Mario Vargas Llosa, Nobel per la Letteratura 2010, partendo dalla triste vicenda di Daniel Zamudio, ha scritto su El País un interessante articolo dal titolo La caccia ai gay, nel quale pone in risalto alcune peculiarità dell’omofobia latinoamericana, ma che possono essere applicate all’omofobia in generale.
Prima di tutto Vargas Llosa spera che l’efferata uccisione di Daniel Zamudio serva per portare alla luce
"la tragica condizione di gay, lesbiche e persone transessuali nei paesi latinoamericani in cui, senza eccezione, sono oggetto di scherno, repressione, emarginazione, persecuzione e campagne diffamatorie che, generalmente, hanno l’appoggio aperto ed entusiasta della maggior parte dell’opinione pubblica."
Il Premio Nobel, poi, mette in guardia dal volersi lavare le mani dando la colpa solo agli autori materiali del delitto:
"La soluzione più facile e la più ipocrita in questa situazione è attribuire la morte di Daniel Zamudio solo a quattro poveri diavoli che si definiscono neonazisti senza probabilmente neppure sapere cosa è e cosa è stato il nazismo. Essi sono la punta più cruda e repellente di una cultura di antica tradizione che presenta gay e lesbiche come malati o depravati da tenere a distanza di sicurezza dagli essere umani normali perché corrompono il corpo sociale sano e lo inducono a peccare e a disintegrarsi moralmente e fisicamente in pratiche perverse e nefande."
Capita sempre così, infatti, quando c’è qualche efferato delitto: si parla di “bestie”, di “mostri” in modo da prendere le distanza e starsene a posto con la coscienza. Loro sono “mostri”, che c’entrano con me? Invece Mario Vargas Llosa sostiene – a ragione, secondo me – che tali delitti non spuntano da soli come funghi, ma hanno tutto un retroterra culturale:
"Quest’idea dell’omosessualità si insegna nelle scuole, si propaga in seno alle famiglie, si predica dai pulpiti, si diffonde nei mezzi di comunicazione, appare nei discorsi dei politici, in programmi di radio e televisioni e nelle commedie teatrali dove il gay e la lesbica sono sempre personaggi grotteschi, anomali, ridicoli e pericolosi, che meritano il disprezzo e il rifiuto da parte degli essere decenti, normali e comuni. Il gay è, sempre, “l’altro”, colui che ci nega, spaventa e affascina al tempo stesso, come lo sguardo del cobra che è letale per l’innocente uccellino."
Punta il dito, poi, Vargas Llosa sull’educazione religiosa e culturale: secondo lui il maschilismo e l’omofobia – facce della stessa medaglia – non sono una questione politica, ma squisitamente culturale e religiosa:
"Siamo stati educati da tempi immemorabili nella peregrina idea che c’è un’ortodossia sessuale dalla quale si distaccano i pervertiti, i pazzi e i malati, e abbiamo trasmesso queste aberranti sciocchezza ai nostri figli, nipoti e pronipoti, sostenuti dai dogmi della religioni, dai codici morali e dai costumi tradizionali. Abbiamo paura del sesso e ci è difficile accettare che in questo terreno incerto ci sono orientamenti diversi e varianti che devono essere accettati come manifestazioni della ricca diversità umana. E in quest’aspetto della condizione di uomini e donne anche la libertà deve regnare, permettendo che, nella vita sessuale, ognuno scelga il proprio comportamento e la propria vocazione senz’altra limitazione che il rispetto e il benessere del prossimo."
Infine lo scrittore fa un paragone che spesse volte è stato fatto anche sulle pagine di Queerblog: nessuno oggi si sognerebbe di fare affermazioni razziste, mentre in molti non si fanno scrupolo di rilasciare dichiarazioni omofobe.
"Molto è stato fatto nella lotta contro il razzismo anche se ancora non è stato debellato del tutto. Oggi, almeno, si sa che non si deve discriminare il nero, il giallo, l’ebreo, l’indiano e, in ogni caso, che è di pessimo gusto proclamarsi razzista. Non è lo stesso quando si tratta di gay, lesbiche e transessuali che possono essere disprezzati e maltrattati impunemente. Essi sono la dimostrazione più eloquente di quanto buona parte del mondo sia ancora lontana dalla vera civilizzazione."
Un articolo interessante, che va letto nella sua interezza.
Magari qualcuno potrà aprire un po’ gli occhi e smetterla di dire stupidaggini sul nostro conto, in nome di una errata interpretazione della “libertà di parola”.
fonte http://www.queerblog.it/ Fonte foto | TMNews
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