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giovedì 11 febbraio 2010
Parla il coreografo del balletto che questa sera debutta a Verona
È nato a Montreal, in Canada, ma è di nazionalità italiana, Mario Piazza, regista e coreografo del balletto L'opera da tre soldi - tratto dall'omonima opera teatrale di Bertolt Brecht, musicata da Kurt Weill - che andrà in scena da questa sera (alle 20.30) al Teatro Filarmonico per la stagione invernale della Fondazione Arena. I personaggi principali sono interpretati da due artisti di fama internazionale quali Giuseppe Picone nel ruolo di Mackie Messer e Marzia Falcon in quello di Jenny. Li affiancano i primi ballerini del corpo di ballo della Fondazione: Antonio Russo, Giovanni Patti, Amaya Ugarteche, Ilenia Montagnoli, Alessia Gelmetti e Ghislaine Valeriani.
Allievo di Susanna Egri, Piazza ha un passato di studi anche alla Alvin Ailey School ed alla Martha Graham School. Ha danzato come solista con la Lindsay Kemp Company e i Momix di Moses Pendleton.
La sua coreografia "veronese" rispetterà il testo brechtiano?
Certamente. Questo lavoro nasce dal libretto e dalla drammaturgia di Bertolt Brecht su cui ho elaborato un piano coreografico per svilupparne le danze. Per l'incisività del racconto, non essendoci i dialoghi - spesso sostituiti con passi a due - ho lavorato molto sul senso delle cose, aiutandomi con il segno coreografico facendo riferimento a scuole che ho già conosciuto, da Rudoloh Laban, a Kurt Joos e ai primi movimenti della danza contemporanea, fino alla Bausch. In alcuni momenti dello spettacolo, questo lavoro è molto evidente.
Ha chiesto qualcosa di specifico ai suoi danzatori?
Di interpretare i personaggi e il mondo brechtiano facendo leva sul bagaglio accumulato dalla loro esperienza artistica e sul loro talento. Alcuni canteranno anche le canzoni di Weill, altri suoneranno il pianoforte per delineare i tratti fondamentali dell'opera.
Come nasce il suo spettacolo?
Nasce da un prologo. Finora sono stati fatti tanti balletti sulle musiche di Weill, come è accaduto otto anni fa all'Opera di Roma, creati sul personaggio di Carla Fracci. Io stesso ho molto lavorato su Weill, anche utilizzando 20 ballerini e 20 coristi che ho fatto danzare. Ma questa è la prima volta che si realizza interamente L'opera da tre soldi come balletto. Di Brecht mi affascina la capacità di comunicare concetti e sentimenti di interesse universale, attraverso storie piccole di uomini ai margini della società. Di lui ho voluto sottolineare le polemiche contro l'ipocrisia del sistema sociale, contro lo sfruttamento e la corruzione, accanto alla capacità di amalgamare in una forma ideale, ironia e tragedia.
Lei è una scoperta del grande coreografo Polyakov...
Sì. Mi ha scoperto Polyakov, dopo aver vinto due concorsi. Mi ha offerto una produzione al Maggio Fiorentino nella stessa serata nella quale c'era anche Balanchine. Così mi ha aperto la strada alla coreografia. Non ho mai voluto fare danza classica, pur essendo classica la mia estrazione ballettistica con la Egri. Non era nelle mie corde.
Portare il balletto in Arena:
questo sarebbe nella sue corde?
Dieci volte….. l'Arena è una bella sfida per un balletto. Sono convinto che si potrebbe portarlo, ma solo con una grande compagnia e con un programma molto popolare. Godiamoci questa Opera da tre soldi che, intanto, è una specie di viatico, condotto con molto lavoro e onestà intellettuale.
Gianni Villani
Nella foto Il coreografo Mario Piazza abbraccia la ballerina Marzia Falcon
fonte: l'arena.it foto brenzoni
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