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giovedì 8 luglio 2010
Lgbt, Orgoglio trans, in migliaia a Roma in occasione dello scorso Gay Pride
Oltre 100mila persone: giovanisismi e meno, lesbiche e trans, figli e genitori, etero e gay. C'è chi li guarda. I politici li temono
Per fare un Gay Pride a Roma questa non era certo la settimana migliore. Transessuali di nuovo accusati di voler “incastrare” politici, petardi contro il Gay Village, ritrovo estivo degli omosessuali nella Capitale, e tutti i manifesti che annunciavano il corteo coperti da altre scritte.
La Festa però, al Roma Pride 2010, non sono riusciti a rovinargliela. Non tanto per i numeri – gli organizzatori dicono 100mila, ma anche tra i partecipanti c’è chi ammette che sono molti meno – quanto per chi c’è. Giovanissimi e meno, lesbiche e trans, figli e genitori, etero e gay. Tutti insieme a chiedere una cosa semplice semplice: uguaglianza. Il ministro per le Pari opportunità Mara Carfagna ovviamente in piazza non c’è e nemmeno sulle accuse ai transessuali lanciate dalla finestra di via Manlio Torquato aveva detto una parola.
Ieri non ha potuto che definire la manifestazione “gioiosa, serena e partecipata”. Per dare un segnale più concreto della sua presenza potrebbe adoperarsi per la modifica della legge Mancino che le associazioni chiedono da tempo: estendere il reato di discriminazione per motivi razziali, etnici e religiosi anche all’omofobia. O almeno, rispondere a un’altra richiesta ancora più semplice: creare a Roma quel monumento intitolato ai gay e ai trans vittime di violenza che già esiste a Parigi e Berlino.
Ieri, il Pride romano una corona l’ha già deposta in un luogo ideale. Per dire che se nessuno li ascolta fanno da sé, hanno anche attraversato San Giovanni in Laterano, la piazza che vorrebbero ma che gli hanno sempre negato. Ovvio che il corteo non chieda solo simboli. Vogliono matrimonio, possibilità di adozione, la fine delle discriminazioni sul lavoro, una legge contro l’omofobia. Sperano che nel Parlamento italiano possa finalmente nascere una ‘lobby dei diritti’, così come ci sono, e si sentono, quella dei cattolici e quella dei bravi di giorno e cattivi di notte. Daniele Priori è il segretario nazionale di GayLib, associazione gay di centrodestra.
Sono ragazzi iscritti al Pdl, alla Lega e all’Udc, stanchi dell’“incoerenza” dei loro partiti. Il caso Zaccai insegna: in piazza con il crocifisso a lanciare strali contro la prostituzione, a casa in compagnia di trans e imbottito di cocaina. “Non c’è limite al ridicolo – dice Priori – Lo scriva pure, anche se è ora di finirla con questo gossip guardone. Accompagnarsi a un trans non è reato, sono fatti suoi. Il punto è che l’amore – non quello sporco, quello fatto con la droga – è uguale per tutti. Deve diventare come una battaglia sindacale”. Ma di una ‘lobby’, si sente il bisogno anche nella società. Mariella, 56 anni, è madre di una ragazza lesbica. Confessa che nonostante lei e suo marito siano laici e di sinistra, il coming out sia stato uno shock.
Per questo ora – ogni lunedì pomeriggio, in via Efeso a Roma – vanno all’Agedo, l’associazione che aiuta i genitori a riprendersi dal colpo. “Mi dispiace – dice Mariella – di aver cominciato ad impegnarmi solo quando sono stata personalmente coinvolta. Una nazione che non ha diritti uguali per tutti non si può chiamare democratico. Ricordiamocelo anche quando non ci riguarda”.
fonte ilfattoquotidiano.it
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