esecutivo con 16 ministre donne (su 34 dicasteri), donne colorate e forti come cicloni che riuscirà nelle prossime settimane a imporre, nonostante i toni violenti del di- battito e un iter tortuoso, il matrimonio e le adozioni fra persone dello stesso sesso. Il tutto con un’estetica da film di Spielberg mentre da noi il respiro del dibattito sui nuovi diritti si strozza già in fase di primarie, con un look sterile da tg. Gelosi? Sì, molto.
fonte http://pubblicogiornale.it/mondo Stella Prudente
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parigi,
politica e diritti lgbt
Lgbt: Anna Paola Concia: "Caro Monti, la politica è "discese ardite e risalite" Non si può cambiare l'Italia senza un'agenda per i diritti
Quest'anno sotto l'albero le cittadine e i cittadini italiani hanno trovato l'agenda Monti: un agenda per cambiare l'Italia e per riformare l'Europa, come suggerisce il titolo.
Peccato che in venticinque pagine di programmi e riforme per il paese, non si trovi neanche a cercarla con la lente di ingrandimento una parola (e dico una) sul tema dei diritti (riconoscimento delle coppie omosessuali, carceri, cittadinanza, procreazione assistita, testamento biologico, lotta all'omo-transfobia).
L'accenno alle donne, al loro valore sociale, risulta alquanto appiccicaticcio e soprattutto in una visione parziale e riduttiva.
Ma per sua stessa ammissione Monti non é esperto della materia... Che dire? Ci si aspettava di più da un leader e da una forza politica che si professa europeista, contro ogni forma di populismo.
Il nuovo centro rischia dunque di commettere un errore tipicamente italiano e per nulla europeo: considerare cioè i diritti civili come un capriccio, o peggio come un tema secondario per il paese.
E proprio su questo punto che Monti rischia di dimostrare tutta la sua debolezza ( e permettetemi anche un po' di italico provincialismo). Avere un programma di riforme sui diritti civili significa infatti avere un'idea complessiva della società, una visione di futuro per il nostro paese.
Ma significa soprattutto riportare l'Italia in Europa, dato che siamo l'unico fra i paesi fondatori dell'UE (insieme alla Grecia) a non avere un'agenda credibili su questi temi. Lo ha ben capito Bersani, che per la prima volta nella storia del centro-sinistra italiano, ha voluto questi temi al centro della sua proposta per il governo del paese , come punti fondanti della carta d'intenti "Italia Bene Comune". Lo stesso ha fatto Nichi Vendola.
Combattere i populismi e guardare all'Europa non significa infatti soltanto occuparsi dello spread e del rigore dei conti pubblici, ma deve avere a che fare con un'opera complessiva di ammodernamento del nostro sistema paese. Opera che tiene insieme economia e diritti.
Lo dico con la consapevolezza di aver lavorato in questi cinque anni da deputata, per far capire ai miei colleghi che le questioni che riguardano i diritti devono interrogare tutte le forze politiche perché hanno a che fare con il grado complessivo di civiltà dell'intero paese.
Del resto non devo essere di certo io a spiegare al Professore che i diritti civili sono la linfa vitale dello sviluppo economico, perché creano società aperte e inclusive e per questo più competitive. Se vuole può farselo spiegare da Angela Merkel o da David Cameron, due moderati come lui, "ma più avanti di lui". Il limite dell'Agenda Monti sta proprio qui, in questa contraddizione sulle leggi di civiltà.
Se si vuole interpretare in maniera credibile le istanze del PPE, di un centrodestra liberale ed europeo, occorre fare i conti anche con questi temi, archiviando una volta per tutte la stagione del berlusconismo. Monti è andato al congresso del PPE per rendersi più credibile di Berlusconi, ma su questi temi è solo più educato: fa finta che non esistano.
L'Italia, caro Professor Monti, merita di essere riportata in Europa anche su questi temi. Perché non si può essere europeisti a fasi alterne, bisogna avere il coraggio di esserlo sempre.
Gli italiani e le italiane hanno moltissimo a cuore il tema dei diritti civili, perché sono questioni che toccano le loro vite materiali, materialissime, tanto quanto lo spread.
E non ci si può proporre come leader se si vuole affrontare solo quello che "interessa", con arroganza professorale.
Bisogna cimentarsi con la vita, con la realtà e con le contraddizioni del nostro tempo.
Il paese ha bisogno di essere guardato e ascoltato tutto. La politica è "discese ardite e risalite".
fonte http://www.huffingtonpost.it
Peccato che in venticinque pagine di programmi e riforme per il paese, non si trovi neanche a cercarla con la lente di ingrandimento una parola (e dico una) sul tema dei diritti (riconoscimento delle coppie omosessuali, carceri, cittadinanza, procreazione assistita, testamento biologico, lotta all'omo-transfobia).
L'accenno alle donne, al loro valore sociale, risulta alquanto appiccicaticcio e soprattutto in una visione parziale e riduttiva.
Ma per sua stessa ammissione Monti non é esperto della materia... Che dire? Ci si aspettava di più da un leader e da una forza politica che si professa europeista, contro ogni forma di populismo.
Il nuovo centro rischia dunque di commettere un errore tipicamente italiano e per nulla europeo: considerare cioè i diritti civili come un capriccio, o peggio come un tema secondario per il paese.
E proprio su questo punto che Monti rischia di dimostrare tutta la sua debolezza ( e permettetemi anche un po' di italico provincialismo). Avere un programma di riforme sui diritti civili significa infatti avere un'idea complessiva della società, una visione di futuro per il nostro paese.
