mercoledì 6 ottobre 2010

Lgbt coming out, La verità di Tiziano Ferro "Io, felice di essere gay" "Ora mi sento libero di essere omosessuale"


Intervista di Gino Castaldo. Mentre esce l'autobiografia "Trent'anni e una chiacchierata con papà", il cantante si apre con una coraggiosa confessione sulla propria vita privata

ROMA "La liberazione più grande è stata poter parlare con le persone che mi sono più vicine, con mio padre, la mia famiglia, gli amici, il resto è venuto naturale". E il resto è la più sincera confessione mai fatta da una popstar, almeno nel nostro paese.

Ci vuole coraggio, certo, ma anche una spericolata e assoluta radicalità per compiere un gesto come quello fatto da Tiziano Ferro. Dalla negazione, dal silenzio, dal riserbo quasi paranoico su tutto ciò che era la sua vita privata, alla pubblicazione dei diari personali: tanti e fitti di storie.

Riuniti in un libro intitolato Trent'anni e una chiacchierata con papà (ed. Kowalski in libreria dal 20 ottobre), in cui rivela tutti i suoi problemi: dalla bulimia dell'adolescenza alla non accettazione dell'omosessualità, dalla depressione all'incapacità di amare.

"E sì, sono prolifico anche in questo" racconta ridendo. Sembra sollevato, più leggero come se si fosse tolto un macigno di dosso, e in effetti se qualcuno lo immaginava ragazzo felice, ricco, di successo, leggendo questi diari dovrà ricredersi.

Sono pagine scelte nell'arco di quindici anni, dagli inizi della carriera fino ai nostri giorni, e ne viene fuori un ritratto inedito e appassionato: la fragilità, la depressione, la mancanza di amore, le fughe all'estero, l'università in Messico, la scelta di vivere a Londra, lontano dalla pazza folla del mondo pop italiano. Sì, certo, il successo, gratificazioni di ogni tipo, premi e riconoscimenti, una vita sempre al massimo ma dentro, il ragazzo Tiziano, soffriva le pene dell'inferno.

Sembra che abbia passato anni orribili. Com'è possibile?
"È possibile e come. Certi percorsi vanno fatti fino in fondo, detto adesso sembra quasi ovvio, ma quando ho riletto i miei diari, e non l'avevo mai fatto in tutti questi anni, sono rimasto sconvolto.

Ho capito che se mi fosse mancata la musica sarebbe stato un disastro: la musica mi ha dato un ancoraggio, la forza di svegliarmi per un lavoro, di non rovinare quello che facevo. Il problema è che mi ero totalmente isolato per non far vedere un tormento che era evidente. Questo è stato il mio macigno.

Da solo è tutto peggio. Il vero passo avanti, anche grazie alla decisione di andare in analisi, è stato quello di eliminare questa forma di auto controllo, pensavo che agli altri non interessassero i miei problemi. Quindi l'autoisolamento, forzatissimo".

Perché ha voluto mettere suo padre fin nel titolo?
"Un giorno ero andato a dirgli che volevo smettere di fare questo mestiere, che pure amavo. La decisione era frutto di questa paranoia elaborata in anni di meditazioni solitarie. Ero andato da lui perché mi sembrava onesto farlo, e papà mi ha spiegato che era una stupidaggine: se i motivi erano quelli, tipo l'omosessualità, facevo un grande errore.

Il problema era mio, ero io che lo vivevo come tale, non certo chi mi amava. Lì per lì ho pensato: ok, dice così perché è mio padre, e invece anche gli altri, gli amici, mi hanno detto le stesse cose. In fondo devo dare la colpa solo a me stesso".

Le reazioni l'hanno incoraggiata?
"Ma sì, la reazione di tutti è stata di sollievo, finalmente uno spiraglio di dialogo, anche perché io non andavo mai oltre un certo punto. Nelle relazioni tra me e gli altri mettevo sempre distanze, anche fisiche. La prima cosa che mi hanno detto tutti è stata: grazie per la fiducia.

Il mio manager, Fabrizio Giannini mi ha confessato: mi stai facendo un regalo, io non ne avrei mai parlato con te per non urtare la tua sensibilità, ma ero stufo di vederti triste dopo i concerti e di capire che non ti godevi quello che avevi, ti aiuto, troviamo insieme un percorso. La cosa più assurda è che non posso incolpare nessuno: non ho vissuto in un ambiente che nega l'omosessualità, ho fatto tutto da solo, il problema sono sempre stato io".

Però dal diario si percepisce un forte fastidio di fronte alle insinuazioni giornalistiche sulla sua presunta omosessualità...
"Se fossi stato in pace con una persona che amavo, avrei capito, ma io stavo da solo a rimuginare su qualcosa con cui non avevo fatto pace, di cui non parlavo mai neanche con gli amici più intimi.

Non era il gossip in sé, mi dava fastidio essere esposto su una cosa che mi creava problemi. Era surreale, se avessi avuto una doppia vita avrei capito, e invece così c'era il danno e la beffa. Ma il problema era tanto radicato che non riuscivo neanche ad averla una doppia vita. A me non piace l'idea di accettazione, mi fa tristezza, io amo la condivisione, è come se avessi messo da parte questa verità non potendo viverla pienamente alla luce del sole. Sapevo di non potermi rilassare al punto da permettermi una relazione piena".

E adesso, come si sente?
"Come in una bolla in cui tutto mi sembra surreale. Due anni fa ho iniziato una terapia, mi dicevano: lei è depresso, si deve curare, se mi avessero detto che sarei arrivato a questo punto non ci avrei creduto, ma sono contento per la mia salute. Perché alla fine sono un estremista, avevo paura di prendere i farmaci, poi ho visto che è stato utile iniziare, così come smettere a un certo punto. Mi sono fidato della strada intrapresa, anche se all'inizio l'acceleratore l'ho schiacciato alla cieca, poi si sono aggiunti mio padre, gli amici.

Sono ancora confuso, ma le mezze vie non mi sono mai piaciute. O sto a dieta o mi abbuffo, o siamo amici o niente. Sono in un fase di curiosità. Il mondo cambierà, lo sto guardando in maniera diversa, e spero che questo blocco sia sparito anche se devo ancora lavorarci su. Ora sento che davanti a me c'è una vita piena di opportunità".
fonte repubblica.it/

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