lunedì 4 giugno 2012

Lgbt: Il libro di Paola Concia e i capelli bianchi "A 18 anni credevo di essere malata"

La vita (non sempre facile) della paladina dei diritti dei gay in Parlamento.
"Quel faccia a faccia con mio padre". E col partito

Essere omosessuali significa dover sfidare e sconfiggere molti nemici. Visibili o subdolamente nascosti, anche interiorizzati. Sono battaglie che agli eterosessuali, addosso ai quali sono cuciti su misura diritti e tutele di questo Paese, vengono da sempre risparmiate. E dalle quali, spesso, si esce feriti. O vittoriosi.

Paola Concia è riuscita ad abbattere tanti muri, a partire da quelli che lei stessa aveva eretto. E, soprattutto, a "non essere schiacciata dalla riprovazione sociale". Quella che oggi è considerata la paladina dei diritti Glbt in Parlamento, un tempo si era convinta di essere malata. "Malata di omosessualità" e, come tale, anormale. "La vera storia dei miei capelli bianchi" è il racconto di una donna lesbica che accetta se stessa e, giorno dopo giorno, arriva a battersi perché anche gli altri la accettino e, soprattutto, la rispettino a prescindere dal suo orientamento sessuale.

Scritta con Maria Teresa Meli, giornalista del Corriere della Sera (per Mondadori), non è semplicemente la biografia dell'unica deputata lesbica (dichiarata) del Parlamento italiano. E' il racconto in cui si potranno identificare quei ragazzi e ragazze che si sforzano, quasi sempre senza successo, di soffocare la loro omosessualità e che, di fronte alla condanna della società nei confronti di un orientamento sessuale "diverso", iniziano a credere di essere sbagliati.

E' anche una guida al coming out, un manuale alla sopravvivenza alle facili sentenze emesse (gratuitamente)da bigotti e omofobi e, soprattutto, uno stimolo a rimboccarsi le maniche per far sì che il nostro possa diventare un Paese a misura anche di gay e transessuali.

Il passo dal primo amore lesbico, a 17 anni, per Giulia - l'emozione del primo bacio in spiaggia - alla fuga tra le braccia di un uomo è breve. Prima la storia con Riccardo (mentre continuava a vedersi con un'amica), poi le nozze con Massimo: la Concia trova facilmente riparo nella meno problematica eterosessualità. Quanti cercano di convincersi che la propria omosessualità sia, in realtà, espressione di un abbaglio momentaneo? Paola pensa di poter trovare tra le braccia degli uomini la sua felicità. In fondo non vuole neanche ferire la famiglia, alla quale è molto legata.

Supera un aborto - "Non ho nemmeno un indugio: non ero certo nelle condizioni di avere un bambino. Non è stato facile" - e vede in Massimo una chance per "tornare regolare", "normale". Nozze ad Avezzano, nel 1986, ma la felicità immaginata, non si vede ancora. "Quando si cerca di creare un ordine fittizio, si produce il disordine. Il desiderio delle donne non mi abbandonava", scrive. Il suo corpo si ribella: arrivano gli attacchi di panico, a ricordarle che quella non è la vera vita che vuole vivere. Ci vorranno otto anni di psicoanalisi freudiana a sanare quelle ferite e a mettere in luce le contraddizioni di quei rapporti. Che poi sono quelle dei tanti ragazzi che, come la Concia degli anni abruzzesi, "non sono circondati da nessuno che dica loro che hanno il diritto di vivere la loro sessualità".

La fine del matrimonio con Massimo è l'inizio - la vera svolta è ancora molto lontana - di un nuovo percorso di autoconoscenza. Il trasferimento a Roma è un modo per scappare e iniziare a respirare aria di libertà: si definisce "emigrante dell'omosessualità".

Inizia a muovere i primi passi in politica, divenendo assistente parlamentare. E, soprattutto, coltivando gli amori romani. Non è ancora dichiarata, così come non lo è l'amante di quegli anni: una deputata del Pds di cui non svela il nome, perché, come tanti colleghi di altri partiti, vive di nascosto la propria omosessualità (nel libro si parla di un 7-10% di parlamentari gay e lesbiche).