Ma significa soprattutto riportare l'Italia in Europa, dato che siamo l'unico fra i paesi fondatori dell'UE (insieme alla Grecia) a non avere un'agenda credibili su questi temi. Lo ha ben capito Bersani, che per la prima volta nella storia del centro-sinistra italiano, ha voluto questi temi al centro della sua proposta per il governo del paese , come punti fondanti della carta d'intenti "Italia Bene Comune". Lo stesso ha fatto Nichi Vendola.
Combattere i populismi e guardare all'Europa non significa infatti soltanto occuparsi dello spread e del rigore dei conti pubblici, ma deve avere a che fare con un'opera complessiva di ammodernamento del nostro sistema paese. Opera che tiene insieme economia e diritti.
Lo dico con la consapevolezza di aver lavorato in questi cinque anni da deputata, per far capire ai miei colleghi che le questioni che riguardano i diritti devono interrogare tutte le forze politiche perché hanno a che fare con il grado complessivo di civiltà dell'intero paese.
Del resto non devo essere di certo io a spiegare al Professore che i diritti civili sono la linfa vitale dello sviluppo economico, perché creano società aperte e inclusive e per questo più competitive. Se vuole può farselo spiegare da Angela Merkel o da David Cameron, due moderati come lui, "ma più avanti di lui". Il limite dell'Agenda Monti sta proprio qui, in questa contraddizione sulle leggi di civiltà.
Se si vuole interpretare in maniera credibile le istanze del PPE, di un centrodestra liberale ed europeo, occorre fare i conti anche con questi temi, archiviando una volta per tutte la stagione del berlusconismo. Monti è andato al congresso del PPE per rendersi più credibile di Berlusconi, ma su questi temi è solo più educato: fa finta che non esistano.
L'Italia, caro Professor Monti, merita di essere riportata in Europa anche su questi temi. Perché non si può essere europeisti a fasi alterne, bisogna avere il coraggio di esserlo sempre.
Gli italiani e le italiane hanno moltissimo a cuore il tema dei diritti civili, perché sono questioni che toccano le loro vite materiali, materialissime, tanto quanto lo spread.
E non ci si può proporre come leader se si vuole affrontare solo quello che "interessa", con arroganza professorale.
Bisogna cimentarsi con la vita, con la realtà e con le contraddizioni del nostro tempo.
Il paese ha bisogno di essere guardato e ascoltato tutto. La politica è "discese ardite e risalite".
fonte http://www.huffingtonpost.it
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paola concia,
politica e diritti lgbt
Lgbt: Pavia, frasi omofobe all’università. Chieste dimissioni di un Consigliere di Scienze Economiche
Arcigay e Universigay avevano segnalato pochi giorni fa il caso dello studente Daniele Borromeo, componente del Consiglio di Dipartimento di Scienze economiche e sociali (in quota Azione universitaria), che sulla propria pagina Facebook aveva insultato la comunità omosessuale definendola “una grave depravazione, al pari della necrofilia zoofilia pedofilia”, chiedendone le immediate dimissioni dal Consiglio.
In seguito ad una conversazione telefonica con il Presidente di Arcigay Pavia Giuseppe Polizzi, lo studente si era detto disponibile a scrivere una lettera di scuse alla comunità LGBT pavese, lettera che però, ad oggi, non è ancora pervenuta. Anzi, lo stesso Daniele Borromeo ha sbeffeggiato un sollecito all’invio della lettera chiedendo se Arcigay “avesse fretta”.
Nel frattempo Arcigay ed Universigay hanno creato un gruppo su Facebook
“Daniele Borromeo dimettiti” per denunciarne le frasi e raccogliere adesioni per la richiesta di dimissioni: gli iscritti sono già quasi 700.
Nonostante questo, ancora una volta Daniele Borromeo ha risposto con uno sfottò: “se volete che mi scomodi e vi risponda almeno almeno a 10mila dovete arrivare…ti informo che io, occhi dappertutto c’ho e anche dove non arriva la mia vista stai tranquillo che quella di qualcun altro arriva… quando a 10mila arrivate magari ve rispondo”, dimostrando di non aver assolutamente colto la gravità delle sue parole e anzi avanzando una velata minaccia.
Inoltre, sul gruppo Facebook di Economia pare quasi vantarsi del suo operato; scrive difatti: “pure il gruppo contro di me me dedicarono sti finocchi…iscrivetevi numerosi e diventate miei fan! ahahah buone feste a tutti!”.
Di fronte a queste affermazioni è evidente che Daniele Borromeo non solo non comprende la gravità delle sue affermazioni, offensive e lesive della dignità della comunità LGBT, ma anzi si permette di reiterare il suo insulto trattando con superficialità una questione gravissima.
Per tutti questi motivi, anche per la assoluta mancanza di serietà dimostrata, Arcigay Pavia ed Universigay chiedono nuovamente le immediate dimissioni di Daniele Borromeo da ogni incarico universitario e una azione da parte degli organi universitari competenti.
“Siamo seriamente preoccupati dall’atteggiamento strafottente e intimidatorio di Daniele Borromeo – dichiarano Giuseppe Polizzi, Presidente di Arcigay Pavia e Alessandra Alvarez, Presidente di Universigay – Borromeo è un rappresentante della Facoltà di Economia, e chiediamo agli studenti di questo corso e di qualsiasi altro che si sentono insultati dalle sue parole o non vogliono essere rappresentati da lui di iscriversi al gruppo da noi creato su Facebook e di far sentire il loro dissenso.
Non è il primo caso di omofobia all’interno dell’Università di Pavia, purtroppo: è giunto il momento che questa scia d’odio nei confronti della comunità LGBT abbia fine. Ci stiamo organizzando per mobilitare l’intera comunità LGBT universitaria e pavese.”
