domenica 7 febbraio 2010

Libri L'omosessualità secondo Johann S. Lee



Libri. L'omosessualità secondo Johann S. Lee

Compito magistrale di uno scrittore è quello di far arrivare al cuore dei lettori i propri personaggi, l’avventura del racconto, lo stile della scrittura, la commistione tra chi accompagna il tempo della lettura e noi medesimi. Pagina dopo pagina, rigo su rigo, i volti, le corporature, i luoghi della narrazione, prendono materia, si modellano, cercano la nostra attenzione, per poi apparire come un dipinto immaginario. Riusciamo con l’autore, e grazie a lui, a pennellare gli interpreti, a dar loro una immagine nitida, a prenderli per mano e suggerire loro una nuova interpretazione. Noi, alla fine, siamo quel libro.
Johann S. Lee, è un giovane scrittore, classe 1971, che vive a Londra. Chris è il suo esordio letterario, pubblicato in Italia da Besa. Nelle 235 pagine del romanzo, Lee plasma una storia importante, quella di Chris, che incontra altre storie di umana e nobile esistenza. Non è, almeno in questo caso, sempre e forzatamente, il dolore a commuovere, a rendere sacro il profano. Ma Chris, nonostante ogni possibile speranza di riscatto, di rivalsa sui tanti detrattori che inquinano la sua omosessualità, diventa quell’ipotetica pennellata di grigi scuri e di qualche striscia rosso-amore o bianco innocenza.
Siamo in una Singapore autoritaria, e il protagonista - come altrimenti? - somiglia a parecchi di noi; coloro che scoprono l’omosessualità in età scolastica, quando un cherubino dalle fattezze umane ci si piazza innanzi col suo trionfo di bellezza irresistibile: carni come petali di rose e profumi di sensualità. È il tempo delle domande e delle risposte e in quella prima visione, Chris (come noi) se ne fa parecchie di entrambe.
Il diciannovenne che è in lui non ci lascia a guardarlo attraverso il pertugio di una serratura. Lui stesso, carnale e meravigliosamente uomo, spalanca gli usci, apre le finestre per fare entrare luce, per rendere nitido il dramma familiare, le cocenti passioni che lo avviluppano e quel dramma che attende pazientemente di diventare protagonista alla fine del romanzo.
Lee, per lo più, racconta l’innocenza di Chris e quella smisurata incomprensione tra persone e cose che solo un giovanissimo sa esserne capace. Il protagonista ha una madre che non gli appartiene, un padre alcolista morto di leucemia e una sorella che esita e fatica ad accettare l’omosessualità del fratello. In mezzo, altri meravigliosi ragazzi, altri racconti di vita, la naja militare che poco si coniuga al divertisment del Pao Pao tondelliano, qui intrisa di omofobia militaresca, di codici e numeri dai sentori maschilisti. Eppure è lì che Chris vive la sua meraviglia sentimentale, umana, epocale.
Un libro che si lascia leggere quello di Lee e, magari, sfugge qualche delicata carezza verso quell’amore semplice e complicato tra Chris e Samuel.
Nel diario che accompagna la vita di Chris c’è molto della nostra gioventù che cerca, si ferma a guardare, consuma sentimenti a frotte per poi, alla fine, sentirsi qualcos’altro nell’abbandono dell’età dell’incoscienza. Qualcosa di pura semplicità e maturità.
Rispetto ad altri autori di genere omoletterario, Johann S. Lee, riesce a narrare con una scrittura veloce e asciutta; semplice, infervorato probabilmente da quel dipinto immaginario che alla fine riempie le stanze di molte esistenze. Libro irrinunciabile.
fonte: queerblog

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