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mercoledì 7 aprile 2010
Transfobia,Algeria, la battaglia della trans Randa: ogni giorno una minaccia di morte
Pioniera dei diritti di omosessuali e transessuali in terra islamica, la 38enne è stata costretta a fuggire in Libano
Infermiera, nessuno le dà un lavoro. «Mi hanno detto di prostituirmi»
MILANO – Randa Lamri riceveva quasi giornalmente telefonate e lettere di minaccia nella sua casa ad Algeri. «Ti uccideremo», diceva uno dei messaggi. Transessuale, pioniera del movimento per i diritti dei gay e dei transessuali in Algeria, la 38enne Randa è fuggita in Libano lo scorso aprile. Non sa con certezza chi l’abbia presa di mira: pensa che possa trattarsi degli islamisti ma teme anche un coinvolgimento a livello statale.
MINACCIA PER LA MORALE - «Le minacce si basavano su due diverse argomentazioni – dice al Corriere -. La prima: che c’è un grosso file di immagini e documenti contro di me, per cui potrei finire in prigione. La seconda: che sono una minaccia per la morale musulmana in Algeria e che mi avrebbero tagliato la gola». La casa editrice Dar Al-Saqi ha appena pubblicato la sua biografia, «Memorie del Trans Randa», scritta insieme al giornalista libanese Hazem Saghyieh. Ciò che le dispiace è che difficilmente raggiungerà le librerie della sua Algeria, dove essere gay o trans è illegale e si rischiano fino a tre anni di carcere. Il suo scopo è di far capire che i transessuali sono esseri umani come gli altri, non oggetti sessuali — un pregiudizio, spiega, che li perseguita anche nell’assai più liberale e cosmopolita Beirut.
ALLO SCOPERTO – «A 5 anni ho capito che ero una femmina», racconta Randa. Lo disse alla madre, che però insisteva nel ripeterle il contrario. I compagni di classe la prendevano in giro per il suo aspetto femminile. Cambiò scuola cinque o sei volte. I genitori le tagliavano i capelli corti per assicurarsi che sembrasse un maschio. La situazione per lei è peggiorata a partire dal 2006, quando Randa ha fondato uno dei primi gruppi di supporto per gay e trans in Algeria. L’iniziativa, dice, ha avuto risultati positivi: «La creazione di una comunità i cui membri si aiutano a vicenda e l’apparizione dell’ambasciatore d’Algeria davanti all’Alto commissariato dei diritti dell’uomo di Ginevra per la questione dei diritti LGBTQI” (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer e intersessuali). «Ora la società è consapevole che le persone LGBTQI esistono anche in Algeria e che non si tratta di un fenomeno importato dall’Europa», aggiunge. Ma consapevolezza non significa automaticamente tolleranza. Randa era stata invitata al Cairo da una tv egiziana, ma arrivata in aeroporto ad Algeri le dissero che il suo biglietto era stato cancellato. Quando chiamò la tv, le risposero che anche il programma era stato annullato.
IL LAVORO IMPOSSIBILE – Randa è un’infermiera diplomata. Ma in Libano non è riuscita a trovare lavoro: le è stato detto che la ragione è il suo orientamento sessuale. I transessuali lavorano nei night-club, spiega, non negli ospedali. Qualcuno le ha suggerito di prostituirsi. «Bisogna cambiare le leggi – dice da Beirut -, perché noi trans non abbiamo nessuna protezione in questi Paesi. I pregiudizi sono favoriti sia dai governi dei Paesi arabi che dalla società fortemente patriarcale. In Europa, ad esempio, la situazione è totalmente diversa, socialmente e legalmente. La “trans-fobia” c’è lo stesso e i trans subiscono lo stesso violenze da parte di certa gente, ma almeno la legge è dalla loro parte». Randa sta pensando di lasciare la regione, per rifugiarsi in Europa. «Qui non c’è nulla che ci protegga. Non possiamo nemmeno lamentarci quando subiamo un’aggressione perché veniamo maltrattati anche dalle forze dell’ordine» di Viviana Mazza
fonte solleviamoci.wordpress
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