Un rapporto che non può funzionare, perché gli anni della finzione sono sempre più lontani, e la tennista che ama sempre più la politica ha deciso che è ora di diventare veramente adulta. Sono gli anni della conoscenza con Walter Veltroni - che poi deciderà di candidarla alla Camera nel 2008 - del World Pride del 2000 e del Gay Village di Roma, con Imma Battaglia. Ma, soprattutto, è l'anno del coming out di fronte al padre, uomo dell'Azione Cattolica che aveva avuto tra gli allievi Gianni Letta.

Paola ha paura, ma ha deciso che è giunta l'ora di crescere. "Tu sai che io ho sempre rispettato le vostre vite - le risponde il padre - E anche questa volta farò altrettanto.
Non posso cambiare il mio atteggiamento solo perché non capisco: non è facile per me comprendere, lo sai, vero? Ma questo è quello che tu sei e io non voglio cambiare il corso degli eventi".
Quel giorno è nata la nuova Paola, pronta per le prime battaglie a viso aperto, anche all'interno del partito. Battaglie che, ancora oggi, la portano spesso a fronteggiare colleghi e colleghe che, su molti temi, sembrano collocarsi su posizioni simili a quelle di esponenti del centrodestra.

Di quel periodo, la Concia ricorda "l'incubo del 2006. Vinciamo le elezioni, si insedia il secondo governo Prodi". Rosy Bindi - quella che in una memorabile lite la definì una "rompicoglioni" che doveva andare dallo psicanalista - è ministro della Famiglia. I Dico - "imitazione scadente dei Pacs" - non reggono all'offensiva della chiesa, che in Parlamento conta, tra gli altri, sull'azione di Paola Binetti. Paola combatte e, mentre cerca di far comprendere anche ai cattolici del suo partito quanto sia importante garantire pari diritti alle coppie Glbt - è chiamata a sconfiggere un male che ha aggredito la sua tiroide. Tumore maligno. A starle vicino, subito dopo l'intervento, c'è proprio la Binetti. "Straordinaria - scrive oggi - Probabilmente i miei amici gay e tanti nel Pd disapproveranno perché la definisco così, ma è la verità".

L'amore - l'ultimo - bussa alla sua porta nel 2008 con il nome di Ricarda Trautmann. E' un amore che supera le barriere linguistiche, culminato dopo pochissimo tempo in una proposta di matrimonio. "Do you want to marry me?", chiede Paola alla psicologa e criminologa tedesca. Quella che, prima di far arrivare il libro all'editore, ha preteso di leggere ogni singolo paragrafo. "Gli hai raccontato proprio tutto?", ha commentato a caldo.

Nella sua battaglia parlamentare, intanto, la Concia capisce che bisogna parlare alla destra. Sfida anche le ostilità di una parte dell'associazionismo omosessuale, che non ha mai digerito l'idea di una deputata estranea a quello stesso movimento. Partecipa ad un dibattito a CasaPound e per mesi verrà soggetta a contestazioni, anche violente, negli ambienti di sinistra. Una decisione, quella di confrontarsi con i ragazzi di Gianluca Iannone, che rientra in un disegno preciso: "Convertire la destra ai diritti civili".

Riesce a "conquistare" prima il presidente della Camera, Gianfranco Fini e poi Mara Carfagna, il ministro che è arrivato a firmare una campagna contro l'omofobia; organizza cene bipartisan, perché la causa dei diritti dei gay va combattuta da tutti. Non mancano le resistenze nel Pd: "Ma io non demordo - ripete più volte - C'è una parte del mio partito che si chiude come una saracinesca.

Devo riuscire a far capire al Pd che noi omosessuali siamo banalmente normali". Nel suo primo intervento in Aula, il 13 maggio del 2008, la Concia, quella stessa donna che si era convinta di dover soffocare il suo orientamento sessuale, si rivolge ai colleghi e chiede: "Vi sembro anormale e malata?".

Questo è un libro dedicato soprattutto ai giovani. "Il 30% dei ragazzi che si suicida è composto da omosessuali", ricorda nel capitolo dedicato al suo coming out. "Vogliamo che l'Italia sia un Paese migliore per loro".

Ma un pensiero viene rivolto anche ai meno giovani e agli eterosessuali: "Ci auguriamo che lo leggano, perché possano capire. A loro chiediamo di interrogarsi: sarebbe possibile soffocare l'eterosessualità?".
fonte http://www.repubblica.it di MARCO PASQUA

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