Sì agli omosessuali in divisa.
E corsi anti-discriminazione per educare gli agenti. Il prefetto Francesco Cirillo(in foto)lancia una rivoluzione nelle questure. Ed era ora
Stavamo in questura per denunciare un'aggressione, ci avevano presi a schiaffi in mezzo alla strada, ma i poliziotti facevano i sorrisetti e si davano le spintarelle. Allusioni, frasi ambigue.
Come gli sbirri dei film". Gliel'hanno spiattellato in faccia così, senza giri di parole, i militanti di GayLib, un'associazione di omosessuali di centrodestra che ha sede a Trento.
Era il luglio 2010 e, dall'altra parte del tavolone di legno, in un salone di rappresentanza del Viminale, erano seduti il capo della Polizia Antonio Manganelli e il suo vice Francesco Cirillo. Gli sbirri con il grado più alto là dentro.
E dev'essergli tornato in mente proprio la scena di qualche film col Munnezza, quelli con le battutacce sui froci e la "Madama" a sirene spiegate: "Ma oggi i tempi sono altri e così Manganelli ed io ci siamo chiesti cosa potessimo fare per queste persone: se dire due parole di circostanza sul rispetto dei gay, come a volte si fa, e tanti saluti. Oppure prendere in mano la situazione e fare qualcosa di concreto.
Per gli omosessuali, certo, ma anche per portare le forze di polizia nel terzo millennio", racconta a "l'Espresso" il prefetto Cirillo: "E' così che è nato l'Oscad". Una sigla in più nel Dipartimento di Pubblica sicurezza, che non è rimasta stampata su una porta. Significa "Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori", ne fanno parte anche i carabinieri ed è guidato dal vice direttore generale della Pubblica sicurezza, che dirige un comparto interforze: dall'anticrimine alla polizia postale, al servizio centrale operativo fino alla polizia di frontiera. Una task force, che l'Europa già pensa di copiarci.
Sembra di stare a New York quando si parla con poliziotti e carabinieri dell'Oscad.
Non dicono gay, ma Lgbt, proprio l'acronimo che utilizza la comunità lesbica, gay, bisex e trans.
In un anno e mezzo hanno avviato una vera e propria rivoluzione negli uffici delle forze di polizia.
"Abbiamo due obiettivi, uno interno e uno esterno. Quello interno è cancellare l'immagine della polizia manganello e machismo, l'altro è prevenire e combattere ogni traccia di discriminazione, omofobica e non tra le nostre donne e i nostri uomini", spiega Cirillo: "Prima dell'Oscad di questi problemi si discuteva poco e forse ce ne siamo accorti in ritardo.
Ma adesso le cose stanno cambiando rapidamente: qui non esiste il "don't ask, don't tell", non c'è discriminazione nella carriera, né nei rapporto interpersonali", assicura il vice di Manganelli.
Essere gay nella polizia di oggi è una cosa normale, così come è normale che i poliziotti gay facciano parte dell'associazione Polis Aperta che riunisce gli omosessuali delle forze dell'ordine".
Potrebbe sembrare uno slogan, ma dati alla mano, negli uffici della Polizia di Stato e dei carabinieri da qualche mese le cose stanno cambiando. Sono partiti i corsi di formazione e sui banchi ci finiscono praticamente tutti, dai dirigenti in giù. "Si comincia dai capi, per arrivare fino ai più giovani perché l'esempio da noi conta molto", aggiunge il prefetto Cirillo.
Tanto che i primi seminari sull'antidiscriminazione e l'omofobia si sono tenuti negli istituti dove la Polizia forma i futuri dirigenti: la scuola superiore di Polizia, la scuola interforze di perfezionamento e la scuola ufficiale dei carabinieri. E così oggi gli omosessuali, anche nella polizia e nei carabinieri, vivono meglio di una volta.
"Basta guardare i bambini nelle scuole, hanno uno spirito nuovo, che sta a significare che l'Italia di oggi è così. Hanno legami stretti anche fra etnie diverse, ci mandano un messaggio chiaro. E che siamo noi che dobbiamo imparare da loro".
Una rivoluzione interna, insomma, che serve poi allo scopo principale delle forze di polizia: combattere il crimine sulle strade. E, nel caso dell'Oscad, combattere e battere ogni forma di discriminazione.
Morti e feriti. Botte e coltelli. Un fenomeno in aumento e difficile da circoscrivere. La matrice può essere diversa. Razzismo, politica, bullismo. Ma una costante rende le vittime ancora più vittime: "Spesso i gay hanno paura di denunciare un'aggressione omofoba, magari in famiglia o sul lavoro nessuno conosce il loro orientamento.
Questo rende difficile dare la caccia ai criminali. E' qui che l'Oscad sta dando buoni risultati. Abbiamo una mail, un fax e una linea telefonica e siamo in contatto costante con chi svolge le indagini", spiega Cirillo: "Gay, lesbiche e trans devono sapere che a quel telefono risponderanno agenti preparati. E questo romperà il velo del silenzio".
fonte http://espresso.repubblica.it/ di Tommaso Cerno
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