martedì 9 marzo 2010

Vietato discriminare gli omosessuali nella nostra Pubblica Amministrazione


Vietato discriminare gli omosessuali nella nostra Pubblica AmministrazioneChissà se piacerà anche a Renato Brunetta, ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione, questa nuova legge che, passati i canonici tempi per la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale diventerà operativa e obbligatoria; ovvero che sarà vietato nella Pubblica Amministrazione ogni tipo di discriminazione verso le persone omosessuali. Molte le cose che ci dividono da lui ma credo che su certi argomenti l’intesa è possibile e fattiva.

Una cosa è certa, e riguarda sia il ministro, sia i dirigenti e tutte le persone preposte al funzionamento della mastodontica macchina della PA: l’orientamento sessuale non può essere elemento discriminante. È certo che non basterà una legge, perché a questa va coniugata una informazione e una sensibilizzazione che riguarderà tutti i soggetti impegnati, ma che esista questo spazio di tutela e garanzia per le persone omosessuali nell’ambito della Pubblica Amministrazione , è cosa buona e utile. Spiega Antonio Rotelli, avvocato della Rete Lenford:
Da quando entrerà in vigore con la pubblicazione in gazzetta ufficiale si potrà far conto anche sull’articolo 21 di questa nuova legge per difendere le persone omosessuali dalla discriminazione nei luoghi di lavoro pubblici. Secondo il nuovo testo di legge le pubbliche amministrazioni devono garantire: “parità e pari opportunità tra uomini e donne, nonché l’assenza di ogni forma di discriminazione, anche in base all’orientamento sessuale del lavoratore, nell’accesso al lavoro, nel trattamento e nelle condizioni di lavoro, nella formazione professionale, nelle promozioni e nella sicurezza sul lavoro".

Innescata la buona novella, quel che esce dalla porta rientra dalla finestra. Tanti hanno sentito della discussione e delle diatribe sul nuovo arbitrato che va a toccare l’articolo 18, ovvero il diritto processuale del lavoro, là dove il giudice, in caso di controversia tra il lavoratore e il suo datore di lavoro, viene accompagnato da una nuova figura che avrà diritto di giudizio. Per sedare gli animi, chi ha proposto e portato avanti la legge, ha spiegato che si tratta di una soluzione duplice, ma il rischio che l’arbitrato può considerarsi obbligatorio ci sta tutto. E lo spiega, per dipanare altri dubbi l’avvocato di Rete Lenford Antonio Rotelli:

“C’è delusione invece per le modifiche che il testo della nuova legge apporta ai diritti dei lavoratori, soprattutto nell’ambito del diritto processuale del lavoro essendo stati introdotti criteri che rischiano di rendere difficile se non impossibile il ricorso al giudice –introducendo un arbitrato che può considerarsi obbligatorio-, ed essendo stati ridotti i tempi per agire in giudizio per diverse tipologie contrattuali. Infine, avendo introdotto quella brutta disposizione che consente di assolvere l’obbligo scolastico sostituendolo con l’apprendistato”

Per non apparire sempre bastian contrari quel “collegato lavoro” è una cosa buona, una legge di favore verso gli omosessuali che operano nella nostra PA; poi, se andiamo a scavare come novelli archeologi dei diritti, ci può venire in mente che quel che ci destinano sono bruscolini da happy hours, spesso mollicci, riscaldati più volte, che odorano di tutto men che di quello per cui sono stati creati.

Però, certamente, il lamento da quaresima poco serve. È’ un buon passo questa legge; piccolo ma utile passo per tornare in sede legislativa a discutere di omofobia in tutti i suoi gangli e far ragionare i legislatori su una Europa mistificata da una insolvenza su tanti diritti civili e di tutela che riguardano i cittadini lgbt italiani.

A proposito, ministro Brunetta, che fine ha fatto la sua legge sulle coppie di fatto, firmata con il suo collega, ministro Rotondi? Non piaceva a nessuno, certo, ma poteva vantare un primato rispetto agli omologhi dell’opposizione: una legge di destra, formato coppie omosessuali. E invece il silenzio. Peccato!
fonte queerblog

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