sabato 26 marzo 2022

Giornata Mondiale del Teatro 2022: il messaggio di Peter Sellars

In occasione della 60° edizione, il tradizionale messaggio è stato scritto dal regista americano Peter Sellars.

Cambiamento, linguaggio, rinnovamento: sono molti i temi affrontati dal regista Peter Sellars nel suo messaggio per la Giornata Mondiale del Teatro del 27 Marzo

L'appuntamento annuale è stato istituito dall’International Theatre Institute e da esperti dell’UNESCO, e venne celebrato come "Giornata Mondiale del Teatro" per la prima volta il 27 Marzo 1962. Da quel giorno, in tutto il mondo la Giornata viene celebrata con un messaggio tradotto in tutte le lingue e scritto da artisti o personalità del teatro, della musica e della cultura in genere. Ne viene data lettura nei teatri, nelle scuole, nelle biblioteche, nei luoghi di cultura e di aggregazione umana in tutto il mondo. 

La Giornata Mondiale del Teatro quest’anno è giunta alla 60° edizione e per l’occasione il messaggio è stato scritto dal regista americano Peter Sellars. 

Il messaggio

Cari Amici,

mentre il mondo è sospeso di ora in ora, di minuto in minuto su un flusso quotidiano di notizie, posso invitare tutti noi, in qualità di creatori, ad entrare nel nostro ambito, nella nostra sfera e nella nostra prospettiva di tempo epico, di cambiamento epico, di consapevolezza epica, di riflessione e visione epica?

Stiamo vivendo in un periodo epico della storia umana e i cambiamenti profondi e significativi che stiamo vivendo nelle relazioni degli esseri umani con se stessi, tra di loro e con i mondi non umani sono quasi al di là delle nostre capacità di comprendere, articolare, parlarne ed esprimerci. 

Non stiamo vivendo in un ciclo di notizie 24 ore su 24, stiamo vivendo al bordo del tempo. I giornali e i media sono completamente impreparati ed incapaci di affrontare ciò che stiamo vivendo. 

Dov'è il linguaggio, quali sono i movimenti e quali sono le immagini che potrebbero permetterci di comprendere i profondi cambiamenti e le rotture che stiamo vivendo? E come trasmettere in questo momento il contenuto delle nostre vite non come reportage ma come esperienza? 

Il teatro è la forma d’arte dell'esperienza. 

In un mondo travolto da enormi campagne stampa, da esperienze simulate, da previsioni terrificanti, come possiamo andare oltre l'infinito ripetersi di numeri per fare esperienza del carattere sacro ed infinito di una singola vita, di un singolo ecosistema, di un'amicizia o della qualità della luce in un cielo strano? Due anni di COVID-19 hanno offuscato i sensi delle persone, ristretto la vita delle persone, interrotto le connessioni e ci hanno messo in uno strano ground zero dell'insediamento umano. 

Quali semi bisogna piantare e ripiantare in questi anni, e quali sono le specie invasive e troppo cresciute che devono essere completamente e definitivamente eliminate? Così tante persone si sentono al limite. Tanta violenza sta divampando, irrazionalmente o inaspettatamente. Tanti sistemi consolidati si sono rivelati strutture di crudeltà continua. 

Dove sono le nostre cerimonie della memoria? Che cosa dobbiamo ricordare? Quali sono i rituali che ci permettono finalmente di reimmaginare e cominciare a provare passi che non abbiamo mai fatto prima? 

Il teatro della visione epica, dello scopo epico, del recupero, della riparazione e della cura ha bisogno di nuovi rituali. Non abbiamo bisogno di essere intrattenuti. Dobbiamo metterci insieme. Abbiamo bisogno di condividere lo spazio e di nutrire lo spazio condiviso. Abbiamo bisogno di spazi protetti di ascolto profondo e di uguaglianza. 

Il teatro è la creazione sulla terra dello spazio dell’uguaglianza tra umani, dèi, piante, animali, gocce di pioggia, lacrime e rigenerazione. Lo spazio dell'uguaglianza e dell'ascolto profondo è illuminato da una bellezza nascosta, mantenuta viva da una profonda interazione col pericolo, l’equanimità, la saggezza, l’azione e la pazienza. 

Nel Sutra dell’Ornamento Fiorito Buddha elenca dieci tipi di grande pazienza nella vita umana. Uno dei più potenti si chiama Pazienza nel Percepire Tutto come Miraggio. Il teatro ha sempre presentato la vita di questo mondo come somigliante a un miraggio, consentendoci di vedere, attraverso l'illusione umana, la delusione, la cecità e la negazione con chiarezza e forza liberatorie. 

