«Cara Adele, ho tanto cercato il mio posto
nel mondo, ed era dentro di me: proprio qui dove mi batte il cuore, dove
fluisce il mio sangue, dove respiro, piango e rido restando viva. Il
mio destino sono io».
Lettere spedite da lontano a una sorella amata, il serrato
andirivieni tra passato e presente, tra ricordi, passioni e segreti di
ieri e oggi, con un finale a sorpresa che rimette in discussione
l’intera storia. È presente tutto l’impianto narrativo di Ferzan Ozpetek in Come un respiro, suo ultimo lavoro editoriale, in libreria dal 12 maggio.
Da leggere tutto d’un fiato e riconoscere, fin dalle prime pagine, i
cardini del regista e scrittore turco: gli hamam di Istanbul, le
domeniche in una casa romana intorno a un tavolo, gli amori celati, la
nostalgia di certi incontri e quelle boccate di profonda libertà da
mangiare a tutti i costi e descritte al femminile.
Ferzan, quale respiro lascia al lettore il tuo romanzo?
Guardo spesso la mia casa di Roma, dove vivo da 41 anni, chiedendomi
chi ci avrà vissuto prima di me, che cosa può essere accaduto in queste
stanze, quali destini si sono intrecciati qui. Ecco, ho voluto darmi una
risposta, immaginandolo. Questo libro è nato dal concetto di casa che
custodisce.
Chi sono Elsa e Adele, le due protagoniste?
Due sorelle tra le quali c’è un legame molto forte. Mi sono ispirato,
per carattere, atteggiamenti e atmosfera a mia nonna e sua sorella.
Anche lei fumava sigarette con una lunga bacchetta infilata al dito come
un anello. Un oggetto che custodisco ancora e che si ritrova anche nei
film Bagno turco e Harem Suare.
Stiamo vivendo una pandemia, uno dei momenti più difficili per l’Italia e il mondo intero. Che cosa ci resterà di tutto questo?
Sarà importante dire: «Ricordi quei giorni?». Nei momenti di
sconforto, che spesso ho, penso alle tre persone importanti che ho perso
di recente. Mi mancano le loro telefonate, la loro presenza. Mi consolo
sapendo che non stanno vivendo questo incubo. Ci rimarrà addosso, in
maniera forte, la sensazione di quanto sia importante la fisicità
dell’amore, gli abbracci ora negati, e tutte quelle grandi piccole cose
che davamo per scontate, come la libertà. Il coronavirus sta facendo
danni enormi, semina morte ma ci rende consapevoli di quanto siamo tutti
ugualmente fragili, ricchi, poveri, famosi e sconosciuti. Esattamente
come davanti alla morte.
Come trascorri le giornate in questo periodo di isolamento?
Spesso guardo fuori dalla finestra. Ho un supermarket davanti, mi
fisso sulla fila lunga e quando finisce scendo a fare una piccolissima
spesa. Leggo molto, ho ripreso i classici russi per esempio che
consiglio, guardo serie tv e film, parlo al telefono, bevo tanto caffè.
Non siamo in trincea, siamo in casa, nei nostri salotti: rilassiamoci,
riflettiamo, coltiviamo idee. Le case nascondono, come nel mio libro.
fonte: di Sandra Gesualdi www.fsnews.it
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