Dal 2
novembre al 2 dicembre il Museo Marino Marini dedica una mostra ai
ritratti fotografici di Derno Ricci, fotografo toscano scomparso
nell’ottobre del 2009.
Artista poliedrico, viaggiatore, affascinato dalla gente e dallo scatto
in bianco e nero. In mostra una selezione di ritratti di personaggi che
hanno lasciato il segno nella Firenze e nell’Italia degli anni Ottanta:
Derno li ha saputi immortalare
in uno scatto, fermando il tempo con la naturalezza e la maestria che
caratterizzano le sue collezioni fotografiche.
L’artista
Derno Ricci nasce a Sansepolcro nel 1949.
Per più di trent’anni ha
vissuto a Firenze, base per i suoi frequenti viaggi e reportage in
India, Congo, Mali, Afghanistan, Giappone e Stati Uniti.
È attratto dal mondo in genere ma soprattutto dalle persone; per questo
motivo il suo terreno preferito è il ritratto.
Per due anni è inviato speciale per il mensile “Frigidaire”, per cui
pubblica un’importante documentazione sui Pigmei Babinga della Lobaye.
Collabora con riviste e case editrici con i suoi tanti reportage dal
Mali all’India, dal Congo alla Siria, da Tokyo a New York. È stato uno
dei fondatori di “Westuff”. Fotografo ufficiale di Linea Verde (Rai 1)
con Sandro Vannucci e GUSTIBUS (Rai 3). Per sei anni gira per un’Italia
sconosciuta e fantastica. Pubblica un lavoro a quattro mani con Fosco
Maraini.
La sua vita professionale si ferma a Il Cairo, dove sceglie di
trasferirsi. Lavora con agenzie pubblicitarie e per il cinema e
trascorre serenamente gli ultimi anni della sua breve vita.
La collezione
Ritratti è una delle quattro collezioni principali dell’artista, insieme
a Necropolitanie, L’isola delle anime e Animali.
Il ritratto rappresenta uno dei temi più significativi dell’attività di
Derno Ricci, ritrattista naturalista. La sua passione per il ritratto
fotografico si sviluppa grazie al catalogo di una mostra di Irving Penn,
allestita a Londra e in seguito a Torino.
Altri maestri di fotografia quali Nadar, maestro indiscusso della
fotografia di posa, Richard Avedon e Robert Mapplethorpe sono
considerati punti di riferimento per il suo lavoro.
Come riportato in una delle sue ultime interviste (“Conversazione con
Derno Ricci”, a cura di Stefano Curone), l’artista, come Penn,
ricercava, attraverso la posa, qualcosa che unisse chi aveva scattato le
fotografie a chi aveva posato, esaltando l’enorme intimità che deve
manifestarsi tra le persone ritratte e l’autore.
Derno sosteneva che senza una collaborazione tra chi sta dietro la
macchina fotografica e chi sta davanti, non si possa raggiungere
qualcosa che contenga sia la bellezza dell’immagine sia la sua specifica
anima.
Molte delle opere esposte sono state realizzate grazie all’utilizzo di
lampade a luce continua e di una fotocamera Mamiya RB67, che ha
consentito, grazie al suo dorso girevole, che diventa da orizzontale a
verticale, di muovere l’atmosfera, giocando con l’immagine.
Questa collezione mette in luce come questo ritrattista, unico nel suo
genere, sia riuscito a fermare, in ogni occasione, l’animo più intimo e
segreto delle persone ritratte, regalandoci la possibilità di osservare
volti e scatti ancora così moderni, da cui si continuano a cogliere
frammenti dell’essenza più profonda di Derno, nonostante il passare
degli anni.
fonte: www.exibart.com
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