Siamo così certi di ciò che stiamo guardando e del modo in cui lo guardiamo che non siamo in grado di vedere e sentire realtà alternative, nuove possibilità, approcci diversi, relazioni invisibili e connessioni senza tempo. 

Questo è un tempo per una profonda rivitalizzazione delle nostre menti, dei nostri sensi, delle nostre immaginazioni, delle nostre storie e dei nostri futuri. Questo lavoro non può essere fatto da persone isolate che lavorano da sole. Questo è un lavoro che dobbiamo fare insieme. 

Il teatro è l'invito a fare insieme questo lavoro. 
Un sentito grazie per il vostro lavoro

- PETER SELLARS -
(Traduzione dal testo originale inglese di Roberta Quarta del Centro Italiano dell’International Theatre Institute)

Biografia di Peter Sellars 

Considerato uno dei più innovativi e audaci registi contemporanei, Sellars ha ormai all’attivo oltre cento produzioni, tra teatro, opera, cinema e televisione. Nato a Pittsburgh nel 1957, egli giunge infatti al successo molto giovane, grazie a una serie di scelte decisamente anticonformiste e ad un’attenzione non comune verso i nuovi linguaggi e le forme espressive della tradizione orientale: non a caso, dopo la laurea ad Harvard, egli approfondisce la propria formazione in Cina, Giappone e India, prima di tornare in patria e vedersi affidare la direzione della Boston Shakespeare Company e, nel 1983, dell’American National Theatre di Washington.

Alla fine degli anni ottanta viene alla ribalta grazie a lavori come Nixon in China (1987), con musiche di John Adams e coreografie di Mark Morris, ma soprattutto con la messa in scena della trilogia operistica di Mozart e Da Ponte, sotto la direzione musicale di Craig Smith: Sellars scandalizza il pubblico americano ambientando Don Giovanni tra i neri del Bronx, Le nozze di Figaro in un grattacielo di New York e Così fan tutte in un postribolo. La trilogia viene accolta con entusiasmo nei principali festival europei e inaugura una serie di allestimenti fortunati, che negli anni novanta lo confermano uno dei pochi registi capaci di confrontarsi in modo innovativo con l’opera e la tragedia classica, rivitalizzandole con un mai sopito impegno civile e sociale: Giulio Cesare in Egitto da Haendel (1990), La morte di Klinghoffer, tratto dalla cronaca del sequestro dell’Achille Lauro, San Francesco d’Assisi di Olivier Messiaen (1992, direzione musicale di Esa-Pekka Salonen), Mathis der Maler di Paul Hindemith, Le Grand Macabre di György Ligeti, Il mercante di Venezia di Shakespeare (ironicamente ambientato a Venice, in California), I Persiani di Eschilo, in una rilettura che allude esplicitamente alla Guerra del Golfo. 

Nel cinema, intanto, oltre a lavorare con Godard nel leggendario King Lear, che lo vede nei panni improbabili di William Shakespeare V, dirige nel 1991 The Cabinet of Dr. Ramirez, pellicola ispirata a Il gabinetto del dottor Caligari e interpretata da John Cusack, Peter Gallagher e Mikhail Baryshnikov. Egli cura, inoltre, la regia della versione televisiva di alcune delle sue produzioni teatrali, raggiungendo un pubblico sempre più ampio, mentre sul palcoscenico si conferma uno dei più richiesti e apprezzati protagonisti della scena contemporanea, firmando, tra gli altri, nuovi lavori con il fido musicista John Adams (I Was Looking at the Ceiling and Then I Saw the Sky e El Niño, quest’ultimo in prima al Théâtre du Châtelet di Parigi nel 2000), Peony Pavillion (1998), tratto dall’opera del poeta cinese del ‘500 Tang Xianzu, The Story of a Soldier (1999), da Stravinskij, The Screens, di Jean Genet, L’Amour de Loin, di Kaija Saariaho, Children of Herakles (2002), da Euripide, e i due monologhi For an End to the Judgment of God e Kissing God Goodbye, rispettivamente di Artaud e June Jordan. 

Direttore artistico del Los Angeles Festival (1990-1993), che ha saputo trasformare in un luogo di incontro privilegiato per culture ed etnie diverse, Sellars è professore ospite all’Ucla e ha inoltre diretto a Venezia la Biennale Teatro nel 2003 (dove ha allestito anche il suo The Love Cloud, tratto da un testo del poeta indiano Kalidasa). In occasione dell’anniversario per i 250 anni della nascita di Mozart, dirigerà a Vienna nel 2006 il New Crowned Hope, evento celebrativo destinato a coinvolgere l’intera città.

Per maggiori informazioni: https://www.world-theatre-day.org/

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