Ricordiamo qui di seguito quali sono state la parole scritte su Facebook da Daniele Borromeo e segnalateci da una studentessa lesbica di Economia:
“per me l’omosessualità è una grave depravazione e andrebbe trattata al pari della necrofilia zoofilia pedofilia e di tutte quelle piaghe sociali..
non è che se in natura du animali maschi se inchiappettano vor di che allora noi essere umani armati de ragione li dobbiamo legalizzà e arrivare addirittura alla follia dandoie pure il diritto de cresce un figlio”.
Ecco il link al gruppo su Facebook per chiedere le sue dimissioni:
http://www.facebook.com/groups/550355654994623/
Arcigay Pavia, Universigay
fonte http://www.laltrapagina.it/mag/?p=13820
In seguito ad una conversazione telefonica con il Presidente di Arcigay Pavia Giuseppe Polizzi, lo studente si era detto disponibile a scrivere una lettera di scuse alla comunità LGBT pavese, lettera che però, ad oggi, non è ancora pervenuta. Anzi, lo stesso Daniele Borromeo ha sbeffeggiato un sollecito all’invio della lettera chiedendo se Arcigay “avesse fretta”.
Nel frattempo Arcigay ed Universigay hanno creato un gruppo su Facebook
“Daniele Borromeo dimettiti” per denunciarne le frasi e raccogliere adesioni per la richiesta di dimissioni: gli iscritti sono già quasi 700.
Nonostante questo, ancora una volta Daniele Borromeo ha risposto con uno sfottò: “se volete che mi scomodi e vi risponda almeno almeno a 10mila dovete arrivare…ti informo che io, occhi dappertutto c’ho e anche dove non arriva la mia vista stai tranquillo che quella di qualcun altro arriva… quando a 10mila arrivate magari ve rispondo”, dimostrando di non aver assolutamente colto la gravità delle sue parole e anzi avanzando una velata minaccia.
Inoltre, sul gruppo Facebook di Economia pare quasi vantarsi del suo operato; scrive difatti: “pure il gruppo contro di me me dedicarono sti finocchi…iscrivetevi numerosi e diventate miei fan! ahahah buone feste a tutti!”.
Di fronte a queste affermazioni è evidente che Daniele Borromeo non solo non comprende la gravità delle sue affermazioni, offensive e lesive della dignità della comunità LGBT, ma anzi si permette di reiterare il suo insulto trattando con superficialità una questione gravissima.
Per tutti questi motivi, anche per la assoluta mancanza di serietà dimostrata, Arcigay Pavia ed Universigay chiedono nuovamente le immediate dimissioni di Daniele Borromeo da ogni incarico universitario e una azione da parte degli organi universitari competenti.
“Siamo seriamente preoccupati dall’atteggiamento strafottente e intimidatorio di Daniele Borromeo – dichiarano Giuseppe Polizzi, Presidente di Arcigay Pavia e Alessandra Alvarez, Presidente di Universigay – Borromeo è un rappresentante della Facoltà di Economia, e chiediamo agli studenti di questo corso e di qualsiasi altro che si sentono insultati dalle sue parole o non vogliono essere rappresentati da lui di iscriversi al gruppo da noi creato su Facebook e di far sentire il loro dissenso.
Non è il primo caso di omofobia all’interno dell’Università di Pavia, purtroppo: è giunto il momento che questa scia d’odio nei confronti della comunità LGBT abbia fine. Ci stiamo organizzando per mobilitare l’intera comunità LGBT universitaria e pavese.”
Ricordiamo qui di seguito quali sono state la parole scritte su Facebook da Daniele Borromeo e segnalateci da una studentessa lesbica di Economia:
“per me l’omosessualità è una grave depravazione e andrebbe trattata al pari della necrofilia zoofilia pedofilia e di tutte quelle piaghe sociali..
non è che se in natura du animali maschi se inchiappettano vor di che allora noi essere umani armati de ragione li dobbiamo legalizzà e arrivare addirittura alla follia dandoie pure il diritto de cresce un figlio”.
Ecco il link al gruppo su Facebook per chiedere le sue dimissioni:
http://www.facebook.com/groups/550355654994623/
Arcigay Pavia, Universigay
fonte http://www.laltrapagina.it/mag/?p=13820
Anziani e anziane LGBT: raccontateci un po’ di voi, un libro su omosessualità e anzianità
La casa editrice e rivista
“LiberEtà. La rivista dove le generazioni si incontrano”:
http://www.libereta.it/index.php
pubblicherà prossimamente un numero monografico sui temi dell’omosessualità e dell’anzianità, a partire dai materiali presentati e dalle riflessioni discusse nel corso del convegno “Anziani e omosessualità.
Tra invisibilità e nuovi diritti” organizzato a Roma il 28 novembre 2012 da Equality Italia e SPI CGIL:
http://www.equalityitalia.it/equality-italia-spi-cgil-presentano-omosessualita-anzianita-tra-invisibilita-nuovi-diritti.html
Si tratta di un’importante opportunità per fare luce su questi argomenti avendo a riferimento un ampio pubblico.
Anziani e anziane LGBT: raccontateci un po’ di voi
Oltre ai risultati statistici di un sondaggio
(http://www.lelleri.it/sondaggio-anziani/),
oltre agli interventi degli esperti, oltre alle esperienze realizzate all’estero, crediamo importante dare spazio anche alla voce diretta alle persone anziane gay, lesbiche, bisessuali e trans.
Un capitolo del volume sarà così dedicato alle loro testimonianze, in forma di risposte scritte alle seguenti domande-stimolo:
Diventare anziani ed essere lesbica, gay, bisessuale o trans: Quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi? Quali sono le sfide ed i problemi che hai incontrato? Cos’è cambiato e cosa è rimasto uguale nella tua vita?
