giovedì 12 agosto 2010

Lgbt, "Licenziata perché transessuale". L'azienda nega ma la vicenda finirà in tribunale

foto a sinistra Simona Pisano

La storia di Simona, trentanovenne livornese, licenziata dalla ditta System di Livorno dove ha lavorato per 12 anni. Due mesi dopo aver iniziato la cura ormonale per la transizione di genere è arrivato il licenziamento, ufficialmente "per crisi aziendale". La società afferma di non essere mai stata a conoscenza del fatto, ma ad aprile Simona è stata presidente del Congresso Italiano Transgender, tenutosi a Livorno: "Non potevano non sapere"

Licenziamento illegittimo per discriminazione. E' quanto chiederà l'avv. Corrada Giammarinaro al Tribunale del Lavoro di Livorno, in difesa di Gianluca Pisano, trentanovenne livornese, licenziata dalla ditta per la quale lavorava da 12 anni come tecnico informatico, pochi mesi dopo aver iniziato una transizione verso il genere femminile, ufficialmente a causa di una riorganizzazione aziendale.
Una vicenda complessa e delicata ma del tutto aperta, che solleva nuovamente la portata, i caratteri e le forme dei fenomeni di discriminazione verso le persone dal "genere indefinibile", transessuali e transgender.

I fatti raccontano di Simona, per lo Stato italiano ancora Gianluca. Ha lavorato per 12 anni presso la ditta System srl di Livorno, che offre assistenza e vendita di software per commercialisti, consulenti del lavoro, aziende di distribuzione e produzione. Un'azienda con 15 dipendenti, attiva sin dalla fine degli anni '70, solida, che sembrava reggere alla crisi.

A giugno di quest'anno però, a Simona è stato comunicato che a causa della crisi del mercato e alla forte contrazione dei volumi di affari, il suo rapporto di lavoro si sarebbe concluso immediatamente. Dato infatti che non le era stato dato nessun preavviso, l'azienda nel licenziare Simona ha garantito le mensilità che le spettano, ma il luogo di lavoro avrebbe dovuto lasciarlo subito.

"Sono stata convocata alle 17:30 di venerdì sera - racconta la diretta interessata - Mi hanno mostrato la lettera e mi hanno detto che occorreva fare dei tagli, operare una ristrutturazione aziendale. Ho firmato, sono uscita a prendere le mie cose e così è finito il rapporto con la ditta per la quale lavoravo da un tempo molto lungo. Non c'era stato nessun segnale fino ad allora: me lo hanno detto così, da un giorno all'altro, senza che peraltro, lo stesso andamento dell'azienda facesse trapelare il bisogno di tagli al personale".

La crisi aziendale è apparsa subito, agli occhi di Simona, una spiegazione non convincente, dato che lei stessa aveva un contatto diretto con i clienti ed era consapevole dell'andamento generale degli affari. Anche rispetto al suo ruolo, erano molte le mansioni di cui si occupava, difficile pensare che se ne potesse fare a meno da un giorno all'altro: "Da molte operazioni connesse ai software per i commercialisti e le aziende, installazioni di pc o server; mi occupavo anche di attività di programmazione, assistenza banche dati, installazione di smart card per firme digitali.

E ancora, mansioni nella gestione dei software relativi al settore paghe, e al settore tecnico. Mi capitava comunque di risolvere problemi specifici, che affidavano solo a me. Tra l'altro, un paio di mesi prima del licenziamento avevano intenzione di affidarmi altri incarichi aggiuntivi, in particolare l'assistenza software di 2 procedure".
Con questi dubbi, e per informarsi sul suo stato di disoccupazione, ha quindi deciso di rivolgersi immediatamente al sindacato e ad un legale.

Avevano altri motivi per licenziarla? "Ero un dipendente modello: mai una sanzione, un provvedimento. E avevo maturato anche una certa anzianità - dice Simona - Da circa un paio d'anni ho preso consapevolezza di voler intraprendere un percorso di transizione di genere per diventare una persona di sesso femminile. Dopo questa fase iniziale ho potuto accedere alle strade giuridico-mediche previste dalla legge, e a febbraio di quest'anno ho cominciato a prendere gli ormoni". "Non è mai stato un argomento di conversazione in azienda - spiega - Per motivi di riservatezza e per mancanza di condizioni adatte, ho preferito tacere la questione e andare al lavoro con abiti maschili".

Un percorso parallelo ma sempre più intuibile. Con l'arrivo dei primi cambiamenti visibili, arriva anche un coming-out dal taglio "politico". Ad aprile Simona è presidente del Congresso Italiano Transgender Transessuali ed Intersessuati, svoltosi a Livorno dal 9 all'11 aprile: un evento finito su giornali e tv, dove la sua personalità femminile e l'impegno politico sono stati resi pubblici. Nemmeno in quel caso se ne parlò in azienda, salvo far riferimento in modo informale, qualche tempo dopo, "ai capelli lunghi e un certo cambiamento".

