giovedì 7 giugno 2012

Libri “Vi racconto gli ultimi 20 anni di storia del nostro Paese”. Parla il giornalista Francesco Nocentini

“La vicenda delle stragi di mafia del triennio 1992-1994 rappresenta una delle pagine più inquietanti – ma anche più rilevanti – della recente storia del nostro paese. Si tratta di eventi tragici che, nel loro insieme, costituiscono un unicum nella storia del dopoguerra” (dalla quarta di copertina).

“Storia d’Italia in sette stragi. La campagna di Cosa Nostra per ricattare lo Stato”, edito da FirenzeLibri, è l’ultimo libro di Francesco Nocentini.

Laureato in filosofia e giornalista professionista dal 1993, Nocentini ha lavorato come redattore di cronaca nera e giudiziaria a “La Città-Gazzetta di Firenze” e a “Il Tirreno”.

Dagli anni Novanta segue con professionale competenza e interesse le vicende di mafia che hanno sconvolto e sconvolgono il nostro Paese. Nel 2001, insieme all’avvocato Danilo Ammannato, ha pubblicato “Ore 1.04: La Strage”, un libro sull’attentato di Via dei Georgofili e sulle altre stragi del 1993-94. Nel 2003 ha curato il volume “In nome del popolo italiano”, una selezione di scritti e interventi del pm Gabriele Chelazzi sugli attentati di diciannove anni fa. Nel 2010 è autore del libro “Peggio di una guerra. L’Italia sotto ricatto”. Attualmente lavora all’ufficio stampa del Comune di Firenze.

“Storia d’Italia in sette stragi”. Un libro per capire ma soprattutto per non dimenticare?

“Sicuramente un libro per capire e anche per non dimenticare. In questa mia pubblicazione si parla infatti di quella serie di stragi che ebbe inizio nel maggio-luglio del 1992 con gli attentati che portarono alla morte di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino. Possiamo dire che le stragi in generale costituiscono un unicum nella storia d’Italia del dopoguerra.
Un periodo storico, quello dal 1992 al 1994, che, per la sua “portata” ed importanza, può essere addirittura paragonato ad altre fasi della storia italiana, come il triennio 1920-1922, che terminò con l’avvento del fascismo, e il triennio 1943-1945, che vide la divisione del territorio nazionale, la resa senza condizioni agli angloamericani e il ritorno alla democrazia.

Questo mio libro vuole dunque ripercorrere un periodo drammatico della storia del nostro Paese, vuole far capire quanto tale offensiva della mafia cercò di condizionare le decisioni dello Stato, ma vuole anche essere un modo per commemorare le vittime e uno strumento per non dimenticare e per continuare a riflettere su un capitolo sanguinoso della nostra storia”.

Il suo libro inizia sottolineando come sia importante partire dall’anno 1992 e dalle vicende di Tangentopoli per comprendere le stragi di Cosa Nostra di quegli anni. In che senso?

“Come sappiamo il 1992 è una fase cruciale per la storia del nostro Paese. È l’anno di Tangentopoli e di Mani Pulite, ovvero della fine dei partiti così come li avevamo conosciuti a partire dall’avvento della Costituzione repubblicana. Un periodo traumatico che ha portato poi alla definizione di prima e seconda Repubblica. Un periodo che vide, oltre ad una gravissima crisi istituzionale, anche una gravissima crisi economica. Il governo Amato dovette infatti varare una riforma economica pesantissima. In più in quegli anni l’Italia vide un Presidente della Repubblica “picconatore” e la nascita di un nuovo soggetto polito come la Lega Nord. In questo scenario già problematico e complesso di per sé, si inserirono le stragi di mafia, con un effetto ovviamente devastante”.

Una domanda per mezzo di una citazione del suo libro: “Siamo sicuri che in quel periodo lo Stato abbia solo subito un ricatto?”

“Da un lato sappiamo che per alcune stragi lo Stato ha reagito ed è riuscito ad assicurare alla giustizia i responsabili. Le indagini però hanno anche stabilito che in alcuni casi lo Stato si è seduto allo stesso tavolo con i boss mafiosi. È La così detta “trattativa sul papello”, ovvero tutta quella serie di richieste che Cosa Nostra faceva allo Stato per metter fine alle stragi e gli attentati. Quindi è possibile che oltre al ricatto vi sia stata anche una trattativa vera e propria tra Stato e Cosa Nostra”.

Come è cambiata l’attività criminale della mafia dopo l’arresto del super boss Riina?

“Dopo l’arresto di Riina è cambiato ben poco. Il super boss venne arrestato nel 1993: le stragi iniziarono prima dell’arresto di Riina ma continuarono anche dopo che il boss venne assicurato alla giustizia. Forse possiamo dire che la strategia mafiosa, dopo questo periodo, è cambiata perché Cosa Nostra ha capito che, nonostante le bombe e gli attentati, lo Stato e la giustizia proseguivano diritti per la loro strada”.

E come è cambiata la lotta alla mafia dopo la morte di Falcone e Borsellino?

“Sicuramente la lotta alla mafia dopo la morte Falcone e Borsellino è cambiata grazie al così detto “carcere duro”: il famoso articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario. E anche grazie ad un rafforzamento della legge Sorrentino. È però importante sottolineare che la mafia non esiste in funzione di quanti attentati compie o di quante bombe fa esplodere. La mafia vive e prospera nel silenzio. Adesso viviamo in un periodo storico durante il quale Cosa Nostra ha cessato o almeno rallentato la strategia dell’attentato eclatante, ma questo non vuol dire affatto che l’emergenza sia rientrata”.

Secondo Norberto Bobbio “la democrazia è idealmente il governo del potere visibile”. Secondo lei l’Italia ha mai cessato di essere una democrazia?

“No, per me non ha mai cessato di esserlo. In realtà non si sono mai visti scenari limite come carri armati nelle strade e non sono mai state sospese le libertà costituzionali; e anche il così detto carcere duro ha avuto sempre l’avallo da parte della Corte Costituzionale. È importante ricordare e sottolineare che lo Stato, le Istituzioni, la Magistratura e i cittadini non hanno mai cessato di chiedere che venisse fatta piena luce sui fatti di mafia, e questo è sicuramente in linea con uno spirito democratico”.

fonte: www.sienalibri.it via www.toscanalibri.it intervista di Duccio Rossi

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