domenica 3 ottobre 2010

Lgbt “Evviva la neve” di Delia Vaccarello «Trans tra pregiudizi e sogni raccontati in un libro»


A Trieste si parla di trans. Con Delia Vaccarello , che ha scritto un libro delicato su un tema delicato: “Evviva la neve” (Mondadori)
E' stato presentato alla libreria Knulp, in via Madonna del Mare 7, insieme a Carlo Trombetta, Laura Scati e Fabianna Tozzi Daneri.
Trans: per gli italiani vuol dire scandalo Marrazzo, o Lapo Elkann; vuol dire Luxuria.

Delia Vaccarello, con il suo libro, con le storie che ha raccolto, anche qui a Trieste, all’ospedale di Cattinara, è andata oltre: oltre i pregiudizi. Forse perché, come si racconta: «Sono nata in Sicilia e mi sento cittadina di ogni luogo (spiaggia, aula, prato, strada, calle, autogrill, tv, radio, giornali) dove fiorisca la comunicazione».

E scrivere un libro su un tema così delicato è anche, e soprattutto, comunicare. Cos’è per lei Trieste, oltre alla città dove ha assistito, a Cattinara, all’operazione di cambio sesso che racconta nel libro? «Nascendo in Sicilia, ho visto la terra finire dove comincia il mare aperto. Burrascoso, ignoto.

Da una parte la riva, dall’altra l’orizzonte. L’Oriente di cui è figlia la magna Grecia, che mi respira dentro, era lontano. Ogni volta che arrivo a Trieste in macchina, imboccata la strada costiera, provo un grandissimo senso di pace; il mare è un lago, una parentesi tra le terre; l’Oriente è familiare, mi chiama».

È molto potente la sua descrizione di “costruzione e demolizione” in sala operatoria: e l’idea che, durante il tempo demolitivo in cui si tolgono gli organi, c’è silenzio; mentre quando si “costruisce” c’è quasi allegria. Quasi una metafora del diventare altro? «La demolizione per il medico, almeno per i chirurghi che ho visto all’opera all’ospedale di Cattinara, è un dolore necessario.

Per rinascere occorre trasformarsi; ad operare la trasformazione in questo caso sono medici. I medici non amano “decostruire” gli organi che sono sani dal punto di vista funzionale. Eppure questi organi, per la persona che si opera, sono terribili intrusi.

Quando la demolizione del pene è avvenuta, e la pelle viene conservata, quando vedi apparire il filo che cuce e rimodella nel modo desiderato i tessuti preesistenti, il medico prova sollievo: sta cucendo il futuro. La gioia è grande quando, nei mesi successivi, le pazienti chiamano e dicono: ho provato l’orgasmo. Il futuro è anche piacere». Perché il titolo, “Evviva la neve”?

È l’immagine del finale del libro, con la neve e i bambini dell’ospedale oncologico di Roma che non l’avevano mai vista; ma anche l’allusione al freddo terribile che sentono gli operati? «Le allusioni al gelo sono tante, soprattutto al gelo della morte fisica, morale, sociale. È gelido vivere in un corpo straniero, come se fosse quello “di un topo”, dice Susanna nel libro.

È gelido il pregiudizio necrofilo che marchia i corpi delle persone trans e li considera degradati, mostruosi, attraenti perché peccaminosi. È gelida la morte in vita. La neve? È morbida, è la scoperta della bellezza, della vita che può fiorire a dispetto di ogni ostacolo.

È la speranza. Dura un attimo? Non importa. È l’attimo in cui abbiamo scorto ciò che è invisibile». A rivelarci chi siamo è la nostra capacità di amare: così scrive. Dunque diventare o riconoscersi gay, lesbiche, o voler cambiare sesso, dipende dalle persone di cui ci innamoriamo? «Le parole “orientamento sessuale” e “identità di genere” non servono a rinchiudere gay e trans nel recinto caro ai pregiudizi. Si tratta di chiavi innovative utili per tutti, che non devono essere confuse.

Se le usiamo male o come fossero la stessa cosa, sbattiamo la testa contro porte chiuse. Se “amiamo” (nel senso che insieme all’altro diamo entrambi il meglio di noi) una persona del sesso opposto siamo eterosessuali, se la persona amata è del nostro stesso sesso siamo gay o lesbiche. Se invece recitiamo l’amore, non siamo né etero, né gay, ma confusi o pavidi.

L’identità di genere riguarda il soggetto, l’io: rivela a quale genere sentiamo di appartenere». In Italia spesso si confondono gay e trans… «Sì: purtroppo in Italia il pregiudizio e l’ignoranza assimilano gay e trans.

E avallano l’idea che il mondo si divida in categorie: qui i gay, là gli etero, eccetera. Invece l’amore, l’amore che non è mera recitazione, ci permette di estendere lo sguardo. L’amore dà il coraggio di partire, e dà la morbidezza, dà “la neve” dell’accoglienza, schiude la vita vera e non solo l’apparenza».
fonte Il piccolo di Trieste di Lisa Corva, via evvivalaneve.blog.tiscali.it

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