Che messaggio desideri inviare ai giovani ed alle giovani LGBT? E alla comunità LGBT? Quale messaggio alla società in generale?
Se sei lesbica, gay, bisessuale o trans; se hai almeno 60 anni; se abiti in Italia: ti invitiamo ad inviare una e-mail al sociologo Raffaele Lelleri (raffaele.lelleri@unibo.it)
scrivendo ciò che pensi al riguardo.
Puoi scrivere quanto vuoi. Racconta te stesso e te stessa. La tua opinione ed il tuo punto di vista ci interessano molto!
Ti garantiamo l’anonimato.
Scadenza: 6 gennaio 2013.
Grazie per la collaborazione!
fonte http://www.lelleri.it/sondaggio-anziani/testimoni-anziani.html
“LiberEtà. La rivista dove le generazioni si incontrano”:
http://www.libereta.it/index.php
pubblicherà prossimamente un numero monografico sui temi dell’omosessualità e dell’anzianità, a partire dai materiali presentati e dalle riflessioni discusse nel corso del convegno “Anziani e omosessualità.
Tra invisibilità e nuovi diritti” organizzato a Roma il 28 novembre 2012 da Equality Italia e SPI CGIL:
http://www.equalityitalia.it/equality-italia-spi-cgil-presentano-omosessualita-anzianita-tra-invisibilita-nuovi-diritti.html
Si tratta di un’importante opportunità per fare luce su questi argomenti avendo a riferimento un ampio pubblico.
Anziani e anziane LGBT: raccontateci un po’ di voi
Oltre ai risultati statistici di un sondaggio
(http://www.lelleri.it/sondaggio-anziani/),
oltre agli interventi degli esperti, oltre alle esperienze realizzate all’estero, crediamo importante dare spazio anche alla voce diretta alle persone anziane gay, lesbiche, bisessuali e trans.
Un capitolo del volume sarà così dedicato alle loro testimonianze, in forma di risposte scritte alle seguenti domande-stimolo:
Diventare anziani ed essere lesbica, gay, bisessuale o trans: Quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi? Quali sono le sfide ed i problemi che hai incontrato? Cos’è cambiato e cosa è rimasto uguale nella tua vita?
Che messaggio desideri inviare ai giovani ed alle giovani LGBT? E alla comunità LGBT? Quale messaggio alla società in generale?
Se sei lesbica, gay, bisessuale o trans; se hai almeno 60 anni; se abiti in Italia: ti invitiamo ad inviare una e-mail al sociologo Raffaele Lelleri (raffaele.lelleri@unibo.it)
scrivendo ciò che pensi al riguardo.
Puoi scrivere quanto vuoi. Racconta te stesso e te stessa. La tua opinione ed il tuo punto di vista ci interessano molto!
Ti garantiamo l’anonimato.
Scadenza: 6 gennaio 2013.
Grazie per la collaborazione!
fonte http://www.lelleri.it/sondaggio-anziani/testimoni-anziani.html
giovedì 27 dicembre 2012
Lgbt New York: Il MoMA celebra Pier Paolo Pasolini: pellicole restaurate, disegni e dipinti, fino al 5 gennaio 2013
Il MoMA - in collaborazione con l'Istituto Luce Cinecittà e il Fondo Pasolini - celebra Pier Paolo Pasolini.
Fino al 5 gennaio 2013 il museo d'arte contemporanea di New York dedica un'approfondita retrospettiva al regista italiano, attraverso la proiezione di diverse pellicole "restaurate".
I visitatori potranno ammirare il prossimo 2 gennaio Salò o le 120 giornate di Sodoma, l'ultimo film scritto e diretto da Pasolini, completato nell'anno della sua tragica morte: il 1975.
Un'opera controversa e a lungo censurata - in alcuni paesi, a quasi 40 anni dalla sua uscita, è ancora al bando - a cui faranno compagnia, nelle sale del MoMA, altre pellicole del regista romano, tra cui I racconti di Canterbury (del 1972), Il fiore delle Mille e una Notte (Del 1974) e Medea (del 1969).
Le proiezioni verranno integrate, in questo periodo, da recital di attori italiani e americani che presteranno la loro voce ai versi del Pasolini poeta.
Il Pasolini pittore, invece, rivivrà alla galleria Location One di New York, dove verranno esibiti, per l'occasione, disegni e dipinti del regista.
Non è la prima volta, comunque, che il MoMA omaggia Pasolini con una retrospettiva. Era già accaduto, infatti, nel 1990.
fonte http://www.huffingtonpost.it di Pier Luigi Pisa
Fonte video RaiNews24 youtube il servizio è di Alessandra Sacchetta
Fino al 5 gennaio 2013 il museo d'arte contemporanea di New York dedica un'approfondita retrospettiva al regista italiano, attraverso la proiezione di diverse pellicole "restaurate".
I visitatori potranno ammirare il prossimo 2 gennaio Salò o le 120 giornate di Sodoma, l'ultimo film scritto e diretto da Pasolini, completato nell'anno della sua tragica morte: il 1975.
Un'opera controversa e a lungo censurata - in alcuni paesi, a quasi 40 anni dalla sua uscita, è ancora al bando - a cui faranno compagnia, nelle sale del MoMA, altre pellicole del regista romano, tra cui I racconti di Canterbury (del 1972), Il fiore delle Mille e una Notte (Del 1974) e Medea (del 1969).
Le proiezioni verranno integrate, in questo periodo, da recital di attori italiani e americani che presteranno la loro voce ai versi del Pasolini poeta.
Il Pasolini pittore, invece, rivivrà alla galleria Location One di New York, dove verranno esibiti, per l'occasione, disegni e dipinti del regista.
