lunedì 8 agosto 2011

Lgbt: Le nozze di Paola Concia "Orgoglioso di NON andare controcorrente" Lettera del Direttore di Vanity Fair Luca Dini


Questo lo scritto di Avvenire:
«Un gesto politico, una scelta strumentale per scatenare l’ennesimo, sterile scontro. Una scelta aderente ai peggiori modelli mediatici e commerciali che, da parte di una donna di sinistra, alternativa e controcorrente, francamente delude un po’. Ma quello che colpisce e lascia perplessi è la straordinaria macchina del consenso che si è messa in moto per trasformare un momento comunque intimo in un episodio segnato da una pesante etichettatura ideologica… Matrimonio e unioni omosessuali appartengono a categorie ontologicamente diverse. E non saranno espedienti legislativi né mode culturali a colmare questa distanza obiettiva».
Avvenire, 7 agosto 2011

Quando venerdì 5 agosto, subito dopo il matrimonio in Germania tra Paola Concia e la sua compagna Ricarda Trautmann, abbiamo deciso di anticipare immediatamente sul nostro sito la notizia e le immagini della cerimonia che la parlamentare del Pd ci aveva proposto di seguire in esclusiva, non lo abbiamo fatto per sollevare «il solito polverone propagandistico e il solito caso a orologeria» (ancora dall’editoriale di Avvenire).

Lo abbiamo fatto perché il nostro mestiere è dare notizie, possibilmente prima degli altri, e quella non era una notizia che si poteva tenere nascosta fino all’uscita del giornale in edicola.

Ci aspettavamo, certo, alcune prevedibili reazioni. Non ci ha sorpreso Giovanardi con il suo «il matrimonio è quello tra un uomo e una donna», non ci ha sorpreso la Santanché con il suo «oh, che impressione… ai figli vogliamo dare questi esempi?».

Permetteteci di non sprecare parole su questi commenti. E, per favore, non veniteci a fare l’elogio della schiettezza. Anche gli ultras quando attaccano i calciatori neri sono schietti.

Ci aspettavamo, allo stesso modo, le parole del quotidiano della Cei.
Parole che rispettiamo.

Ci permettiamo solo di osservare che non basta ribadire periodicamente una tesi («Matrimonio e unioni omosessuali appartengono a categorie ontologicamente diverse») per renderla inconfutabile. Tante categorie sono cambiate, e anche profondamente, e anche all’interno della Chiesa, figuriamoci al suo esterno.

In tanti Paesi quella distinzione ontologica è crollata, e non per questo è crollato anche il mondo, no?

Quello che disturba un po’, invece, è il dare per scontato che tutta l’operazione sia strumentale, ideologizzata, che risponda alle «mode culturali», che sia banale. Se si è messa in moto «la straordinaria macchina del consenso», non sarà forse perché il senso comune è cambiato?
E la maggior parte delle persone non vede più con alcuna ostilità la richiesta di veder riconosciuto il proprio progetto di vita come un amore che non è di serie B?

E l’omofobia purtroppo ancora diffusa (vedi il gay accoltellato dal fratello per «vergogna») viene percepita come una minaccia assai più grave della messa in discussione del matrimonio tradizionale? Se obbedire a una moda significa rendere più sopportabile la vita a tante persone, ebbene, sono orgoglioso di NON andare controcorrente.

Ci sono poi parole decisamente più spocchiose che Avvenire ha scritto:
«Le due signore hanno preteso di convolare in Germania, con gran seguito di reporter e fotografi».

Ma a quelle ha risposto direttamente la Concia :
«Nessuna mercificazione. Io e Ricarda abbiamo deciso di dare l’esclusiva a Vanity Fair gratuitamente, perché volevamo raccontare la nostra storia in modo vero e delicato, come è stato fatto.

Quindi sommessamente dico ad Avvenire: attenzione a quello che dice».
Grazie, Paola. Anche per questo.
fonte http://carodirettore.vanityfair.it

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