Anche per Alessandro Bertolucci, attore e produttore lucchese che
vive a Castelnuovo di Garfagnana, il lock down da coronavirus ha
interrotto uno o più progetti, uno o più lavori. La sua, lo abbiamo
scritto anche ieri, è stata una delle categorie più colpite e
penalizzate, in un paese come l’Italia in cui manca spesso una visione
aperta e le professioni legate a teatro e cultura sono considerate quasi
di serie B o semplicemente hobbystiche.
Alessandro conosce bene questo
mondo, ma anche quello del cinema e della tv dove ha lavorato in passato
e continua a lavorare.
“L’effetto coronavirus –
esordisce Bertolucci – ha colpito anche me, ovviamente. A marzo dovevano
iniziare le riprese di un film americano sulla vita di San Francesco in
cui recitavo, ovviamente è stato tutto stoppato.
Inoltre stavo
producendo film con la mia casa di produzione DubLab e il progetto è
slittato. Sul territorio avevo altri progetti, come le lezioni di teatro
con le scuole e le lezioni di doppiaggio nei reparti di pediatria con
il progetto “Doppio Sorriso”, che ovviamente sono stati interrotti. A
dire il vero ci stiamo reinventando, proseguendo le attività on-line e
magari il futuro andrà in questa direzione ma è evidente che non è la
stessa cosa, dato che il teatro necessita del contatto umano, sia sul
palcoscenico che con il pubblico”.
Periodo che sta dando a
Bertolucci diversi spunti di riflessione. “La situazione attuale ha
messo a nudo diverse fragilità del nostro paese, vedi la diffusione
della tecnologia sul territorio. Svolgendo didattica on-line mi sono
reso conto che oltre la metà delle famiglie ha problemi di connessione
internet pessima o di mezzi informatici inadeguati. Non parlo delle
nostre piccole realtà, è così anche in città: la gente magari spende in
cellulari iper tecnologici e ha computer obsoleti”.
Altro nervo
scoperto è legato al mondo dello spettacolo, dello show business
italiano in generale, sul quale l’attore lucchese ha pubblicato un post –
riflessione interessante sul proprio profilo: “Le problematiche messe
in evidenza dal questa fase sono sostanzialmente due.
Una è attuale:
fermo restando che i provvedimenti di contenimento dei rapporti umani e
sociali sono stati doverosi per salvaguardare la salute e pertanto non
si poteva agire diversamente, abbiamo capito, se ancora ce ne fosse
bisogno, che in Italia nel 2020 l’arte, la cultura, lo spettacolo sono
considerati lavori di serie B. Eppure, limitandomi al mio caso, io
faccio questo mestiere da una vita e sono un contribuente. E’ una
questione di dignità! L’altro aspetto è storico, e la responsabilità è
di tutto il nostro mondo, da decenni vedo il nostro settore piegato ai
desideri della politica o di poteri forti, invaso da raccomandati e poco
capaci, i soldi pubblici spariscono presto o sono appannaggio di
pochissime produzioni: così abbiamo contribuito a non rendere dignità al
nostro mestiere e la mentalità generale ne risente”.
Per quanto
riguarda i sostegni dello Stato al settore dello spettacolo, come li
ritiene? “Personalmente ho ricevuto i 600 euro di bonus ma so che in
tanti non li hanno ricevuti perché non rientrano nei parametri. Qua
viene alla luce un’altra problematica, un settore poco se non per niente
regolamentato, così sono proprio i lavoratori meno strutturati, che
magari avrebbero più bisogno, a non poter accedere agli aiuti”.
Uno
sguardo al futuro, come vedi la ripartenza del teatro, del cinema,
dello spettacolo in generale? “Ritengo che il nostro settore sarà tra
gli ultimi a ripartire, non so se sarà possibile prima del 2021. Non
vedo possibile fare spettacoli teatrali dato che non è possibile fare
assembramenti di persone e senza pubblico non è sostenibile. Diversa la
situazione del cinema, ci si potrà affidare all’on-line ma anche in
questo caso dovremo attendere le normative, magari sarà possibile
recitare con certificato medico, non so! E’ evidente, in ogni maniera,
che il problema economico c’è e ci sarà, non ci sarà lavoro per tutti”.
fonte: di simone pierotti www.lagazzettadelserchio.it
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