A giugno poi la brutta notizia.
"Ci siamo attivate sin da subito con una prima lettera circa 8 giorni dopo - racconta l'avv. Giammarinaro - nella quale abbiamo ravvisato sia l'assenza di un giustificato motivo oggettivo, sia la sospetta concomitanza con l'inizio della visibile condizione transessuale di Simona".

"Ci sono diverse cose che non tornano. Nella lettera abbiamo sollevato innanzitutto il fatto che lei sia stata l'unica persona licenziata: una ristrutturazione aziendale prevede il licenziamento almeno per 1/6 del personale, in questo caso invece riguarda 1/15, una frazione irrisoria. In secondo luogo, l'azienda dice che la figura professionale sarà soppressa: ma com'è possibile dato che l'assistenza ai clienti è tra le finalità stesse dell'azienda? Come si può sopprimere questa figura professionale? Terzo dato, nella lettera sollevo la questione della transessualità e l'ipotesi di discriminazione".

La risposta della System arriva il 25 giugno. "I toni utilizzati hanno confermato numerosi sospetti - continua Giammarinaro -. Si dice come prima cosa che il calo progressivo del lavoro risale agli ultimi quattro anni: perché proprio ora è stata mandata a casa? Non ci sono forse timidi segnali di ripresa? Poi si torna sulla questione delle mansioni svolte da Simona".

L'avvocato si sofferma su questo passaggio: "Nella prima lettera si diceva che la figura professionale sarebbe stata soppressa, nella seconda sostengono che le mansioni svolte dal mio assistito non erano specializzate, ma generiche, e che pertanto potranno essere svolte dagli amministratori. Delle due l'una: hanno soppresso la figura professionale o le mansioni verranno svolte dagli amministratori? Le mansioni che svolgeva Simona non erano generiche, dato che molte le svolgeva solo lei, e sopratutto la figura non risulta soppressa.

Si dice infatti 'verranno svolte dagli amministratori': la legge prevede che l'amministratore debba essere assunto come dipendente per svolgere una determinata mansione, con tutto il carico fiscale e previdenziale che ne consegue. Anche se rinuncia allo stipendio, non può l'amministratore farsi carico di una mansione per annullarne i costi.

Allo stesso tempo, non risulta che nessun amministratore dell'azienda sia stato assunto: l'azienda dovrà comunque affrontare nuovi costi per l'assunzione di qualcuno che sostituisca la persona licenziata. A conti fatti, l'azienda avrebbe meglio fronteggiato la crisi economica offrendo un part time al mio assistito, anziché addivenire a questa conclusione".

Poi c'è il fattore discriminatorio, sul quale l'azienda si esprime con toni sorpresi: "La parola transessuale non si riesce nemmeno a nominare - fa notare Giammarinaro - Nella lettera vi si riferiscono con un 'quanto alla vicenda personale', e sostengono poi di 'averla totalmente ignorata e di non averne mai avuto il sentore '".

"Difficile pensare che non se fossero accorti - sostiene l'avvocato - e ci sono diversi elementi che fanno pensare in questo modo. Già da qualche tempo era stato fatto notare a Simona la lunghezza dei suoi capelli. Da febbraio inoltre prende gli ormoni: a giugno, dopo quattro mesi, i segnali sono ben visibili. Non dimentichiamo il congresso di aprile: la cronaca del Tirreno a Livorno raggiunge praticamente tutti, difficile che anche solo con il passaparola l'azienda non sia mai stata a conoscenza della partecipazione di Simona a quell'evento. Infine, il tono perentorio con cui dichiarano di non aver mai nemmeno avuto il sentore: è quanto meno indice di scarsissima sensibilità e attenzione nei confronti del proprio personale".

Osservazioni che l'avvocato ha inoltrato con un'ulteriore lettera alla società livornese, che dal canto suo, nega radicalmente la discriminazione.

"Come abbiamo già ripetuto e continueremo a ripetere per vie legali, non eravamo assolutamente al corrente dei fatti personali di Gianluca Pisano - ha dichiarato al nostro giornale Claudio Rocca, socio della System - Il motivo del suo esposto ci ha molto colpiti, dato che le motivazioni del licenziamento erano tutt'altre".

"Avevamo ravvisato dei problemi personali fin dall'inizio del rapporto di lavoro, 12 anni fa, ma non erano problemi tali da influire sul lavoro - prosegue - C'era da parte sua anche una difficoltà a fare parte del gruppo e a stingere amicizie con i colleghi. Comunque i motivi del licenziamento restano quelli che le sono stati comunicati. Assolutamente nessuna discriminazione, per il resto, non abbiamo mai notato niente."

Il prossimo passaggio sarà l'attivazione del collegio di conciliazione presso la Direzione Provinciale del Lavoro. L'obiettivo di Simona e dell'avvocato Giammarinaro è comunque quello di portare la discussione di fronte al giudice del lavoro, nella sede dove potrà essere discusso e analizzato a fondo il fattore discriminazione.

"Chiederemo l'indennità massima prevista per il licenziamento illegittimo, nonché un risarcimento per discriminazione" chiude l'avvocato.
fonte www.pisanotizie.it/news

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