Non è la prima volta, comunque, che il MoMA omaggia Pasolini con una retrospettiva. Era già accaduto, infatti, nel 1990.
fonte http://www.huffingtonpost.it di Pier Luigi Pisa
Fonte video RaiNews24 youtube il servizio è di Alessandra Sacchetta
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Lgbt Serie TV: La Tata Fran Drescher scopre il marito gay in "Happily Divorced"
Andrà in onda a partire da questa sera, su Comedy Central, Happily Divorced (di cui vi parlammo già nel 2010), la serie tv con protagonista Fran Drescher.
Lei è diventata famosissima anche nel nostro paese grazie all’interpretazione di Francesca Cacace nel telefilm “La tata”
L’attrice torna nei panni di Fran, sposata con Peter da diciotto anni. Un giorno lui confessa alla moglie di essere gay.
Visto le difficoltà economiche alla base, i due decidono di continuare a vivere insieme. Inizia quindi una nuova vita per entrambi fatta di primi appuntamenti.
Proprio come nella serie tv, l’attrice era sposata con Peter Marc Jacobson e dopo la loro separazione, lui ammise la sua omosessualità alla moglie.
L’idea per la serie tv quindi era proprio al centro delle loro vite reali.
E anche in questo caso, nel quotidiano, il rapporto tra l’ex coppia è rimasto saldo e più che civile, nonostante lei assicuri di non essere così “dipendente” dall’ex marito come il personaggio della serie tv:
“Non dipendo dal mio ex marito come Fran nella sit com. Siamo molto, molto uniti e vicini, siamo come una famiglia e sicuramente chiamerei lui per primo se avessi bisogno di qualcosa o qualcuno. Le nostre vite non sono intrecciate come sul piccolo schermo”
fonte http://www.queerblog.it da Alberto Graziola
Lei è diventata famosissima anche nel nostro paese grazie all’interpretazione di Francesca Cacace nel telefilm “La tata”
L’attrice torna nei panni di Fran, sposata con Peter da diciotto anni. Un giorno lui confessa alla moglie di essere gay.
Visto le difficoltà economiche alla base, i due decidono di continuare a vivere insieme. Inizia quindi una nuova vita per entrambi fatta di primi appuntamenti.
Proprio come nella serie tv, l’attrice era sposata con Peter Marc Jacobson e dopo la loro separazione, lui ammise la sua omosessualità alla moglie.
L’idea per la serie tv quindi era proprio al centro delle loro vite reali.
E anche in questo caso, nel quotidiano, il rapporto tra l’ex coppia è rimasto saldo e più che civile, nonostante lei assicuri di non essere così “dipendente” dall’ex marito come il personaggio della serie tv:
“Non dipendo dal mio ex marito come Fran nella sit com. Siamo molto, molto uniti e vicini, siamo come una famiglia e sicuramente chiamerei lui per primo se avessi bisogno di qualcosa o qualcuno. Le nostre vite non sono intrecciate come sul piccolo schermo”
fonte http://www.queerblog.it da Alberto Graziola
Lgbt: Il parroco al giornalista: "Lei è frocio?"
Era finito nella bufera per aver scritto che le donne sono responsabili della violenza che le colpisce.
Nel difendersi tira in ballo anche i gay.
"Non so se è un frocio anche lei", dice a un cronista
Don Piero Corsi (in foto), parroco di San Terenzo di Lerici, è il nuovo mostro di Natale, un vero Grinch che dello spirito del 25 dicembre ha ben poco a giudicare dalle sue parole.
Era finito nella bufera per aver detto che le donne vittime di femminicidio sono responsabili delle violenze che subiscono. Nel difendersi dalle accuse dopo quelle frasi, però, ha fatto di peggio prendendosela questa volta anche coi gay.
L'insulto omofobo - È il giornalista di RadioRai Paolo Poggio ad intervistarlo: "Lei ha scritto che le donne devono fare autocritica perch‚ provocano, o non lo ha scritto?", chiede il cronista.
"Lei capisce che se una frase la sgancia dal prima e dal dopo, può far dire molte cose diverse da quel che sta dicendo" risponde il sacerdote, che poi attacca: "cioè scusi, quando lei vede una donna nuda, cosa prova? Quali sentimenti prova, quali reazioni prova? Non so se è un frocio anche lei o meno, cosa prova quando vede una donna nuda? Non è violenza da parte di una donna mostrarsi in quel modo lì".
Le frasi sulle donne - Le parole del parroco che avevano suscitato ira Gay.it - Il parroco al giornalista: e sdegno riguardavano le donne. "Possibile - aveva scritto in un volantino - che in un sol colpo gli uomini siano impazziti? Non lo crediamo. Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell'arroganza, si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni. Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici.
Dunque se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto (forma di violenza da condannare e punire con fermezza) spesso le responsabilità sono condivise". E a proposito della violenza sessuale aveva scritto: "Quante volte vediamo ragazze e signore mature circolare per strada con vestiti provocanti e succinti? Quanti tradimenti si consumano sui luoghi di lavoro, nelle palestre e nei cinema? Potrebbero farne a meno. Costoro provocano gli istinti peggiori e poi si arriva alla violenza o abuso sessuale (lo ribadiamo. Roba da mascalzoni). Facciano un sano esame di coscienza: forse questo ce lo siamo cercate anche noi?".
Addio all'abito talare - "Voglio comunicare che ho deciso di mettere da parte l'abito talare, del quale mi sento indegno, nella speranza che la riflessione e la penitenza mi consentano un giorno di riconquistare quella serenità che ho oggi innegabilmente smarrito". È quanto ha comunicato il prete in una lettera aperta. Ma in una intervista a Sky tg24 afferma: "nessun mea culpa".
fonte http://www.gay.it
Nel difendersi tira in ballo anche i gay.
