giovedì 7 ottobre 2010

Nuova polemica dopo il foyer utilizzato per i ricevimenti. Fittasi per feste Teatro San Carlo con orchestra, i musicisti: non suoniamo ai matrimoni !


NAPOLI, i lavoratori del Teatro offerti nel «pacchetto cerimonia»
Gli artisti: «Noi all’oscuro. È un’iniziativa vergognosa»

Che già da anni il nostro più prezioso tempio della Musica avesse sdoganato il suo foyer per ricevimenti, matrimoni (con tanto di ballerine brasiliane regolarmente sfilate dall’ingresso artisti o complessini da camera) e occasioni di cui all’indomani restavano in concessione al concerto di turno le sontuose ma già appassite composizioni floreali, era cosa già nota.

L’ultima novità, però, è che la ditta San Carlo & Co. metterebbe a disposizione per un «evento da sogno» non solo i suoi luoghi ancor freschi di restauro fatto, ma a finire nel «pacchetto» sono addirittura anche gli artisti della Fondazione. Tipo musicanti di Brema.

L’OFFERTA – Basta andare in rete e cliccare ditta Pascalucci abbinata al San Carlo o, meglio, entrare nel sito ufficiale del Lirico napoletano, scegliere l’icona Il San Carlo per i tuoi eventi e leggere: «Dai vita anche tu ad un evento esclusivo nelle sale del teatro più bello del mondo!

I velluti purpurei, gli eleganti marmi, i bassorilievi dorati faranno da sfondo a momenti indimenticabili». Poi, i dettagli: «Un’atmosfera elegante e sofisticata saprà accogliere gli ospiti dall’imponente scalone dell’ingresso, mentre il nostro personale sarà pronto a fornirti un valido e professionale supporto ad ogni necessità.

Grazie ai recenti restauri, il Teatro San Carlo è il luogo più adatto per qualsiasi tipo di happening, mostra, défilée, convegno e vernissage: un luogo capace di coniugare al divertimento l’incontro culturale ed il meeting professionale, nel cuore della metropoli partenopea».

E non è tutto: «L’accoglienza degli ospiti sarà curata dalle nostre hostess, mentre cene, cocktail e rinfreschi potranno essere forniti dalla pregiata ditta Pascalucci». E merita attenzione soprattutto perché ad oggi inedito l’accesso a luoghi e a materiali sacri per noi tutti del mestiere: «Avrai a tua disposizione camerini, sale prove, noleggio costumi e attrezzature tecniche di ultima generazione».

In chiusura di reclame, c’è il colpo di grazia: «Inoltre i nostri artisti del Coro, dell’Orchestra e del Corpo di Ballo saranno lieti di occuparsi dell’intrattenimento musicale».

LA PROTESTA – Peccato però che la maggior parte degli artisti del San Carlo non sappia nulla dell’iniziativa che certo non giova alla loro immagine professionale. E chi se ne è accorto non sembra affatto d’accordo. «È una cosa estremamente grave, la fine per le nostre fondazioni lirico-sinfoniche», commenta Stefan Buchberger, primo trombone. «Messa in questi termini aggiunge il primo fagotto, Mauro Russo l’iniziativa è vergognosa.

Sarebbe accettabile un concerto di alto livello in Sala, magari al termine di un convegno, ma non parlare d’intrattenimento musicale». In linea con lui, anche Maria De Simone, soprano del Coro: «È una vergogna che ci impelaghino in simili prestazioni, soprattutto in vista dei rigidissimi vincoli del nuovo decreto». «Credo si stia perdendo la bussola dei reali problemi del Teatro», aggiunge il primo clarinetto, Luca Sartori.

Sempre dall’orchestra, infine, il cornista Salvatore Acierno: «Abbiamo studiato e fatto concorsi per fare ben altro, non per suonare ai matrimoni». Insomma: nessun dubbio che, anche per un’antica istituzione quale il San Carlo, sia bene aggiornarsi accelerando sul marketing. Nel rispetto e nella tutela, però, dell’immagine immagine storico-artistica della Fondazione.

Chissà se gli invitati al banchetto nel Foyer sapessero che, proprio nel luogo in cui stanno allegramente bevendo e mangiando, mezzo secolo prima una folla culturalmente consapevole rendeva in religioso silenzio e per un intero giorno omaggio alla salma «ancora in frac» del grande direttore Franco Capuana, morto nel suo camerino subito dopo essersi accasciato sulla partitura lo ricorda in un suo scritto il valoroso Profeta mentre dirigeva il «Mosè» rossiniano appunto al San Carlo.
In quel caso, forse, gli passerebbe la voglia di brindare.
fonte nonzittitelarte.blog.tiscali.itPaola De Simone

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