La Regina firmerà oggi il Commonwealth Charter che, secondo molte fonti, contiene la prima dichiarazione pubblica di Elisabetta II a favore dei diritti gay.
Peccato che nel testo non ce ne sia traccia.
Per la prima volta nella storia della Corona Britannica, la Regina Elisabetta II sarebbe pronta ad esprimersi espressamente a favore dei diritti delle persone lgbt.
La notizia sta facendo il giro dei mass media di tutto il mondo, ma più che una vera e propria notizia, a leggere il testo del Commonwealth Charter, il documento che stabilisce i valori e i principi cui devono ispirarsi gli stati aderenti e a cui si riferiscono giornali, TV e siti web, sembrerebbe trattarsi di una forzatura interpretativa.
“Siamo implacabilmente contro ogni forma di discriminazione - si legge nel testo redatto dagli stati membri e che attende la firma di Sua Maestà -, sia radicata in genere, razza, colore, religione, credo politico o altri motivi“.
Di gay, lesbiche e trans on c'è traccia.
Secondo quanto riportano alcuni siti riferendosi a "fonti di Palazzo", per “altri motivi” si deve intendere l'orientamento sessuale, non esplicitamente citata “per rispetto ai Paesi del Commonwealth con rigide leggi anti-gay”.
Delle due l'una: o la Regina si esprime fortemente a favore dei diritti di gay e lesbiche, come da più parti si vuole far credere, o rispetta i Paesi del Commonwealth con "rigide leggi anti gay", nel qual caso quegli "altri motivi" possono includere, ad esempio, le disabilità fisiche, ma non certo gli orientamenti sessuali. Com'è evidente, le due posizioni si contraddicono.
E del resto, se si fosse voluto includere esplicitamente il tema, questo sarebbe stato possibile, dato che un paragrafo del documento, firmato dagli stati membri già lo scorso dicembre, fa giustamente esplicito riferimento all'uguaglianza delle donne.
Riferisce Peter Tatchell, uno di più noti attivisti per i diritti lgbt nel Regno Unito che ci sia stato anzi un vero e proprio veto sul tema da parte della maggioranza omofoba dei paesi aderenti al Commonwealth.
"La regina non ha fatto alcuna dichiarazione esplicita - ribadisce Tatchell -. Invece, in 61 anni di regno, la Regina non ha mai pronunciato pubblicamente le parole gay e lesbica. E' madrina di centinaia di associazioni, ma nessuna di queste è gay. Nemmeno una volta si è recata in visita presso un'associazione gay".
"Negli ultimi quattro anni - racconta l'attivista di Stonewall - ho pressato Backingham Palace proprio sulla mancanza da parte della Regina di riconoscimento dell'esistenza delle persone lgbt e non ho ricevuto alcuna risposta.
Non sorprende dunque che il Commonwealth Charter non includa alcun rifiuto esplicito delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale o l'identità di genere.
Su questo c'è stato un veto da parte degli stati omofobi che sono la maggioranza".
Insomma, non siamo certo difronte alla svolta epocale che da più parti si dipinge. Anzi, l'inserimento di quelle due parole alla fine della dichiarazione "altri motivi", sembrerebbe essere stato voluto più per prevenire accuse di omofobia, che per sottintendere i diritti delle persone gay, lesbiche e transessuali.
Attualmente, del Commonwealth fanno parte 54 stati , tutte ex colonie britanniche, per un totale di più di 2 miliardi di abitanti in tutti i continenti.
fonte: www.gay.it
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martedì 12 marzo 2013
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