"Non so se è un frocio anche lei", dice a un cronista
Don Piero Corsi (in foto), parroco di San Terenzo di Lerici, è il nuovo mostro di Natale, un vero Grinch che dello spirito del 25 dicembre ha ben poco a giudicare dalle sue parole.
Era finito nella bufera per aver detto che le donne vittime di femminicidio sono responsabili delle violenze che subiscono. Nel difendersi dalle accuse dopo quelle frasi, però, ha fatto di peggio prendendosela questa volta anche coi gay.
L'insulto omofobo - È il giornalista di RadioRai Paolo Poggio ad intervistarlo: "Lei ha scritto che le donne devono fare autocritica perch‚ provocano, o non lo ha scritto?", chiede il cronista.
"Lei capisce che se una frase la sgancia dal prima e dal dopo, può far dire molte cose diverse da quel che sta dicendo" risponde il sacerdote, che poi attacca: "cioè scusi, quando lei vede una donna nuda, cosa prova? Quali sentimenti prova, quali reazioni prova? Non so se è un frocio anche lei o meno, cosa prova quando vede una donna nuda? Non è violenza da parte di una donna mostrarsi in quel modo lì".
Le frasi sulle donne - Le parole del parroco che avevano suscitato ira Gay.it - Il parroco al giornalista: e sdegno riguardavano le donne. "Possibile - aveva scritto in un volantino - che in un sol colpo gli uomini siano impazziti? Non lo crediamo. Il nodo sta nel fatto che le donne sempre più spesso provocano, cadono nell'arroganza, si credono autosufficienti e finiscono con esasperare le tensioni. Bambini abbandonati a loro stessi, case sporche, piatti in tavola freddi e da fast food, vestiti sudici.
Dunque se una famiglia finisce a ramengo e si arriva al delitto (forma di violenza da condannare e punire con fermezza) spesso le responsabilità sono condivise". E a proposito della violenza sessuale aveva scritto: "Quante volte vediamo ragazze e signore mature circolare per strada con vestiti provocanti e succinti? Quanti tradimenti si consumano sui luoghi di lavoro, nelle palestre e nei cinema? Potrebbero farne a meno. Costoro provocano gli istinti peggiori e poi si arriva alla violenza o abuso sessuale (lo ribadiamo. Roba da mascalzoni). Facciano un sano esame di coscienza: forse questo ce lo siamo cercate anche noi?".
Addio all'abito talare - "Voglio comunicare che ho deciso di mettere da parte l'abito talare, del quale mi sento indegno, nella speranza che la riflessione e la penitenza mi consentano un giorno di riconquistare quella serenità che ho oggi innegabilmente smarrito". È quanto ha comunicato il prete in una lettera aperta. Ma in una intervista a Sky tg24 afferma: "nessun mea culpa".
fonte http://www.gay.it
Giovane trans arrestata in Kuwait per la campagna di moralità contro il popolo Lgbt
Cresce il numero di persone transessuali uccise nell'ultimo anno.
Caso di transfobia in Kuwait, nella città di Salmiya.
Una giovane ragazza trans (descritta dalle autorità come “ragazzi con abiti da donna”) è stata arrestata lo scorso venerdì, 21 dicembre 2012.
Una storia che è stata resa nota e pubblica da poco e che, ovviamente, ha indignato le associazioni Lgbt che, da tempo, si battono per i diritti degli omosessuali.
Ma cosa è successo di così “grave” da “meritare” (?!?) l’arresto? Vi spieghiamo l’assurda vicenda dopo il salto.
Due poliziotti dello Special Task Force stavano pattugliando le strade della città quando si sono accorti di qualcosa di sospetto, ordinando ad un’auto di fermarsi per un controllo.
E così, quella che sembrava essere una giovane donna, in realtà, si è scoperto essere un ragazzo che vestita abiti femminili (parole riportate dagli agenti).
La trans ha opposto resistenza all’arresto, insultando i due poliziotti e chiedendo l’aiuto della madre che è corsa in pochi minuti in soccorso della figlia.
A quel punto, tutte e due sono state condotte in centrale e poste in stato di fermo.
Con loro, salgono così a quota sedici, le trans arrestate dalla polizia negli ultimi tempi.
L’accusa ovviamente non esiste anche perchè la giovane stava semplicemente guidando la sua auto per le strade. Ma queste azioni sono state effettuate a causa di una “campagna di moralità” attivata proprio per ostacolare e impedire la libertà Lgbt nel paese. Carcere e multa sono, infatti, tra i deterrenti usati dalle forze dell’ordine.
fonte http://www.queerblog.it da Alberto Graziola
Caso di transfobia in Kuwait, nella città di Salmiya.
Una giovane ragazza trans (descritta dalle autorità come “ragazzi con abiti da donna”) è stata arrestata lo scorso venerdì, 21 dicembre 2012.
Una storia che è stata resa nota e pubblica da poco e che, ovviamente, ha indignato le associazioni Lgbt che, da tempo, si battono per i diritti degli omosessuali.
Ma cosa è successo di così “grave” da “meritare” (?!?) l’arresto? Vi spieghiamo l’assurda vicenda dopo il salto.
Due poliziotti dello Special Task Force stavano pattugliando le strade della città quando si sono accorti di qualcosa di sospetto, ordinando ad un’auto di fermarsi per un controllo.
E così, quella che sembrava essere una giovane donna, in realtà, si è scoperto essere un ragazzo che vestita abiti femminili (parole riportate dagli agenti).
La trans ha opposto resistenza all’arresto, insultando i due poliziotti e chiedendo l’aiuto della madre che è corsa in pochi minuti in soccorso della figlia.
A quel punto, tutte e due sono state condotte in centrale e poste in stato di fermo.
