Da calciatore a influencer politico: la straordinaria parabola umana e social dell'ex campione della Juventus.
In foto: Claudio Marchisio ha vinto 7 scudetti con la Juventus tra il 2008 e il 2018. Credit: Afp/Silvia Lore / NurPhoto
Claudio Marchisio, nuova icona social della sinistra: dai curdi ai diritti Lgbt
"Vedo il mondo mutarsi lentamente in un deserto, odo sempre più
forte l’avvicinarsi del rombo che ucciderà noi pure, partecipo al dolore
di milioni di uomini…’, questo scriveva Anna Frank nel suo diario, nel
1942. Oggi, 77 anni dopo, è iniziato il bombardamento della Turchia
contro i Curdi in Siria. Una vergogna per tutta la comunità
internazionale. Sentiamoci pure responsabili per ogni vittima”. A
scrivere questo post,
ieri, giovedì 10 ottobre, sui suoi profili social, non è stato un
politico, né uno scrittore, un pensatore, un filosofo o un
intellettuale. Che ci crediate o meno, queste parole le ha scritte un
calciatore.
Da pochi giorni un ex calciatore. Non uno qualsiasi. Uno che
è stato capitano della Juventus e, per almeno un lustro, titolare fisso
della Nazionale italiana. Il suo nome è Claudio, di cognome fa
Marchisio. E per capire chi è davvero e dove nasce questo post,
diventato in breve virale, occorre fare almeno tre salti a ritroso nel
tempo.
L’ultima stagione calcistica, allo Zenit di San Pietroburgo, è stata
la più lunga, difficile, dolorosa e illuminante della carriera di
Claudio Marchisio. I numeri dicono molto, ma non tutto: 15 partite
giocate, 2 gol segnati, 148 foto pubblicate su Instagram. Claudio in
campo è un “vecchio” atleta che lotta contro un corpo che a 33 anni ha
smesso di assisterlo, a un’età (e in un’epoca) in cui la maggior parte
dei suoi colleghi sono ancora all’apice della forma.
Fuori è un uomo risolto, intelligente, colto, maturo, che legge saggi
e romanzi, visita musei e luoghi d’arte, esplora le meraviglie dell’ex
capitale zarista, quando parla o concede un’intervista non è mai banale.
E, soprattutto, fa Politica. Quella con la P maiuscola. Prende
posizione. Sempre. Anche quando non è comodo o conveniente e su temi che
non ti attenderesti di vedere uscire dalla bocca di un giocatore di
calcio: migranti, clima, ambiente, diritti Lgbt, le lotte sindacali dei
pastori sardi.
Gli ultimi mesi a San Pietroburgo sono la fotografia esatta – e, in
qualche modo, un antipasto – della seconda vita del “Principino”: un neo
nell’universo banale, ipocrita, convenzionale e iper-standardizzato del
calcio italiano e mondiale. Non è un caso se, meno di tre mesi dopo,
Claudio Marchisio in una conferenza stampa affollata a Torino pronuncia
le sue ultime parole da calciatore.
“Avevo fatto una promessa al bambino che sognava di diventare un
calciatore. Avrei continuato a giocare fino a quando, mettendo piede in
campo, avessi sentito la meraviglia del sogno che si stava avverando.
Negli ultimi mesi ho vissuto un contrasto tra mente e cuore e ho capito
che stavo venendo meno alla mia promessa. Ci sono momenti in cui è
giusto che il cuore prevalga sulla mente, per questo preferisco
fermarmi.Lo faccio senza ripensamenti, insieme alla mia famiglia, che mi
ha insegnato a guardare al futuro con curiosità, senza timore. E allora
grazie sogno! Perché mi hai dato forza, coraggio, successo e
soprattutto mi hai reso felice!”.
Sembra la fine, e invece è solo l’inizio. O, meglio, l’inizio
ufficiale di un’avventura umana che era cominciata due anni e mezzo
prima, quasi per caso, il 24 marzo 2017, pochi giorni prima della finale
di Champions League col Real Madrid, quando un’imbarcazione carica di
migranti si rovescia al largo della Libia: 34 i morti, tra cui anche
diversi bambini. Claudio legge e si sfoga su Instagram: “Viaggi della
speranza che finiscono in tragedia per molte persone! Ancora corpi senza
vita nel Mediterraneo. Come sta cambiando il mondo?” .
È la prima volta che Marchisio prende una posizione così forte e
netta sui social, e le reazioni non tardano ad arrivare. In un
florilegio di commenti entusiasti, arrivano anche le critiche, alcune
pesantissime, cariche d’odio: “Pensa alla Champions che è più importante
di questi 4 monnezzari”.
Il 20 giugno del 2018, in occasione della Giornata mondiale del
Rifugiato, compare in una foto in bianco e nero con un cartello
dell’Unhcr in mano e un hashtag, #withrefugees, accompagnato da un breve
testo: “E tu da che parte stai?”. Anche in quel caso fioccano le
reazioni positive, in mezzo all’immancabile vomito delle “bestie”.
Claudio alza le spalle e tira dritto.
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sabato 12 ottobre 2019
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