martedì 27 novembre 2012

Lgbt: L'Italia malata di transfobia

"L'accettazione e la completa integrazione di queste persone nelle professioni e nella vita sociale ha ancora molta strada da fare"

Per i gay qualche passo avanti è stato fatto.
Per le transessuali, invece, la vita è ancora difficilissima.
Con le discriminazioni e le irrisioni che sono il pane quotidiano.
Anche sui giornali.

«E' necessario mantenere alto il livello di guardia perché non si acuiscano fenomeni di discriminazione sociale». Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano solo pochi giorni fa, unendosi al cordoglio dei familiari per la morte di Andrea, suicida, bullizzato a scuola a causa del suo essere "diverso", forse gay, forse semplicemente originale.

Non sembrano averlo ascoltato gli editori di Libero che oggi mettono in prima pagina una vignetta derisoria nei confronti del presidente della regione Puglia Nichi Vendola, disegnato in abiti femminili, in atto di prostituirsi.

Basta guardarla, vedere lo stigma nei confronti dei trans che ne è alla base, per capire dove trovano la loro linfa i fenomeni discriminatori di cui parlava il capo dello Stato.

Solo sette giorni fa, il 20 novembre, in tutta Italia si è celebrata la giornata mondiale contro la transfobia, con incontri, convegni e manifestazioni che cercavano di raccontare il mondo variegato e normale (soprattutto) di transessuali e transgender.

Non che sia semplice parlare di questi argomenti. Non lo è nemmeno in università: a Verona, mentre in aula magna si discuteva di transessualità, all'esterno una decina di fondamentalisti cattolici gridavano slogan e sono arrivati allo scontro con i partecipanti al convegno. Per i militanti di Forza Nuova, Christus Rex e Famiglia e civiltà, riunitisi all'esterno, «L'uomo e la donna li fa Dio, non un bisturi». Altrove ancora striscioni, atti intimidatori, violenze verbali, come quelle che raccontano i ragazzi di Gaystatale di Milano.

«Io non sono malata» ricorda Vlamidir Luxuria, simbolo di molte transessuali, in una campagna firme che vorrebbe portare all'eliminazione del disturbo di genere come malattia nel codice dell'Organizzazione Mondiale della Sanità.
Forse però è l'Italia, ad essere malata, non i trans che ogni giorno cercano la loro strada, davanti a uffici di collocamento che li respingono al primo sguardo, di fronte alle battute sui tram, nella difficoltà di discostare la loro scelta di genere dal mondo della prostituzione.

Ma finché quotidiani come Libero daranno voce a queste pulsioni, le stesse che portano alle aggressioni, ai commenti, ai "frocio", alle scritte sui muri nella scuola frequentata da Andrea, finché ci saranno sondaggi che scatenano nei lettori frasi come "Vendola andrebbe messo in fila dai negri", ci resterà ancora molto da fare.

Nel Regno Unito ci sono associazioni che lavorano per aiutare la stampa a trattare il tema della transessualità con le parole appropriate, per evitare sfumature discriminatorie che ledono i diritti della persona a scegliere il proprio stile di vita.

In Italia invece l'essere trans è ancora un problema sociale, di sicurezza, per le persone che sono in transizione. Un'attivista del movimento Lgbt romano, che ha manifestato il 23 notte contro l'omofobia, dice con rabbia che «Lo stato di cose sta peggiorando ogni giorno. Ogni strada della città ne è piena, omofobia, transfobia, non siamo sicuri».
fonte http://espresso.repubblica.it di Francesca Sironi

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