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martedì 12 marzo 2013
Lgbt: I diritti negati. La storia di Marcella e Simona, che hanno sconfitto la morte ma combattono contro l’omofobia
Questa è la storia di Marcella e Simona (i nomi sono di fantasia), due ragazze di 24 anni che convivono da quasi due anni.
All’inizio del 2013 un incidente d’auto ha stravolto le loro vite.
Dopo un mese di coma, Simona si è miracolosamente svegliata, riportando una serie di fratture e diversi danni neurologici.
Ora, però, l’ostacolo più grande è la sua famiglia, omofoba, da sempre contraria al loro rapporto, che impedisce a Marcella di vederla e sta facendo di tutto per separale.
Intervista a Marcella che ci racconta la loro storia.
- Quando vi siete conosciute?
È successo nell’estate del 2010 ad una mostra di Sarah Nile. All’inizio del 2011 ci siamo messe insieme. La terza volta che ci siamo viste siamo andate a convivere. Il primo mese siamo state da lei, in un paese del Sud Italia.
Poi sua madre ha cominciato a sospettare del nostro rapporto, è diventata invadente e siamo andate via. Simona non voleva, però è stata costretta.
Così abbiamo affittato una stanza lì vicino.
Siamo rimaste lì tutta l’estate perché entrambe lavoravamo in un villaggio turistico. Poi ci siamo trasferite dai miei, a 400 chilometri di distanza. Ormai sono passati quasi due anni.
- La tua famiglia ha sempre saputo di te?
Io sono dichiarata da 5 anni, all’inizio mia madre pensava che fosse un capriccio, poi quando ho portato Simona a casa ha capito e ci è stata vicina.
D’estate lavoriamo come bariste nei villaggi turistici e d’inverno ci arrangiamo.
Sul lavoro siamo sempre state dichiarate e non abbiamo mai avuto problemi.
Anzi, quando una delle due faceva un colloquio, diceva: “anche la mia ragazza sta cercando”, e ci hanno sempre prese insieme.
- Com’è la famiglia di Simona?
I suoi sono separati, Simona ha rivisto il padre quando si è svegliata dal coma, dopo 7 anni. Lui era responsabile, le passava l’assegno di mantenimento, ma non è mai stato presente.
- E la madre?
Sua madre è stata sempre contraria.
Per Simona la nostra è la prima storia seria con una donna.
All’inizio, per evitare scontri in famiglia ha raccontato che io ero fidanzata con un ragazzo.
Una volta siamo andati in montagna io, lei e un mio amico e abbiamo fatto finta che lui fosse il mio fidanzato.
Simona ha mentito con sua madre perché sapeva che se avesse scoperto che la figlia stava con una donna l’avrebbe sbattuta fuori casa.
- Quando ha saputo di voi due?
Dopo che si è svegliata dal coma, i comportamenti di Simona sono più istintivi.
Sua madre mi obbligava a raccontarle tutto quello che ci dicevamo.
Allora le ho chiesto: “posso dire a tua madre che siamo fidanzate?”.
Lei ha detto di sì e io l’ho fatto. Ora non vuole che la veda.
E nemmeno le nostre amiche possono, perché secondo lei sono dei demoni.
Sua madre si è messa in testa di salvare la figlia dal male.
Tutta la sua famiglia è contro di me. Mi danno anche la colpa dell’incidente.
- Com’è successo l’incidente?
Mentre tornavamo da una serata in discoteca, il ragazzo che guidava si è distratto e siamo finiti contro un albero a 130 chilometri all’ora.
Lui si è rotto l’anca, io ho riportato diverse fratture.
Simona invece si è rotta il bacino e un braccio, ma soprattutto ha riportato un grave trauma cranico ed è stata in coma per quasi un mese, le prime due settimane di coma profondo. I medici erano pronti a dichiarare la morte celebrale.
- Mentre Simona era in coma tu avevi notizie?
Certo, anch’io ero ricoverata lì. Sono stata in ospedale 40 giorni, e i medici mi dicevano cosa succedeva a Simona, e non sempre erano buone notizie.
Anzi, all’inizio non davano speranze.
- La famiglia di Simona come si comportava con te?
Quando ero in ospedale mi venivano a trovare. Pregavamo insieme per Simona.
- Ora come sta?
Subito dopo il coma, non parlava, a stento riusciva a scrivere.
Quando mi ha vista la prima volta non mi ha riconosciuta subito, ci ha messo un po’. Adesso è in reparto, parla, capisce, ma ha dei problemi di linguaggio dovuti al trauma. Quando sarà dimessa dall’ospedale, andrà in un centro di recupero.
Però, i genitori sostengono che non sia più capace di intendere e di volere.
- Perché?
All’inizio, speravano che Simona non ricordasse niente.
Sarebbe stato più comodo così: il padre avrebbe potuto avere un rapporto nuovo con la figlia e la madre poteva salvarla dal male.
Lei pensa che isolandola Simona possa guarire. Poi se è incapace di intendere e volere i genitori possono amministrare i suoi soldi, quelli che dovrà avere dall’assicurazione.
E i medici mi hanno detto che i tutori legali di Simona sono solo loro.
- Vivete insieme da due anni, almeno avete la stessa residenza?
No. Quando è venuta da me, Simona non ha cambiato residenza, perché se l’avesse fatto il padre non avrebbe potuto passare gli alimenti alla madre.
Ma abbiamo il conto in banca insieme, paghiamo l’abbonamento a Sky, a casa ho il suo computer, la sua televisione.
Sua madre mi ha chiesto di darle tutto, ma io le darò solo i vestiti.
- Riesci a parlare con lei?
Dopo il coma, il giorno in cui è stata operata, le hanno cambiato la scheda del telefonino, ma sono rimasti dei messaggi in memoria e il giorno dopo l’intervento mi ha chiamata.
All’inizio mi ha chiesto chi fossi, poi mi ha riconosciuta.
Ci sentiamo al telefono, ma solo quando mi chiama lei.
Perché il suo numero non compare.
- Lei come reagisce a questa situazione?
Simona mi chiede “perché non sei venuta a trovarmi”, e io devo mentire.
Non le ho mai detto che sua madre non vuole. Ho paura di farla stare ancora più male.
- Cosa pensi di fare?
Per ora aspetto, ma sono pronta anche ad agire per vie legali.
Sua madre mi ha minacciata: se provo a vedere sua figlia, mi denuncia ai Carabinieri. Anche se non l’hanno ancora fatto, lo so che i suoi sono pronti, e soprattutto possono.
Ma non si rendono conto che le stanno facendo del male, perché sono convinta che Simona sia consapevole di quello che sta succedendo.
Però, deve esserci una soluzione: se hai convissuto 2 anni con la persona che ami, non puoi non starle vicino. Io sono tutto per lei, sono la sua famiglia.
- Avete mai pensato di sposarvi?
Certo, Simona voleva sposarmi. Io volevo portarla a Montreal, dove ho vissuto per due mesi, lì non c’è bisogno di avere la residenza per sposarsi.
E anche se in Italia il matrimonio tra due persone dello stesso sesso non è riconosciuto, sarebbe stato più difficile per i genitori di Simona minacciarmi.
Però prima o poi, ce la faremo, io ho fiducia in lei.
Una persona che ha sconfitto la morte può tutto.
fonte http://lezpop.it/it La Mile
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