Secondo fonti ufficiali iraniane, rese note recentemente, 1336 cittadini del paese si sono sottomessi a operazione di riassegnazione del sesso tra il 2006 e il 2010: il 56% si è trattato di transizione da uomo a donna e il 44% da donna a uomo.
Potrebbe sembrare una notizia positiva, ma non si deve dimenticare che in molti casi si tratta di persone omosessuali costrette a subire il processo.
L’omosessualità è oggetto di persecuzione in Iran e viene punita con la morte; la transessualità, invece, è considerata solo una malattia curabile attraverso la chirurgia di rassegnazione del genere.
Tali operazioni sono legali dal 1984, da quando l’Ayatollah Khomeini le approvò dopo essere stato convinto da Maryam Khatoon Molkara, probabilmente la prima donna transessuale iraniana pubblicamente riconosciuta.
Dopo la Thailandia, l’Iran è il paese che realizza il maggior numero di operazioni di riassegnazione del sesso. Lo stato contribuisce alle spese mediche e, dopo l’operazione, offre un sussidio per iniziare una propria attività.
Sostegno, questo, che stona con il clima di rifiuto di cui sono vittime le persone transessuali nella società, che a volte vengono uccise perché “disonorano” la famiglia.
Gli attivisti, comunque, fanno notare che molte persone che vengono sottoposte all’operazione non sono transessuali, ma omosessuali.
Nella realtà dei fatti, la riassegnazione del sesso non è opzionale, ma è immediata alla diagnosi. Quanti si rifiutano di cambiare genere vengono immediatamente perseguitati perché ritenuti omosessuali.
fonte http://www.queerblog.it da Roberto Russo, Via | Dos Manzanas Foto | Flickr
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lunedì 10 dicembre 2012
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