venerdì 29 maggio 2015

Lgbt Diritti: I transgender e la battaglia per cambiare nome

La comunità lgbt chiede una legge che permetta di poter aggiornare nome e sesso all'anagrafe senza l'intervento di sterilizzazione. E un parere di Palazzo Chigi e il dibattito in Cassazione sembrano aprire

La comunità transgender aspetta da tempo una legge che permetta di poter cambiare sesso e nome all'anagrafe senza l'obbligo di un intervento chirurgico di sterilizzazione: perché sul lavoro, negli uffici pubblici, in tante relazioni quotidiane se l'aspetto fisico è diverso dai dati dei documenti il rischio di discriminazione è molto alto.

Se il Parlamento sul punto è completamente fermo, pochi sanno che invece sulla questione qualche mese fa si è espresso Palazzo Chigi, con un parere sostanzialmente favorevole alle rivendicazioni delle associazioni: l'Atto di intervento del Presidente del consiglio è datato 30 dicembre 2014, è indirizzato alla Corte costituzionale (perché sul tema la Consulta è stata chiamata a pronunciarsi dal Tribunale di Trento, nell'agosto scorso), è stato redatto dall'Avvocatura generale dello Stato e controfirmato dall'allora sottosegretario Graziano Delrio.

Se da un lato quindi il governo Renzi prende posizione su un tema così delicato come quello del "gender", che crea contrasti nella sua stessa maggioranza, dall'altro, il 21 maggio scorso, si è aggiunto un altro importante tassello: il nodo della rettifica dei dati anagrafici delle persone transgender è arrivato per la prima volta in Cassazione, grazie al caso di Sonia Marchesi (sui documenti ancora Massimiliano), che si è vista rifiutare dal Tribunale di Piacenza e dalla Corte di Appello di Bologna la sua richiesta a essere iscritta come "Sonia" anche negli atti civili per il fatto che, pur avendo acquisito negli anni un'apparenza e una coscienza di sé come donna, non intende però operare i propri genitali, i cosiddetti "caratteri sessuali primari" (essendo definiti "secondari" altri tratti dell'aspetto fisico, dai seni agli zigomi, al timbro della voce, che contribuiscono a caratterizzare i i due sessi sul piano biologico e anatomico).

"LANCETTE FERME AGLI ANNI OTTANTA"
L'intervento della Presidenza del consiglio è stato allegato alla memoria difensiva del ricorso in Cassazione dall'avvocata di Sonia, Alessandra Gracis, a sua volta transgender e che difende una cinquantina di persone trans in diversi procedimenti giudiziari. Il documento firmato da Delrio si pronuncia sulla legge oggi in vigore, la 164 del 1982, interpretata storicamente e per prassi dai giudici con l'obbligo dell'intervento chirurgico per ottenere il cambio di sesso e di nome: tranne nel caso di alcune sentenze più recenti – tribunali di Roma, Siena, Rovereto e Messina – che invece hanno concesso la rettifica a prescindere dall'operazione ai genitali. Il governo si dichiara a favore di queste ultime interpretazioni, ritenendole più in linea con i tempi: "Si può, quindi, ritenere – recita il testo inviato dalla Presidenza del consiglio alla Consulta – che la nozione di identità sessuale non sia limitata ai caratteri sessuali esterni, ma possa essere determinata anche da elementi di carattere psicologico e sociale".

La pubblicazione della sentenza della Cassazione si attende a giorni, ma in udienza i magistrati sono apparsi abbastanza inclini ad accogliere le istanze di Sonia. La giudice relatrice, Maria Acierno, è la stessa che ha seguito il caso delle "due Alessandre": il 21 aprile scorso la Corte ha sentenziato che il vincolo coniugale contratto da Alessandra Bernaroli prima di cambiare sesso e nome, non viene annullato, e che quindi la donna resta a tutti gli effetti sposata con un'altra donna (la moglie si chiama anche lei Alessandra). La procuratrice generale, Francesca Ceroni, si è pronunciata per l'accoglimento della richiesta di Sonia, spiegando che a suo parere il giudice di Bologna che le ha negato la rettifica all'anagrafe "ha fermato le lancette ai primi anni Ottanta".

"NON SI PUO' RIVENDICARE UN TERZO GENERE"
"Il Tribunale di Piacenza ci aveva liquidate senza neanche ordinare delle perizie – spiega l'avvocata Gracis, che assiste Sonia Marchesi insieme al legale di Rete Lenford, Francesco Bilotta – All'appello di Bologna, al contrario, il giudice ha chiesto due consulenze tecniche d'ufficio, a un'endocrinologa e a una psicologa. Le conclusioni di queste perizie sono state a nostro favore: hanno riconosciuto entrambe che nonostante Sonia non si sia sottoposta a intervento chirurgico, è a tutti gli effetti una donna".

Eppure, nonostante questo, il giudice ha respinto la richiesta: questo perché in uno dei due pareri era scritto che dopo anni di terapia ormonale "l'azzeramento dell'attività testicolare" era "quasi completo", e che le caratteristiche femminili di Sonia erano "per lo più irreversibili". Inferendo da queste espressioni che la transizione non era completa al 100 percento, la Corte d'appello ha quindi motivato il rigetto spiegando che Sonia avrebbe potuto in futuro compiere il percorso inverso, sentendosi legittimata a ritornare maschio, e che non si può riconoscere il diritto "alla rivendicazione di un un terzo genere", fatto della "combinazione dei caratteri sessuali primari e secondari dei due generi".

La Pg della Cassazione Ceroni ha smontato l'interpretazione del giudice bolognese: "La teoria del terzo genere – ha spiegato – si basa sull'erroneo presupposto che l'identità di genere sia legata solo alle caratteristiche sessuali, e non anche a quelle psichiche, al contesto sociale e culturale, al diritto di autodeterminazione della persona". A proposito, la Pg ha citato due importanti sentenze europee: la Risoluzione 2048 (aprile 2015) “Discrimination against transgender people in Europe” dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, e la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo , che lo scorso marzo ha censurato la scelta della Turchia di imporre la sterilizzazione chirurgica a una persona transessuale FtM (in transizione da donna a uomo) che chiedeva di poter cambiare i documenti senza doversi operare.

Sia il Consiglio d'Europa che la Corte dei diritti di Strasburgo hanno posto alla base delle proprie decisioni il diritto all'autodeterminazione e quello alla salute, all'integrità psichica e fisica della persona. Principi sanciti anche dalla nostra Costituzione, agli articoli 2 e 32, come viene ricordato nella memoria in difesa di Sonia.
E la procuratrice Ceroni, dando infine parere per l'accoglimento della richiesta della donna transessuale (che ha sempre nominato al femminile), ha concluso con una citazione letteraria: "Come diceva Simone de Beauvoir: donne non si nasce, lo si diventa".
fonte: Articolo di Antonio Sciotto http://espresso.repubblica.it/attualita/2015/05/25/news/i-transgender-e-la-battaglia-per-cambiare-nome-1.214409

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