Con loro, salgono così a quota sedici, le trans arrestate dalla polizia negli ultimi tempi.
L’accusa ovviamente non esiste anche perchè la giovane stava semplicemente guidando la sua auto per le strade. Ma queste azioni sono state effettuate a causa di una “campagna di moralità” attivata proprio per ostacolare e impedire la libertà Lgbt nel paese. Carcere e multa sono, infatti, tra i deterrenti usati dalle forze dell’ordine.
fonte http://www.queerblog.it da Alberto Graziola
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Lgbt Irlanda: L'uomo picchiato sul treno perché gay, un cinquantenne è finito in ospedale fra Dublino e Belfast
Un uomo sulla cinquantina è finito in ospedale con il naso rotto e ferite alla testa dopo esser stato selvaggiamente picchiato da due uomini sul treno da Dublino a Belfast: il tutto perché i due avventori avevano scoperto che era omosessuale.
L’AGGRESSIONE
La storia la racconta l’Irish Times. Il treno in questione era il 20.50 da Dublino a Belfast e la vittima dell’aggressione era, secondo il giornale irlandese, “seduto in un vagone praticamente vuoto”.
E’ andato al bagno, è tornato e ha trovato due uomini che guardavano il suo computer; prima di alzarsi stava navigando su un sito internet per uomini gay, e ne era rimasta traccia sullo schermo. “Hanno iniziato ad accusarmi di essere un pervertito.
Ho cercato di riprendermi il computer e mi hanno inseguito in un altro vagone dove hanno iniziato a picchiarmi. Stavo urlando per chiedere aiuto, ero coperto di sangue”.
L’uomo, affetto da Sindrome di Asperger, è stato ricoverato all’ospedale di Portadown, a metà strada fra Belfast e il confine con la Repubblica d’Irlanda, ed è stato dimesso domenica.
ALLA CACCIA
Di lui non si sa l’identità per sua specifica richiesta; ha dichiarato, uscito dall’ospedale: “Non è certo qualcosa che ti aspetti possa capitare alla mia età, sono ancora sconvolto. Penso che mi ci vorrà qualche giorno per riprendermi”.
La polizia sta indagando dopo l’acquisizione dei filmati delle telecamere a circuito chiuso e spera di rintracciare i due malviventi scesi a Portadown; hanno rubato al malcapitato anche un iPod e le cuffie.
“Spero davvero che li prendano, abbiamo tutti il diritto di essere al sicuro quando usiamo il trasporto pubblico”, dice l’uomo.
fonte http://www.giornalettismo.com di Tommaso Caldarelli
L’AGGRESSIONE
La storia la racconta l’Irish Times. Il treno in questione era il 20.50 da Dublino a Belfast e la vittima dell’aggressione era, secondo il giornale irlandese, “seduto in un vagone praticamente vuoto”.
E’ andato al bagno, è tornato e ha trovato due uomini che guardavano il suo computer; prima di alzarsi stava navigando su un sito internet per uomini gay, e ne era rimasta traccia sullo schermo. “Hanno iniziato ad accusarmi di essere un pervertito.
Ho cercato di riprendermi il computer e mi hanno inseguito in un altro vagone dove hanno iniziato a picchiarmi. Stavo urlando per chiedere aiuto, ero coperto di sangue”.
L’uomo, affetto da Sindrome di Asperger, è stato ricoverato all’ospedale di Portadown, a metà strada fra Belfast e il confine con la Repubblica d’Irlanda, ed è stato dimesso domenica.
ALLA CACCIA
Di lui non si sa l’identità per sua specifica richiesta; ha dichiarato, uscito dall’ospedale: “Non è certo qualcosa che ti aspetti possa capitare alla mia età, sono ancora sconvolto. Penso che mi ci vorrà qualche giorno per riprendermi”.
La polizia sta indagando dopo l’acquisizione dei filmati delle telecamere a circuito chiuso e spera di rintracciare i due malviventi scesi a Portadown; hanno rubato al malcapitato anche un iPod e le cuffie.
“Spero davvero che li prendano, abbiamo tutti il diritto di essere al sicuro quando usiamo il trasporto pubblico”, dice l’uomo.
fonte http://www.giornalettismo.com di Tommaso Caldarelli
Lgbt: Ritirato il volantino shock del prete, l'ira del vescovo: Cancellate quelle parole
Il capo della diocesi di La Spezia ordina la rimozione de documento in cui il parroco di San Terenzo giustifica il femminicidio con l'atteggiamento provocante delle donne.
Fole "tentare una inconsistente giustificazione" alle violenza sulle donne.
Il presidente di Telefono Rosa chiede l'intervento del Papa : "Intollerabile". Sul sito dei cattolici ultraconservatori la replica contro la "crociata dei pezzenti"
E' scomparso dalla bacheca della chiesa il volantino shock del parroco di San Terenzo che accusa le donne di 'provocare la violenza con abiti succinti'.
E' stato il vescovo di La Spezia ad ordinare che il documento fosse subito rimosso: "In nessun modo - scrive monsignor Luigi Ernesto Palletti, tradendo un incontenibile disappunto per lo scandalo - può essere messo in diretta correlazione qualunque deprecabile fenomeno di violenza sulle donne con qualsivoglia altra motivazione, né tantomeno tentare di darne una inconsistente giustificazione".
La notizia però ha sollevato la replica ben più furiosa dal presidente del Telefono Rosa: "Intervenga subito il Papa e il vescovo di La Spezia e sia rimossa quella dannata lettera".
E' inferocita Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente dell'associazione a favore delle donne: "In Italia, che è il Paese con il maggior numero di femminicidi d'Europa e ha un altissimo numero di violenze consumate all'interno delle mura domestiche, un episodio come questo non è più tollerabile".
