E poi venne il discorso dell’Igloo. Dà sempre fastidio ammettere la superiorità dei francesi, quando i francesi sono superiori sul serio. Basta guardare il filmato esploso su alcuni siti d’oltralpe, poco più di quattro minuti, question time in parlamento.
Oggetto: matrimonio gay e via libera alle adozioni per coppie omosex, progetto di legge “rivoluzionario” presentato il 7 novembre scorso dal primo ministro socialista Jean-Marc Ayrault e dalla Guardasigilli Christiane Taubira.(in foto)
Da ormai più di due mesi in Francia il provvedimento scatena manifestazioni oceaniche pro e contro, interventi delle massime gerarchie ecclesiastiche, virulenti dibattiti mediatici.
Il confronto – in questo caso – si svolge in aula all’Assemblée nationale, dove il deputato conservatore dell’Ump Bernard Perrut (un Giovanardi in salsa béarnaise, se possibile ulteriormente intristito dalla mise nelle tonalità del marrone) dichiara a gran voce le sue perplessità davanti al premier e i ministri presenti.
«I francesi – dice – tengono molto alle libertà e all’uguaglianza dei diritti. Rispettano il diritto alla vita di ciascuno e non rifiutano le evoluzioni della nostra società. Ma i francesi si preoccupano o meglio rimangono sconvolti quando leggono sui giornali l’opinione di uno dei massimi difensori del matrimonio per tutti: “Affittare il proprio ventre per fare un bambino o affittare le proprie braccia per lavorare in fabbrica, qual è la differenza?”».
Perrut cita testualmente l’intervento di Pierre Bergé, presidente dell’associazione Sidaction che aveva affrontato sul Figaro gli aspetti più controversi della riforma. «Volete distruggere il matrimonio in quanto istituzione fondata sulla realtà biologica della differenza fra sessi, che permette la leggibilità della filiazione?» chiede il parlamentare di destra e la telecamera inquadra il disappunto di Najat Vallaud-Belkacem ministra 35enne dei diritti delle donne, origini marocchine, infanzia difficile, bellezza da film di Truffaut, portavoce e simbolo di tutto lo spettro valoriale hollandiano.
«Volete creare disuguaglianze fra bambini, far scomparire da tutti i codici, leggi e testi ufficiali le parole padre e madre? Volete spingervi fino alla mercificazione del corpo della donna?» incalza Perrut, e il controcampo si allarga a Dominique Bertinotti, elegantissima ministra cinquantenne della Famiglia.
Capelli corti, trucco leggero, foulard fucsia, pendenti giallo fluo. Smorfie e occhiatacce, tutto nei limiti del contegno francese, s’intende.
«L’essere umano, sì, proprio l’essere umano, cari colleghi deve entrare nella categoria dei beni di consumo commercializzabili? Questo non lo possiamo accettare» prosegue il deputato che si «accalora» a suo stesso dire, per «un progetto di legge colpevole di dividere il Paese».
Fischi dai banchi della maggioranza, i ministri socialisti parlottano fra loro. Entra in scena la tigre. Christiane Taubira, già deputata della Guiana, ora ministro della Giustizia.
Fisicamente è identica a Toni Morrison, solo con vent’anni di meno sul fisico e nei lineamenti.
Il look, quello è da trentenne. Jeans neri sugli stivali leggermente a punta, giacchetta rossa sgargiante e sciarpina etnica a righe.
Capelli tirati e raccolti in treccine.
Una furia. Comincia col fare notare che il suo governo si presta da mesi a pubblici confronti sullo stesso tema.
Confronti a cui tutti i ministri si presentano puntuali per trovarsi di fronte «banchi vuoti», con i deputati del centrodestra «presenti davvero raramente». Ma «questo – suggerisce – è un problema che l’opposizione dovrà affrontare al suo interno». Poi la precisazione. La telecamera inquadra la rabbia e l’orgoglio di questa signora socialista, nata significativamente a Caienna, spalleggiata dalle colleghe di governo Bertinotti e Vallaud-Belkacem, tanto etnicamente e culturalmente diverse quanto unite nella battaglia di civiltà.
«Onorevole Monsieur, non vorrà mica farci credere di essere vissuto in un igloo e di non essere a conoscenza della diversità fra famiglie in questo paese, che lei ignora completamente che ci sono famiglie omoparentali in questo paese, che non sa che c’è tanto amore nelle coppie eterosessuali quanto in quelle omosessuali, e che c’è altrettanto amore nei confronti di questi bambini, e che tutti questi bambini sono figli della Francia!».
Taubira parla a braccio, senza quasi prendere fiato.
Sembra un monologo di Whoopi Goldberg ne “Il colore viola”.
Non si può evitare di piangere. E tutti si sforzano di non farlo, a partire dai destrorsi compagni di Perrut che gli hanno evidentemente già voltato le spalle. Si legge nei loro sguardi.
«Allora sì, Onorevole Monsieur il governo presenta un testo di legge di grande progresso e grande generosità, di fratellanza e uguaglianza e noi garantiamo la sicurezza giuridica a tutti i figli della Francia e vi posso dire che ne sono particolarmente fiera».
Ovazione. Tripudio fra i banchi – questi pieni – di governo e maggioranza.
Il circuito chiuso parlamentare omette di inquadrare l’altrui desolazione. Allora eccolo, un esecutivo con 16 ministre donne (su 34 dicasteri), donne colorate e forti come cicloni che riuscirà nelle prossime settimane a imporre, nonostante i toni violenti del di- battito e un iter tortuoso, il matrimonio e le adozioni fra persone dello stesso sesso. Il tutto con un’estetica da film di Spielberg mentre da noi il respiro del dibattito sui nuovi diritti si strozza già in fase di primarie, con un look sterile da tg. Gelosi? Sì, molto.
fonte http://pubblicogiornale.it/mondo Stella Prudente
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