Joshua è un transgender nato negli Stati Uniti che ora vive in Danimarca con i figli avuti da un precedente matrimonio negli Usa e l’attuale moglie danese. Sebbene negli Stati Uniti sia legalmente riconosciuto come uomo, in Danimarca risulta ancora registrato come donna. Le autorità danesi non riconoscono il suo genere maschile perché non ha accettato di farsi sterilizzare.
Joshua si rifiuta di sottoporsi alla procedura attualmente in vigore in Danimarca per ottenere il riconoscimento legale di genere poiché prevede la sterilizzazione. Non si capacita del fatto che le identità transgender sono considerate malattie mentali.
“Essere incastrato tra due identità per me è un grosso ostacolo. Non è bello dover andare alla scuola dei bambini ed essere costretto ogni volta a fornire spiegazioni. Per il sistema scolastico sono ancora la loro mamma. A scuola gli altri bambini fanno domande perché vedono il nome [femminile, eppure ho un aspetto maschile]. È davvero molto imbarazzante per me e per i miei figli”.
La storia di Joshua, insieme ad altre storie analoghe, è contenuta in un rapporto di oltre 100 pagine che Amnesty International ha presentato ieri a Bruxelles:
http://www.amnesty.org/en/library/asset/EUR01/001/2014/en/13af83a1-85f5-476f-9fe9-b931f2b2a9f3/eur010012014en.pdf Copenhagen e Dublino.
Secondo il documento, in Europa le persone transgender che intendono cambiare il loro sesso all’anagrafe sono costrette a subire interventi chirurgici invasivi, sterilizzazioni, terapie ormonali o test psichiatrici prima di poter modificare i loro documenti.
“Molte persone transgender devono superare enormi ostacoli prima di conciliarsi con la loro identità. Gli stati non dovrebbero forzare le loro scelte facendo dipendere il riconoscimento legale della loro identità di genere da interventi chirurgici, trattamenti ormonali o sterilizzazioni” – ha dichiarato Marco Perolini, esperto di Amnesty International in materia di discriminazione.
Il rapporto, intitolato “Lo stato decide chi sono: la mancanza di riconoscimento legale per le persone transgender in Europa”, prende in esame sette paesi europei evidenziando come le procedure per ottenere il riconoscimento legale della loro identità di genere violino i diritti umani fondamentali in Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania e Norvegia mentre in Irlanda non esista alcuna procedura, sebbene una legislazione in materia sia in cantiere.
L’esatto numero delle persone transgender in Europa non è ufficialmente noto. Secondo alcune stime, nei paesi dell’Unione europea sarebbero 30.000 quelle che si sono sottoposte a interventi chirurgici di rassegnazione del genere o hanno fatto trattamenti ormonali. Le persone transgender che non si sono sottoposte a tali operazioni o trattamenti e che non si identificano, in tutto o in parte, col sesso all’anagrafe, sarebbero un milione e mezzo.
Nonostante già nel 1992 la Corte europea dei diritti umani abbia stabilito che il rifiuto di uno stato di consentire a una persona transgender di modificare il marcatore del genere sul documento d’identità per modificare il sesso all’anagrafe costituisce una violazione della Convenzione, le persone transgender continuano a incontrare numerosi ostacoli.
QUI IL DOCUMENTO: http://hudoc.echr.coe.int/sites/eng/pages/search.aspx?i=001-57770#{%22itemid%22:[%22001-57770%22]}
In molti stati sono in vigore procedure rigorose attraverso le quali una persona può cambiare il sesso all’anagrafe. Le persone transgender possono ottenere il riconoscimento legale della loro identità di genere solo se viene loro diagnosticato un disturbo mentale o se accettano di sottoporsi a procedure mediche come i trattamenti ormonali o interventi chirurgici che determinino una sterilità irreversibile. In alcuni casi, devono dimostrare di essere single. Il tutto può durare anni.
Così, molte persone transgender si trovano a dover prendere un’odiosa decisione: o accettano di essere sottoposte a una serie di trattamenti e misure degradanti per volere dello stato o sono costrette a vivere con un genere basato sul sesso loro assegnato alla nascita, anche quando ciò contraddice il loro aspetto e la loro identità.
Il riconoscimento legale dell’identità di genere è fondamentale affinché le persone transgender beneficino dei loro diritti umani. Esse rischiano di essere discriminate ogni volta che devono esibire un documento in cui sono indicati nome e sesso all’anagrafe che non corrispondono alla loro identità ed espressione di genere
Amnesty International chiede agli stati europei di assicurare che le persone transgender possano ottenere il riconoscimento legale della loro identità di genere attraverso una procedura veloce, accessibile e trasparente nel rispetto di ciò che la singola persona sente rispetto alla sua identità di genere, proteggendo il diritto alla riservatezza ed evitando d’imporre requisiti obbligatori che violino i diritti umani.
Pochi minuti fa, il Parlamento europeo ha approvato oggi un documento contenente una serie di misure anti-discriminazione
QUI IL DOCUMENTO: http://www.lgbt-ep.eu/wp-content/uploads/2013/12/EU-Roadmap-against-homophobia-and-discrimination-on-grounds-of-sexual-orientation-and-gender-identity-Adopted-in-LIBE.pdf
Vedremo se sarà un primo passo positivo.
fonte http://lepersoneeladignita.corriere.it di Riccardo Noury
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