Definisce il messaggio "una vera e propria istigazione a un comportamento violento nei confronti delle donne - scrive Telefono Rosa - così si offre un'inaudita motivazione ad atti criminali contro di esse".
Don Piero Corsi(in foto): "Quando vede una donna nuda cosa prova?"
Stessa reazione è temuta dai cattolici ultraconservatori ma con toni opposti: anche loro temeno una reazione violenta, ma non contro le donne, bensì contro il prete addidato come sostenitore del femminicidio da "quei tuttologi dell'informazione che hanno lanciato una sorta di crociata dei pezzenti". Proprio così scrive un corsivista sul sito dei cattolici ultraconservatori Pontifex.it, lo stesso che ha pubblicato nei giorni scorsi l'intervento di don Piero Corsi, parroco di San Terenzo a Lerici, due passi da La Spezia. "Se il figlio della madre uccisa da un amante dovesse scagliare una pietra contro il sacerdote, a chi sarebbe ascrivibile la colpa?".
IL TESTO DEL VOLANTINO
La lettera affissa nella bacheca della Chiesa è stata ritirata. In quello scritto, don Piero Corsi attaccava le donne e le loro "responsabilità" nel caso di omicidi, stupri e violenze sessuali. La sua tesi è semplice: "Colpa della donna che provoca con abiti succinti". Nel documento si legge, testualmente: "Femminicidio: le donne facciano autocritica, quante volte provocano?" o, ancora: "Le donne cadono nell'arroganza e si sentono indipendenti" o, ancora: "Donne e ragazze in abiti succinti provocano gli istinti, facciano un sano esame di coscienza: forse ce lo siamo andato a cercare".
Non è la prima volta che don Piero Corsi lascia sbigottiti con le sue iniziative. A inizio ottobre il sacerdote aveva esposto, sempre nella bacheca della sua chiesa, le vignette anti-islamiche all'origine delle reazioni musulmane in tutto il mondo. Qualche mese prima, don Corsi si era poi reso protagonista di un furibondo corpo a corpo con un clochard che chiedeva l'elemosina, con tanto di candeliere brandito in sacrestia contro l'intruso.
fonte http://genova.repubblica.it di BRUNO PERSANO
Fole "tentare una inconsistente giustificazione" alle violenza sulle donne.
Il presidente di Telefono Rosa chiede l'intervento del Papa : "Intollerabile". Sul sito dei cattolici ultraconservatori la replica contro la "crociata dei pezzenti"
E' scomparso dalla bacheca della chiesa il volantino shock del parroco di San Terenzo che accusa le donne di 'provocare la violenza con abiti succinti'.
E' stato il vescovo di La Spezia ad ordinare che il documento fosse subito rimosso: "In nessun modo - scrive monsignor Luigi Ernesto Palletti, tradendo un incontenibile disappunto per lo scandalo - può essere messo in diretta correlazione qualunque deprecabile fenomeno di violenza sulle donne con qualsivoglia altra motivazione, né tantomeno tentare di darne una inconsistente giustificazione".
La notizia però ha sollevato la replica ben più furiosa dal presidente del Telefono Rosa: "Intervenga subito il Papa e il vescovo di La Spezia e sia rimossa quella dannata lettera".
E' inferocita Gabriella Carnieri Moscatelli, presidente dell'associazione a favore delle donne: "In Italia, che è il Paese con il maggior numero di femminicidi d'Europa e ha un altissimo numero di violenze consumate all'interno delle mura domestiche, un episodio come questo non è più tollerabile".
Definisce il messaggio "una vera e propria istigazione a un comportamento violento nei confronti delle donne - scrive Telefono Rosa - così si offre un'inaudita motivazione ad atti criminali contro di esse".
Don Piero Corsi(in foto): "Quando vede una donna nuda cosa prova?"
Stessa reazione è temuta dai cattolici ultraconservatori ma con toni opposti: anche loro temeno una reazione violenta, ma non contro le donne, bensì contro il prete addidato come sostenitore del femminicidio da "quei tuttologi dell'informazione che hanno lanciato una sorta di crociata dei pezzenti". Proprio così scrive un corsivista sul sito dei cattolici ultraconservatori Pontifex.it, lo stesso che ha pubblicato nei giorni scorsi l'intervento di don Piero Corsi, parroco di San Terenzo a Lerici, due passi da La Spezia. "Se il figlio della madre uccisa da un amante dovesse scagliare una pietra contro il sacerdote, a chi sarebbe ascrivibile la colpa?".
IL TESTO DEL VOLANTINO
La lettera affissa nella bacheca della Chiesa è stata ritirata. In quello scritto, don Piero Corsi attaccava le donne e le loro "responsabilità" nel caso di omicidi, stupri e violenze sessuali. La sua tesi è semplice: "Colpa della donna che provoca con abiti succinti". Nel documento si legge, testualmente: "Femminicidio: le donne facciano autocritica, quante volte provocano?" o, ancora: "Le donne cadono nell'arroganza e si sentono indipendenti" o, ancora: "Donne e ragazze in abiti succinti provocano gli istinti, facciano un sano esame di coscienza: forse ce lo siamo andato a cercare".
Non è la prima volta che don Piero Corsi lascia sbigottiti con le sue iniziative. A inizio ottobre il sacerdote aveva esposto, sempre nella bacheca della sua chiesa, le vignette anti-islamiche all'origine delle reazioni musulmane in tutto il mondo. Qualche mese prima, don Corsi si era poi reso protagonista di un furibondo corpo a corpo con un clochard che chiedeva l'elemosina, con tanto di candeliere brandito in sacrestia contro l'intruso.
fonte http://genova.repubblica.it di BRUNO PERSANO
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