In Francia, mentre la politica si divide sul riconoscimento dei matrimoni e delle adozioni per gli omosessuali, da una delle più grandi aziende del paese arriva una buona pratica proprio su questo tema.
Per capire di cosa si tratta, partiamo dalla storia di un dipendente di questa impresa.
Julien desidera un figlio, con il suo compagno. Sa bene che non sarà facile dare corpo al suo desiderio. Oltralpe, infatti, la legge non prevede le adozioni da parte di coppie omosessuali né il ricorso alle cosiddette “madri portatrici”.
A fronte di questi ostacoli però Julien tira un sospiro di sollievo nello scoprire che la società di telecomunicazioni francese per la quale lavora, la SFR, prevede un congedo parentale di undici giorni per i sui dipendenti omosessuali.
Con una formula che equipara la genitorialità omosessuale al congedo di paternità eterosessuale. Il salario percepito resta dunque pari al cento per cento dello stipendio abituale, scelta però che “pesa“ in toto sul datore di lavoro.
Manca infatti, a sostenere la spesa della società, il contributo della sicurezza sociale, che generalmente contribuisce con una quota agli stipendi dei padri in congedo, sussidio del tutto assente in questi casi.
Uno sforzo in più dunque per la società che dichiara di non essere preoccupata dagli oneri economici, date le poche richieste in questo senso. L’azienda precisa però come sia necessario rispettare determinati requisiti per beneficiare del congedo. Possono farne richiesta soltanto coppie dello stesso sesso, che convivono, nei casi in cui uno dei due partner stia per avere un bambino; bisogna essere, insomma, la compagna di una donna in gravidanza o il compagno di un padre biologico.
Non è ancora definita invece la posizione nei confronti dell’adozione.
I paletti però non sottraggono importanza ad un’attenzione che nasce da un attivismo interno alla SFR stessa.
Dal 2009 infatti, l’azienda ha visto nascere la HomoSFèRe, un’associazione nata allo scopo difendere il proprio personale lesbico, gay, bisessuale e transessuale (LGBT) dalle discriminazioni sul lavoro causate da omofobia.
Quando all’inizio del 2011 una donna si rivolse alla responsabile dell’associazione per chiedere di poter beneficiare del congedo di paternità in occasione del parto della compagna, Sylvie Fondacci, la presidentessa di HomoSFèRe decise di accogliere la sua richiesta e sottoporla alla dirigenza e al sindacato aziendale.
Sebbene tale diritto non sia ancora garantito formalmente e trattandosi di un atto meramente unilaterale, e dunque discrezionale, la SFR ha dichiarato di voler onorare le richieste di eguaglianza sostanziale e non solo formale dei diritti dei propri impiegati. È un passo in avanti, timido certo, ma comunque un’iniziativa degna di nota da parte di un’azienda che sembra voler dare un chiaro segnale di rispetto per le vite affettive e private del suo staff, sempre e comunque.
fonte http://www.west-info.eu di Valentina Marino
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