giovedì 17 giugno 2010

Lgbt, Il premio Pegaso assegnato alla Zanicchi lacera il movimento gay e fa infuriare "Famiglie Arcobaleno"


Dovevo esserci anch’io alla serata organizzata a Milano da Arcigay per destinare il “Pegaso d’oro” alla cantante Iva Zanicchi ed eleggere socia onoraria dell’associazione, Lella Costa. Un contrattempo dell’ultima ora mi ha obbligato a saltare la cena e la serata. Ma che quel riconoscimento passasse dalla pur sempre discutibile Simona Ventura, premiata lo scorso anno, alla discutibilissima Iva Zanicchi, un po’ l’orticaria è venuta a molti, dentro e fuori il movimento. Insomma, si dicono in tanti, possibile che basti una interpretazione televisiva per darci una nuova icona gay? E perché lei? La decisione, cosa di non poco conto, ha lasciato basite le “Famiglie Arcobaleno”, tanto da far emettere un comunicato di dissenso alla presidente Giuseppina La Delfa che conosco come persona dolce, non allenata a sterili polemiche.

L’Associazione Famiglie Arcobaleno - scrive Giuseppina - è perplessa sulla scelta dell’Arcigay di conferire il premio “Pegaso d’oro” alla cantante ed europarlamentare Iva Zanicchi. Le dichiarazioni rilasciate dalla stessa al Resto del Carlino del 12 giugno 2010 e riportate da Gaynews.it (”…per quanto riguarda le adozioni, invece no. Su questo, sono proprio contraria. La famiglia è un bene inattaccabile e i bambini che crescono hanno bisogno di vedere entrambe le figure dei genitori, sia quella femminile che quella maschile”), offendono la nostra realtà di genitori, ignorano tutti gli studi scientifici esistenti che dimostrano esattamente il contrario e contribuiscono ancora una volta ad allontanare i nostri figli dal raggiungimento di pieni diritti come cittadini. (…) Con rammarico.

Come non essere d’accordo con le Famiglie Arcobaleno? È per questo che, probabilmente, non erano presenti al corteo Pride di Milano? Non azzardiamo così tanto. Di certo, la loro assenza ha pesato e ora, dal loro sito, chiedono aiuto a noi tutti per poter essere presenti all’appuntamento nazionale con il loro coloratissimo trenino. Aiutiamole. A essere d’accordo con il comunicato di Giuseppina, un altro, da sempre generosamente impegnato per le nostre libertà e diritti: Pasquale Quaranta, che non risparmia un dissenso forte e motivato alla scelta degli organizzatori di assurgere la Zanicchi a nuova icona omosessuale.

Scrive Pasquale in una sua nota su Facebook

Francamente non sono rimasto perplesso leggendo le dichiarazioni della Zanicchi: nel 2004 è stata candidata con Forza Italia ed è stata rieletta al Parlamento Europeo grazie al PDL; su Wikipedia si apprende che è stata l’europarlamentare italiana più assenteista e lei ha giustificato le assenze (ironia della sorte) in base agli impegni per la registrazione della fiction “Caterina e le sue figlie” (ragione in più per ignorarla). Sono perplesso invece della decisione dell’Arcigay di conferirle comunque il premio, di tirarla per la giacca per una strategia comunicativa. Se il premio ha un senso per Arcigay è proprio quello di richiamare l’attenzione sui nostri diritti utilizzando persone (e personaggi) popolari. Non c’è bisogno di aver studiato comunicazione per capirlo. Ma leggere titoli come quello che segue: Arcigay: “Iva Zanicchi nostra paladina”, mi umilia, offende la nostra dignità e la nostra intelligenza. Non sono d’accordo: non è colpa dei giornalisti che fraintendono. E non sono nemmeno dell’opinione che il giornalista del Resto del Carlino abbia frainteso (Zanicchi avrebbe potuto rettificare con un comunicato, con una telefonata in redazione. Non l’ha fatto). Iva Zanicchi ha detto semplicemente quello che pensa ma poi è stata invitata a rettificare a seguito del comunicato di FA (puntuale e che ovviamente condivido). In Italia funziona così: sono berlusconismi. “Il cuore della strategia vincente della destra berlusconiana non sono i principi, bensì il disinvolto pragmatismo per cui qualsiasi cosa può diventare coerente con tutto il resto se conviene.

C’è anche altro di quella serata che non sfugge a Pasquale e ad altri “criticoni”. Sì, certo, c’è Lella Costa, Franco Grillini, il gotha di Arcigay, ma che ci fa lì Lele Mora? Che vogliano dargli un premiuccio anche a lui? Ok, vada per Diego Della Palma, ma Mora? Mai visto ad un Pride, mai letto una riga di difesa sui diritti glbtq. Scrive ancora Pasquale Quaranta:

Non sono d’accordo, per quello che può contare, con la decisione di coinvolgere Iva Zanicchi, o Lele Mora (che pure era presente al Premio e di cui, sia Giuseppina sia l’Arcigay non avrebbe difficoltà ad avere il numero di cellulare), alle nostre iniziative. Perché perdiamo credibilità. Piuttosto colleghiamoci con studiosi e studiose di tutto il mondo, con gli attivisti e le militanti, con le eccellenze del mondo del giornalismo, della cultura, della satira. Istituiamo - è questo un progetto a cui sto lavorando e una proposta che vorrei condividere con voi - un Osservatorio permanente sulla comunicazione e sull’informazione veicolata dai mass media sui temi dell’orientamento sessuale, dell’identità di genere, dei nostri diritti.

Con ironia replica anche Giovanni Dall’Orto:

Sottoscrivo al 101% quanto dice Pasquale. Per dare premi così, tanto vale premiare direttamente il papa “per gli sforzi di chiarificazione relativi alla condizione omosessuale in Italia” e per aver recitato il ruolo di Torquemada nella fiction “Atame (y quemame)”

Insomma, quel premio ha convinto così poco da renderlo inviso a molti. Scrive Paolo Pedote, scrittore e giornalista, autore di ottimi libri tra cui “La Chiesa del peccato”:

È una vergogna!Iva Zanicchi…. (l’autore cita le dichiarazioni fatte ndr.) Noi l’abbiamo premiata col Pegaso D’oro. Visto che tutti urlano a gran voce una legge contro l’omofobia, perché questo premio non è stato dato a uno di quei ragazzi aggrediti, magari con un assegno per pagarsi un buon avvocato e denunciare questi criminali? No, lo avete dato ad una che milita nella coalizione di governo che sta distruggendo il paese, e che nei primi otto mesi di mandato ha fatto rilevare 23 assenze su 43 assemblee plenarie a disposizione, e un solo intervento in aula.

Insomma, un premio suscita un vespaio di polemiche, di disorientamento, di nuove proposte. In tempo di Pride non fa proprio bene a nessuno.
fonte queerblog

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