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martedì 9 febbraio 2010
Avverbi: sta tutto nel modo
Avverbi: sta tutto nel modo
Non sono le persone, non i luoghi, non i momenti: sono i modi in cui si fanno le cose
Quanto segue è il teorema di un amico, lo stesso amico che in genere si accusa di aver fatto qualcosa che in realtà abbiamo fatto noi.
Un uomo che non ho mai conosciuto di persona mi ha scritto – perché un uomo che scrive un libro, un libro di cui io sono il lettore, è un uomo che scrive a me in particolare – che in amore valgono gli avverbi. Perché sì, si può amare gelidamente, naturalmente, in modo giudicante, collettivamente, a stento, brevemente e, aggiungerei, ossessivamente. Il problema è: quanti uomini scelgono di amare in un modo che anche l'altro o l'altra condivide? Io penso: solo le coppie felici. Ed esistono coppie felici? O comunità felici? Che si amano vicendevolmente alla stessa maniera? Nello stesso momento?
Forse.
Sta di fatto che vorrei far parte di questa coppia, o comunità, felice. E io amo ossessivamente, nel modo che intendo io per 'ossessione'.
Allora vediamo di capirci.
E per farlo, partiamo dall'inizio (perché tutte le storie partono da un principio).
Se decido di stare con qualcuno, è perché so che potrei essere intenzionato ad amarlo, in un modo in particolare. Quindi lascio che la relazione con questo fluisca, a tempo debito, che non è mai (tuttavia) troppo lungo. No, non esistono periodi troppo lunghi per capire se si può amare o meno. Chiunque sostenga il contrario, chiunque pretenda troppo tempo per capire, o non ama, o ha paura di farlo (e per quest'ultima opzione, la paura può dipendere da un'infinità di fattori).
Poi scopro che il mio modo di amare è scandito da una serie particolare di sensazioni. Lo desidero, questo qualcuno, e arrivo a smarrire per un attimo me stesso nel pensare a quanto lo vorrei con me, anche adesso. Mi rabbuio se mi nega la sua attenzione, mi scandalizzo se mi stringe meno forte dell'ultima volta. Ossessivamente, allora, è questo mio modo di fare?
Che direste voi? Che è insana questa ossessione, che non si può perdere sé stessi per l'altro. Perché prima di amare gli altri, c'è bisogno di amarsi da sé.
Allora verrebbe da dirvi: non amate, voi. E sbaglierei. Vi dico soltanto: amate diversamente (e anche 'diversamente' puzza d'avverbio).
Ma se fosse questo qualcuno a leggere queste parole? Che avrei da dirgli?
Spero tu non ami troppo diversamente, perché tutto quello che voglio – senza enfatizzare, senza pretendere, senza cadere nel ridicolo o nel melenso – è rientrare nella tua 'sfera d'avverbio', e cioè quella in cui i tuoi modi di amare possano intrecciarsi piacevolmente coi miei. Allora io amerei ossessivamente, e tu costantemente. E io pesantemente, e tu equilibratamente. E io improrogabilmente, e tu almeno fedelmente. E saremmo io uno troppo preso, e tu uno semplicemente coinvolto.
Occhio all'avverbio, allora. La magia è tutta là....
fonte: gay.tv
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