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martedì 15 giugno 2010
Politica Lgbt, In Belgio potrebbe essere gay il prossimo premier.
E ti pareva che al Giornale, di proprietà della famiglia del nostro premier, non perdessero l’occasione di screditare un politico un po’ straniero, radici italiane, che però si guarda bene dall’esaltare quel malore politico che oramai serpeggia qui da noi; anzi se ne vuole tenere alla larga, perché dalle sue parti, in Belgio, la politica è altro che affarismo clientelare e sciacquettii di pulzelle da beauty farm. Se poi ci mettete che il protagonista di tanto vituperio è uno che si candida a diventare primo ministro, e fin lì nulla da eccepire, ma che è da sempre apertamente omosessuale, allora la questione diventa necessaria a essere screditata. O così pare!
Il politico cui il Giornale presta onorata attenzione si chiama Elio Di Rupo, nome e cognome italianissimo, figlio di immigrati che si spaccarono ossa e salute nelle miniere belghe. Di Rupo è nato a Morlanwelz, il 18 luglio 1951. Ha una laurea in chimica, ma la sua passione è da sempre la politica. Nel 1982 viene eletto deputato alla Camera dei rappresentanti belga conservando sempre il suo seggio. Nel 1999 diventa presidente del PES, il Partito Socialista belga, sempre confermato con una alta percentuale di sostenitori. La sua omosessualità è pubblica e siccome stiamo parlando del Belgio, dove gli omosessuali possono sposarsi e anche adottare, del fatto che lui ami altri uomini, non interessa a nessuno se non all’interessato.
Se i pronostici dovessero essere confermati, Di Rupo diventerebbe il primo capo di governo francofono, omosessuale, a guidare la politica belga, scalzando i fiamminghi dopo 30 anni. Per una a noi strana congettura politica, sarebbe il vantaggio dei nazionalisti fiammighi di N-Va, guidati dal controverso Bart De Wever a poter favorire proprio Elio di Rupo. De Wever è un astuto stratega che ha come obiettivo finale la scissione e l’indipendenza delle Fiandre. Ora, del perché Di Rupo faccia storcere il naso a casa nostra, è un po’ a causa del suo antico astio verso certa nostra destra; un po’ per la rabbia nostrana che vede un omosessuale diventare premier, alla faccia del tanto acclamato machismo dei nostri politici.
Il destino del Belgio - scrive Il Giornale - dicono sia nelle mani di questo signore di origine abruzzese, che va in giro da una vita con un papillon rosso, omosessuale orgoglioso, simbolo del meridione povero e in cerca di riscatto, non facile ai compromessi e costretto questa volta a dialogare con la rabbia secessionista fiamminga di Bart De Wever. Rispetto a lui il cattolico Nichi Vendola è un mezzo doroteo.
Già, come non richiamarsi al nostro bravo governatore pugliese, che non nasconde di poter e voler essere candidato alle prossime battaglie per le elezioni politiche, avendo la possibilità di sconfiggere l’attuale coalizione di destra? Per come siamo fatti, sarà dura, ma vale sempre la pena di tentarci, se per ben due volte ha stravinto, anche contro chi da sinistra, lo voleva fuori dal gioco. Per trionfare in politica, servono anche i mezzi dorotei, ma che siano capaci di parlare al cuore e alla fatica della gente. L’essere cattolico del Vendola, non gli impedirà di certo a occuparsi delle tante iniquità rappresentate in questo nostro paese; non gli impedirà di parlare e agire sui diritti.
Scrivono che nel 1994, Di Rupo, incontrò Pinuccio Tatarella: si girò dall’altra parte: «Non saluto i fascisti», disse. Nel gennaio del 2002 al sindaco di San Giovanni Rotondo, Antonio Squarcella, di Forza Italia, arrivò una lettera del sindaco di Frameries che non intendeva gemellarsi con loro. Si disse che fu Di Rupo a far saltare tutto dopo che il nostro premier aveva esaltato la superiorità dell’Occidente rispetto all’Islam, e poco erano graditi gli esponenti di An nella giunta comunale. “Furore ideologico”, lo definisce Il Giornale, dimenticando i tempi in cui la politica seguiva percorsi delle proprie ragioni dello spirito che anima ogni componente politica.
Giorni addietro in un dibattito televisivo, fu proprio il condirettore del Giornale ad affermare che destra e sinistra non potevano avere gli stessi obiettivi e traguardi, non la stessa politica e magari ideologia: l’uno guarda a un certo mondo, a certi ceti sociali e industriali; l’altro al suo contrario. E siccome si parlava della tanto vituperata legge dei tagli, il discorso era chiaro. Come lo era stato quello di Di Rupo, allora come oggi.
Che poi sia un omosessuale a governare un Paese amico, deve un po’ bruciare i sensi a qualche nostrano che mai potrebbe coniugare omosessualità a buon governo. Del resto, lì, Di Rupo o no, le leggi di tutela erso la comunità lgbtq, le hanno promulgate da tempo, non hanno ragione di dover discutere dell’omosessualità di chi andrà a governarli. Pensate da noi, a quale campagna denigratoria dovrà andare incontro se un Nichi Vendola, dovesse correre per il premierato, nonostante la riconosciuta cattolicità e il mezzo doroteismo. Un frocio a Palazzo Chigi? Giammai! Dimenticando che forse qualcuno, in tempi democristiani lo abbiamo già avuto. S’era solo dimenticato di fare come Di Rupo: sbandierare alla Nazione, tranquillamente, la propria omosessualità.
fonte queerblog mario cirrito Foto Election
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