domenica 10 giugno 2012

Lgbt Bologna: Il Pride ricorda Daniel Zamudio il papà: "Mai più uccisi perché gay"

Massacrato in Cile durante un pestaggio omofobo.
In sua memoria, il governo di Santiago ha approvato un provvedimento contro le discriminazioni sessuali.

"Non li perdonerò mai, devono essere condannati"




Daniel Zamudio è morto d'omofobia, lo scorso 27 marzo, dopo essere stato brutalmente torturato per sei ore in un parco di Santiago del Cile, da quattro giovani con simpatie neonaziste.

Hanno martoriato il suo corpo, tracciandovi una svastica con dei pezzi di vetro, dopo avergli strappato un pezzo di orecchio e rotto una gamba con delle pietre.

Le sue condizioni sono apparse da subito irreversibili e dopo più di tre settimane di agonia in un letto d'ospedale, Daniel ha smesso di lottare.

La notizia della sua morte ha fatto il giro del mondo, scuotendo l'opinione pubblica e spingendo il Cile ad approvare una legge contro le discriminazioni, subito ribattezzata "Legge Zamudio".

Il papà di Daniel, Ivan, è arrivato in Italia grazie all'impegno di Agedo (l'Associazione di genitori di omosessuali) per prendere parte al Pride di Bologna.

"Dal giorno della morte di Daniel abbiamo avviato i contatti con la famiglia Zamudio - spiega la presidente di Agedo, Rita De Santis - perché per noi era importante portare la sua testimonianza in Italia, soprattutto perché questa rappresenti un monito".

Cinquant'anni, Ivan lavora la latta e l'alluminio. Separato, ha altri tre figli.
E' la sua prima volta in Italia, anche perché non ha mai preso un aereo in vita sua.

A casa, in Cile, ha appena finito di disegnare un monumento che raffigura il figlio, di profilo, mentre si libera da una prigione (quella dell'omofobia), e vola verso il cielo: sarà collocato nel parco dove Daniel è stato seviziato.

Perché ci teneva così tanto a partecipare al Pride italiano?
Voglio testimoniare quello che è successo a mio figlio, anche a nome della madre, che non se l'è sentita di venire. Una morte così non va dimenticata, e dobbiamo tutti impegnarci perché casi del genere non si ripetano di nuovo.

Cosa ricorda delle tre settimane passate da Daniel in ospedale? Le ha detto qualcosa?
Sono state tre settimane di dolore, controllavo ogni giorno l'evoluzione delle sue condizioni. I medici hanno optato per il coma indotto e solo per due giorni è stato cosciente. Non riusciva a parlare, ma ricordo che una volta ha riconosciuto la madre. Ce ne siamo accorti, perché l'espressione del viso è cambiata. Ha aperto gli occhi e ha sorriso, ma si vedeva che stava soffrendo.

Qual è una frase che suo figlio le ripeteva più spesso?
L'ho visto due settimane prima che venisse picchiato, a pranzo, perché in quel periodo viveva dalla madre. Mi ricordo che mi ripeteva che da grande si voleva prendere cura di me.

Cosa prova nei confronti degli assassini di suo figlio?
Odio e solo odio. Non starò tranquillo fino a quando non verranno condannati. Non li perdonerò mai, devono essere condannati, così come è stato condannato mio figlio. Nel processo, che inizierà a luglio, voglio che vengano puniti con la pena del carcere a vita.

Quando ha fatto coming out suo figlio?
Ci ha detto di essere gay a 18 anni, presentandoci il fidanzato. Noi, però, lo avevamo capito da tempo e la cosa non ci ha stupiti.

Quali sono le condizioni dei gay, in Cile, oggi?
Ai ragazzi che vivono nel mio Paese dico di fare ancora attenzione, perché c'è una mentalità chiusa. Devono dare il tempo alle persone di cambiare il loro modo di pensare. In Cile c'è un prima e un dopo la morte di Daniel: nel dopo, i genitori hanno iniziato a comunicare con i figli e a proteggerli di più. Se non fosse stato per lui, inoltre, l'iter per l'approvazione della legge contro le discriminazioni sarebbe stato ancora più lungo. Se ne parlava da molti anni. Non a caso l'hanno chiamata "legge Zamudio".

In Italia manca una legge contro l'omofobia.

Punire chi si rende protagonista di violenze di questo genere è fondamentale, e una legge del genere può essere molto utile, perché così è più facile condannarli. Gli Stati, a partire da quello in cui vivo, devono proteggere i loro giovani, e dare loro sicurezza. Ma vorrei anche dire che bisogna proteggere non solo gli omosessuali, ma tutte le minoranze, dagli stranieri a quanti professano culti religiosi diversi.

Come vuole ricordare, oggi, Daniel?
Mio figlio era un ragazzo puro, che non faceva del male a nessuno. Per questo è stato più facile colpirlo. Voglio ricordarlo per quello che è stato: un ragazzo disordinato e pigro, ma anche un gran lavoratore.

Quale sarà il messaggio che lancerà dal Pride di Bologna?
Voglio che i ragazzi stiano sempre attenti, e ai loro genitori dico di amare i figli per quello che sono e di lasciarli liberi.
Fidatevi di loro e proteggeteli.
Spero che la morte di Daniel non sia capitata invano, e che adesso sia possibile scongiurare altri casi del genere.
fonte http://m.repubblica.it/mobile/ di MARCO PASQUA

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